Questo libro parla dei presunti riferimenti astronomici che si possono trovare nelle piramidi, e potrebbe essere anche dignitosamente serio se si fosse limitato a parlare delle cose che l'autore ha notato, senza partire per la tangente con quelle che ha dedotto. Bauval tra l'altro qui non avanza strampalate teorie su civiltà scomparse o cose simili.
L'aspetto letterario lascia abbastanza a desiderare. Si fa molta fatica a seguire i suoi ragionamenti, persino ad indovinare quali siano le supposizioni che lui fa. Un buon terzo del libro descrive particolari di colore: con che auto si muoveva, quanto caldo faceva, e cose simili. Alcuni brani sono ripetuti innumerevoli volte, come la citazione del brano dei testi delle piramidi che descrive la fecondazione di Iside da parte di Osiride (un po' di sesso non fa mai male...)
La ricerca parte dalla lettura di un classico della fantarcheologia, il libro di Temple sulle incredibili conoscenze dei Dogon riguardo a Sirio B. Per fortuna Bauval ne ha ricavato solo che Sirio era molto importante per gli antichi Egizi, ma resta l'impressione di una scarsissima criticità verso le fonti.Bauval, partendo da una rilettura dell'importante "Testo delle piramidi", sostiene che all'epoca della IV dinastia, quella delle grandi piramidi, il culto stellare era importante, e non sostituito da un culto solare. Le divinità del pantheon egizio erano identificate con stelle e/o costellazioni, e il faraone, come reincarnazione di Osiride, dopo la morte e il rito dell'imbalsamazione diventava una stella di Orione/Osiride. Non ho nessuna competenza per valutare né l'attendibilità, né quanto queste tesi godano di seguito nell'egittologia canonica.
Bauval continua notando la somiglianza tra le tre piramidi di Giza e le tre stelle della cintura di Orione. Nota anche che i cunicoli che nella grande piramide portano dalle camere "del re" e "della regina" verso l'esterno, sono posti tutti nel piano nord-sud, e traguardano al loro tran-sito alcune stelle importanti attorno al 2470 a.C.: Sirio, la cintura di Orione, il Polo Nord Celeste e il centro del piccolo carro. Propone che entrambe le cose fossero intenzionali: la funzione delle piramidi era quella di consentire, attraverso riti legati a Sirio, Orione e le costellazioni citate, l'ascesa al cielo dell'anima del faraone morto. Le singole piramidi inoltre facevano parte di un progetto grandioso, una sorta di carta stellare a fianco del Nilo. In particolare le due piramidi di Dashour rappresentano le Iadi, ll fiume Nilo rappresenterebbe in modo naturale la Via Lattea.
La prima ipotesi mi sembra ragionevolmente sensata. Anche se i cunicoli non potevano essere usati per traguardare le stelle, un collegamento simbolico è comunque suggestivo. Fare quattro condotti obliqui a pendenze differenti, due di questi ciechi, richiede un discreto impegno, ed è probabile ipotizzare un motivo più che valido. Tra l'altro la corrispondenza vale solo per qualche decennio, poi la precessione altera le altezze delle stelle, e il metodo può fornire una datazione della piramide molto accurata (e falsificabile).
La disposizione delle tre piramidi non è perfetta, e non è difficile avere per caso una corrispondenza di tre punti con tre stelle, ma la spiegazione proposta ha un senso. La disposizione della piramidi nel loro complesso richiede invece notevoli forzature per poter raffigurare la regione di cielo attorno ad Orione. Se si ignora la Via Lattea/Nilo, si porrebbe Sirio ad Eliopoli, Rigel ad Abu Ruwash, ma poi ci si ferma. Se invece si prende il Nilo come riferimento, si ottiene una mappa con più riferimenti a stelle importanti, ma tutti fortemente distorti. Possibile che una civiltà in grado di orientare gli spigoli delle piramidi sui punti cardinali con grande accuratezza non fosse in grado di fare di meglio? Inoltre la mappa stellare è rovesciata rispetto al cielo: nella "mappa" le Iadi sono a sud, e Sirio a nord, il contrario che in cielo.
Ma a questo punto (non siamo neppure a metà delle pagine) il libro parte per la tangente. La corrispondenza tra eventi celesti e eventi storici egiziani viene assunta come assoluta. I regni dell'Alto e Basso Egitto erano divisi dall'equatore, nel nostro "planetario a piramidi", e il fatto che nel 2500-2000 a.C. le Iadi passano l'equatore celeste da sud a nord è la causa della riunificazione dei due regni. Se questo contrasta con le teorie degli egittologi, che la datano attorno al 3100 a.C., tanto peggio.
Gli egiziani, continua Bauval, osservavano attentamente le stelle, quindi dovevano conoscere la precessione (possibile, ma non necessario, né documentato). Dovevano sicuramente aver quindi compreso come funzionava, e che il fenomeno avesse un ciclo di 26.000 anni. Continuando nella catena di congetture in libertà, dovevano anche aver notato/calcolato che il moto da sud a nord di Orione dovuto alla precessione aveva avuto origine nel 10.050 a.C. In quella data al sorgere di Sirio il fiume di stelle della Via Lattea visto da Giza continuava idealmente il Nilo nel cielo. Le tre stelle di Orione sovrastavano il luogo dove sarebbero sorte le tre piramidi: uno spettacolo sicuramente suggestivo. Ma il nostro ne deduce che quindi quella doveva essere una data molto importante per la storia egiziana. Siccome la coincidenza astronomica è notevole, gli antichi egizi erano già lì presenti e avevano la cultura e i mezzi tecnici per capirla/sfruttarla.
In molti articoli divulgativi su questo libro, si dice che nel 10.050 a.C. Orione/Giza era orientata correttamente rispetto al Nilo/Via Lattea. Questo è impossibile, la precessione non muove Orione rispetto alla Via Lattea. Non ho trovato il concetto nel libro, ma lui stesso afferma, in libri successivi, di averlo dimostrato qui.
In conclusione, sciropparmi 336 pagine per trovarmi le congetture espresse in queste mie poche note non lo definirei proprio, come scritto in copertina: "La spiegazione di un mistero che lascia perplessi gli uomini da millenni".