La globalizzazione ha esacerbato i conflitti sociali, aumentato in misura scandalosa il divario tra Nord e Sud, alterato l'equilibrio ambientale di mezzo mondo. Ma ha anche dato origine alla più potente bomba sanitaria che la Terra abbia mai conosciuto, con milioni di poveri flagellati da morbillo, malaria, Tbc. E, soprattutto, Aids. Eppure, i benefici che per quei poveri potrebbero derivare dalla globalizzazione sono enormi. O meglio, lo sarebbero se si accompagnassero a una globalizzazione delle conquiste di cui l'Occidente va così fiero, la democrazia per esempio. E il diritto alla salute. La grande vergogna di un mondo privilegiato, che assiste imbelle all'ecatombe di chi non ha cibo, acqua pulita, medicine essenziali, deve e può finire. Anche nelle aree più povere è possibile salvare molte vite. Proprio a partire dall'Aids, che ha avuto il merito tragico di essere l'epidemia giusta al posto giusto, ed è capace di catalizzare l'interesse dei ricchi. Perché è una malattia che abbiamo conosciuto anche noi. Che ha scompigliato i fili delle nostre vite e delle nostre interazioni sociali. Una malattia che potrebbe tornare. L'Aids non è una delle tante patologie dei poveri che noi ci vantiamo di avere storicamente superato, battendole con la nostra civiltà dell'acqua pulita e della chimica farmaceutica. L'Aids è con noi. E ha creato il ponte tra le nostre coscienze e le sofferenze del Sud del mondo.
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