Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla nascita di varie proposte alimentari che promettevano il “dimagrimento rapido”: la dieta del minestrone, la dieta della frutta, la dieta Atkins e, da un paio d’anni, la ormai famosa dieta Dukan. Quest’ultima è stata abbondantemente promossa da alcune star (per questo l’omonimo libro ha invaso tutti gli scaffali di librerie e centri commerciali) ed è presentata come la “soluzione universale” per l’obesità.
Come stanno davvero le cose?
Sfogliando il libro in cui la dieta viene presentata, ancor prima di sviscerare gli step in cui la Dukan è stata segmentata, ci si rende conto immediatamente di due caratteristiche, comune denominatore di tutte le diete citate in precedenza.
Innanzi tutto, viene chiesto all’utente di stabilire arbitrariamente quanto peso vuole perdere, non secondo dati oggettivi, ma in base alla sua percezione personale.
Secondo problema: l’autore, in più di un’occasione, non parla di “perdita di grasso” bensì di “perdita di peso”. Se parliamo di dimagrimento vero e proprio, intendiamo la perdita effettiva di grasso corporeo, e non la mera variazione di peso corporeo (che, nella maggior parte delle diete “fai da te”, è ciò che viene promesso e promosso). Sono infatti comunemente applicati dei regimi alimentari privativi, i quali molto spesso portano a un calo di peso elevato, ma la perdita di peso interessa in primis acqua corporea con relativi minerali, e a seguire massa magra (muscolatura, quindi componente proteica), mentre la perdita di grasso resta una chimera; oltretutto, il ritorno alle abitudini precedenti riporta spesso al ripristino del peso di partenza.
Ma veniamo ai dettagli. Il dottor Pierre Dukan ha diviso la sua dieta in quattro fasi.
1. Fase di attacco: regime iperproteico ipocalorico diviso in cinque pasti giornalieri a base di carne, pesce, crostacei, molluschi e formaggi magri; in questo periodo sono assolutamente vietate frutta e verdura ed è fortemente consigliata un’idratazione forzata di circa tre litri d’acqua al giorno.
2. Fase di crociera: allo schema precedente sono aggiunte le verdure, e si alternano cinque giorni di sole proteine a cinque giorni di proteine più verdure.
3. Fase di transizione: al regime “proteine più verdure” si aggiungono due fette di pane integrale al giorno, una porzione di frutta, una porzione di formaggio e due porzioni a settimana di amidacei; inoltre, vengono introdotti due pasti liberi a settimana. Dulcis in fundo, è stabilito il giovedì come “giornata iperproteica” o di ritorno alla fase uno.
4. Fase di stabilizzazione definitiva: alimentazione normale sei giorni su sette, sulla base del regime di consolidamento, giovedì iperproteico “a vita”, tre cucchiai di crusca d’avena al giorno “a vita”, camminare il più possibile.
La fase 1 della dieta Dukan non è una novità per la dietologia e la biologia nutrizionale; è conosciuta infatti come dieta chetogenica o chetogena.
Tale protocollo, così denominato per la produzione massiccia di corpi chetonici (come prodotti derivati dalla degradazione degli acidi grassi a livello metabolico), è prescritto solo in ambito medico e in casi estremi, in cui è necessario ottenere un calo di peso nell’arco di pochi giorni: ad esempio per i grandi obesi che hanno bisogno di raggiungere un certo peso prima di essere sottoposti a un intervento chirurgico, oppure atleti che in brevissimo tempo devono rientrare nella categoria/peso. Questa dieta sottopone l’organismo a uno stress elevato e per questo ha una durata massima di 10/15 giorni e deve essere vagliata da un medico, che la prescriverà solo dopo aver escluso eventuali patologie a livello epatico o renale. L’idratazione in questa fase deve mantenersi elevata, per consentire all’azoto prodotto dallo smaltimento delle proteine di venire eliminato attraverso le urine.
Tale regime alimentare in effetti funziona e aiuta a eliminare anche il grasso di deposito (nonostante i primi tre kilogrammi persi siano comunque costituiti dalle scorte di glicogeno muscolare e dall’acqua a esso legata); però non può e non deve essere applicato in modo arbitrario e al di fuori di un ambiente medico-specialistico. Il rischio è quello di incorrere in danni permanenti, sia a livello epatico sia a livello renale (è bene ricordare che, anche se la tolleranza massima di proteine assunte con la dieta in un soggetto con elevato fabbisogno proteico è di circa 2,5 grammi per kilogrammo di peso corporeo, in un soggetto normale la dose raccomandata è invece di circa 0,8 grammi per kilogrammo di peso corporeo).
Oltretutto, dopo la “dieta chetogenica” la reintroduzione dei carboidrati deve avvenire gradualmente, per non rischiare di recuperare i chili perduti a causa di un “rimbalzo” dell’insulina (iperinsulinemia): questo ormone è il principale responsabile dell’attivazione della sintesi degli acidi grassi e una sua eccessiva produzione può portare i soggetti a re-ingrassare. In pratica, il rapporto insulina/carboidrati varia in base al tipo di dieta e alla quantità di esercizio fisico al quale ci si sottopone. Se per un dato periodo eliminiamo i carboidrati dalla dieta, quando li reintroduciamo la quota d’insulina prodotta risulta più elevata rispetto a quella che dovrebbe essere normalmente.
Inoltre, la comunità scientifica ha nel tempo raggiunto un consenso riguardo a quelli che sono i dettami alimentari per la salute che prevedono il consumo di prodotti freschi, erbe e spezie al posto di condimenti grassi, molta frutta e verdura di tipologie variate a seconda della stagione, e raccomandano il consumo di prodotti integrali. Il tutto associato all’esercizio fisico e a un’adeguata idratazione.
Nella dieta Dukan queste linee guida per il mantenimento della salute non sono rispettate, anzi, vengono completamente stravolte nella prima fase della dieta e mai ripristinate. Questo squilibrio in determinate condizioni e per brevi periodi può in effetti essere accettabile (come, appunto, nella dieta chetogenica). Ma nel caso della dieta Dukan ci troviamo di fronte all’applicazione indiscriminata di un protocollo che non può essere valido per tutti, senza il consenso di un medico, e senza aver escluso eventuali patologie a livello epatico o renale.
Passiamo quindi alla fase 2 della dieta Dukan che è, di fatto, la fotocopia della fase uno con l’aggiunta di verdure.
Nella fase 3 della dieta Dukan si aggiungono alimenti integrali e amidi, latticini, due pasti liberi e giovedì iperproteico. Se prima i livelli di grasso corporeo, nonostante le varie controindicazioni, si sarebbero potuti mantenere bassi, in questa fase il rischio di un ritorno al peso iniziale è più vicino di quello che potrebbe sembrare.
Per capire questo punto è utile introdurre il concetto di “bilancia energetica”, che è di fatto la trasposizione a livello biochimico della legge di conservazione della massa. Se a livello energetico, durante una giornata tipo, si introducono ipoteticamente 2500 kilocalorie, per mantenere la massa corporea costante occorre consumare la stessa quantità di energia; ma se l’introito calorico è maggiore del consumo, l’organismo converte il surplus energetico in acidi grassi di deposito.
La fase tre della dieta Dukan sarebbe quindi efficace soltanto se il soggetto avesse un consumo energetico uguale o maggiore rispetto al suo consumo, cioè se affiancasse alla dieta un adeguato esercizio fisico.
Con la fase 4 o di stabilizzazione definitiva le cose cambiano radicalmente: nessuna limitazione, sei giorni su sette alimentazione libera e, a vita, giovedì iperproteico, tre cucchiai di crusca d’avena al giorno e lunghe camminate.
In quest’ultimo step della dieta Dukan l’effetto “tampone” è dato esclusivamente dalla crusca d’avena, fibra solubile ricca di pectine, che assorbe acqua fino a 20/30 volte il suo peso; assumendone quindi un cucchiaio prima dei pasti principali insieme con un bicchiere d’acqua si otterrà un rigonfiamento della parete dello stomaco, con conseguente sensazione di pienezza.
Così facendo, oltre ad avere potenzialmente un apporto calorico insufficiente dovuto alla mancanza di appetito, si corre il rischio di avere un’alimentazione sbilanciata anche dal punto di vista dei macro e micronutrienti essenziali per il mantenimento in salute del soggetto: in assenza di altre indicazioni è ben difficile che una persona segua un regime bilanciato e corretto, tendendo piuttosto ad alimentarsi principalmente con ciò che preferisce.
In conclusione, allo stato attuale delle cose, non esistono protocolli alimentari unici per il dimagrimento rapido e facile, quindi per chiunque voglia intraprendere un percorso di dimagrimento il consiglio è quello di non affidarsi alle diete “fai da te”, anche se di successo, non solo perché spesso, come in questo caso, millantano risultati poco credibili e non garantiscono una reale efficacia, ma perché in certi casi possono provocare danni anche seri alla salute.
Come stanno davvero le cose?
Sfogliando il libro in cui la dieta viene presentata, ancor prima di sviscerare gli step in cui la Dukan è stata segmentata, ci si rende conto immediatamente di due caratteristiche, comune denominatore di tutte le diete citate in precedenza.
Innanzi tutto, viene chiesto all’utente di stabilire arbitrariamente quanto peso vuole perdere, non secondo dati oggettivi, ma in base alla sua percezione personale.
Secondo problema: l’autore, in più di un’occasione, non parla di “perdita di grasso” bensì di “perdita di peso”. Se parliamo di dimagrimento vero e proprio, intendiamo la perdita effettiva di grasso corporeo, e non la mera variazione di peso corporeo (che, nella maggior parte delle diete “fai da te”, è ciò che viene promesso e promosso). Sono infatti comunemente applicati dei regimi alimentari privativi, i quali molto spesso portano a un calo di peso elevato, ma la perdita di peso interessa in primis acqua corporea con relativi minerali, e a seguire massa magra (muscolatura, quindi componente proteica), mentre la perdita di grasso resta una chimera; oltretutto, il ritorno alle abitudini precedenti riporta spesso al ripristino del peso di partenza.
Ma veniamo ai dettagli. Il dottor Pierre Dukan ha diviso la sua dieta in quattro fasi.
1. Fase di attacco: regime iperproteico ipocalorico diviso in cinque pasti giornalieri a base di carne, pesce, crostacei, molluschi e formaggi magri; in questo periodo sono assolutamente vietate frutta e verdura ed è fortemente consigliata un’idratazione forzata di circa tre litri d’acqua al giorno.
2. Fase di crociera: allo schema precedente sono aggiunte le verdure, e si alternano cinque giorni di sole proteine a cinque giorni di proteine più verdure.
3. Fase di transizione: al regime “proteine più verdure” si aggiungono due fette di pane integrale al giorno, una porzione di frutta, una porzione di formaggio e due porzioni a settimana di amidacei; inoltre, vengono introdotti due pasti liberi a settimana. Dulcis in fundo, è stabilito il giovedì come “giornata iperproteica” o di ritorno alla fase uno.
4. Fase di stabilizzazione definitiva: alimentazione normale sei giorni su sette, sulla base del regime di consolidamento, giovedì iperproteico “a vita”, tre cucchiai di crusca d’avena al giorno “a vita”, camminare il più possibile.
La fase 1 della dieta Dukan non è una novità per la dietologia e la biologia nutrizionale; è conosciuta infatti come dieta chetogenica o chetogena.
Tale protocollo, così denominato per la produzione massiccia di corpi chetonici (come prodotti derivati dalla degradazione degli acidi grassi a livello metabolico), è prescritto solo in ambito medico e in casi estremi, in cui è necessario ottenere un calo di peso nell’arco di pochi giorni: ad esempio per i grandi obesi che hanno bisogno di raggiungere un certo peso prima di essere sottoposti a un intervento chirurgico, oppure atleti che in brevissimo tempo devono rientrare nella categoria/peso. Questa dieta sottopone l’organismo a uno stress elevato e per questo ha una durata massima di 10/15 giorni e deve essere vagliata da un medico, che la prescriverà solo dopo aver escluso eventuali patologie a livello epatico o renale. L’idratazione in questa fase deve mantenersi elevata, per consentire all’azoto prodotto dallo smaltimento delle proteine di venire eliminato attraverso le urine.
Tale regime alimentare in effetti funziona e aiuta a eliminare anche il grasso di deposito (nonostante i primi tre kilogrammi persi siano comunque costituiti dalle scorte di glicogeno muscolare e dall’acqua a esso legata); però non può e non deve essere applicato in modo arbitrario e al di fuori di un ambiente medico-specialistico. Il rischio è quello di incorrere in danni permanenti, sia a livello epatico sia a livello renale (è bene ricordare che, anche se la tolleranza massima di proteine assunte con la dieta in un soggetto con elevato fabbisogno proteico è di circa 2,5 grammi per kilogrammo di peso corporeo, in un soggetto normale la dose raccomandata è invece di circa 0,8 grammi per kilogrammo di peso corporeo).
Oltretutto, dopo la “dieta chetogenica” la reintroduzione dei carboidrati deve avvenire gradualmente, per non rischiare di recuperare i chili perduti a causa di un “rimbalzo” dell’insulina (iperinsulinemia): questo ormone è il principale responsabile dell’attivazione della sintesi degli acidi grassi e una sua eccessiva produzione può portare i soggetti a re-ingrassare. In pratica, il rapporto insulina/carboidrati varia in base al tipo di dieta e alla quantità di esercizio fisico al quale ci si sottopone. Se per un dato periodo eliminiamo i carboidrati dalla dieta, quando li reintroduciamo la quota d’insulina prodotta risulta più elevata rispetto a quella che dovrebbe essere normalmente.
Inoltre, la comunità scientifica ha nel tempo raggiunto un consenso riguardo a quelli che sono i dettami alimentari per la salute che prevedono il consumo di prodotti freschi, erbe e spezie al posto di condimenti grassi, molta frutta e verdura di tipologie variate a seconda della stagione, e raccomandano il consumo di prodotti integrali. Il tutto associato all’esercizio fisico e a un’adeguata idratazione.
Nella dieta Dukan queste linee guida per il mantenimento della salute non sono rispettate, anzi, vengono completamente stravolte nella prima fase della dieta e mai ripristinate. Questo squilibrio in determinate condizioni e per brevi periodi può in effetti essere accettabile (come, appunto, nella dieta chetogenica). Ma nel caso della dieta Dukan ci troviamo di fronte all’applicazione indiscriminata di un protocollo che non può essere valido per tutti, senza il consenso di un medico, e senza aver escluso eventuali patologie a livello epatico o renale.
Passiamo quindi alla fase 2 della dieta Dukan che è, di fatto, la fotocopia della fase uno con l’aggiunta di verdure.
Nella fase 3 della dieta Dukan si aggiungono alimenti integrali e amidi, latticini, due pasti liberi e giovedì iperproteico. Se prima i livelli di grasso corporeo, nonostante le varie controindicazioni, si sarebbero potuti mantenere bassi, in questa fase il rischio di un ritorno al peso iniziale è più vicino di quello che potrebbe sembrare.
Per capire questo punto è utile introdurre il concetto di “bilancia energetica”, che è di fatto la trasposizione a livello biochimico della legge di conservazione della massa. Se a livello energetico, durante una giornata tipo, si introducono ipoteticamente 2500 kilocalorie, per mantenere la massa corporea costante occorre consumare la stessa quantità di energia; ma se l’introito calorico è maggiore del consumo, l’organismo converte il surplus energetico in acidi grassi di deposito.
La fase tre della dieta Dukan sarebbe quindi efficace soltanto se il soggetto avesse un consumo energetico uguale o maggiore rispetto al suo consumo, cioè se affiancasse alla dieta un adeguato esercizio fisico.
Con la fase 4 o di stabilizzazione definitiva le cose cambiano radicalmente: nessuna limitazione, sei giorni su sette alimentazione libera e, a vita, giovedì iperproteico, tre cucchiai di crusca d’avena al giorno e lunghe camminate.
In quest’ultimo step della dieta Dukan l’effetto “tampone” è dato esclusivamente dalla crusca d’avena, fibra solubile ricca di pectine, che assorbe acqua fino a 20/30 volte il suo peso; assumendone quindi un cucchiaio prima dei pasti principali insieme con un bicchiere d’acqua si otterrà un rigonfiamento della parete dello stomaco, con conseguente sensazione di pienezza.
Così facendo, oltre ad avere potenzialmente un apporto calorico insufficiente dovuto alla mancanza di appetito, si corre il rischio di avere un’alimentazione sbilanciata anche dal punto di vista dei macro e micronutrienti essenziali per il mantenimento in salute del soggetto: in assenza di altre indicazioni è ben difficile che una persona segua un regime bilanciato e corretto, tendendo piuttosto ad alimentarsi principalmente con ciò che preferisce.
In conclusione, allo stato attuale delle cose, non esistono protocolli alimentari unici per il dimagrimento rapido e facile, quindi per chiunque voglia intraprendere un percorso di dimagrimento il consiglio è quello di non affidarsi alle diete “fai da te”, anche se di successo, non solo perché spesso, come in questo caso, millantano risultati poco credibili e non garantiscono una reale efficacia, ma perché in certi casi possono provocare danni anche seri alla salute.