Nella primavera 1949 si erano diffuse voci di straordinarie visioni che avvenivano a Marina di Pisa e da varie città d'Italia mossero pellegrinaggi al luogo delle visioni.
Adolfo Catellani, giovane sulla trentina di Reggio Emilia, che diceva di avere lui stesso avuto visioni celestiali, si fece promotore di questi pellegrinaggi.
A questo punto entrò in scena un certo ragionier Ettore Panciroli, autodefinitosi "Nuovo profeta di Cristo in terra”. Egli sparse la voce che Catellani era un mistificatore, mentre lui era il vero interprete di queste visioni, visto che da dieci anni, per ispirazione divina, stava scrivendo il Terzo Testamento dello Spirito Santo. Catellani si recò dal "profeta", i due litigarono, infine Panciroli sfidò l’altro ad una prova: gli consegnò una lettera da recapitare a Marina di Pisa, nel recinto dove avvenivano le visioni (i fedeli vi buttavano dentro missive con preghiere e desideri: una "veggente" dava ad esse una risposta conforme a quel che le aveva detto la Madonna) in cui affermava che un giorno gli si era presentato un misterioso personaggio chiamato Emojezu Elia che lo aveva ispirato a scrivere il suo libro e infine diceva che “le attuali visioni di nostra Signora sono segno e preparazione dell'avvento del Testamento dello Spirito ad opera di Emojezu Elia".
Una "veggente" di Marina di Pisa scrisse di suo pugno una risposta: "La Madonna mi ha detto: sorgeranno dei falsi profeti, di cui voi fate parte. Inoltre la Vergine mi ha detto: anche Satana lavora coi suoi falsi profeti. Diffidate di questi falsi santoni".
Non appena Panciroli lo seppe, scrisse adirato a Catellani: "Io sono nel giusto... voi portate una risposta non giusta".
A questo punto Catellani decise di smascherare il "falso profeta" e, accompagnato da due pellegrine, si recò a casa Panciroli.
Con un pretesto spedirono il ragioniere da un amico, e alla madre di Panciroli dissero di essere venuti a prelevare certe carte per incarico del figlio. La donna si oppose, ma i tre entrarono nello studio del ragioniere e sottrassero un fascicolo di carte: purtroppo il “Testamento” non c’era. Subito Catellani e le due complici corsero a casa dell’amico di Panciroli.
Dal basso lo chiamarono: "Ehi, profeta, vieni giù che ti strappo la barba!" e "Vieni giù, Gesù Cristo, che ti spacco la testa!"
Il "profeta" scese di corsa, e qui avvenne uno scambio di invettive, minacce e botte che portò alla denuncia di Panciroli contro Catellani per violazione di domicilio, sottrazione di documenti, minacce e percosse.
Questa la stramba causa che fu discussa in pretura. I giudici, esterrefatti, si chiedevano sino a che punto si potesse discutere seriamente una simile causa: neppure i difensori degli imputati riuscivano a dare una spiegazione logica degli atti dei loro clienti.
Figuriamoci noi!
Adolfo Catellani, giovane sulla trentina di Reggio Emilia, che diceva di avere lui stesso avuto visioni celestiali, si fece promotore di questi pellegrinaggi.
A questo punto entrò in scena un certo ragionier Ettore Panciroli, autodefinitosi "Nuovo profeta di Cristo in terra”. Egli sparse la voce che Catellani era un mistificatore, mentre lui era il vero interprete di queste visioni, visto che da dieci anni, per ispirazione divina, stava scrivendo il Terzo Testamento dello Spirito Santo. Catellani si recò dal "profeta", i due litigarono, infine Panciroli sfidò l’altro ad una prova: gli consegnò una lettera da recapitare a Marina di Pisa, nel recinto dove avvenivano le visioni (i fedeli vi buttavano dentro missive con preghiere e desideri: una "veggente" dava ad esse una risposta conforme a quel che le aveva detto la Madonna) in cui affermava che un giorno gli si era presentato un misterioso personaggio chiamato Emojezu Elia che lo aveva ispirato a scrivere il suo libro e infine diceva che “le attuali visioni di nostra Signora sono segno e preparazione dell'avvento del Testamento dello Spirito ad opera di Emojezu Elia".
Una "veggente" di Marina di Pisa scrisse di suo pugno una risposta: "La Madonna mi ha detto: sorgeranno dei falsi profeti, di cui voi fate parte. Inoltre la Vergine mi ha detto: anche Satana lavora coi suoi falsi profeti. Diffidate di questi falsi santoni".
Non appena Panciroli lo seppe, scrisse adirato a Catellani: "Io sono nel giusto... voi portate una risposta non giusta".
A questo punto Catellani decise di smascherare il "falso profeta" e, accompagnato da due pellegrine, si recò a casa Panciroli.
Con un pretesto spedirono il ragioniere da un amico, e alla madre di Panciroli dissero di essere venuti a prelevare certe carte per incarico del figlio. La donna si oppose, ma i tre entrarono nello studio del ragioniere e sottrassero un fascicolo di carte: purtroppo il “Testamento” non c’era. Subito Catellani e le due complici corsero a casa dell’amico di Panciroli.
Dal basso lo chiamarono: "Ehi, profeta, vieni giù che ti strappo la barba!" e "Vieni giù, Gesù Cristo, che ti spacco la testa!"
Il "profeta" scese di corsa, e qui avvenne uno scambio di invettive, minacce e botte che portò alla denuncia di Panciroli contro Catellani per violazione di domicilio, sottrazione di documenti, minacce e percosse.
Questa la stramba causa che fu discussa in pretura. I giudici, esterrefatti, si chiedevano sino a che punto si potesse discutere seriamente una simile causa: neppure i difensori degli imputati riuscivano a dare una spiegazione logica degli atti dei loro clienti.
Figuriamoci noi!