Già dagli anni Venti del ’900 si sa che gli aerei che viaggiano ad alta quota possono (in particolari condizioni) rilasciare scie di condensa. Uno dei primi piloti di aeroplano che ha segnalato di aver osservato la formazione di contrails fu, infatti, Zeno Diemer, il quale nel 1919 raggiunse volando l’altitudine di 30.500 piedi (poco meno di 11 km) sopra Monaco, in Germania.[1]
Le scie sono formate dal vapore acqueo che viene espulso dai motori e che deriva dalla combustione del carburante. Le rigide temperature presenti ad alta quota fanno sì che l’acqua condensi e immediatamente congeli, formando piccoli cristalli di ghiaccio che disperdono la luce solare acquistando il tipico colore bianco. La formazione di tali scie dipende da un gran numero di variabili tra cui temperatura, pressione, umidità, quantità di particolato, tipo di motori e molto altro, nonostante ciò il fenomeno è tutt’altro che raro.
A parte le osservazioni di Diemer, la questione delle scie riemerse in maniera rilevante nel corso del secondo conflitto mondiale. In quel periodo storico le tecnologie aeree erano ancora poco sviluppate e il metodo migliore per attuare un attacco a sorpresa era quello di far volare gli aerei ad alte quote, fuori dalla portata visiva umana e della contraerea. Un problema del quale gli ingegneri aereonautici si resero ben presto conto fu il fatto che più gli aerei volavano alti, più era probabile che lasciassero una visibilissima scia bianca dietro di loro, rendendoli facilmente intercettabili dal nemico.
Non stupisce quindi che gli studi sulle scie di condensazione siano legati ai primi sviluppi dell’aviazione. Nel 1953 lo scienziato H. Appleman, dopo un lungo studio sulle condizioni di formazione delle scie di condensazione, pubblicò un grafico usato per prevedere la formazione di contrails e chiamato grafico di Appleman (Appleman Charts). Tuttavia, secondo le dichiarazioni rilasciate dalla N.A.S.A., tale grafico avrebbe una scarsa capacità predittiva. In particolare l’Appleman Charts sottostima molto la possibilità di formazione delle contrails e sovrastima la non formazione.[2]
D’altra parte il gran numero di variabili che influenzano la formazione delle contrails e le difficoltà nella loro determinazione sperimentale rendono tutti i metodi di previsione soltanto approssimazioni, esattamente come avviene con le comuni previsioni meteorologiche.
Le scie sono formate dal vapore acqueo che viene espulso dai motori e che deriva dalla combustione del carburante. Le rigide temperature presenti ad alta quota fanno sì che l’acqua condensi e immediatamente congeli, formando piccoli cristalli di ghiaccio che disperdono la luce solare acquistando il tipico colore bianco. La formazione di tali scie dipende da un gran numero di variabili tra cui temperatura, pressione, umidità, quantità di particolato, tipo di motori e molto altro, nonostante ciò il fenomeno è tutt’altro che raro.
A parte le osservazioni di Diemer, la questione delle scie riemerse in maniera rilevante nel corso del secondo conflitto mondiale. In quel periodo storico le tecnologie aeree erano ancora poco sviluppate e il metodo migliore per attuare un attacco a sorpresa era quello di far volare gli aerei ad alte quote, fuori dalla portata visiva umana e della contraerea. Un problema del quale gli ingegneri aereonautici si resero ben presto conto fu il fatto che più gli aerei volavano alti, più era probabile che lasciassero una visibilissima scia bianca dietro di loro, rendendoli facilmente intercettabili dal nemico.
Non stupisce quindi che gli studi sulle scie di condensazione siano legati ai primi sviluppi dell’aviazione. Nel 1953 lo scienziato H. Appleman, dopo un lungo studio sulle condizioni di formazione delle scie di condensazione, pubblicò un grafico usato per prevedere la formazione di contrails e chiamato grafico di Appleman (Appleman Charts). Tuttavia, secondo le dichiarazioni rilasciate dalla N.A.S.A., tale grafico avrebbe una scarsa capacità predittiva. In particolare l’Appleman Charts sottostima molto la possibilità di formazione delle contrails e sovrastima la non formazione.[2]
D’altra parte il gran numero di variabili che influenzano la formazione delle contrails e le difficoltà nella loro determinazione sperimentale rendono tutti i metodi di previsione soltanto approssimazioni, esattamente come avviene con le comuni previsioni meteorologiche.