“RAAF Captures Flying Saucer on Ranch in Roswell Region”, titola il Roswell Daily Record dell’8 luglio 1947. Ovvero: “La RAAF (Roswell Army Air Field, nda) cattura un disco volante su un ranch nella regione di Roswell”.
Era iniziato tutto qualche tempo prima, forse il 2 luglio, quando il signor Mac Brazel, proprietario di un ranch situato un centinaio di km a nord-ovest di Roswell, aveva trovato strani rottami sul terreno. Roswell è un’isolata cittadella del Nuovo Messico, che all’epoca contava circa 27.000 abitanti, soprattutto allevatori e soldati della vicina base aerea.
Non era la prima volta che Mac Brazel trovava qualcosa di insolito sulla sua proprietà: già in passato aveva recuperato alcuni palloni sonda, ma questa volta si trattava di qualcosa di diverso. I frammenti erano costituiti da «pezzi di gomma, stagnola, carta piuttosto robusta e asticelle». Il materiale pesava meno di tre chilogrammi ed era presente una gran quantità di nastro adesivo sul quale erano stampati dei fiori.
Mac Brazel probabilmente non pensò subito di aver scoperto qualcosa di straordinario. Nel suo ranch non aveva elettricità e, quindi, nemmeno il telefono per chiamare qualcuno. Solo dopo qualche giorno (o forse qualche settimana), sentendo parlare in paese di strani avvistamenti nel cielo, imputati all’arrivo degli alieni, realizzò che forse una di quelle navicelle poteva essere finita sui suoi terreni. Lo sceriffo Wilcox fu il primo a essere avvisato, il 6 luglio, e si recò sul posto insieme a un uomo in abiti borghesi, probabilmente il Maggiore Jesse A. Marcel dell’intelligence del 509º Bomb Group dell’Ottava Air Force, Roswell Army Air Field, per raccogliere i resti. I due provarono invano a mettere insieme i pezzi per ricostruire la forma originaria dell’oggetto. Non c’erano tracce di parti metalliche che potessero essere associate a un motore, né eliche, né di sostanze che potessero fungere da propellente.
Mac Brazel non aveva visto l’atterraggio, anzi lo schianto, dell’UFO, ma i coniugi Wilmot, suoi concittadini, sì[1]. In breve tempo la notizia conquistò la stampa nazionale[2].
Il signor Wilmot, che era considerato uno dei cittadini più rispettati e affidabili della città, verso le dieci di sera aveva visto un grande oggetto luminoso sfrecciare nel cielo. Aveva subito chiamato la moglie. L’avvistamento era durato 40-50 secondi. L’oggetto andava velocissimo, tra i 600 e gli 800 km/h, secondo le loro stime. Sembrava essere tra i 400 e 500 metri di altezza e aveva una forma particolare, «come due piattini capovolti, faccia a faccia, o come due lavabi di vecchio tipo messi insieme allo stesso modo[3]». Risplendeva come se la luce stesse filtrando dall’interno. Poteva avere un diametro tra i 4 e i 6 metri, secondo loro[4]. Su un altro quotidiano viene riportato, invece, che «le affermazioni relative alle dimensioni dei dischi variano da “grandi quanto dischi di grammofono” a “un diametro di 200 piedi (circa 60 metri, nda) con un foro centrale”[5]». Non era accompagnato da rumori forti, ma la signora Wilmot aveva sentito un breve sibilo che forse poteva essere collegato con l’UFO. Così come Mac Brazel, anche i coniugi Wilmot avevano inizialmente taciuto quanto avevano visto, per poi decidersi a raccontarlo.
Nel giro di un giorno, la versione di Mac Brazel cambia leggermente e in una intervista pubblicata sempre dal Roswell Daily Record il 9 luglio 1947, sostiene di aver trovato i rottami molto prima: il 14 giugno. Dichiara anche di essersi pentito di aver parlato dei rottami trovati sul suo terreno[6] e, potesse tornare indietro, non lo rifarebbe a meno di non trovare una bomba.
Le prime spiegazioni non si fanno attendere. Sul Fort Worth Morning Star-Telegram l’esperto ufficiale della stazione meteorologica di Fort Worth, Irving Newton, rilascia l’esito dei suoi accertamenti: l’oggetto rinvenuto è un tipo di pallone sonda chiamato “ray wind”, non conosciuto dal personale della base aerea di Roswell, che si usa per determinare la direzione e la velocità dei venti in alta quota. Il caso, apparentemente risolto, venne presto dimenticato.
Anche alcuni cittadini si cimentarono in spiegazioni pseudo-scettiche. Per esempio il Professor Cotton di Fisiologia dell’Università di Sydney condusse un esperimento[7] con la sua classe di 450 studenti al fine di dimostrare che, quando si guarda un cielo limpido concentrandosi su un punto fisso stando perfettamente fermi, si vedono oggetti luminosi di forma ovale muoversi rapidamente a causa, secondo lui, dei globuli rossi del sangue che passano davanti alla retina.
Il caso Roswell tornò a fare scalpore qualche decina d’anni dopo, con la pubblicazione del libro The Roswell Incident[8], di William Moore e Charles Berlitz, quest’ultimo più volte citato in questa rubrica, e in questo numero di Query anche in quella di Marco Ciardi, a proposito di vari presunti misteri. Il rinato interesse partiva da una intervista fatta nel 1978 dall’ufologo Stanton T. Friedman al Maggiore Marcel, una delle figure chiave che aveva sostenuto che i resti trovati sul terreno di Mac Brazel fossero quelli di un pallone sonda. Friedman riportò che il Maggiore aveva ritrattato la sua versione, confessando che la versione dell’aeronautica militare serviva in realtà a nascondere la verità...
La versione ricostruita dagli autori del libro è ancora più sconvolgente. Quelli di Roswell sono solo alcuni dei frammenti del disco volante, il cui nucleo sarebbe in realtà precipitato a circa duecento chilometri a ovest, nella Piana di San Agustin, dove sarebbero stati trovati anche i cadaveri dell’equipaggio alieno! Altri ufologi si iniziano così a interessare al caso[9], portando presunte prove a sostegno dell’origine extraterrestre dell’oggetto, che, secondo loro, non assomigliava a nessuno di quelli conosciuti.
Nel 1994 ci fu addirittura un’inchiesta parlamentare sul tema, che costrinse l’aeronautica militare ad aprire un’indagine interna. Nel 1995 venne pubblicato un rapporto dell’Air Force grazie al quale oggi sappiamo, finalmente, la verità, e... non è quella del banale pallone sonda meteorologico che era stata usata per spiegare l’accaduto.
In piena guerra fredda, tra il 1947 e il 1949, la United States Air Force aveva organizzato un’operazione top secret, chiamata Progetto Mogul. Questo consisteva nell’uso di speciali microfoni posti su palloni sonda in grado di captare i rumori di una eventuale sperimentazione di bombe nucleari da parte dell’Unione Sovietica, molto temuta dall’America. Il geofisico Maurice Ewing era riuscito a trovare un modo per rilevare i segnali delle esplosioni, mettendosi a 14 mila metri di altezza, dove vi era una sorta di “canale acustico”. Tuttavia, gli aerei dell’epoca non erano in grado di arrivare a una tale altitudine, perciò si decise di usare i palloni sonda. Ma questi non erano facili da manovrare a una tale altitudine e spesso precipitavano. La polizia federale aveva il compito di recuperarli senza dare nell’occhio, ma il Mogul 4, lanciato il 4 giugno 1947 e costituito da ventotto palloni in neoprene, finì nel ranch di Mac Brazel. I palloni, diversamente da quelli meteorologici, non avevano i cartellini per la ricompensa e questo forse contribuì a confondere Mac Brazel. L’ipotesi che si trattasse di un disco volante “cadeva” a pennello per coprire l’operazione segreta.
Il progetto Mogul venne sospeso dopo un po’, per via dei costi e della difficoltà di giustificare eventuali altri ritrovamenti.
Di tutta questa storia, piena di misteri a più livelli, la parte che trovo più incredibile è, come messo in evidenza anche da Massimiano Teso in un articolo[10] pubblicato nel 2000 nell’Enciclopedia del CICAP, che si sia potuto credere che un’astronave aliena potesse essere costituita da materiale come gomma, stagnola, asticelle di legno di balsa e nastro adesivo. Nastro adesivo, aggiungo io, con fantasia fiorata.
Era iniziato tutto qualche tempo prima, forse il 2 luglio, quando il signor Mac Brazel, proprietario di un ranch situato un centinaio di km a nord-ovest di Roswell, aveva trovato strani rottami sul terreno. Roswell è un’isolata cittadella del Nuovo Messico, che all’epoca contava circa 27.000 abitanti, soprattutto allevatori e soldati della vicina base aerea.
Non era la prima volta che Mac Brazel trovava qualcosa di insolito sulla sua proprietà: già in passato aveva recuperato alcuni palloni sonda, ma questa volta si trattava di qualcosa di diverso. I frammenti erano costituiti da «pezzi di gomma, stagnola, carta piuttosto robusta e asticelle». Il materiale pesava meno di tre chilogrammi ed era presente una gran quantità di nastro adesivo sul quale erano stampati dei fiori.
Mac Brazel probabilmente non pensò subito di aver scoperto qualcosa di straordinario. Nel suo ranch non aveva elettricità e, quindi, nemmeno il telefono per chiamare qualcuno. Solo dopo qualche giorno (o forse qualche settimana), sentendo parlare in paese di strani avvistamenti nel cielo, imputati all’arrivo degli alieni, realizzò che forse una di quelle navicelle poteva essere finita sui suoi terreni. Lo sceriffo Wilcox fu il primo a essere avvisato, il 6 luglio, e si recò sul posto insieme a un uomo in abiti borghesi, probabilmente il Maggiore Jesse A. Marcel dell’intelligence del 509º Bomb Group dell’Ottava Air Force, Roswell Army Air Field, per raccogliere i resti. I due provarono invano a mettere insieme i pezzi per ricostruire la forma originaria dell’oggetto. Non c’erano tracce di parti metalliche che potessero essere associate a un motore, né eliche, né di sostanze che potessero fungere da propellente.
Mac Brazel non aveva visto l’atterraggio, anzi lo schianto, dell’UFO, ma i coniugi Wilmot, suoi concittadini, sì[1]. In breve tempo la notizia conquistò la stampa nazionale[2].
Il signor Wilmot, che era considerato uno dei cittadini più rispettati e affidabili della città, verso le dieci di sera aveva visto un grande oggetto luminoso sfrecciare nel cielo. Aveva subito chiamato la moglie. L’avvistamento era durato 40-50 secondi. L’oggetto andava velocissimo, tra i 600 e gli 800 km/h, secondo le loro stime. Sembrava essere tra i 400 e 500 metri di altezza e aveva una forma particolare, «come due piattini capovolti, faccia a faccia, o come due lavabi di vecchio tipo messi insieme allo stesso modo[3]». Risplendeva come se la luce stesse filtrando dall’interno. Poteva avere un diametro tra i 4 e i 6 metri, secondo loro[4]. Su un altro quotidiano viene riportato, invece, che «le affermazioni relative alle dimensioni dei dischi variano da “grandi quanto dischi di grammofono” a “un diametro di 200 piedi (circa 60 metri, nda) con un foro centrale”[5]». Non era accompagnato da rumori forti, ma la signora Wilmot aveva sentito un breve sibilo che forse poteva essere collegato con l’UFO. Così come Mac Brazel, anche i coniugi Wilmot avevano inizialmente taciuto quanto avevano visto, per poi decidersi a raccontarlo.
Nel giro di un giorno, la versione di Mac Brazel cambia leggermente e in una intervista pubblicata sempre dal Roswell Daily Record il 9 luglio 1947, sostiene di aver trovato i rottami molto prima: il 14 giugno. Dichiara anche di essersi pentito di aver parlato dei rottami trovati sul suo terreno[6] e, potesse tornare indietro, non lo rifarebbe a meno di non trovare una bomba.
Le prime spiegazioni non si fanno attendere. Sul Fort Worth Morning Star-Telegram l’esperto ufficiale della stazione meteorologica di Fort Worth, Irving Newton, rilascia l’esito dei suoi accertamenti: l’oggetto rinvenuto è un tipo di pallone sonda chiamato “ray wind”, non conosciuto dal personale della base aerea di Roswell, che si usa per determinare la direzione e la velocità dei venti in alta quota. Il caso, apparentemente risolto, venne presto dimenticato.
Anche alcuni cittadini si cimentarono in spiegazioni pseudo-scettiche. Per esempio il Professor Cotton di Fisiologia dell’Università di Sydney condusse un esperimento[7] con la sua classe di 450 studenti al fine di dimostrare che, quando si guarda un cielo limpido concentrandosi su un punto fisso stando perfettamente fermi, si vedono oggetti luminosi di forma ovale muoversi rapidamente a causa, secondo lui, dei globuli rossi del sangue che passano davanti alla retina.
Il caso Roswell tornò a fare scalpore qualche decina d’anni dopo, con la pubblicazione del libro The Roswell Incident[8], di William Moore e Charles Berlitz, quest’ultimo più volte citato in questa rubrica, e in questo numero di Query anche in quella di Marco Ciardi, a proposito di vari presunti misteri. Il rinato interesse partiva da una intervista fatta nel 1978 dall’ufologo Stanton T. Friedman al Maggiore Marcel, una delle figure chiave che aveva sostenuto che i resti trovati sul terreno di Mac Brazel fossero quelli di un pallone sonda. Friedman riportò che il Maggiore aveva ritrattato la sua versione, confessando che la versione dell’aeronautica militare serviva in realtà a nascondere la verità...
La versione ricostruita dagli autori del libro è ancora più sconvolgente. Quelli di Roswell sono solo alcuni dei frammenti del disco volante, il cui nucleo sarebbe in realtà precipitato a circa duecento chilometri a ovest, nella Piana di San Agustin, dove sarebbero stati trovati anche i cadaveri dell’equipaggio alieno! Altri ufologi si iniziano così a interessare al caso[9], portando presunte prove a sostegno dell’origine extraterrestre dell’oggetto, che, secondo loro, non assomigliava a nessuno di quelli conosciuti.
Nel 1994 ci fu addirittura un’inchiesta parlamentare sul tema, che costrinse l’aeronautica militare ad aprire un’indagine interna. Nel 1995 venne pubblicato un rapporto dell’Air Force grazie al quale oggi sappiamo, finalmente, la verità, e... non è quella del banale pallone sonda meteorologico che era stata usata per spiegare l’accaduto.
In piena guerra fredda, tra il 1947 e il 1949, la United States Air Force aveva organizzato un’operazione top secret, chiamata Progetto Mogul. Questo consisteva nell’uso di speciali microfoni posti su palloni sonda in grado di captare i rumori di una eventuale sperimentazione di bombe nucleari da parte dell’Unione Sovietica, molto temuta dall’America. Il geofisico Maurice Ewing era riuscito a trovare un modo per rilevare i segnali delle esplosioni, mettendosi a 14 mila metri di altezza, dove vi era una sorta di “canale acustico”. Tuttavia, gli aerei dell’epoca non erano in grado di arrivare a una tale altitudine, perciò si decise di usare i palloni sonda. Ma questi non erano facili da manovrare a una tale altitudine e spesso precipitavano. La polizia federale aveva il compito di recuperarli senza dare nell’occhio, ma il Mogul 4, lanciato il 4 giugno 1947 e costituito da ventotto palloni in neoprene, finì nel ranch di Mac Brazel. I palloni, diversamente da quelli meteorologici, non avevano i cartellini per la ricompensa e questo forse contribuì a confondere Mac Brazel. L’ipotesi che si trattasse di un disco volante “cadeva” a pennello per coprire l’operazione segreta.
Il progetto Mogul venne sospeso dopo un po’, per via dei costi e della difficoltà di giustificare eventuali altri ritrovamenti.
Di tutta questa storia, piena di misteri a più livelli, la parte che trovo più incredibile è, come messo in evidenza anche da Massimiano Teso in un articolo[10] pubblicato nel 2000 nell’Enciclopedia del CICAP, che si sia potuto credere che un’astronave aliena potesse essere costituita da materiale come gomma, stagnola, asticelle di legno di balsa e nastro adesivo. Nastro adesivo, aggiungo io, con fantasia fiorata.
Note
1) San Francisco Chronicle, 9 Luglio 1947.
3) Roswell Daily Record - July 8, 1947.
4) Roswell Daily Record - July 8, 1947.
5) The Ceylon Observer - July 9, 1947.
6) “Harassed Rancher who Located 'Saucer' Sorry He Told About It”, Roswell Daily Record, July 9, 1947.
7) "FLYING SAUCERS" OVER S. AFRICA, CANADA AND AUSTRALIA? Conflicting Reports on Mystery Objects “CONCRETE EVIDENCE" IN THREE INSTANCES, The Ceylon Observer - July 9, 1947.
8) Charles Berlitz e William L. Moore, The Roswell Incident, New York, Berkley, 1988. Tradotto in italiano come Accadde a Roswell.
9) Kevin D. Randle, Donald R. Schmitt, The Truth About the Ufo Crash at Roswell, 1994.