Il professor Giuliano F. Panza, geofisico, conduce la sua attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Università di Trieste e l'Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics. Ha ricevuto la medaglia Beno Gutenberg dalla Società Europea di Geofisica per i suoi contributi nello studio della Sismologia, ed è uno dei pochi studiosi che si dedica anche al tema della previsione dei terremoti
Cosa significa "prevedere un terremoto"?
Prevedere un terremoto significa indicare simultaneamente le principali caratteristiche di un terremoto imminente, generalmente sulla base dell'osservazione di uno o più segnali precursori. La previsione dei terremoti scientificamente corretta consiste nella indicazione della magnitudo, della localizzazione e del tempo di un futuro evento sismico, con una precisione tale da consentire una valutazione univoca del successo o fallimento della previsione stessa.
Qual è l'utilità di una previsione di un evento sismico?
A livello intuitivo, le previsioni a breve termine possono sembrare le più utili, poiché potrebbero consentire la realizzazione di piani di evacuazione e la sospensione di attività a rischio nella zona interessata; tuttavia, proprio per i notevoli costi ed inconvenienti che tali operazioni comportano, queste previsioni devono essere formulate con una grande precisione che risulta difficilmente raggiungibile. L'impatto negativo dei falsi allarmi connessi con la previsione a breve termine, potrebbe infatti risultare peggiore dei danni causati da un evento non previsto. Sul lungo termine invece, e dunque per quanto riguarda i terremoti di intensità maggiore, il problema è rappresentato dalla mancanza di osservazioni sistematiche rilevanti.
Con che precisione si può prevedere, o ipotizzare di prevedere, un terremoto?
La precisione con la quale si può prevedere la localizzazione spazio-temporale di un forte evento è tuttora un problema aperto. La previsione può essere probabilistica, ossia la magnitudo, il tempo e la localizzazione dell'evento possono essere indicati in modo non esatto, con una percentuale intrinseca di falsi allarmi e di fallimenti di previsione.
L'obiettivo più realistico appare, attualmente, quello delle previsioni a medio termine, in cui l'allarme copre un arco di tempo dell'ordine di qualche anno, con un'incertezza spaziale di centinaia di chilometri.
La previsione dei terremoti avviene sulla base dello studio di fenomeni precursori. Che elementi si conoscono per supportare o meno l'esistenza di fenomeni precursori?
Per convalidare l'esistenza di un precursore, ossia di una relazione sistematica fra un certo fenomeno quantificabile ed il verificarsi di un forte terremoto, è necessario fornire un numero significativo di casi osservati, globalmente distribuiti. Fino a ora l'efficacia della maggioranza dei fenomeni proposti come precursori si è rivelata inadeguata o, al più, è rimasta indimostrata.
Allo stato attuale l'approccio più promettente sembra dunque rappresentato dalle previsioni basate su specifiche variazioni, all'interno di una zona delimitata, della sismicità di fondo che precede i forti terremoti.
Come si stabilisce la significatività di un fenomeno precursore?
Secondo quanto stabilito dalla IASPEI (International Association of Seismology and Physics of the Earth's Interior), i criteri per stabilire la significatività di un fenomeno precursore sono, in sintesi, i seguenti: 1) l'anomalia deve essere riconducibile ai meccanismi che determinano i terremoti; 2) l'anomalia deve essere simultaneamente rilevata in più di un sito o da più di uno strumento; 3) l'anomalia e la sua relazione con il susseguente verificarsi del terremoto devono essere definite con precisione; 4) sia l'anomalia che le regole devono essere ricavate da un insieme di dati indipendenti da tutti quelli su cui si effettua la previsione.
Quali sono alcuni dei possibili fenomeni precursori?
Fra i molteplici "segnali" che sono stati proposti come precursori per la previsione dei terremoti, ricordiamo: variazioni anomale della sismicità; variazioni della velocità e delle caratteristiche spettrali delle onde sismiche e dei meccanismi delle sorgenti sismiche; deformazioni crostali su scala regionale; variazioni anomale negli sforzi crostali; variazioni del campo gravitazionale e geomagnetico, delle correnti telluriche e della resistività (precursori geoelettrici); modificazioni anomale del flusso delle acque sotterranee e del contenuto di diversi componenti chimici dell'acqua (Radon, Fluoro, anidride carbonica, nitrati); anomalie nella pressione atmosferica, nella temperatura e nel flusso di calore terrestre.
Cosa si può concludere?
Attualmente solo pochi algoritmi formalmente definiti, basati sull'analisi simultanea di diversi precursori sismici individuati nel flusso sismico, consentono un monitoraggio sistematico della sismicità ed una verifica su vasta scala della loro capacità predittiva a medio-termine spazio-temporale. Gli esperimenti condotti per oltre dieci anni su scala globale, mediante le previsioni in tempo reale, hanno consentito una prima validazione statistica delle previsioni fornite da alcuni di tali algoritmi. La conferma più recente è rappresentata dalla previsione del terremoto di magnitudo 5.5, avvenuto il 14 settembre 2003 nei pressi di Bologna.
Emiliano Farinella
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