LAMALEDIZIONEDELLOSCORPIONEDI GIADA
Regia di Woody Allen
Interpreti: Woody Allen, Helen Hunt, Dan Aykroyd, Elizabeth Berkley, Charlize Theron
USA 2000
Io non sono un estimatore di Woody Allen, almeno come regista. Ho sempre ritenuto che il limite maggiore dei suoi film stesse proprio in quel fiume di battute che ci investe ogni volta, da molti invece tanto amato. I suoi film sono una sequenza ininterrotta di barzellette, mai un gag cinematograficamente costruito. Se all'inizio questo poteva apparire una novità, una cifra stilistica, dopo trentaquattro film il "dejà entendu" è inevitabile. Il tutto aggravato per noi italiani dal devastante doppiaggio tartagliato di Oreste Lionello. Soprattutto in questo film il filotto di battute è una serie di insulti e autoinsulti che finiscono nel loro insieme per raggiungere un effetto di ironia compiacente e autocelebrativa. Un po' come l'aver reso leggendaria la sua miseria fisica e farla piacere tanto alle donne.
Ciò detto, il film viaggia sulle ali di una levità tutt'altro che disprezzabile: sceso dal lettino dello psicanalista (altro suo tormentone insopportabile) e messe da parte eccessive velleità intellettualistiche Allen trova una forma di espressione più godibile, una formula comica senza sottintesi che si ripromette solo di far ridere. Piacevole e assolutamente condivisibile il suo omaggio al "noir" anni Quaranta, troppo scontato però il richiamo di alcuni critici ai romanzi di Raymond Chandler, nei quali proprio la straordinaria capacità costruttiva della trama sosteneva l'amara ironia disincantata di Philip Marlowe, più attinente Dashiell Hammett, benché il mito dichiarato di Allen sia il Bogart de Il grande sonno, mito nel quale stavolta sceglie di calarsi fisicamente.
Il film sale di livello con l'arrivo dell'ipnotizzatore furfante Voltan: il gioco di odio/amore con Helen Hunt che si svela, la commedia degli equivoci ben dosata, ma soprattutto brani di recitazione poco parlata di Woody sotto ipnosi effettivamente divertenti. Si assiste da questo momento a una efficacissima dissacrazione di uno dei più triti luoghi comuni sull'ipnosi: un ipnotizzatore da palcoscenico in grado con un esotico monile (ovviamente lo scorpione di giada) di annullare completamente ogni volontà e di richiamare tale stato catalettico a distanza pronunciando una semplice parola chiave (Madagascar). Presunta capacità questa simpaticamente riutilizzata da Allen nel finale del film per "richiamare a sé" l'amore della Hunt: un bel momento di ironico scetticismo. In un film con l'icona vivente di Bogart non poteva mancare l'icona di Lauren Bacall (o Veronica Lake, se preferite): la strepitosa Charlize Theron. Che questa sia donna che ogni volta che la incontri ti fa saltare tutti i bottoni è affermazione dello stesso Allen, allora francamente non mi spiego perché lui, padrone assoluto della regia, della sceneggiatura e dell'interpretazione, prima se la infili nel letto poi al momento di raggiungerla si faccia ipnotizzare e sviare da Voltan: che debba tornare ancora un paio di volte dallo psicanalista? Eppure a chi gli obietta che a sessantasei anni non avrebbe più l'età per farsi baciare dalle ragazze risponde che i suoi film non sono fette di vita ma fette di torta e che quello è proprio uno dei piaceri del suo lavoro.
Infine, proprio l'immagine sofisticata di questa bionda fatale ci porta a ricordare la bellezza della colonna sonora (questa sì una piacevole costante dei suoi film), curata dal fido Dick Hyman, contrappuntata ovunque dalla Sophisticated Lady di Duke Ellington, ma composta anche da Flatbush Flanagan di Harry James, Sunrise Serenade di Carle e Lawrence, How High the Moon di Hamilton e Lewis e tanti altri pezzi di jazz rigorosamente d'epoca. Concludendo, non siamo alla creazione geniale, ma una occasione elegante per sorridere.
Lucio Braglia