Insomma, questa "Torino Magica" dove sta? No, dico, un diavoletto, una mummia del Museo Egizio che cammina, un cabalista che prepara pozioni, me li volete far vedere? Da quando ho avuto l'età per capire, non ho sentito altro: «Sei di Torino? Wow, la città magica! La città del Diavolo!» Ma dove sta? Ditemelo!
Abbiamo provato a cercarla nei tour di Damanhur, abbiamo inseguito le pagine di Giuditta Dembech e Renzo Rossotti tra le fredde, cartesiane coordinate del Tuttocittà e alla fine ci siamo affidati al CICAP. «CICAP, caro CICAP me lo fai vedere da dove comincia e dove finisce questa Torino del Diavolo, me lo dici in quale cassetta di sicurezza sta chiuso il Graal, dov'è l'ipotenusa del Triangolo Magico, quale campanello devo suonare per vedere una messa nera, una vera intendo, una di quelle che funzionano, non quelle che le madame di mezza età organizzano perchè ormai sono l'unica occasione di giacere con un giovanottone vestito da capro?».
Che poi, diciamocelo, un po' gli scettici di tutta Italia questa nostra città "maggica" ce la invidiano. Eh, sì, cari miei, perchè qui da noi c'è così tanto di cui essere scettici, tra Sindoni, satanisti, grondaie e paccottiglia di altro genere. Provateci voi a essere scettici, chessò, a Viterbo o a Desenzano: presto fatto, poca soddisfazione. Qui, invece, non puoi distrarti neppure un attimo per credere a qualcosa di innocente, tipo Babbo Natale o San Valentino, che subito un Baima Bollone qualsiasi si inventa che lui, nella Sindone, ci vede proprio il ritratto di Padre Pio sputato, guarda te. Capite, uno scettico, qui, non resta mai senza lavoro.
Dal canto suo il CICAP ha fatto il suo dovere. Ha chiamato un'agenzia specializzata, la Somewhere, e ci ha portato per manina a vedere questa nostra bellissima, ignoratissima città, paradiso degli scettici d'Italia.
Ecco, ci dicevano le gentili guide, questa è Piazza Statuto ( 1 ), il cuore nero della città, per via di quel monumento là, fatto così e così (e io pensavo che avevano ragione e a quante botte qualcuno si è preso proprio in questa piazza una trentina di anni fa...). Ecco, qui è il Rondò della Forca ( 3 ) e laggiù stava di casa il boia, questa è la Fontana Angelica ( 4 ), ma non lasciatevi ingannare, che la Dembech l'ha decifrata, la fontana, magari proprio una sera che usciva dal Pastis o dalle Tre Galline, e vi sa dire cosa significa ognuna di quelle figure. E qui sono tutti simboli massonici sulle porte (chissà che vipperia nel palazzo, tra presentatori di talk show, presidenti del consiglio e industriali). Qui invece, nella zona delle banche, tutti portoni con fregi del diavolo ( 16 ), così che i funzionari prima di entrare si ricordino di appendere la coscienza all'ingresso, di fianco alla scrivania dell'usciere. E le statue della Gran Madre ( 6 ), che reggono una il Graal e un'altra il Vello d'Oro? Di cos'altro avrete ancora bisogno voi scettici per credere? No, ragazzi, questo è troppo. Quando ci siamo fermati al Duomo ( 7 ) per ammirare i simboli astrologici ho capito che era finita. Dovevo arrendermi al mito e aspettare che finisse tutto. Non era abbastanza però per le gentili guide della Somewhere che a quel punto, vedendomi stordito, hanno tirato l'uppercut finale. Dalle spalle buie e curve del Duomo, dalle finestre cieche del Palazzaccio, attraverso il passaggio coperto e anonimo di Palazzo Reale, ci hanno condotti allo splendore luccicante di Piazza Castello ( 2 ), alle luci, alle fontane, a riveder le stelle. Non si fa così, mi spiace, non è leale. Vallo poi a spiegare agli stranieri che quella roba lì se la sono immaginata dei re e degli architetti, che magari è venuta anche un po' per caso, non voluta. Quella è un'esperienza di morte e rinascita, punto e basta. Un incantesimo visivo, un'iniziazione alla magia di Torino, la magia della sua bellezza. Massì avete vinto voi, allora. Mi arrendo, credo a tutto. E qui sotto i miei piedi c'è una grotta alchemica. E quella non è un'attrice ma il fantasma di Madama Cristina che si aggira per la piazza. E il portone del Diavolo è proprio venuto su in una notte, maniglia, cardini e tutto, tipo mobile Ikea.
Applausi, le guide erano simpatiche, gli attori bravissimi, la compagnia ottima, gli autisti santi (capirete, in Via Milano al sabato sera con un bus gran turismo), la città ci ha messo del suo.
Sono cambiato molto da allora. Leggo Baima Bollone, Rossotti e la Dembech. Vado in pellegrinaggio alla Gran Madre con un teodolite, per seguire lo sguardo delle statue e capire dove sta nascosto il Graal. Se mi cercate in questi giorni forse sono a una messa nera. Non dovrebbe essere difficile riconoscermi: sono quello vestito da capro.
Il Portone del Diavolo
Il portone ligneo dell'austero Palazzo Trucchi di Levaldigi, in via XX Settembre, sarebbe nato dal nulla in una sola notte per opera del diavolo. La voce fu causata probabilmente dall'improvvisa comparsa del portone, "prefabbricato" da un artigiano francese e installato in quattro e quattr'otto nel 1675.
Invito a un’indagine: i triangoli magici
La leggenda dei "triangoli magici" con Londra, San Francisco, Praga e Lione è conosciutissima a Torino, ma esiste anche nelle altre città interessate oppure è una tradizione esclusivamente locale? Che origine ha? Nessuno si è ancora preso la briga di verificarlo, ma una ricerca bibliografica e qualche contatto con gli scettici di altre nazioni potrebbero dare una risposta sicura. Come nei manuali scientifici, lo lasciamo come "esercizio per i lettori" di S&P: fateci sapere le vostre scoperte, le pubblicheremo in uno dei prossimi numeri della rivista.
Abbiamo provato a cercarla nei tour di Damanhur, abbiamo inseguito le pagine di Giuditta Dembech e Renzo Rossotti tra le fredde, cartesiane coordinate del Tuttocittà e alla fine ci siamo affidati al CICAP. «CICAP, caro CICAP me lo fai vedere da dove comincia e dove finisce questa Torino del Diavolo, me lo dici in quale cassetta di sicurezza sta chiuso il Graal, dov'è l'ipotenusa del Triangolo Magico, quale campanello devo suonare per vedere una messa nera, una vera intendo, una di quelle che funzionano, non quelle che le madame di mezza età organizzano perchè ormai sono l'unica occasione di giacere con un giovanottone vestito da capro?».
Che poi, diciamocelo, un po' gli scettici di tutta Italia questa nostra città "maggica" ce la invidiano. Eh, sì, cari miei, perchè qui da noi c'è così tanto di cui essere scettici, tra Sindoni, satanisti, grondaie e paccottiglia di altro genere. Provateci voi a essere scettici, chessò, a Viterbo o a Desenzano: presto fatto, poca soddisfazione. Qui, invece, non puoi distrarti neppure un attimo per credere a qualcosa di innocente, tipo Babbo Natale o San Valentino, che subito un Baima Bollone qualsiasi si inventa che lui, nella Sindone, ci vede proprio il ritratto di Padre Pio sputato, guarda te. Capite, uno scettico, qui, non resta mai senza lavoro.
Dal canto suo il CICAP ha fatto il suo dovere. Ha chiamato un'agenzia specializzata, la Somewhere, e ci ha portato per manina a vedere questa nostra bellissima, ignoratissima città, paradiso degli scettici d'Italia.
Ecco, ci dicevano le gentili guide, questa è Piazza Statuto ( 1 ), il cuore nero della città, per via di quel monumento là, fatto così e così (e io pensavo che avevano ragione e a quante botte qualcuno si è preso proprio in questa piazza una trentina di anni fa...). Ecco, qui è il Rondò della Forca ( 3 ) e laggiù stava di casa il boia, questa è la Fontana Angelica ( 4 ), ma non lasciatevi ingannare, che la Dembech l'ha decifrata, la fontana, magari proprio una sera che usciva dal Pastis o dalle Tre Galline, e vi sa dire cosa significa ognuna di quelle figure. E qui sono tutti simboli massonici sulle porte (chissà che vipperia nel palazzo, tra presentatori di talk show, presidenti del consiglio e industriali). Qui invece, nella zona delle banche, tutti portoni con fregi del diavolo ( 16 ), così che i funzionari prima di entrare si ricordino di appendere la coscienza all'ingresso, di fianco alla scrivania dell'usciere. E le statue della Gran Madre ( 6 ), che reggono una il Graal e un'altra il Vello d'Oro? Di cos'altro avrete ancora bisogno voi scettici per credere? No, ragazzi, questo è troppo. Quando ci siamo fermati al Duomo ( 7 ) per ammirare i simboli astrologici ho capito che era finita. Dovevo arrendermi al mito e aspettare che finisse tutto. Non era abbastanza però per le gentili guide della Somewhere che a quel punto, vedendomi stordito, hanno tirato l'uppercut finale. Dalle spalle buie e curve del Duomo, dalle finestre cieche del Palazzaccio, attraverso il passaggio coperto e anonimo di Palazzo Reale, ci hanno condotti allo splendore luccicante di Piazza Castello ( 2 ), alle luci, alle fontane, a riveder le stelle. Non si fa così, mi spiace, non è leale. Vallo poi a spiegare agli stranieri che quella roba lì se la sono immaginata dei re e degli architetti, che magari è venuta anche un po' per caso, non voluta. Quella è un'esperienza di morte e rinascita, punto e basta. Un incantesimo visivo, un'iniziazione alla magia di Torino, la magia della sua bellezza. Massì avete vinto voi, allora. Mi arrendo, credo a tutto. E qui sotto i miei piedi c'è una grotta alchemica. E quella non è un'attrice ma il fantasma di Madama Cristina che si aggira per la piazza. E il portone del Diavolo è proprio venuto su in una notte, maniglia, cardini e tutto, tipo mobile Ikea.
Applausi, le guide erano simpatiche, gli attori bravissimi, la compagnia ottima, gli autisti santi (capirete, in Via Milano al sabato sera con un bus gran turismo), la città ci ha messo del suo.
Sono cambiato molto da allora. Leggo Baima Bollone, Rossotti e la Dembech. Vado in pellegrinaggio alla Gran Madre con un teodolite, per seguire lo sguardo delle statue e capire dove sta nascosto il Graal. Se mi cercate in questi giorni forse sono a una messa nera. Non dovrebbe essere difficile riconoscermi: sono quello vestito da capro.
Il Portone del Diavolo
Il portone ligneo dell'austero Palazzo Trucchi di Levaldigi, in via XX Settembre, sarebbe nato dal nulla in una sola notte per opera del diavolo. La voce fu causata probabilmente dall'improvvisa comparsa del portone, "prefabbricato" da un artigiano francese e installato in quattro e quattr'otto nel 1675.
Invito a un’indagine: i triangoli magici
La leggenda dei "triangoli magici" con Londra, San Francisco, Praga e Lione è conosciutissima a Torino, ma esiste anche nelle altre città interessate oppure è una tradizione esclusivamente locale? Che origine ha? Nessuno si è ancora preso la briga di verificarlo, ma una ricerca bibliografica e qualche contatto con gli scettici di altre nazioni potrebbero dare una risposta sicura. Come nei manuali scientifici, lo lasciamo come "esercizio per i lettori" di S&P: fateci sapere le vostre scoperte, le pubblicheremo in uno dei prossimi numeri della rivista.