Il vero motore di Chiedi le Prove sono gli asker. È vero, questa parola non si trova nel nostro dizionario ma chiariamo subito che non l’abbiamo scelta perché volevamo darci un tocco di esterofilia.
Chiedi le Prove rappresenta la versione italiana di Ask for Evidence, un progetto lanciato in Gran Bretagna dall’associazione “Sense About Science” e che ha ottenuto un ottimo successo di pubblico. Inizialmente si pensava di chiamare la nostra iniziativa “Ask for Evidence – Italia”. Poi abbiamo preferito “Chiedi le Prove”, ma ci piaceva l’idea di mantenere un legame con l’iniziativa originale.
Abbiamo così deciso di utilizzare il termine “asker”, che non va inteso come traduzione di “chi chiede” (in effetti non è un termine di uso comune nella lingua inglese) ma piuttosto come definizione di “chi partecipa all’iniziativa Chiedi le Prove”.
I nostri lettori che si imbattono in un’affermazione senza prove e decidono di chiederle, contando sul nostro supporto, sono definiti come “asker” e la loro richiesta di prove rappresenta un “ask”.
In quest’occasione vogliamo approfondire la conoscenza di alcuni dei nostri recenti asker e capire come e perché si sono avvicinati a questa iniziativa.
Il primo che abbiamo incontrato si chiama Davide e si è da poco laureato in medicina. Ci racconta che, a causa della pandemia che ci ha costretto tutti a ridurre gli spostamenti, ha trascorso più tempo di prima sui social ed è qui, navigando su Facebook, che ha incontrato la pagina in cui parliamo della nostra iniziativa. È stato un «colpo di fulmine» anche perché...Davide aveva già chiesto le prove prima ancora di conoscerci.
Pochi mesi prima era stato infatti incuriosito dalla pubblicità di un sanificatore per ambienti e voleva approfondire l’argomento. Per questo aveva contattato la ditta produttrice richiedendo informazioni più specifiche riguardanti l’efficacia e la sicurezza del dispositivo, ma la sua richiesta non aveva ottenuto alcuna risposta.
Dopo aver conosciuto Chiedi le Prove, ci ha contattato e, insieme a lui, abbiamo riformulato la sua richiesta, rendendola più “semplice” e diretta, e questa volta la risposta è arrivata.
Il secondo intervistato si chiama Francesco, è un informatico e, quasi per una legge del contrappasso, non è venuto a conoscenza della nostra iniziativa tramite il computer, ma attraverso la carta di un libro. Nello specifico, si tratta de Il mondo sottosopra del nostro segretario Massimo Polidoro. Francesco è da poco diventato papà e, tra le tante preoccupazioni dovute a questa nuova situazione, c’è anche quella della possibile insorgenza delle ragadi al seno a causa dell’allattamento. L’ostetrica che segue la moglie aveva suggerito l’utilizzo di coppette in argento per prevenire il problema. Francesco si è subito posto la domanda se questa soluzione potesse davvero essere efficace: ci sono prove che lo dimostrano? Da qui è nato il suo ask, indirizzato a un’azienda che vende tali coppette e che ha risposto alla richiesta.
Il terzo asker che abbiamo intervistato si chiama Nicolò ed è un giovane studente di medicina. Anch’egli ha scoperto Chiedi le Prove sui social, ed è girando su Facebook che ha trovato, tra i link sponsorizzati, la pagina di un noto “mnemonista”, il quale proponeva «tecniche di memoria incredibili basate su ricerche del MIT». Essendo un utilizzatore di mnemotecniche, Nicolò ha chiesto dei riferimenti a tali studi tramite un commento al post originale. Dopo aver ricevuto uno studio non inerente all’argomento trattato, il suo commento è stato successivamente eliminato dalla pagina. Come siamo soliti dire, anche una non-risposta è una risposta.
Nicolò ha accolto con entusiasmo la nostra iniziativa, tanto da dichiarare che «se non ci fosse stata, l’avrei voluta inventare». Per lui è importante chiedere le prove perché «le parole hanno un peso», un’affermazione può essere vista come un atto di potere che può avere un effetto anche importante sulle persone che la ricevono. In questo contesto, chiedere le prove viene affrontato con «spirito di servizio» nei confronti della società. «Chi fa un’affermazione, specialmente se di tipo scientifico, si deve assumere la responsabilità di essere smentito e io faccio quindi valere il mio diritto di chiedere le prove se l’affermazione in cui mi imbatto non è formulata in modo da essere giustificabile», spiega.
Un punto di vista che ci ha ricordato l’incontro con l’indimenticabile James Randi. In quell’occasione, quando gli abbiamo chiesto perché è importante chiedere le prove, “The Amazing” ha risposto che «le evidenze che io scopro possono rappresentare credenze e superstizioni per altre persone». Chiedere le prove quindi non solo per sé stessi ma anche per rendere la nostra società più consapevole e più trasparente.
A noi preme far comprendere che Chiedi le Prove non è un’iniziativa di “debunking” e Davide ci ha confermato di aver pienamente colto il senso del progetto. Ciò che lo ha colpito è stato «lo scopo così schietto e diretto dell’iniziativa che non va alla ricerca dell’inganno. Si cerca semplicemente di trovare le prove di un’affermazione. L’importante è partire senza pregiudizio prima di formulare la richiesta». Una posizione che, come dicevamo, nasce anche dall’esperienza. Nella sua prima richiesta di prove, quella scritta per conto proprio, Davide aveva allegato della documentazione che aveva personalmente ricercato relativamente al quesito che aveva rivolto all’azienda. Probabilmente, riconosce, il suo approccio era stato troppo da “inquisitore”, viziato da un pregiudizio, e questo può aver fatto sì che l’azienda avesse ignorato la sua richiesta. Per aumentare la probabilità di ricevere una risposta è opportuno che la richiesta sia quanto più semplice e neutrale possibile. Secondo Davide, chiedere le prove è importante in quanto «ci permette di essere liberi di scegliere, perché si è liberi quando si conosce, non quando si è convinti da qualcosa che ci dice qualcun altro».
Se Davide ha beneficiato del nostro supporto nella fase di preparazione della richiesta, Francesco ha gradito il nostro aiuto nell’interpretazione della risposta ricevuta. Avendo una formazione prevalentemente tecnica, non sarebbe stato in grado di valutare la qualità delle pubblicazioni scientifiche che aveva ricevuto in risposta alla sua richiesta. Come fare a capire se un determinato articolo è attendibile? Si tratta comunque di qualcosa che «è stato pubblicato. Se una rivista ha accettato quel particolare studio, anche un minimo di significato dovrà averlo avuto». Quindi l’aiuto di qualcuno che lo ha guidato nel capire come valutare una pubblicazione scientifica è stato determinante ed è stata la motivazione che lo ha spinto a rivolgersi a noi.
Dobbiamo tener presente che Chiedi le Prove si rivolge a tutti, anche a chi non ha alle spalle studi di natura scientifica, senza trascurare il fatto che anche chi lavora nel campo scientifico avrà una certa facilità a interpretare correttamente gli argomenti che sono legati al suo campo di applicazione, ma non potrà certo essere ugualmente competente in altri settori. Ecco quindi che il supporto fornito dalla nostra iniziativa, attraverso l’ampia rete di esperti e collaboratori, è pensato per venire incontro a tutti e non bisogna quindi intimorirsi nel chiedere le prove per un argomento che non si conosce.
Quando abbiamo chiesto a Francesco perché per lui è importante chiedere le prove, ci ha risposto che «ti insegna a ragionare sulle cose. Ci troviamo a che fare con tantissime informazioni che arrivano da chiunque e quindi serve un metodo per distinguere quelle di cui ci si può fidare e per evitare di scegliere la strada più breve e più semplice», e senza ricorrere ad atti di fede, aggiungiamo noi.
Abbiamo detto che un approccio neutrale e senza pregiudizi è il modo migliore per formulare una richiesta. Che aspettative c’erano da parte dei nostri asker sulle possibili risposte? Francesco riconosce che non si aspettava di ricevere un articolo scientifico, anche se per arrivare ad ottenerlo racconta di essere stato «rimbalzato» più volte da un interlocutore all’altro. Si immaginava che avrebbe ricevuto spiegazioni più dettagliate, e certamente maggiore preparazione, da parte di chi vende il dispositivo a cui era interessato. Concludere l’iter con una pubblicazione scientifica tra le mani è stato quindi comunque un risultato positivo.
Da parte sua, Nicolò non ha difficoltà ad ammettere che non si aspettava alcuna risposta. Essendo un appassionato di neuroscienze ed avendo delle competenze sull’argomento per il quale aveva sollevato la richiesta, aveva già provveduto ad effettuare delle ricerche per proprio conto, al fine di individuare delle pubblicazioni scientifiche in grado di giustificare le affermazioni che aveva letto. Non avendo trovato nulla di specifico, aveva inviato l’ask pur essendosi già fatto un’opinione negativa dell’argomento.
L’esperienza è invece stata contrastante per Davide. Prima di conoscerci aveva infatti già contattato l’azienda per avere maggiori informazioni e aveva anche allegato degli studi che sembravano in contrasto con quanto dichiarato dall’azienda stessa. Si aspettava che gli venisse risposto «con serietà, mettendo a disposizione gli studi» in grado di confutare quelli allegati da lui. Le sue aspettative erano però state deluse dato che non gli era arrivata nessuna risposta. Per questo, Davide aveva maturato un’idea negativa. Nonostante questo, ha preparato una seconda richiesta con il nostro supporto, pur convinto che «non saremmo riusciti a cavar fuori niente». E invece, dopo due settimane dalla richiesta, l’azienda contattata «ha fornito tutto ciò che poteva ed è stata una bella sorpresa».
Essendo un medico. Davide chiaramente ritiene che sia fondamentale chiedere le prove in tutti gli ambiti che hanno a che fare con la salute. «Internet ci dà l’illusione di poter conoscere tutto con pochi click». Abbiamo visto quante informazioni infondate, senza prove, stanno girando sulla pandemia. La salute non è però l’unico ambito in cui occorre utilizzare quest’approccio: «anche in campo economico, storico, politico. In pratica in tutti gli ambiti della nostra realtà». Soprattutto in campo politico, Davide si augura che le informazioni senza prove dei personaggi politici siano sottoposte a fact-checking da parte dei giornalisti.
Gli fa eco Francesco, secondo cui i settori in cui si dovrebbe dare maggior importanza alla presenza di prove sono «tutti, perché se devi fare delle scelte, devi avere la possibilità e gli strumenti per poter scegliere consapevolmente». Un po’ più specifico Nicolò, che individua tre aree fondamentali in cui le prove non devono mancare mai: «medicina, politica ed economia». Si tratta di ambiti in cui viene fatto un ampio utilizzo dei “fatti”, non soltanto delle opinioni, e i fatti devono basarsi su dati e numeri. Secondo Nicolò, anche la politica dovrebbe essere più “fact based” e per lui sarebbe fantastico avere un “Chiedi le Prove politico”, ma crede che ciò non succederà mai.
A tal proposito vogliamo ricordare che Chiedi le Prove nasce per sensibilizzare all’utilizzo di un metodo che trova applicazione in tutti gli ambiti della nostra esperienza quotidiana, in tutte quelle occasioni in cui ci imbattiamo in un’affermazione di tipo scientifico, quelle affermazioni cioè che, per essere giudicate vere, devono essere provate.
In particolare, guardando alla politica, nel giugno del 2017 la nostra iniziativa ha partecipato all’evento Evidence Matter, che si è svolto nella sede dell’Europarlamento a Bruxelles. Tramite un concorso, abbiamo selezionato la storia di uno dei nostri lettori in cui ci raccontava perché le prove sono importanti nella sua vita professionale. Il vincitore è stato così accompagnato a Bruxelles da un rappresentante di Chiedi le Prove e qui, assieme ad altre 15 persone provenienti da altri paesi europei, ha avuto modo di presentare la sua storia ai parlamentari, in modo da sensibilizzare la politica a prendere delle decisioni basate sulle prove.
Potete trovare il resoconto di quell’esperienza tra le storie pubblicate all’interno del nostro sito[1].
In conclusione, a loro che sono stati asker, abbiamo voluto chiedere cosa potrebbe frenare una persona dal chiedere le prove.
Secondo Francesco, alla base può esserci il fatto che la metodologia scientifica necessaria per indagare certi fenomeni spesso non viene insegnata a scuola. Egli stesso, che ha frequentato il liceo scientifico, ha trovato solo un’insegnante (di filosofia) che gli ha spiegato l’approccio al metodo scientifico. Sarebbe bello, spiega, se la scuola proponesse ciò che spiegano alcuni bravissimi divulgatori su YouTube. Anche Davide concorda con Francesco e aggiunge che nel suo caso l’unico esempio di insegnamento del metodo scientifico è stato un esperimento svolto in prima elementare.
Nicolò invece ci spiega che, quando ne ha parlato con i suoi amici, si è accorto anche di «una sorta di titubanza verso la nostra iniziativa. Si ritiene che chiedere le prove equivalga a dubitare», un dubbio che deriverebbe da una mancanza di rispetto e fiducia verso l’interlocutore. «L’atto di dubitare», ritiene invece Nicolò, «dovrebbe essere la base di una società civile, coniugando libertà di opinione e senso di responsabilità, perché l’opinione è libera ma non è irresponsabile».
Una conclusione che rimanda immediatamente alle parole con cui il nostro presidente Sergio Della Sala ha tenuto a battesimo questa iniziativa: « È la condivisione di un metodo che si basa su tre valori: il valore dei fatti, il valore della trasparenza e il valore della responsabilità. Chiunque fa un'affermazione deve dire su quali fatti questa stessa affermazione si basa; deve farlo in modo trasparente, per far sì che le fonti di questa affermazione siano accessibili e deve farlo in modo responsabile, cioè quando fa un'affermazione deve gestirne le conseguenze».
Grazie ai nostri asker per aver condiviso con noi la loro esperienza, sperando che le loro parole possano rappresentare un’ispirazione per tante e tanti e li motivi a chiedere le prove come esercizio di responsabilità individuale che va a beneficio di tutti.
Chiedi le Prove rappresenta la versione italiana di Ask for Evidence, un progetto lanciato in Gran Bretagna dall’associazione “Sense About Science” e che ha ottenuto un ottimo successo di pubblico. Inizialmente si pensava di chiamare la nostra iniziativa “Ask for Evidence – Italia”. Poi abbiamo preferito “Chiedi le Prove”, ma ci piaceva l’idea di mantenere un legame con l’iniziativa originale.
Abbiamo così deciso di utilizzare il termine “asker”, che non va inteso come traduzione di “chi chiede” (in effetti non è un termine di uso comune nella lingua inglese) ma piuttosto come definizione di “chi partecipa all’iniziativa Chiedi le Prove”.
I nostri lettori che si imbattono in un’affermazione senza prove e decidono di chiederle, contando sul nostro supporto, sono definiti come “asker” e la loro richiesta di prove rappresenta un “ask”.
In quest’occasione vogliamo approfondire la conoscenza di alcuni dei nostri recenti asker e capire come e perché si sono avvicinati a questa iniziativa.
Il primo che abbiamo incontrato si chiama Davide e si è da poco laureato in medicina. Ci racconta che, a causa della pandemia che ci ha costretto tutti a ridurre gli spostamenti, ha trascorso più tempo di prima sui social ed è qui, navigando su Facebook, che ha incontrato la pagina in cui parliamo della nostra iniziativa. È stato un «colpo di fulmine» anche perché...Davide aveva già chiesto le prove prima ancora di conoscerci.
Pochi mesi prima era stato infatti incuriosito dalla pubblicità di un sanificatore per ambienti e voleva approfondire l’argomento. Per questo aveva contattato la ditta produttrice richiedendo informazioni più specifiche riguardanti l’efficacia e la sicurezza del dispositivo, ma la sua richiesta non aveva ottenuto alcuna risposta.
Dopo aver conosciuto Chiedi le Prove, ci ha contattato e, insieme a lui, abbiamo riformulato la sua richiesta, rendendola più “semplice” e diretta, e questa volta la risposta è arrivata.
Il secondo intervistato si chiama Francesco, è un informatico e, quasi per una legge del contrappasso, non è venuto a conoscenza della nostra iniziativa tramite il computer, ma attraverso la carta di un libro. Nello specifico, si tratta de Il mondo sottosopra del nostro segretario Massimo Polidoro. Francesco è da poco diventato papà e, tra le tante preoccupazioni dovute a questa nuova situazione, c’è anche quella della possibile insorgenza delle ragadi al seno a causa dell’allattamento. L’ostetrica che segue la moglie aveva suggerito l’utilizzo di coppette in argento per prevenire il problema. Francesco si è subito posto la domanda se questa soluzione potesse davvero essere efficace: ci sono prove che lo dimostrano? Da qui è nato il suo ask, indirizzato a un’azienda che vende tali coppette e che ha risposto alla richiesta.
Un asker ha chiesto su quali prove si fondasse la capacità delle coppette d'argento nel prevenire le ragadi al seno di donne che allattano.
Il terzo asker che abbiamo intervistato si chiama Nicolò ed è un giovane studente di medicina. Anch’egli ha scoperto Chiedi le Prove sui social, ed è girando su Facebook che ha trovato, tra i link sponsorizzati, la pagina di un noto “mnemonista”, il quale proponeva «tecniche di memoria incredibili basate su ricerche del MIT». Essendo un utilizzatore di mnemotecniche, Nicolò ha chiesto dei riferimenti a tali studi tramite un commento al post originale. Dopo aver ricevuto uno studio non inerente all’argomento trattato, il suo commento è stato successivamente eliminato dalla pagina. Come siamo soliti dire, anche una non-risposta è una risposta.
Nicolò ha accolto con entusiasmo la nostra iniziativa, tanto da dichiarare che «se non ci fosse stata, l’avrei voluta inventare». Per lui è importante chiedere le prove perché «le parole hanno un peso», un’affermazione può essere vista come un atto di potere che può avere un effetto anche importante sulle persone che la ricevono. In questo contesto, chiedere le prove viene affrontato con «spirito di servizio» nei confronti della società. «Chi fa un’affermazione, specialmente se di tipo scientifico, si deve assumere la responsabilità di essere smentito e io faccio quindi valere il mio diritto di chiedere le prove se l’affermazione in cui mi imbatto non è formulata in modo da essere giustificabile», spiega.
Un punto di vista che ci ha ricordato l’incontro con l’indimenticabile James Randi. In quell’occasione, quando gli abbiamo chiesto perché è importante chiedere le prove, “The Amazing” ha risposto che «le evidenze che io scopro possono rappresentare credenze e superstizioni per altre persone». Chiedere le prove quindi non solo per sé stessi ma anche per rendere la nostra società più consapevole e più trasparente.
A noi preme far comprendere che Chiedi le Prove non è un’iniziativa di “debunking” e Davide ci ha confermato di aver pienamente colto il senso del progetto. Ciò che lo ha colpito è stato «lo scopo così schietto e diretto dell’iniziativa che non va alla ricerca dell’inganno. Si cerca semplicemente di trovare le prove di un’affermazione. L’importante è partire senza pregiudizio prima di formulare la richiesta». Una posizione che, come dicevamo, nasce anche dall’esperienza. Nella sua prima richiesta di prove, quella scritta per conto proprio, Davide aveva allegato della documentazione che aveva personalmente ricercato relativamente al quesito che aveva rivolto all’azienda. Probabilmente, riconosce, il suo approccio era stato troppo da “inquisitore”, viziato da un pregiudizio, e questo può aver fatto sì che l’azienda avesse ignorato la sua richiesta. Per aumentare la probabilità di ricevere una risposta è opportuno che la richiesta sia quanto più semplice e neutrale possibile. Secondo Davide, chiedere le prove è importante in quanto «ci permette di essere liberi di scegliere, perché si è liberi quando si conosce, non quando si è convinti da qualcosa che ci dice qualcun altro».
Se Davide ha beneficiato del nostro supporto nella fase di preparazione della richiesta, Francesco ha gradito il nostro aiuto nell’interpretazione della risposta ricevuta. Avendo una formazione prevalentemente tecnica, non sarebbe stato in grado di valutare la qualità delle pubblicazioni scientifiche che aveva ricevuto in risposta alla sua richiesta. Come fare a capire se un determinato articolo è attendibile? Si tratta comunque di qualcosa che «è stato pubblicato. Se una rivista ha accettato quel particolare studio, anche un minimo di significato dovrà averlo avuto». Quindi l’aiuto di qualcuno che lo ha guidato nel capire come valutare una pubblicazione scientifica è stato determinante ed è stata la motivazione che lo ha spinto a rivolgersi a noi.
Dobbiamo tener presente che Chiedi le Prove si rivolge a tutti, anche a chi non ha alle spalle studi di natura scientifica, senza trascurare il fatto che anche chi lavora nel campo scientifico avrà una certa facilità a interpretare correttamente gli argomenti che sono legati al suo campo di applicazione, ma non potrà certo essere ugualmente competente in altri settori. Ecco quindi che il supporto fornito dalla nostra iniziativa, attraverso l’ampia rete di esperti e collaboratori, è pensato per venire incontro a tutti e non bisogna quindi intimorirsi nel chiedere le prove per un argomento che non si conosce.
Quando abbiamo chiesto a Francesco perché per lui è importante chiedere le prove, ci ha risposto che «ti insegna a ragionare sulle cose. Ci troviamo a che fare con tantissime informazioni che arrivano da chiunque e quindi serve un metodo per distinguere quelle di cui ci si può fidare e per evitare di scegliere la strada più breve e più semplice», e senza ricorrere ad atti di fede, aggiungiamo noi.
Abbiamo detto che un approccio neutrale e senza pregiudizi è il modo migliore per formulare una richiesta. Che aspettative c’erano da parte dei nostri asker sulle possibili risposte? Francesco riconosce che non si aspettava di ricevere un articolo scientifico, anche se per arrivare ad ottenerlo racconta di essere stato «rimbalzato» più volte da un interlocutore all’altro. Si immaginava che avrebbe ricevuto spiegazioni più dettagliate, e certamente maggiore preparazione, da parte di chi vende il dispositivo a cui era interessato. Concludere l’iter con una pubblicazione scientifica tra le mani è stato quindi comunque un risultato positivo.
La risposta a un ask può rimandare a un articolo scientifico, Chiedi le Prove aiuta a valutarlo. ©Tobias von der Haar Flickr
Da parte sua, Nicolò non ha difficoltà ad ammettere che non si aspettava alcuna risposta. Essendo un appassionato di neuroscienze ed avendo delle competenze sull’argomento per il quale aveva sollevato la richiesta, aveva già provveduto ad effettuare delle ricerche per proprio conto, al fine di individuare delle pubblicazioni scientifiche in grado di giustificare le affermazioni che aveva letto. Non avendo trovato nulla di specifico, aveva inviato l’ask pur essendosi già fatto un’opinione negativa dell’argomento.
L’esperienza è invece stata contrastante per Davide. Prima di conoscerci aveva infatti già contattato l’azienda per avere maggiori informazioni e aveva anche allegato degli studi che sembravano in contrasto con quanto dichiarato dall’azienda stessa. Si aspettava che gli venisse risposto «con serietà, mettendo a disposizione gli studi» in grado di confutare quelli allegati da lui. Le sue aspettative erano però state deluse dato che non gli era arrivata nessuna risposta. Per questo, Davide aveva maturato un’idea negativa. Nonostante questo, ha preparato una seconda richiesta con il nostro supporto, pur convinto che «non saremmo riusciti a cavar fuori niente». E invece, dopo due settimane dalla richiesta, l’azienda contattata «ha fornito tutto ciò che poteva ed è stata una bella sorpresa».
Essendo un medico. Davide chiaramente ritiene che sia fondamentale chiedere le prove in tutti gli ambiti che hanno a che fare con la salute. «Internet ci dà l’illusione di poter conoscere tutto con pochi click». Abbiamo visto quante informazioni infondate, senza prove, stanno girando sulla pandemia. La salute non è però l’unico ambito in cui occorre utilizzare quest’approccio: «anche in campo economico, storico, politico. In pratica in tutti gli ambiti della nostra realtà». Soprattutto in campo politico, Davide si augura che le informazioni senza prove dei personaggi politici siano sottoposte a fact-checking da parte dei giornalisti.
Gli fa eco Francesco, secondo cui i settori in cui si dovrebbe dare maggior importanza alla presenza di prove sono «tutti, perché se devi fare delle scelte, devi avere la possibilità e gli strumenti per poter scegliere consapevolmente». Un po’ più specifico Nicolò, che individua tre aree fondamentali in cui le prove non devono mancare mai: «medicina, politica ed economia». Si tratta di ambiti in cui viene fatto un ampio utilizzo dei “fatti”, non soltanto delle opinioni, e i fatti devono basarsi su dati e numeri. Secondo Nicolò, anche la politica dovrebbe essere più “fact based” e per lui sarebbe fantastico avere un “Chiedi le Prove politico”, ma crede che ciò non succederà mai.
A tal proposito vogliamo ricordare che Chiedi le Prove nasce per sensibilizzare all’utilizzo di un metodo che trova applicazione in tutti gli ambiti della nostra esperienza quotidiana, in tutte quelle occasioni in cui ci imbattiamo in un’affermazione di tipo scientifico, quelle affermazioni cioè che, per essere giudicate vere, devono essere provate.
In particolare, guardando alla politica, nel giugno del 2017 la nostra iniziativa ha partecipato all’evento Evidence Matter, che si è svolto nella sede dell’Europarlamento a Bruxelles. Tramite un concorso, abbiamo selezionato la storia di uno dei nostri lettori in cui ci raccontava perché le prove sono importanti nella sua vita professionale. Il vincitore è stato così accompagnato a Bruxelles da un rappresentante di Chiedi le Prove e qui, assieme ad altre 15 persone provenienti da altri paesi europei, ha avuto modo di presentare la sua storia ai parlamentari, in modo da sensibilizzare la politica a prendere delle decisioni basate sulle prove.
Potete trovare il resoconto di quell’esperienza tra le storie pubblicate all’interno del nostro sito[1].
In conclusione, a loro che sono stati asker, abbiamo voluto chiedere cosa potrebbe frenare una persona dal chiedere le prove.
Secondo Francesco, alla base può esserci il fatto che la metodologia scientifica necessaria per indagare certi fenomeni spesso non viene insegnata a scuola. Egli stesso, che ha frequentato il liceo scientifico, ha trovato solo un’insegnante (di filosofia) che gli ha spiegato l’approccio al metodo scientifico. Sarebbe bello, spiega, se la scuola proponesse ciò che spiegano alcuni bravissimi divulgatori su YouTube. Anche Davide concorda con Francesco e aggiunge che nel suo caso l’unico esempio di insegnamento del metodo scientifico è stato un esperimento svolto in prima elementare.
Nicolò invece ci spiega che, quando ne ha parlato con i suoi amici, si è accorto anche di «una sorta di titubanza verso la nostra iniziativa. Si ritiene che chiedere le prove equivalga a dubitare», un dubbio che deriverebbe da una mancanza di rispetto e fiducia verso l’interlocutore. «L’atto di dubitare», ritiene invece Nicolò, «dovrebbe essere la base di una società civile, coniugando libertà di opinione e senso di responsabilità, perché l’opinione è libera ma non è irresponsabile».
Una conclusione che rimanda immediatamente alle parole con cui il nostro presidente Sergio Della Sala ha tenuto a battesimo questa iniziativa: « È la condivisione di un metodo che si basa su tre valori: il valore dei fatti, il valore della trasparenza e il valore della responsabilità. Chiunque fa un'affermazione deve dire su quali fatti questa stessa affermazione si basa; deve farlo in modo trasparente, per far sì che le fonti di questa affermazione siano accessibili e deve farlo in modo responsabile, cioè quando fa un'affermazione deve gestirne le conseguenze».
Grazie ai nostri asker per aver condiviso con noi la loro esperienza, sperando che le loro parole possano rappresentare un’ispirazione per tante e tanti e li motivi a chiedere le prove come esercizio di responsabilità individuale che va a beneficio di tutti.