Alessandro Amadori, psicologo sperimentale, dal 1988 dirige il Dipartimento Ricerche Motivazionali dell'Istituto CIRM.
Un'accorta elaborazione semantica quanto e come può influenzare le opinioni?
Tutti gli studi scientifici sull'effetto della persuasione concordano nell'indicare che, costruendo opportunamente i messaggi e soprattutto erogandoli in modo continuativo, sino a superare una certa soglia di "massa critica", il comportamento collettivo può essere influenzato anche in misura significativa. Nel "modello algebrico", l'atteggiamento di un individuo verso un oggetto di atteggiamento può essere predetto in base a una formula in cui vengono sommati i prodotti della valutazione dell'individuo verso ciascun attributo dell'oggetto di atteggiamento per la relativa forza del suo convincimento che l'attributo sia connesso con l'oggetto di atteggiamento. In altre parole, il modello suggerisce che l'intensità con cui un individuo crede in un'asserzione è determinata dall'intensità con cui egli crede nei dati e nelle garanzie che sostengono tale asserzione. Di conseguenza, più si riesce attraverso la manipolazione semantica a dare garanzie a sostegno delle proprie asserzioni e a usare termini in cui l'individuo-destinatario si possa riconoscere, maggiore è l'effetto persuasivo (tale effetto cresce in modo lineare con il crescere della riconoscibilità come proprie delle idee esposte e del livello di "garanzia" manifestato). Perciò, per fare un esempio, più un'affermazione proviene da una fonte autorevole che usi però il linguaggio dei destinatari stessi, più è intenso l'effetto persuasivo del messaggio. Perciò un'accorta elaborazione semantica dei messaggi può influenzare in misura significativa le opinioni tanto più quanto più adopera materiale semantico "vicino ai destinatari" ammantandolo però di una veste di autorevolezza.
Rischiamo di avviarci verso una democrazia diretta basata sui sondaggi e dunque verso una netta svolta demagogica?
È nella natura stessa della "formula della persuasione" di tendere alla demagogia. Infatti la persuasione funziona se il destinatario del messaggio si riconosce linguisticamente e culturalmente nel messaggio stesso, vedendolo però ammantato di una dimensione di molto maggiore autorevolezza. La persuasione è per così dire la causa della demagogia, e la demagogia è il "motore" della persuasione. Per questo è pericoloso che la politica si "appiattisca" troppo sul concetto di persuasione, perché questo meccanismo per funzionare ha bisogno di un'elevata sintonia con le opinioni già esistenti.
Già oggi su questioni molto delicate, con pesanti risvolti etici e scientifici, si rischia di legiferare sull'onda di emotività e pregiudizi infondati. Questa tendenza potrebbe intensificarsi?
Indubbiamente potrebbe intensificarsi. In un pianeta sempre più "disorientato", le decisioni sono sempre meno "strategiche" e sempre più "tattiche". Un po' come quando si naviga nel mare in tempesta: è difficile tenere una rotta di ampio respiro, la barra del timone si sposta in un senso o nell'altro a seconda della forza delle onde che arrivano. In politica accade qualcosa di simile: più il mare dell'opinione pubblica è soggetto al rischio di tempeste, più forte è la tentazione nel timoniere di assecondare o evitare le singole onde momentanee.
In un tale contesto di azione politica, che spazio può esserci per la scienza e la ricerca che sono intrinsecamente degli investimenti a lungo termine?
Il rischio è di uno spazio piuttosto limitato. Da sempre in Italia si investe poco nella ricerca scientifica, che è appunto un'attività con investimenti e ritorni a medio-lungo termine. La situazione statunitense è diversa, ma perché c'è una tradizione molto differente in materia di integrazione fra scienza e produzione (ed è probabile che in quel paese la capacità di stimolare l'investimento tecnico-scientifico a medio-lungo termine rimanga relativamente inalterata nonostante la maggiore dipendenza anche della politica americana dalle onde emotive rilevate dai sondaggi).
Pregiudizi, credenze infondate e modi di pensare irrazionali, rischiano di trovare ulteriore spazio e addirittura di rafforzarsi attraverso una forma di consenso dal basso basata sui sondaggi?
Più si basa il consenso sui meccanismi della persuasione più c'è il rischio che l'irrazionale, da sempre presente nelle opinioni collettive umane, faccia sentire la sua forza. Ma non è il sondaggio che amplifica la forza dell'irrazionale, semmai è vero il viceversa: è il dominio ineluttabile dell'irrazionale sulle nostre menti che ci spinge ad affidarci magicamente al sondaggio come "utopia di governo".