Sta riscuotendo successo su internet e in libreria la denuncia di un presunto “complotto” o un “grande imbroglio del colesterolo”. Si è così costituita una rete internazionale, The International Network of cholesterol skeptics (THINCS), di cui è esponente in Francia il dottor de Lorgeril, autore di numerosi libri di divulgazione, il quale sostiene che il colesterolo non ha niente a che fare né con la genesi delle placche d’aterosclerosi, né con le sue manifestazioni cliniche, e che tentare di abbassarne la concentrazione nel sangue, in particolare per mezzo delle statine, non avrebbe alcun senso. A suo dire, tutto questo sarebbe il risultato di un complotto ordito da medici, ricercatori, biologi, comunità degli scienziati, industria farmaceutica e regimi politici.
La propaganda di questi “militanti anti-colesterolo” merita di essere denunciata con particolare vigore perché ha numerose conseguenze, non solo sulle persone in buona salute, ma anche su moltissimi malati. Gli studi scientifici sull’aterosclerosi non hanno, ovviamente, ancora permesso di dichiararla debellata, ma hanno fatto progressi sufficienti – su ogni fronte – da essere considerati, nel 2012, in gran parte responsabili dell’aumento della durata della vita riscontrabile da anni nei nostri paesi. La mortalità globale, in Francia, diminuisce con regolarità e questo è essenzialmente conseguenza della riduzione della mortalità cardiovascolare.
Una delle opere fondamentali dei “militanti anti-colesterolo” in Francia è Cholestérol, mensonges et propagande di Michel de Lorgeril. La sentenza, qui, è senza appello: «il colesterolo è innocente e non ostruisce le arterie», è «fuorviante» cercare di abbassare il colesterolo per ridurre il rischio di infarto, i vari farmaci «anti-colesterolo» sul mercato sono inefficaci (pag. 199).
Ma se non è il colesterolo il responsabile dell’infarto, allora cos’è? Il meccanismo esposto è sorprendente: l’infarto sarebbe semplicemente dovuto alla formazione di un grumo nella circolazione coronarica. Nessun riferimento ai modi della sua formazione, pure essenziale, nessun riferimento alle migliaia di lavori che chiamano in causa il colesterolo né a quanto è attualmente accertato riguardo al meccanismo dell’aterogenesi. Il grumo sarebbe dovuto a un processo, non spiegato, che coinvolge le piastrine, la coagulazione e la fibrinolisi. Nessun riferimento alla parete stessa (pag.228)! Nessun riferimento al gigantesco e minuzioso lavoro effettuato da centinaia di equipe, che ha progressivamente stabilito la sequenza di eventi a partire dalla penetrazione del colesterolo nella parete fino alla formazione di strie lipidiche, la loro trasformazione in placche e la successiva ulcerazione, all’origine del grumo che infine va a ostruire le arterie. Una “incultura”, per riprendere il vocabolario dell’autore stesso, sconcertante. A questo si aggiungono le tante semplificazioni indebite (si veda il BOX 1) che si ritrovano nel libro.
Per negare il ruolo del colesterolo nelle malattie coronariche, sono state operate alcune semplificazioni. La confusione dei fondamenti clinici del ragionamento pone altrettanti problemi: la linearità della relazione colesterolo-malattie coronariche è negata omettendo il fatto che tale linearità è osservata solo per fasce di età. Uno studio basato su quasi 900.000 adulti, di cui 55.000 sono morti di malattie vascolari, ha dimostrato una relazione lineare tra il tasso di colesterolo nel sangue, per fasce d’età, e la mortalità cardiovascolare. La relazione è, ovviamente, molto più forte nei giovani che negli anziani.
I test clinici sulle statine sono analizzati in modo vergognosamente selettivo. Le statine (alla base dei trattamenti anti-colesterolo) sono presentate come sostanze dannose, cancerogene, e senza nessun effetto sulla morbosità e la mortalità cardiovascolare, nonostante il gran numero di prove attestanti il contrario (si veda sotto). L’argomentazione è fondata su molte semplificazioni, addirittura degli errori.
Due casi esemplificativi. Pagina 170, i due test clinici di prevenzione secondaria CARE e LIPID sono presentati come inseriti in un contesto «di isteria collettiva» e si afferma che essi hanno dato risultati differenti e contraddittori, cosa inesatta: CARE riguarda 4.159 pazienti trattati con la pravastatina, il cui rischio di decesso coronarico è ridotto del 24%; in LIPID, che coinvolge 9.014 pazienti, il rischio con lo stesso farmaco è ridotto del 29%. Il test ILLUMINATE, citato nella tabella di pagina 189, è presentato come testimonianza «di un inatteso aumento della mortalità». In realtà, questo test non riguarda le statine ma gli effetti dell’aggiunta, a un trattamento già avviato con una statina, di Torcetrapib, un ipocolesterolemizzante che agisce secondo un meccanismo totalmente diverso da quello delle statine, cosa confermata dall’allegato 4. Il test, sebbene negativo, è stato pubblicato, a discapito degli inventori del Torcetrapib, in questo caso i laboratori Pfizer, e la pubblicazione ha avuto un effetto disastroso sul laboratorio.
I “militanti anti-colesterolo” accusano l’industria farmaceutica di essere all’origine di questa “grande menzogna”, allo scopo di promuovere la vendita dei propri prodotti. Il farmaco può in effetti essere un’implicazione economica decisiva, e questo ha recentemente condotto a celebri degenerazioni, ma è evidente che se solo questo argomento bastasse a rigettare una terapia, non resterebbe più alcun trattamento disponibile sul mercato. D’altronde, qualunque sia l’opinione che se ne può avere, solo l’industria ha la forza per sviluppare e permettere di valutare un farmaco. Essa ha i mezzi per finanziare non solo le ricerche di base, ma anche i test clinici che generalmente in tale settore si basano su migliaia di pazienti ed è evidente come questo generi abusi. In nessun Paese gli istituti pubblici di ricerca hanno i mezzi di questo tipo di finanziamento, a parte rarissime eccezioni. Bisogna anche sottolineare che non è interesse degli industriali commercializzare medicine inefficaci o dannose che saranno diffuse su larghissima scala: i contraccolpi sono inevitabili e sempre molto dolorosi. Esistono, d’altronde, tanti esempi di test negativi pubblicati sui più grandi giornali, nonostante la pubblicità negativa che fanno ai loro promotori (si veda per esempio il test sul Torcetrapib citato nel BOX 1).
Di fronte a questo «vero e proprio complotto del colesterolo», gli autori oppongono un’apologia della alimentazione «sana e naturale» e una letteratura che riporta risultati poco riproducibili, incentrata sui benefici del bicchiere di vino, degli Omega 3 e della dieta mediterranea.
Il dottor de Lorgeril ha lui stesso partecipato a uno studio su un trattamento dell’aterosclerosi, riguardante i benefici della “dieta cretese” (consumo abbondante di frutta, verdura, cereali e olio d’oliva e ridotto consumo di carne e latticini), il cosiddetto studio di Lione, che ha dato risultati sorprendenti visto che la mortalità era ridotta del 70%! L’ampiezza eccezionale di questo risultato, il gran numero di scorciatoie metodologiche, il ristretto numero di soggetti coinvolti e il fatto che questo studio non sia mai stato riprodotto, suscitano i dubbi.
L’autore si presenta allo stesso modo come un sostenitore degli Omega 3, su cui ha scritto un libro, ma non è mai stato dimostrato, nemmeno da studi molto autorevoli, che l’apporto di Omega 3 nell’alimentazione migliori la prognosi cardiovascolare, tanto in prevenzione primaria (prevenire il rischio) quanto in secondaria (ridurre le conseguenze per le persone colpite). L’unico effetto dimostrato è una diminuzione dei trigliceridi plasmatici che sono un fattore di rischio ancora discusso.
È la domanda che si pone con tutta la serietà possibile un recente editoriale della rivista “The Lancet” (11 agosto 2012), rivista di riferimento in ambito medico. Una meta-analisi basata su ventisette studi e pubblicata nello stesso numero della rivista mostra che l’assunzione di statine ha un significativo effetto benefico sull’abbassamento del tasso di colesterolo persino nei soggetti a ridotto rischio cardiovascolare. Allo stesso tempo, questa meta-analisi rileva una buona tolleranza dei pazienti al trattamento.
L’editorialista del Lancet solleva dunque la questione dell’opportunità di raccomandare il trattamento a base di statine a soggetti attualmente non considerati, perché aventi un rischio di evento vascolare maggiore nei successivi cinque anni inferiore al 10%, e sottolinea le importanti conseguenze che ne risulterebbero in termini di salute pubblica e di economia della salute.
Le cardiopatie ischemiche e gli ictus sono tra le primissime cause di mortalità al mondo. L’origine di questi due gruppi di affezioni è un processo morboso complesso, detto aterosclerosi. Questa affezione è dovuta a più fattori e ha una doppia origine, genetica (la componente genetica è forte e le varianti genetiche coinvolte sono molto numerose) e ambientale (legata a uno squilibrio energetico tra sovrabbondanza alimentare ed eccessiva sedentarietà). L’importanza di questi due elementi è estremamente variabile da persona a persona. Una delle convinzioni condivise dalla comunità scientifica è che il colesterolo in circolo gioca un ruolo fondamentale nella genesi stessa dell’affezione, nelle sue prime fasi, e che la riduzione della sua concentrazione nel sangue, la colesterolemia, costituisce uno dei principali obiettivi terapeutici. Questa convinzione non si fonda su idee vaghe o interessi commerciali, ma su migliaia di studi riproducibili e riprodotti, effettuati in numerosi Paesi e che sono a un tempo stesso sperimentali, anatomo-clinici, clinici, epidemiologici e terapeutici. Affermare che la tesi è documentata è un vero e proprio eufemismo. Tutti i trattati di cardiologia, senza eccezione, comprendono diversi capitoli sull’argomento. Esistono d’altronde numerosi giornali specializzati di altissimo livello, tra cui Atherosclerosis. Tutti fanno riferimento a questa opinione condivisa.
Se davvero esistesse un complotto in suo favore, dovrebbe essere planetario e coinvolgere decine di migliaia di medici e scienziati, da Parigi a New York e da Pechino a Tokio.
È altrettanto certo, d’altra parte, che il colesterolo non è l’unico elemento in causa, esistono numerose forme cliniche d’aterosclerosi con colesterolemia normale. Numerose altre anomalie sono associate in modo causale all’aterosclerosi, come il diabete, il tabagismo o l’ipertensione arteriosa, e il meccanismo coinvolto include certamente altri elementi, il più importante dei quali la reazione infiammatoria. È infine certo che i primissimi tempi della formazione della placca d’aterosclerosi continuano a porre problemi e comportano ancora un largo margine d’incertezza.
Le prove che riguardano il ruolo del colesterolo sono tutt’altro che esili. L’aterosclerosi si caratterizza per l’accumulo di colesterolo e altri grassi nella parete arteriosa, tale accumulo provoca la progressiva formazione di placche nella parete stessa delle arterie e scatena una reazione infiammatoria dalle conseguenze nefaste. La parete del vaso si sclerotizza e si ulcera, e questo processo sarà all’origine di eventi clinici come l’infarto del miocardio. Il meccanismo comporta ancora, chiaramente, numerose incognite (due in particolare: il ruolo della reazione immunitaria e quello del “colesterolo buono” e dei suoi trasportatori). È avvalorato da un’immensa letteratura sia sperimentale (esistono numerosi modelli animali), sia anatomopatologica fondata sulle nuove risorse della genomica. Parallelamente, una moltitudine di studi epidemiologici, alcuni riguardanti quasi un milione di persone, hanno dimostrato che esisteva, per ogni fascia di età, una perfetta relazione diretta tra la concentrazione sanguigna di colesterolo e il rischio di avere un infarto, essendo questa relazione, chiaramente, tanto più stretta quanto più i soggetti erano giovani.
Altre ipotesi esistono, ovviamente, ma nessuna al momento si dimostra sostenuta da un tale ventaglio di argomenti, in particolare l’idea sostenuta dai colesterolo-scettici e che ha portato alla prescrizione della dieta mediterranea. Questa ipotesi è ben poco sostenuta da argomenti epidemiologici, clinici o sperimentali e le informazioni sull’argomento non reggono il confronto con quanto sappiamo sul colesterolo e l’infiammazione.
Abbassare la colesterolemia è un obiettivo individuato da molto tempo, ma rimasto a lungo irraggiungibile per l’assenza di farmaci efficaci. Per molto tempo, l’unico trattamento delle ipercolesterolemie è stata la dieta, di efficacia molto limitata, qualunque ne fosse la forma. Ora è possibile conseguire, in parte, questo obiettivo. La farmacopea si è infatti dotata di molti composti capaci di abbassare la colesterolemia in modo significativo e, tra di essi, un composto particolarmente attivo, le statine, che sono uno dei grandi progressi terapeutici degli ultimi tempi. Le statine agiscono inibendo specificamente l’enzima che sintetizza il colesterolo. Tuttavia, il colesterolo è anche un elemento essenziale del funzionamento cellulare e non a caso le statine hanno molti effetti collaterali. Alcuni di questi effetti sono positivi, come l’azione anti-infiammatoria, altri sono negativi, come i dolori muscolari (le statine, però, non sono cancerogene, contrariamente a quanto alcuni hanno suggerito all’inizio).
La prescrizione di statine in seguito a un evento coronarico, persino per pazienti con colesterolemia normale (in prevenzione secondaria), ha significativamente ridotto la mortalità e la frequenza di recidive. Questo dato non è più contestabile, tanto che la mancata prescrizione di statine in seguito a un evento vascolare attualmente è quasi un’inadempienza professionale. Ma ciò non toglie che il trattamento non guarisce la malattia.
La prescrizione di statine a titolo preventivo, in prevenzione primaria, per persone con colesterolo elevato ma che non soffrono di manifestazioni cliniche dell’affezione, ha un effetto meno accertato che richiede ancora conferma. La raccomandazione abituale è di trattare le ipercolesterolemie quando superano una certa soglia.
Le prove sono considerevoli. Lo studio HPS pubblicato nel 2002 ha dimostrato che, nella popolazione ad altissimo rischio vascolare, l’abbassamento della colesterolemia era benefico, qualunque fosse il livello di partenza. Quattro studi fatti in prevenzione primaria (WOSCOPS, AFCAPS, ASCOT e HPS) e tre studi in prevenzione secondaria (HPS, CARE e LIPID) hanno mostrato che le statine riducono di circa il 25-30% la colesterolemia e riducono il rischio relativo di eventi coronarici di circa il 24-30%.
Un’analisi che riunisce quattordici studi differenti fatti nell’arco di cinque anni, che comprendevano circa 93.000 soggetti e 15.000 eventi (quello che si chiama una “meta-analisi”) ha dimostrato che una riduzione della colesterolemia di 1 mmol/L (30 mg/L) grazie alle statine riduce la mortalità del 20%. È su questo genere di studi che sono state definite le raccomandazioni ora applicate in cardiologia.
L’aterosclerosi è un problema di salute pubblica di primaria importanza nei nostri Paesi. La sua fisiopatologia è conosciuta solo in maniera incompleta, proprio come quella del cancro, ma ciononostante vi sono alcune convinzioni condivise riguardanti il meccanismo dell’affezione, la prevenzione e il trattamento, come dimostra la recente straordinaria riduzione della mortalità cardiovascolare in Francia. Il colesterolo fa parte di queste convinzioni e, per il momento, è riconosciuto che le misure dietetiche hanno solo un modesto risultato. Malgrado alcuni effetti collaterali, le statine sono attualmente l’unico trattamento che abbia dimostrato la sua reale efficacia. Sostenere, come fanno alcuni, che questa terapia sia inefficace e che la sua promozione faccia parte di un complotto architettato di tutto punto dall’industria farmaceutica non resiste all’esame dei fatti.
Fonte: http://www.pseudo-sciences.org/spip.php?article2038
Di Bernard Swynghedauw SPS n°302, ottobre 2012 - Traduzione di Michela Gualtieri
La propaganda di questi “militanti anti-colesterolo” merita di essere denunciata con particolare vigore perché ha numerose conseguenze, non solo sulle persone in buona salute, ma anche su moltissimi malati. Gli studi scientifici sull’aterosclerosi non hanno, ovviamente, ancora permesso di dichiararla debellata, ma hanno fatto progressi sufficienti – su ogni fronte – da essere considerati, nel 2012, in gran parte responsabili dell’aumento della durata della vita riscontrabile da anni nei nostri paesi. La mortalità globale, in Francia, diminuisce con regolarità e questo è essenzialmente conseguenza della riduzione della mortalità cardiovascolare.
Infarto: il colesterolo sarebbe innocente!
Una delle opere fondamentali dei “militanti anti-colesterolo” in Francia è Cholestérol, mensonges et propagande di Michel de Lorgeril. La sentenza, qui, è senza appello: «il colesterolo è innocente e non ostruisce le arterie», è «fuorviante» cercare di abbassare il colesterolo per ridurre il rischio di infarto, i vari farmaci «anti-colesterolo» sul mercato sono inefficaci (pag. 199).
Ma se non è il colesterolo il responsabile dell’infarto, allora cos’è? Il meccanismo esposto è sorprendente: l’infarto sarebbe semplicemente dovuto alla formazione di un grumo nella circolazione coronarica. Nessun riferimento ai modi della sua formazione, pure essenziale, nessun riferimento alle migliaia di lavori che chiamano in causa il colesterolo né a quanto è attualmente accertato riguardo al meccanismo dell’aterogenesi. Il grumo sarebbe dovuto a un processo, non spiegato, che coinvolge le piastrine, la coagulazione e la fibrinolisi. Nessun riferimento alla parete stessa (pag.228)! Nessun riferimento al gigantesco e minuzioso lavoro effettuato da centinaia di equipe, che ha progressivamente stabilito la sequenza di eventi a partire dalla penetrazione del colesterolo nella parete fino alla formazione di strie lipidiche, la loro trasformazione in placche e la successiva ulcerazione, all’origine del grumo che infine va a ostruire le arterie. Una “incultura”, per riprendere il vocabolario dell’autore stesso, sconcertante. A questo si aggiungono le tante semplificazioni indebite (si veda il BOX 1) che si ritrovano nel libro.
Box 1 - Esempi di semplificazioni indebite
Per negare il ruolo del colesterolo nelle malattie coronariche, sono state operate alcune semplificazioni. La confusione dei fondamenti clinici del ragionamento pone altrettanti problemi: la linearità della relazione colesterolo-malattie coronariche è negata omettendo il fatto che tale linearità è osservata solo per fasce di età. Uno studio basato su quasi 900.000 adulti, di cui 55.000 sono morti di malattie vascolari, ha dimostrato una relazione lineare tra il tasso di colesterolo nel sangue, per fasce d’età, e la mortalità cardiovascolare. La relazione è, ovviamente, molto più forte nei giovani che negli anziani.
I test clinici sulle statine sono analizzati in modo vergognosamente selettivo. Le statine (alla base dei trattamenti anti-colesterolo) sono presentate come sostanze dannose, cancerogene, e senza nessun effetto sulla morbosità e la mortalità cardiovascolare, nonostante il gran numero di prove attestanti il contrario (si veda sotto). L’argomentazione è fondata su molte semplificazioni, addirittura degli errori.
Due casi esemplificativi. Pagina 170, i due test clinici di prevenzione secondaria CARE e LIPID sono presentati come inseriti in un contesto «di isteria collettiva» e si afferma che essi hanno dato risultati differenti e contraddittori, cosa inesatta: CARE riguarda 4.159 pazienti trattati con la pravastatina, il cui rischio di decesso coronarico è ridotto del 24%; in LIPID, che coinvolge 9.014 pazienti, il rischio con lo stesso farmaco è ridotto del 29%. Il test ILLUMINATE, citato nella tabella di pagina 189, è presentato come testimonianza «di un inatteso aumento della mortalità». In realtà, questo test non riguarda le statine ma gli effetti dell’aggiunta, a un trattamento già avviato con una statina, di Torcetrapib, un ipocolesterolemizzante che agisce secondo un meccanismo totalmente diverso da quello delle statine, cosa confermata dall’allegato 4. Il test, sebbene negativo, è stato pubblicato, a discapito degli inventori del Torcetrapib, in questo caso i laboratori Pfizer, e la pubblicazione ha avuto un effetto disastroso sul laboratorio.
I “militanti anti-colesterolo” accusano l’industria farmaceutica di essere all’origine di questa “grande menzogna”, allo scopo di promuovere la vendita dei propri prodotti. Il farmaco può in effetti essere un’implicazione economica decisiva, e questo ha recentemente condotto a celebri degenerazioni, ma è evidente che se solo questo argomento bastasse a rigettare una terapia, non resterebbe più alcun trattamento disponibile sul mercato. D’altronde, qualunque sia l’opinione che se ne può avere, solo l’industria ha la forza per sviluppare e permettere di valutare un farmaco. Essa ha i mezzi per finanziare non solo le ricerche di base, ma anche i test clinici che generalmente in tale settore si basano su migliaia di pazienti ed è evidente come questo generi abusi. In nessun Paese gli istituti pubblici di ricerca hanno i mezzi di questo tipo di finanziamento, a parte rarissime eccezioni. Bisogna anche sottolineare che non è interesse degli industriali commercializzare medicine inefficaci o dannose che saranno diffuse su larghissima scala: i contraccolpi sono inevitabili e sempre molto dolorosi. Esistono, d’altronde, tanti esempi di test negativi pubblicati sui più grandi giornali, nonostante la pubblicità negativa che fanno ai loro promotori (si veda per esempio il test sul Torcetrapib citato nel BOX 1).
Bicchieri di vino, Omega 3 e dieta cretese contro trattamenti convalidati
Di fronte a questo «vero e proprio complotto del colesterolo», gli autori oppongono un’apologia della alimentazione «sana e naturale» e una letteratura che riporta risultati poco riproducibili, incentrata sui benefici del bicchiere di vino, degli Omega 3 e della dieta mediterranea.
Il dottor de Lorgeril ha lui stesso partecipato a uno studio su un trattamento dell’aterosclerosi, riguardante i benefici della “dieta cretese” (consumo abbondante di frutta, verdura, cereali e olio d’oliva e ridotto consumo di carne e latticini), il cosiddetto studio di Lione, che ha dato risultati sorprendenti visto che la mortalità era ridotta del 70%! L’ampiezza eccezionale di questo risultato, il gran numero di scorciatoie metodologiche, il ristretto numero di soggetti coinvolti e il fatto che questo studio non sia mai stato riprodotto, suscitano i dubbi.
L’autore si presenta allo stesso modo come un sostenitore degli Omega 3, su cui ha scritto un libro, ma non è mai stato dimostrato, nemmeno da studi molto autorevoli, che l’apporto di Omega 3 nell’alimentazione migliori la prognosi cardiovascolare, tanto in prevenzione primaria (prevenire il rischio) quanto in secondaria (ridurre le conseguenze per le persone colpite). L’unico effetto dimostrato è una diminuzione dei trigliceridi plasmatici che sono un fattore di rischio ancora discusso.
Box 2 - Si dovrebbero prescrivere le statine a tutti gli uomini oltre i 50 anni?
È la domanda che si pone con tutta la serietà possibile un recente editoriale della rivista “The Lancet” (11 agosto 2012), rivista di riferimento in ambito medico. Una meta-analisi basata su ventisette studi e pubblicata nello stesso numero della rivista mostra che l’assunzione di statine ha un significativo effetto benefico sull’abbassamento del tasso di colesterolo persino nei soggetti a ridotto rischio cardiovascolare. Allo stesso tempo, questa meta-analisi rileva una buona tolleranza dei pazienti al trattamento.
L’editorialista del Lancet solleva dunque la questione dell’opportunità di raccomandare il trattamento a base di statine a soggetti attualmente non considerati, perché aventi un rischio di evento vascolare maggiore nei successivi cinque anni inferiore al 10%, e sottolinea le importanti conseguenze che ne risulterebbero in termini di salute pubblica e di economia della salute.
Il ruolo del colesterolo nelle malattie cardiache
Le cardiopatie ischemiche e gli ictus sono tra le primissime cause di mortalità al mondo. L’origine di questi due gruppi di affezioni è un processo morboso complesso, detto aterosclerosi. Questa affezione è dovuta a più fattori e ha una doppia origine, genetica (la componente genetica è forte e le varianti genetiche coinvolte sono molto numerose) e ambientale (legata a uno squilibrio energetico tra sovrabbondanza alimentare ed eccessiva sedentarietà). L’importanza di questi due elementi è estremamente variabile da persona a persona. Una delle convinzioni condivise dalla comunità scientifica è che il colesterolo in circolo gioca un ruolo fondamentale nella genesi stessa dell’affezione, nelle sue prime fasi, e che la riduzione della sua concentrazione nel sangue, la colesterolemia, costituisce uno dei principali obiettivi terapeutici. Questa convinzione non si fonda su idee vaghe o interessi commerciali, ma su migliaia di studi riproducibili e riprodotti, effettuati in numerosi Paesi e che sono a un tempo stesso sperimentali, anatomo-clinici, clinici, epidemiologici e terapeutici. Affermare che la tesi è documentata è un vero e proprio eufemismo. Tutti i trattati di cardiologia, senza eccezione, comprendono diversi capitoli sull’argomento. Esistono d’altronde numerosi giornali specializzati di altissimo livello, tra cui Atherosclerosis. Tutti fanno riferimento a questa opinione condivisa.
Se davvero esistesse un complotto in suo favore, dovrebbe essere planetario e coinvolgere decine di migliaia di medici e scienziati, da Parigi a New York e da Pechino a Tokio.
È altrettanto certo, d’altra parte, che il colesterolo non è l’unico elemento in causa, esistono numerose forme cliniche d’aterosclerosi con colesterolemia normale. Numerose altre anomalie sono associate in modo causale all’aterosclerosi, come il diabete, il tabagismo o l’ipertensione arteriosa, e il meccanismo coinvolto include certamente altri elementi, il più importante dei quali la reazione infiammatoria. È infine certo che i primissimi tempi della formazione della placca d’aterosclerosi continuano a porre problemi e comportano ancora un largo margine d’incertezza.
Le prove che riguardano il ruolo del colesterolo sono tutt’altro che esili. L’aterosclerosi si caratterizza per l’accumulo di colesterolo e altri grassi nella parete arteriosa, tale accumulo provoca la progressiva formazione di placche nella parete stessa delle arterie e scatena una reazione infiammatoria dalle conseguenze nefaste. La parete del vaso si sclerotizza e si ulcera, e questo processo sarà all’origine di eventi clinici come l’infarto del miocardio. Il meccanismo comporta ancora, chiaramente, numerose incognite (due in particolare: il ruolo della reazione immunitaria e quello del “colesterolo buono” e dei suoi trasportatori). È avvalorato da un’immensa letteratura sia sperimentale (esistono numerosi modelli animali), sia anatomopatologica fondata sulle nuove risorse della genomica. Parallelamente, una moltitudine di studi epidemiologici, alcuni riguardanti quasi un milione di persone, hanno dimostrato che esisteva, per ogni fascia di età, una perfetta relazione diretta tra la concentrazione sanguigna di colesterolo e il rischio di avere un infarto, essendo questa relazione, chiaramente, tanto più stretta quanto più i soggetti erano giovani.
Altre ipotesi esistono, ovviamente, ma nessuna al momento si dimostra sostenuta da un tale ventaglio di argomenti, in particolare l’idea sostenuta dai colesterolo-scettici e che ha portato alla prescrizione della dieta mediterranea. Questa ipotesi è ben poco sostenuta da argomenti epidemiologici, clinici o sperimentali e le informazioni sull’argomento non reggono il confronto con quanto sappiamo sul colesterolo e l’infiammazione.
I trattamenti e l’azione delle statine
Abbassare la colesterolemia è un obiettivo individuato da molto tempo, ma rimasto a lungo irraggiungibile per l’assenza di farmaci efficaci. Per molto tempo, l’unico trattamento delle ipercolesterolemie è stata la dieta, di efficacia molto limitata, qualunque ne fosse la forma. Ora è possibile conseguire, in parte, questo obiettivo. La farmacopea si è infatti dotata di molti composti capaci di abbassare la colesterolemia in modo significativo e, tra di essi, un composto particolarmente attivo, le statine, che sono uno dei grandi progressi terapeutici degli ultimi tempi. Le statine agiscono inibendo specificamente l’enzima che sintetizza il colesterolo. Tuttavia, il colesterolo è anche un elemento essenziale del funzionamento cellulare e non a caso le statine hanno molti effetti collaterali. Alcuni di questi effetti sono positivi, come l’azione anti-infiammatoria, altri sono negativi, come i dolori muscolari (le statine, però, non sono cancerogene, contrariamente a quanto alcuni hanno suggerito all’inizio).
La prescrizione di statine in seguito a un evento coronarico, persino per pazienti con colesterolemia normale (in prevenzione secondaria), ha significativamente ridotto la mortalità e la frequenza di recidive. Questo dato non è più contestabile, tanto che la mancata prescrizione di statine in seguito a un evento vascolare attualmente è quasi un’inadempienza professionale. Ma ciò non toglie che il trattamento non guarisce la malattia.
La prescrizione di statine a titolo preventivo, in prevenzione primaria, per persone con colesterolo elevato ma che non soffrono di manifestazioni cliniche dell’affezione, ha un effetto meno accertato che richiede ancora conferma. La raccomandazione abituale è di trattare le ipercolesterolemie quando superano una certa soglia.
Le prove sono considerevoli. Lo studio HPS pubblicato nel 2002 ha dimostrato che, nella popolazione ad altissimo rischio vascolare, l’abbassamento della colesterolemia era benefico, qualunque fosse il livello di partenza. Quattro studi fatti in prevenzione primaria (WOSCOPS, AFCAPS, ASCOT e HPS) e tre studi in prevenzione secondaria (HPS, CARE e LIPID) hanno mostrato che le statine riducono di circa il 25-30% la colesterolemia e riducono il rischio relativo di eventi coronarici di circa il 24-30%.
Un’analisi che riunisce quattordici studi differenti fatti nell’arco di cinque anni, che comprendevano circa 93.000 soggetti e 15.000 eventi (quello che si chiama una “meta-analisi”) ha dimostrato che una riduzione della colesterolemia di 1 mmol/L (30 mg/L) grazie alle statine riduce la mortalità del 20%. È su questo genere di studi che sono state definite le raccomandazioni ora applicate in cardiologia.
Conclusioni
L’aterosclerosi è un problema di salute pubblica di primaria importanza nei nostri Paesi. La sua fisiopatologia è conosciuta solo in maniera incompleta, proprio come quella del cancro, ma ciononostante vi sono alcune convinzioni condivise riguardanti il meccanismo dell’affezione, la prevenzione e il trattamento, come dimostra la recente straordinaria riduzione della mortalità cardiovascolare in Francia. Il colesterolo fa parte di queste convinzioni e, per il momento, è riconosciuto che le misure dietetiche hanno solo un modesto risultato. Malgrado alcuni effetti collaterali, le statine sono attualmente l’unico trattamento che abbia dimostrato la sua reale efficacia. Sostenere, come fanno alcuni, che questa terapia sia inefficace e che la sua promozione faccia parte di un complotto architettato di tutto punto dall’industria farmaceutica non resiste all’esame dei fatti.
Fonte: http://www.pseudo-sciences.org/spip.php?article2038
Di Bernard Swynghedauw SPS n°302, ottobre 2012 - Traduzione di Michela Gualtieri