La memoria del nemico
di Arnaldo D’Amico
Il Saggiatore, Milano, 2023
pp. 307, euro 24,00
«È molto difficile per uno storico ammettere – e tutta la sua educazione si oppone – che la scoperta della vaccinazione contro il vaiolo di Jenner abbia avuto più conseguenze per il destino dell’umanità di tutte le conquiste del suo contemporaneo Napoleone».
Questa citazione dello storico della medicina Mirko Grmek (1924–2000) ben esemplifica la prospettiva adottata da Arnaldo D’Amico, giornalista, clinico e ricercatore, nel suo libro La memoria del nemico. D’Amico sceglie di ripercorrere la storia dell’uomo attraverso la lente prospettica della strenua lotta contro le malattie che, prima dell’affermazione della medicina sperimentale (fine del XIX secolo), si combatte a colpi di osservazioni empiriche, scoperte casuali e intuizioni corrette (sebbene non sempre positivamente accolte dalla comunità scientifica). Il racconto si snoda attraverso varie epoche e differenti patologie: dalla peste nera allo scorbuto, dal colera alla malaria, e così via.
Prima della scoperta del sistema immunitario e del suo ruolo decisivo, lo scontro secolare tra uomo e malattie vive una prima svolta significativa con la nascita della vaccinazione antivaiolosa, frutto dell’intuizione della presenza di una memoria del nemico nel nostro organismo. Nel corso del XVIII secolo il vaiolo prende piede sino a diventare un incubo superiore alla peste. La sua mortalità raggiunge il 60% della popolazione infantile, mentre risparmia gli adulti sopravvissuti alle ondate precedenti.
La vaccinazione è preceduta dalla variolizzazione, una tecnica diffusa dalla nobildonna inglese Lady Montague, che ne scopre l’esistenza in Turchia all’inizio del Settecento. Essa consiste nello scalfire la pelle di una persona sana e depositarvi un po’ di pus preso da una pustola vaiolosa. Si tratta di un primo strumento di prevenzione, non esente tuttavia da rischi: basti pensare che la variolizzazione di braccio in braccio favoriva la diffusione di altre patologie, come la sifilide. Sarà Edward Jenner alla fine del XVIII secolo, a sostituire la variolizzazione con la vaccinazione: il vaiolo delle vacche è infatti meno aggressivo di quello umano, nondimeno il suo innesto consente di prevenire la malattia.
Accanto alla vaccinazione, un’altra alleata dell’uomo contro la diffusione delle malattie è l’igiene, la cui affermazione a partire dall’Ottocento richiederà un cambio radicale di mentalità. Ne è un esempio la vicenda del medico ungherese Ignàc Semmelweis che, intorno alla metà dell’Ottocento a Vienna, si rende conto che la causa della febbre puerperale viaggia sulle mani dei medici. Di tutti i reparti di ostetricia, infatti, la mortalità più alta si registra in quello in cui lavorano i medici che, oltre a far partorire le donne, eseguono autopsie a mani nude; molto più rara, invece, dove operano le ostetriche, che di autopsie non ne fanno. La sua scoperta tuttavia non verrà presa seriamente in considerazione. Poco dopo Semmelweis, sarà Lister, a Glasgow, a dimostrare l’importanza della sterilizzazione degli strumenti chirurgici per evitare infezioni gravi, spesso seguite da morte per cancrena o setticemia. A Lister, però, occorreranno altri vent’anni per convincere i medici a lavarsi le mani e i chirurghi a utilizzare i guanti sterili.
L’igiene tuttavia non è solo questione personale, ma anche pubblica. Dell’importanza di una gestione pubblica dell’igiene ci si renderà conto, nel corso del XIX secolo, durante la lotta contro il colera. Il colera, infatti, si combatte non solo attraverso una buona igiene personale, ma anche e soprattutto attraverso adeguate infrastrutture. In Italia, nel 1903 e in seguito a svariate ondate epidemiche di colera, la situazione è ancora inadeguata: i comuni con fogne sono due su dieci, la metà ha acquedotti non in grado di assicurare la potabilità delle acque. Una condizione che favorirà il ritorno del colera nel nostro paese più che in altre nazioni europee.
In conclusione, nel suo libro D’Amico ricostruisce, attraverso una narrazione ricca di aneddoti, il lungo percorso affrontato dall’uomo in circa duemila anni, per arrivare alla scoperta del sistema immunitario e per mettere a punto alcuni efficaci strumenti nella prevenzione e nella lotta contro le malattie. L’autore inoltre ci ricorda non solamente il ruolo giocato dalla medicina (intesa come insieme di conoscenze scientifiche sul funzionamento del corpo umano), ma anche quello della politica nella costruzione di una sanità diffusa capillarmente.