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Premessa
Miracoli. La gente vuole miracoli. Alle soglie del terzo millennio, come secoli fa, la gente vuole ancora miracoli.
Si trova una statuetta della Madonna sporca di sangue, e i pellegrini accorrono a migliaia. Si pubblicano dispense dedicate alla vita di Padre Pio, con videocassetta. I più diffusi settimanali italiani dedicano per quaranta settimane dei servizi a chi si dice in contatto con l'aldilà. Ogni sei mesi si ha notizia di un nuovo veggente al quale la Madonna comunica messaggi. Qualcuno la fotografa pure.
I miracoli classici sono un business che non conosce crisi. I pellegrini a Lourdes, Loreto o Pietralcina sono in aumento. Nascono nuovi gruppi di preghiera e nuove sette, che colmano gli stadi.
Che cosa pensare, che cosa credere? La Chiesa consiglia prudenza, indaga, esprime cautela, ma poi raramente si pronuncia in concreto. Altri alzano le spalle e pensano che non valga la pena di occuparsi di questi argomenti, giudicati residui di superstizioni medievali.
Non sono solo i miracoli ad attirare. Cresce una voglia di occulto, di irrazionale, di paranormale.
I maghi, i cartomanti, i sensitivi si sono decuplicati in pochi anni, e i loro fatturati complessivi sono di decine di miliardi l'anno. Anche le pseudoscienze prosperano. Terapie alternative mai dimostrate efficaci vengono insegnate in aule universitarie, e chiedono libertà di cura, forse anche libertà di credere in una fisica e una chimica diverse. Rabdomanti riciclati con nuovi termini operano anche per qualche istituzione pubblica inseguendo inesistenti radiazioni emanate dal terreno e sconosciute alla scienza.
Eppure in Italia sono ancora i miracoli ad andare per la maggiore.
Lo scopo del CICAP, come si sa, è quello di promuovere un'indagine scientifica e critica nei confronti dei presunti fenomeni paranormali. Lo spazio dedicato dai media a questi temi, spesso senza alcun criterio critico e di controllo, contribuisce non solo a incoraggiare la già diffusa tendenza all'irrazionalità, ma anche a dare credibilità a individui che traggono profitto da tale situazione.
Negli anni trascorsi dalla sua costituzione, il CICAP si è occupato, dal punto di vista teorico ed educativo ma anche con originali ricerche, verifiche e sperimentazioni, dei temi "classici" del paranormale: dallo spiritismo alla pranoterapia, dai sensitivi all'astrologia.
Se i fenomeni paranormali sono quelli che avverrebbero in violazioni delle leggi naturali, i miracoli possono ben definirsi, tecnicamente, fenomeni paranormali a carattere religioso. Infatti, se Dio esiste ed è onnipotente, e ha creato il mondo e le sue leggi, egli potrebbe anche sospenderle temporaneamente per darci un segno della sua presenza.
Parlare di miracoli in modo razionale è difficile per vari motivi.
Dobbiamo innanzitutto chiarire che non si vuole in alcun modo mettere in discussione la fede di chi crede: però si vorrebbe analizzare i fenomeni e il loro manifestarsi.
Per esempio, si può anche accettare che qualcuno creda che le anime dei defunti sopravvivano nell'aldilà; ma se si afferma che esse comunicano con noi facendo muovere un tavolino a tre gambe, si ha il diritto e il dovere di esaminare questo fenomeno: cioè se e come un tavolino si muova in modo misterioso.
Dunque in questo terreno minato dei miracoli vi è costante la possibilità di essere fraintesi e di offendere la sensibilità di chi crede; anche se qualcuno pensa che siano invece certe affermazioni dei credenti più bigotti a offendere il buon senso e la ragione.
Ma non bisogna avere timore: un credente deve, per definizione, credere nei miracoli del Vangelo. Su tutti gli altri si può discutere; anzi, la Chiesa stessa istituisce apposite commissioni di indagine per verificare se un fenomeno possa essere dichiarato miracoloso o no. Semmai, il rischio è proprio quello di trovarsi in compagnia troppo numerosa: agiografie, leggende, articoli giornalistici, inchieste, libri, commissioni ufficiali, cartelle cliniche, santoni e miracolati: il tutto - spesso - incerto, confuso, contraddittorio, poco autorevole, con fonti primarie di difficile reperibilità.
Il paranormale religioso è un campo di indagine particolarmente arduo; i fenomeni paranormali "classici" infatti, studiati dai parapsicologi, se esistessero veramente, violerebbero le leggi note della natura ma - ci si aspetta - dovrebbero comunque obbedire a regole e leggi loro proprie. Una volta compresi, dovrebbero essere studiabili e riproducibili nelle adatte condizioni. Per questo si dice talvolta paradossalmente che se il paranormale esistesse e fosse comprensibile, diventerebbe "normale". Nel paranormale religioso il fenomeno dipenderebbe invece da una divinità, ovvero da un essere personale, dotato di volontà propria (non necessariamente comprensibile all'intelletto umano), che comanda e altera a piacere le leggi naturali da lui create. Per esempio decidendo di non operare "miracoli" in presenza di uno studioso animato da curiosità profana, ma solo in presenza di fedeli, o in modo apparentemente capriccioso.
Vi sono altre difficoltà teoriche. La scienza si occupa di ciò che è ripetibile e riproducibile. Un unicum nella storia, un'anomalia, può essere oggetto di ricostruzione storica, non di scienza sperimentale. E, come per il paranormale, si ha inoltre una definizione "in negativo": solo se ogni possibile spiegazione naturale è esclusa, si potrebbe ammettere il paranormale o il miracoloso. Ma come essere sicuri?
Dunque è difficile, per chi abbia una mentalità scevra da preconcetti ma critica, evitare di porsi alcune domande iniziali imbarazzanti, forse impertinenti. E cioè esaminare cio che Dio fa, ma anche ciò che non fa.
Non capiamo, infatti, perché Dio dovrebbe fare sciogliere il sangue di San Gennaro due volte l'anno, e non fa sciogliere il machete del guerrigliero che uccide cento bambini.
Perché le statue della Madonna dovrebbero piangere, e non invece ridere, o parlare, o muoversi.
Perché Dio non fa, se vuole darci un segno, un "miracolo permanente". Una cattedrale - o magari anche soltanto un piccolo crocifisso - che a dispetto di tutte le leggi naturali se ne stia sospeso per aria, fisso per sempre a tre metri dal suolo; così che tutti i fisici del mondo (e gli illusionisti!) lo possano vedere.
Perché Dio guarisce malattie come i tumori, ma perché - e non sembri grottesco - non si debba portare a Lourdes un corpo decapitato, ed ecco, aspettare che Dio lo riporti in vita ridandogli una testa.
Non sembri grottesco: se Dio vuole, può.
Le risposte tradizionali a questi interrogativi sono state che Dio non ci vuole "forzare" a credere in lui. Che Dio si nasconde. Che Dio ci parla per enigmi. Che noi non possiamo osare capire le sue ragioni.
E dunque i miracoli, quelli che invece avverrebbero, al di là dello stupore e del timore reverenziale iniziali, sono destinati a lasciarci sempre insoddisfatti. Non possiamo fare altro che esaminare quelli più famosi, quelli ufficiali, quelli riconosciuti, e sperare di esserne convinti.
Purtroppo, lo studio dei miracoli si è dimostrato anche più elusivo e difficile dello studio di avvenimenti paranormali di tipo laico. Questo dipende in parte anche dalla protezione delle autorità religiose, le quali possono ritenere che l'evento non richieda esami e debba essere accettato per fede, oppure che le indagini debbano essere svolte da membri della religione o del culto, che già credono nella natura divina del miracolo, e secondo le loro impostazioni. La cooperazione tra autorità laiche e religiose nell'indagine dei miracoli, come quella realizzata nella radiodatazione della Sindone di Torino, è l'eccezione anziché la norma.
I miracoli di natura non medica, e ricorrenti, che potrebbero essere analizzati dalle scienze esatte, sono assai rari. Per esempio il miracolo di San Gennaro, il cui sangue si liquefa in modo - si dice - inspiegabile e prodigioso.
Restano le apparizioni, materia più che mai sfuggente, perché la scienza ancora non sa capire se ciò che un veggente dice di vedere ha origine dal cielo o dall'interno del suo cervello.
E infine, le guarigioni prodigiose, da sempre i miracoli preferiti dalle folle; per esempio quelle di Lourdes.
Dal 1858, anno delle visioni di Bernadette, a oggi, sono stati migliaia i casi esaminati e 65 di essi dichiarati ufficialmente miracolosi.
Ma anche qui il dubbio si insinua.
I casi considerati come possibili candidati al miracolo sembrano ridursi col passare degli anni. 1536 nei venticinque anni (1892-1917) in cui presidente della Commissione Medica fu Boissarie, solo tre nei diciotto anni della gestione dell'attuale presidente uscente, Mangiapan. L'ultimo miracolo fu quello di un'italiana, Delizia Cirolli da Catania, nel 1976. Da più di vent'anni, nessun altro ufficialmente riconosciuto. E anche in questo, la guarigione non era stata del tutto istantanea, né completa, come prescritto; col sospetto, in più, di una diagnosi errata.
Tra i 65 miracoli ufficiali, ben il quaranta per cento riguardavano casi di TBC, un tempo ritenuta incurabile, piaga del secolo scorso come il cancro lo è del nostro, ma che oggi si ritiene controllabile dallo stesso sistema immunitario dell'organismo. Inoltre, anche non volendo considerare possibili errori di diagnosi, uno dei requisiti perché una guarigione miracolosa sia tale è che non vi sia in atto alcuna terapia: condizione ormai sempre più rara.
Il dato più sconcertante, però, è che guarigioni inspiegabili avvengono, pur se raramente, anche in contesti non sacri.
Senza nemmeno andare a Lourdes, alcuni malati di tumori terminali, dati per spacciati, sono guariti perfettamente; si calcola in almeno un caso su 100.000, forse addirittura uno su 10.000. Una rassegna del 1989[1] elenca 3000 guarigioni spontanee documentate di malattie ritenute incurabili, raccolte da 800 riviste mediche. Uno studio del 1966 [2] cita 170 casi di soli tumori. Ma nei rapporti delle Commissioni Mediche dei santuari, una cosa non riusciamo mai a sapere: per quella particolare malattia miracolosamente sparita, esiste o no almeno un caso documentato di remissione spontanea? Ormai gli stessi medici sono più cauti, ed evitano di parlare di guarigioni "miracolose"; preferiscono chiamarle "inspiegabili". Anzi: "inspiegate".[3]
In un volume [4] di recente pubblicazione in Italia si tenta di fare il punto per la prima volta su questo argomento. Ne risulta un panorama che, se fosse confermato, sarebbe di grande interesse scientifico, perché vorrebbe dire che il corpo umano ha capacità di guarigione inattese e insperate. Non sappiamo quale sia la ragione per cui alcuni sopravvivono (effetti psicosomatici, sistema immunitario, endorfine...), ma se mai scopriremo questa ragione, sarà la scienza a farlo.
Il miracolo del sangue di San Gennaro
Diverse reliquie ancora venerate dalla Chiesa Cattolica rappresentano - o sono - resti del sangue di vari santi e martiri. In Italia, particolarmente numerose nella zona attorno a Napoli, esistono circa 190 di queste reliquie di sangue [5]. Un piccolo numero di esse si liquefa dal proprio stato normalmente coagulato, in modo ritenuto paranormale, in occasioni specifiche, generalmente durante cerimonie religiose.
Quando del sangue è estratto da un organismo vivente e posto in un contenitore, il fibrinogeno, proteina solubile del plasma, forma un reticolo di fibrina insolubile, che a sua volta lega i globuli rossi producendo un coagulo gelatinoso. Questo può bensì essere disgregato meccanicamente, ma quando ciò è fatto una volta, non può più avvenire alcun cambiamento di stato. Dunque la risolidificazione di un campione di sangue sarebbe forse ancora più sorprendente della sua prima liquefazione.
La più celebre di queste reliquie di sangue miracoloso è un'ampolla contenente una sostanza scura, sconosciuta, considerata il sangue di S. Gennaro, vescovo di Benevento, decapitato durante la persecuzione di Diocleziano nel 305 d.C.
Una reliquia che rappresenta il suo sangue apparve a Napoli più di mille anni dopo, verso il 1389. Essa si liquefa, una o due volte l'anno, quando viene estratta dalla cassaforte ove normalmente si trova, e portata sull'altare [6].
Alcuni anni fa, avevamo proposto [7] che la tissotropia potesse fornire una spiegazione per le proprietà del sangue di S. Gennaro. La tissotropia indica la proprietà di certe sostanze di liquefarsi quando vengono agitate o scosse, e di solidificare ancora quando sono lasciate a riposo. L'atto medesimo di maneggiare la reliquia durante la cerimonia, rovesciandola più volte per controllarne lo stato, può dunque fornire l'energia necessaria a innescarne la liquefazione.
Secondo questa congettura, la liquefazione potrebbe avvenire in modo del tutto automatico, escludendo una frode conscia da parte di chi esegue il rito, e consentendo tutti i gradi di autoinganno che si vogliano postulare.
Il fatto che alcune volte la liquefazione manchi si spiegherebbe col fatto che se la reliquia viene maneggiata con delicatezza, essa non subisce sollecitazioni meccaniche di energia sufficiente. D'altra parte si sono registrati casi di liquefazioni "fuori data", senza cerimonia e senza folla, quando l'ampolla è stata mossa, per esempio in occasione di restauri alla teca da parte di artigiani, o di riprese fotografiche.
A sostegno di queste ipotesi siamo anche riusciti a preparare dei campioni di sostanza tissotropica, molto simili per aspetto alla reliquia gennariana, utilizzando materiali e tecniche disponibili nel XIV secolo. Il procedimento generale è di una semplicità disarmante: si parte da una soluzione in acqua di un sale di ferro, il cloruro ferrico, ritrovabile in natura solo su vulcani attivi, e che esisteva in abbondanza sul Vesuvio. Si aggiunge una quantità calcolata di carbonato di calcio (per esempio polvere di marmo, o gusci d'uovo macinati). Il carbonato di calcio era un pigmento bianco molto usato dagli artisti anche nel medioevo. Si forma così una soluzione colloidale bruno scura di idrossido di ferro. Questa deve essere purificata mettendola in una sorta di sacchetto di pergamena (o vescica o budello animale) lasciato immerso in acqua per qualche giorno. Aggiungendo infine una piccola quantità di comune sale alla soluzione risultante, si ottiene una sostanza tissotropica che, lasciata a riposo per alcune ore, assume la consistenza di una gelatina molto densa, ma che torna perfettamente liquida se il contenitore in cui si trova riceve piccoli urti o scosse. I passaggi liquido-solido-liquido sono ovviamente ripetibili.
Stranamente, la possibilità di indagare un fenomeno inspiegato e ricorrente ha generato ben poca sperimentazione scientifica.
Poiché la Chiesa cattolica ha sempre vietato di aprire i contenitori sigillati, un'analisi spettroscopica fu condotta per la prima volta nel 1902 [8]. Lo strumento era uno spettroscopio a prisma, la fonte luminosa era una candela con qualche granello di sale sullo stoppino per fornire le linee D del sodio. La luce fu fatta passare attraverso un sottile strato di "sangue" liquefatto e quattro strati di vetro (le due pareti dell'ampolla e le due del reliquiario). Fu riportata l'osservazione delle bande di assorbimento tipiche dell'emoglobina.
La stessa analisi fu ripetuta nel 1989 [9] utilizzando uno spettroscopio a prisma dello stesso tipo. Questa volta la fonte luminosa era fornita da lampade elettriche, e gli spettri furono registrati fotograficamente. Di nuovo fu riportata l'osservazione delle bande dell'emoglobina. Questa analisi è sempre presentata come la "prova scientifica" della presenza di sangue nell'ampolla. Si dovrebbero comunque considerare - oltre a obiezioni più tecniche che tralasciamo - i seguenti fatti:
- i risultati non sono stati inviati, come sarebbe prassi comune, a una rivista scientifica che li sottoponesse al vaglio di una commissione di esperti, ma stampati privatamente dalla Curia di Napoli. L'opuscolo è in vendita al banco dei libri all'interno del Duomo;
- non è chiaro perché sia stato usato uno spettroscopio a prisma di modello antiquato, anziché un più preciso e affidabile spettroscopio elettronico moderno;
- gli autori stessi ammettono che altri pigmenti rossi potrebbero essere confusi con l'emoglobina;
- durante l'analisi viene riferita la comparsa (dopo tre e nove minuti) anche delle bande di assorbimento dell'ematina e dell'emocromogeno, prodotti di degradazione dell'emoglobina, che si sono sovrapposte a quelle dell'emoglobina stessa, come durante la registrazione di un miracolo "in diretta". Vale la pena di ricordare che comunque, al momento dell'analisi, la massa era già liquefatta da varie ore;
- se si adotta una misurazione visiva anziché elettronica, non può essere visto un picco caratteristico del sangue (banda di Soret a 440 nm); recenti studi [10] hanno dimostrato che in queste condizioni il nostro gel di idrossido ferrico ha spettri che sono molto simili a quelli del sangue vecchio, poiché in quest'ultimo mancano le bande caratteristiche dell'ossiemoglobina, a causa della decomposizione dell'ossiemoglobina stessa in metaemoglobina e altri derivati;
- gli spettri non mostrano alcuna calibrazione delle lunghezze d'onda, e sono di qualità estrememente scadente, con anomalie insolite, come contrasti di colore molto netti e una distribuzione spettrale distorta. In realtà nelle riproduzioni stampate di questi spettri non è identificabile alcuna chiara banda di assorbimento.
Luigi Garlaschelli mostra il composto tissotropico che da solido (a sinistra) si trasforma in liquido (a destra).
Variazioni addirittura di peso, apparentemente casuali, furono registrate nel 1900 e nel 1904 (con un aumento di peso fino a 28 grammi, su un contenuto presunto di "sangue" di 30 ml [11]. In realtà, poiché fu pesata la reliquia nel suo reliquiario, per un peso totale di circa un chilogrammo, ciò equivale solo a una variazione del tre per cento sul totale della pesata (variazioni, cioè, compatibili con un errore strumentale). Ancora, questi dati furono pubblicati solo in una rivista religiosa (senza riportare le condizioni sperimentali o il tipo di bilancia impiegata). In più, perfino in una pubblicazione edita dalle autorità ecclesiastiche e la cui ristampa è disponibile al banco libri del Duomo di Napoli [12], si legge che "però, recentemente, tentativi eseguiti con bilance elettriche, durante cinque anni, non hanno confermato quelle variazioni".
Come è facile capire, il punto critico non è indovinare quale sia la vera natura chimica della misteriosa sostanza. In assenza di analisi e osservazioni adeguate e affidabili, ancora manca perfino la certezza sulle sue vere proprietà e sul suo comportamento. Sono facilmente immaginabili, però, ulteriori analisi volte a determinarli, senza nemmeno aprire le ampolle; per esempio, spettroscopie effettuate con moderni strumenti elettronici da spettroscopisti qualificati. Degli innalzamenti controllati di temperatura e degli innocui test di impatto (o più banalmente: agitare intenzionamente l'ampollina) rappresenterebbero altri metodi non distruttivi di analisi grazie ai quali l'ipotesi tissotropica o quelle alternative potrebbero essere avvallate o scartate.
Altri santi, altre reliquie
Altre reliquie di questo genere, nelle quali il passaggio di stato avviene effettivamente ed è visibile, sono il sangue di S. Pantaleone a Ravello (Avellino) e quello di S. Lorenzo ad Amaseno (Frosinone). Il loro aspetto esteriore e il loro comportamento sono estremamente simili.[5]
Benché la reliquia di S. Gennaro venga sottoposta a molte sollecitazioni meccaniche, la grossa ampolla contenente il sangue di S. Pantaleone (che si liquefa attorno al 27 luglio) non è mai mossa, essendo chiusa dietro un'inferriata; e quella di S. Lorenzo è spostata gentilmente solo una volta, il 10 agosto, dal suo tabernacolo all'altare. In questi casi, dunque, la tissotropia non è una spiegazione adatta. Inoltre sembra che la liquefazione inizi vari giorni prima della festa del santo, e termini molto dopo (mancano osservazioni giornaliere precise).
Il 10 agosto 1996 ho avuto il permesso di esaminare la piccola ampolla (alta 15.3 cm e del peso di 141 g) in occasione di un servizio televisivo girato da una troupe di Rai 2, in vista di una puntata della trasmissione Misteri, poi mai trasmessa.
L'ampolla contiene una miscela di varie sostanze, per una quantità stimabile in circa 35 ml. Sul fondo è visibile uno strato di sostanza solida, dal colore giallastro e dall'aspetto granuloso o grumoso, forse contenente sabbia o terriccio. Sopra questo strato ve ne è un altro, solitamente solido, anch'esso giallastro o marroncino, e infine un terzo, più sottile e più amorfo. Quando si liquefa, lo strato intermedio diventa trasparente, e cambia il proprio colore diventando rosso rubino.
Ho vibrato l'ampolla per dieci secondi su un agitatore da laboratorio per provette, per verificare se una sollecitazione meccanica potesse indurre qualche cambiamento di fase dovuto a tissotropia, ma le vibrazioni non hanno alterato la fluidità del contenuto viscoso.
Ho poi raffreddato l'ampolla, immergendone la parte inferiore in un recipiente contenente acqua e ghiaccio. Dopo pochi minuti l'intero contenuto dell'ampolla è solidificato in una massa opaca color giallo-marroncino.
Infine, sostituito il bagno freddo con uno di acqua a circa 20 gradi, ho riscaldato di nuovo lentamente, con un asciugacapelli elettrico, il bagno riportandolo alla temperatura ambiente iniziale (29-30 gradi), mentre ne controllavo la temperatura con un termometro da chimica immerso nel bagno stesso.
A 29-30°C il contenuto dell'ampolla è fuso di nuovo, e il suo colore è tornato rosso, dimostrando chiaramente che il cambiamento di stato osservato è semplicemente un effetto dovuto alla temperatura di una sostanza a basso punto di fusione.
Ciò è coerente con il fatto che la liquefazione avviene durante il periodo estivo quando facilmente le temperature sono elevate, e dura molti giorni.
La temperatura di rammollimento della sostanza e il suo aspetto generale suggeriscono che la reliquia consista di grassi, cere, o miscele di composti simili, probabilmente contenenti un adeguato colorante in essi solubile.
È interessante notare che una delle ipotesi "storiche" per spiegare il comportamento del sangue di S. Gennaro è stata proprio che la sostanza sconosciuta sia semplicemente una miscela con un basso punto di fusione. Solida quando si trova in un luogo un po' più fresco, fonderebbe quando è portata sull'altare, vicino alle candele accese e tra una folla fervente. Questa ipotesi, formulata per la prima volta già nel 1826, fu presto supportata da numerose ricette, per la maggior parte basate su cere, grassi o gelatine (più adatti coloranti). In ogni caso, ogni miscela di questo tipo avrebbe un punto di fusione costante, mentre la cerimonia di liquefazione del sangue può avvenire a temperature diverse (maggio, settembre, dicembre). Così, nel caso del sangue di S. Gennaro, l'ipotesi tissotropica sembra più plausibile.
Comunque, contrariamente alla reliquia gennariana, il "sangue" di S. Lorenzo non è contenuto in un'ampolla sigillata. Una piccolissima quantità di sostanza, estratta con una siringa attraverso il collo non perfettamente chiuso, potrebbe facilmente essere analizzata, determinando la natura del colorante rosso, nonché quella della miscela bassofondente.
Bloody Mary
Nel gennaio 1995, i mass media italiani riportarono che una statuetta della Madonna, alta circa 40 centimetri e prodotta in serie, aveva pianto lacrime di sangue. L'attenzione dedicata da parte dei media a questo caso, che a tutta prima non sembrava diverso dai molti riportati da tutta Italia negli ultimi due anni, crebbe rapidamente, e presto le prime pagine dei giornali e i notiziari televisivi fornivano aggiornamenti quotidiani alla vicenda.
Era cominciato tutto a Civitavecchia (Roma), il 2 febbraio 1995, quando Fabio Gregori, lavoratore di un'azienda elettrica e proprietario della statua, dichiarò che sua figlia Jessica aveva visto lacrime di sangue sul volto della statua della Vergine, che si trovava nel suo giardino. Gregori raccontò l'avvenuto al parroco locale, e immediatamente migliaia di pellegrini iniziarono a visitare la statua, riferendo che essa continuava a piangere - benchè fotografie fatte in diversi momenti della giornata non avessero mostrato alcun cambiamento nelle macchie di sangue.
A questo punto, fu inoltrata denuncia contro ignoti, da parte del CODACONS (Comitato Difesa dei Consumatori), per abuso di credulità popolare, e il magistrato della città, Antonio Albano, sequestrò e pose sotto sigilli la statuetta. Egli ordinò inoltre una seconda serie di analisi sulla statua, dopo quelle già eseguite dal prof. Umani Ronchi presso l'Istituto di Medicina Legale dell'Università La Sapienza di Roma, le quali avevano stabilito che la statua non nascondeva marchingegni, e che il sangue delle lacrime era umano, e di sesso maschile. Queste successive analisi avrebbero dovuto comprendere il test del DNA per verificare se il DNA coincidesse con quello dei membri maschi della famiglia Gregori.
L'ordine di sequestro impedì lo svolgimento di una solenne processione, progettata per il giorno di Venerdì santo, per trasportare la statua in una cappella appositamente costruita nella vicina chiesa di S. Agostino.
Il Vaticano mantenne un diplomatico silenzio sull'affare. Ma il cardinale Gerolamo Grillo, vescovo di Civitavecchia, si disse infuriato all'implicazione che si dovesse ricorrere alla scienza per provare l'integrità di un uomo di fede. "Se il sangue è maschile - dichiarò il Vescovo alla stampa - allora deve essere il sangue di Cristo"; sembra ovvio che, se il sangue fosse risultato femminile, si sarebbe trattato lo stesso di un miracolo, poiché la Madonna era una donna.
Il caso di Civitavecchia ha generato un grande numero di commenti e teorie: i sociologi parlano di una "angoscia collettiva" prodotta dall'attuale crisi politica italiana. Dacia Maraini, nota scrittrice, afferma che il culto della Madonna ha origine "da una mentalità arcaica e irrazionale", che favorisce il disprezzo della donna.
Il CICAP è stato quasi quotidianamente interpellato dai media affinché commentasse il caso e suggerisse possibili metodi naturali per produrre il "miracolo". Il CICAP ha spiegato che era impossibile dire che cosa fosse esattamente successo, poiché il presunto fenomeno si era verificato soltanto in presenza del proprietario della statua.
La cosa giusta da fare, in questi casi, sarebbe stata di sigillare immediatamente la statua in una teca trasparente, mettervi di fronte una videocamera e alcune persone di guardia, e vedere se le lacrimazioni sarebbero avvenute ancora in condizioni controllate.
Se, e solo se, succede "qualcosa", si devono dapprima tentare alcune spiegazioni naturalistiche. Le cause semplici e note sono quelle da ipotizzare per prime come più probabili. Può trattarsi di umidità, infiltrazioni d'acqua, tubi che gocciolano? O ancora di ruggine, muffe, colle o vecchie vernici che affiorano? Alcune "madonne lacrimanti" avevano semplicemente sotto gli occhi tracce di vernici trasparenti, secche da tempo, ma mai notate prima. Un'altra volta, le lacrime di una statua erano la colla usata per gli occhi di vetro, che si stava sciogliendo...
Invece pare che questi casi seguano un copione fisso e ben diverso. Vi è una persona (di solito il proprietario) che dice di avere visto l'immagine piangere; poi moltissime altre che vedono una immagine solo sporca di liquido, ma giurano di averla vista mentre lacrimava. Successivamente, sempre nella totale assenza di controlli tempestivi, intervengono, nell'ordine, il parroco e poi il vescovo. Si esprime grande prudenza e si formano commissioni di teologi.
Ciò che è interessante, è osservare come siano rispettati i paradigmi classici dei fenomeni paranormali. Balletto delle testimonianze: la statua avrebbe pianto tre, nove, tredici volte, anche davanti a più persone; ma poi si scopre che "ognuno vedeva quello che voleva" (come disse il vescovo Mons. Grillo alla trasmissione Misteri il 3/4/'95); più testimoni giurano di avere assistito a lacrimazioni in atto nella stessa giornata, ma le foto scattate alla mattina sono uguali a quelle scattate la sera [13].
Sono cominciate a circolare anche bizzarre teorie su pompette radiocomandate, o speciali lenti a contatto che, riscaldate, rilascerebbero del liquido. Se si volessero ritenere verosimili tali metodi, si possono naturalmente escogitare vari trucchi. Il fisico statunitense Shawn Carlson già nel 1985 fece notizia facendo piangere statuette e una riproduzione della Gioconda di Leonardo.
Una statua di gesso, replica del David di Michelangelo, piange lacrime di vernice rossa nel laboratorio di Luigi Garlaschelli.
Ma, per tornare alla statua di Civitavecchia, poiché la radiografia dimostrò che essa era piena, e non erano state trovate tracce di sostanze estranee al suo esterno, la debolezze di queste spiegazioni apparve chiara, e diede supporto alla teoria secondo cui "la scienza non sa spiegare questi fenomeni".
Nessuno sembrò aver pensato al più semplice e banale di tutti i metodi: il proprietario della statua - o più probabilmente un suo familiare - comodamente a casa propria, avrebbe potuto prendere un po' del proprio sangue e averlo applicato al volto della statua.
All'affermazione del vescovo, il quale successivamente riferì di avere anch'egli visto la statua che piangeva, è difficile attribuire un valore, poiché in quel momento la statua non era più sigillata, ma tenuta senza controlli nella sua abitazione - in un canestro - in presenza di altri tre ospiti; tra questi una veggente e mistica che aveva appena dato un annuncio di misteriose sciagure, che aveva emozionato moltissimo gli astanti. Vale la pena di ricordare che, nel periodo in cui la statua era sequestrata per ordine della magistratura, non pianse mai.
La famiglia Gregori accettò di sottoporsi volontariamente al test del DNA - che non può essere imposto per legge - solo se il vescovo avesse chiesto loro di farlo. Ma Monsignor Grillo evidentemente non era affatto curioso di sapere.
D'altro canto, vi è stato un caso molto simile ad Assemini (Cagliari) nel 1994. Una madonnina lacrimava sangue, con grande emozione nella zona. Questa volta però l'esame del DNA venne eseguito, e risultò (gennaio '96) che il sangue apparteneva alla padrona della statuetta.
Un'osservazione finale: l'unico miracolo di statue lacrimanti ufficialmente dichiarato tale dalla Chiesa fu quello della Madonna delle lacrime di Siracusa (1954). Abbiamo potuto esaminare una copia, proveniente dallo stesso produttore, di quel famoso bassorilievo rappresentante un busto della Vergine. Era di gesso, smaltato esternamente, e la testa era cava. Come nel metodo usato per il "trucco" del CICAP. Un più accurato esame e una radiografia del bassorilievo ancora venerato a Siracusa (ammesso che sia l'originale) potrebbero essere molto interessanti.
Miracoli microbiologici
Si narra che nel 1263 un prete boemo in pellegrinaggio verso Roma si era fermato a celebrare la messa nella chiesa di S. Cristina a Bolsena, presso Roma. Egli dubitava della reale presenza del corpo di Cristo nell'eucarestia, ma i suoi dubbi scomparvero quando, chianandosi sull'ostia, trovò che essa trasudava sangue. Il liquido rosso macchiò il marmo dell'altare e il corporale di lino del sacerdote.
Papa Urbano IV, che in quel momento si trovava a Orvieto, non molto distante, avuta notizia del miracolo, mosse incontro al sacerdote tedesco, che si recava da lui a riferire, e i due si incontrarono presso il ponte sul Chiaro.
Non è certo se tutti i particolari della narrazione siano autentici; le prime cronache scritte di questo prodigio risalgono infatti a non prima del 1323. Sembra però vero che questo evento miracoloso abbia affrettato la decisione di Urbano IV di dichiarare la festa del Corpus Domini obbligatoria per tutta la Chiesa. L'anno seguente egli emanò la bolla Transiturus de hoc mundo, nella quale istituiva la festività in memoria del miracolo di Bolsena. Urbano IV ordinò inoltre la costruzione di una nuova cattedrale a Orvieto, per conservare le sacre reliquie, che vi si trovano tuttora. Un'ispezione del 1950 ha identificato i resti dell'ostia, il corporale, oltre a vari frammenti di lino, seta e alcune scritte su pergamena.
Il miracolo di Bolsena divenne presto il più famoso del secolo, celebrato e commemorato nell'arte e nella leggenda. La sua rappresentazione più famosa si trova in un affresco di Raffaello, nelle Stanze Vaticane, nel quale anacronisticamente papa Giulio II assiste alla messa di Bolsena.
Indipendentemente dalla fede che si possa avere nel mistero della transustanziazione eucaristica, il miracolo di Bolsena potrebbe avere una spiegazione più microbiologica che metafisica. Un articolo di Johanna C. Cullen [15] comparso sulla rivista della American Society of Microbiology ha recentemente fatto il punto su questo problema in modo assai completo e documentato.
Per secoli si è osservata la comparsa inesplicabile di "sangue" sui cibi; sono documentati storicamente non meno di ottanta casi.
Nel 332 a.C. i soldati di Alessandro Magno durante l'assedio di Tiro furono terrorizzati dalla comparsa di sangue nelle loro pagnotte. Ma anche durante la cristianità episodi simili sono stati frequenti. Tra gli altri:
- ostie sanguinanti a Parigi (Estate 1290); Bruxelles (giugno 1369 e luglio 1379); Wilsnack, Germania (agosto 1383); Sternberg, Germania (luglio 1492); Berlino (estate 1510);
- sangue su un dolce a Stennwitz, Germania (luglio 1693);
- sangue su del pane a Chalons, Francia (settembre 1792);
- sangue su della polenta a Legnaro (Padova) nell'agosto 1819. A Legnaro si ebbe la comparsa di "sangue" su della polenta nella casa di un contadino, Antonio Pittarello, con grande emozione nel paese. Nei giorni seguenti il fenomeno si diffuse anche in altre case. Ma questi avvenimenti ebbero luogo in un'epoca in cui la scienza iniziava a possedere gli strumenti per comprenderne la vera natura.
L'università di Padova, tale fu il clamore suscitato dal caso, incaricò delle indagini una commissione scientifica. Vincenzo Sette, dotto medico della cittadina di Piove, concluse trattarsi di una muffa che cresce bene in ambienti umidi e caldi. Il giovane farmacista Bartolomeo Bizio, intanto, aveva studiato indipendentemente l'argomento, riconoscendo la presenza di un organismo vivente, che egli fu anche in grado di fare riprodurre, e che battezzò Serratia marcescens. Serratia in onore del dimenticato fisico fiorentino Serrati che inventò una barca a vapore nel 1787; marcescens perché il microorganismo, giunto a maturazione e dopo avere prodotto un pigmento dall'intenso colore rosso, marcisce e si decompone velocemente in una massa viscosa, di aspetto mucillaginoso, fluida.
Più tardi, nel 1848, Christian Ehrenberg, a Berlino, indagando casi analoghi, fu in grado di vedere per la prima volta il microorganismo, grazie ai migliori microscopi allora disponibili. Ehrenberg riconobbe anche che le condizioni necessarie al suo sviluppo (un substrato ricco di amido e non troppo acido, come erano le ostie nel medioevo, e un ambiente caldo e umido), bene si adattavano la caso di Bolsena. Non è forse una coincidenza che la maggior parte dei "miracoli microbiologici" si siano verificati in estate, oltreché in epoche storiche in cui le scarse condizioni igieniche favorivano questo tipo di contaminazioni.
Da allora, dimenticate la singolari circostanze che portarono alla sua scoperta, e che contribuirono alla nascita della microbiologia [16], la Serratia marcescens è stata oggetto di studi sempre più approfonditi [17]. I lavori pubblicati su di essa sono ormai centinaia. Il pigmento rosso, appropriatamente battezzato "prodigiosina", fu isolato nel 1929; la sua struttura chimica determinata nel 1934, la sintesi di laboratorio eseguita nel 1960. Si sa che esso possiede proprietà citotossiche, antimicrobiche e antimalariche.
A chi ha accesso a un laboratorio di microbiologia, non è difficile riprodurre un fenomeno simile al "miracolo di Bolsena". La Serratia marcescens non è particolarmente pericolosa da maneggiare; si prepara una fettina rotonda di pane e la si pone in una capsula di Petri; vi si aggiungono alcune gocce di una coltura di Serratia, e dopo averla leggermente inumidita con acqua sterile, la si tiene in incubazione a circa 30° C per un paio di giorni. Si producono macchie di un intenso color rosso, spesso di aspetto mucillaginoso, molto simile al sangue. Se si lasciano seccare le fettine di pane, il pigmento resta stabile per lunghissimo tempo.
Sarebbe molto interessante compiere un ultimo test: analizzare le reliquie di Bolsena e cercare di identificare possibili frammenti di DNA, per stabilire se esso abbia origine umana oppure provenga da una colonia di Serratia. Un'analisi scientifica delle reliquie, richiesta da mons. Grandoni, vescovo di Orvieto nel 1978, fu però negata dal Capitolo della Cattedrale. [18]
Luigi Garlaschelli
Chimico, ricercatore presso il dipartimento di chimica
organica dell'Università
di Pavia
Note
1) Kent J., Coates T. J., Pelletier K. R., O'Reagan B. (1989), "Unexpected Recoveries: Spontaneous remission and immune functioning", in Advances, 6, pp. 66-73.
2) Everson T. C., Cole W. H. (1956), "Spontaneous Regression of cancer. Preliminary report", in Annals of surgery, 144, pp. 366-383; (1966) Spontaneous regression of cancer, Philadelphia: Saunders.
3) Corriere della Sera, supplemento Corriere salute, 24 luglio 1995.
4) Hirshberg C., Barasch M.I. (1995), Guarigioni straordinarie, Milano: Mondadori.
5) Alfano G. B., Amitrano A. (1951), Notizie storiche e osservazioni sulle reliquie di sangue dei martiri e dei santi confessori e asceti che si conservano in Italia e particolarmente in Napoli, Napoli: Arti grafiche Adriana.
6) Alfano G. B., Amitrano A. (1924), Il miracolo di S. Gennaro: documentazione storica e scientifica, Napoli: Scarpati.
7) a) Garlaschelli L., Ramaccini F., Della Sala S. (1991), "Working Bloody Miracles", in Nature, vol. 353, p. 507. b) Garlaschelli L., Ramaccini F., Della Sala S. (1994), "A Miracle Diagnosis", in Chemistry in Britain, 30, p. 123.
8) Sperindeo G. (1903), Il Miracolo di S. Gennaro (3a ed.), Napoli: D'Auria, pp. 67-72.
9) D'Onofrio F., Baima Bollone P.L., Cannas M., Atti del convegno nel VI centenario della prima notizia della liquefazione del sangue (1389-1989), Napoli, 16 dic. 1989; Torre del Greco (Napoli), 1990.
10) Garlaschelli L., Epstein M. (1992), "Better blood through chemistry", in Journal Scientific Exploration, 6, 3, pp. 233-246.
11) Silva P.S.J. (1905), La Civiltà Cattolica, 3, pp. 513-538.
12) Moscarella E. (1989), "Il sangue di S. Gennaro vescovo e martire", in Proculus, 401, (ott.-dic.).
13) L'Europeo, 13 mag.1995.
14) Garlaschelli L. (1995), "You can get blood from a stone", in Chemistry in Britain, 31 (7), p. 534.
15) Cullen J.C. (1994), "The Miracle of Bolsena", in Amer. Soc. Microbiol. News, 60 (4), pp.187-191.
16) Bassani A. (1996-97), "Agli esordi della microbiologia sperimentale: la 'polenta porporina' e l'individuazione di Serratia marcescens", Atti Ist. Veneto Scienze e Arti, CLV, pp. 260- 290.
17) Merck Index, XI ed. (1989) n. 7774. Rahway, USA: Merck & Co., Inc.
18) Famiglia Cristiana, 23, 1994, p. 70.