La fallacia di oscurità

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  • 13-04-2012
  • di Manuele De Conti
La precisione terminologica, diciamocelo, non è una delle virtù delle pseudoscienze. Nel Manuale pratico dell’energia psichica, Michael Miller e Josephine Harper definiscono l’«energia psichica» come: «una sostanza fisica [...] plasmabile (flessibile), leggera e diffusa, che può venir modellata e condensata affinché i sensi possano percepirla prontamente. (Essa) veicola informazioni ed emozioni ed è posseduta da tutto ciò che vive [...] cristalli (compresi)». Quest’insieme di parole, che dapprima può apparire sensato, a una più attenta analisi risulta invece enigmatico. Infatti, cosa intendono qui gli autori per «vivente», se anche i cristalli lo sono? Oppure, a cosa si vogliono riferire con l’espressione “sostanza fisica che veicola emozioni”?
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©Nostradamus, 2bp.blogspot.com
Ci troviamo di fronte all’oscurità, uno stile linguistico che consiste nell’impiego di concetti o espressioni di senso incerto. Accettabile in contesti letterari, l’oscurità di linguaggio può essere un ostacolo e un errore se l’obiettivo di un discorso è spiegare, impartire istruzioni, o risolvere un disaccordo per mezzo della discussione critica. Infatti, l’impiego di concetti oscuri all’interno di una discussione conduce facilmente a ragionamenti confusi, a fraintendimenti, o alla petitio principii, ossia alla fallacia che consiste nel dare per certo ciò che si deve provare. Già Schopenhauer nello stratagemma n. 36 del suo L’arte di ottenere ragione riconosceva questo artificio: sconcertare e sbigottire l’interlocutore con sproloqui privi di senso e discorsi che suonano dotti o profondi può condurre facilmente la controparte ad accettare quanto detto come prova incontestabile della propria tesi.
L’utilizzo di parole vaghe e frasi oscure permetterà sempre, infatti, di trovare qualcuno pronto a leggervi un significato recondito. È il caso delle profezie di Nostradamus che, grazie alla loro ambiguità e assenza di riferimenti oggettivi precisi, a distanza di cinquecento anni continuano ancora a trovare sostenitori. Ma è anche il caso degli oracoli dell’antichità, ossia dei responsi infallibili di entità divine o spirituali che grazie alla vaghezza e all’ambiguità dei loro vaticini permettevano sempre di trovare un riscontro fattuale.
Diverse possono essere le ragioni dell’oscurità: un concetto e un’espressione possono essere ambigui, ossia avere più sensi; un concetto può essere vago, ossia avere casi-limite nei quali è incerto il suo impiego, oppure essere impreciso, cioè non specificare a chi o cosa si riferisce; un discorso può essere confuso, cioè presentare una combinazione disordinata di elementi descrittivi, interpretativi, esplicativi, valutativi ed espressivi. Questi sono proprio alcuni degli elementi costitutivi del discorso pseudoscientifico, secondo il fisico statunitense Alan Sokal.

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©freedom of speech, by manuelmartin, deviant

Sokal mostra nelle sue opere che i discorsi dei postmodernisti e degli pseudo scienziati[1] presentano caratteristiche singolari agli occhi del mondo scientifico. Essi, in primo luogo, trattano a lungo teorie scientifiche di cui non hanno, nel migliore dei casi, che un’idea molto vaga. Esempio di ciò è l’ormai costante e improprio riferimento degli pseudo scienziati alla meccanica quantistica. In secondo luogo importano concetti dalle scienze naturali senza fornire alcuna spiegazione: nozioni impiegate al di fuori dai loro contesti formali o teorici non possono che risultare indeterminate. Il concetto esplicativo di quasi tutte le pseudoscienze, ossia quello di «energia», oppure quello meno frequente di «vita», ne sono esempio. In terzo luogo esibiscono un’erudizione superficiale con l’impiego di una terminologia scientifica privata del proprio significato. Questo linguaggio impressiona e, soprattutto, intimidisce il lettore non scienziato conferendo alle teorie un alone di tecnicismo e scientificità che in realtà non possiedono. Infine manipolano locuzioni e frasi che di fatto sono prive di senso.
L’impiego di un linguaggio oscuro ha anche un’altra conseguenza: esso non rende falsificabili le teorie in cui ricorre. Tali concetti o formulazioni, infatti, possono essere talmente vaghi e nebulosi da non permettere alcun test empirico e rendono le teorie in cui compaiono così instabili da ostacolare l’identificazione di quanto sostenuto. Un esempio tipico è quello di un blog nostrano dove viene detto che «Un collettore d’energia qualificata [...] non si limita a proiettare l’energia assorbita dall’esterno, ma la modifica, la trasforma, o meglio: la trasmuta. Ovvero: la trasforma da energia congesta in energia pura ed in bioenergia o Forza Vitale».
L’oscurità, come abbiamo visto, può avere conseguenze negative per la risoluzione del disaccordo: può condurre a un disaccordo apparente, ad un accordo apparente o all’impossibilità di risolvere il disaccordo stesso. Essa, inoltre, è una violazione delle regole della discussione critica: l’uso di formulazioni insufficientemente chiare o ambigue, costituisce la fallacia di oscurità[2]. Ma cosa possiamo fare, quindi, per non subire questi ragionamenti ingannevoli e non far deragliare la discussione? Chiedere il significato di un termine o espressione, ossia chiedere una sua definizione, è la strategia da adottare.
Utile anche per arricchire il vocabolario delle persone a cui è destinata, la definizione svolge le più importanti funzioni eliminando l’ambiguità e chiarendo i significati dei termini o locuzioni impiegati. Infatti, la maggior parte delle parole ha due o più significati o sensi distinti e, in alcuni contesti, non è chiaro quale sia da attribuirgli. Per chiarire l’ambiguità abbiamo bisogno quindi di chiedere la definizione delle parole impiegate. In tal modo eviteremo di considerare come validi, ragionamenti che concludono, ad esempio, che fisica e pranoterapia hanno basi comuni, ossia l’energia: il concetto di «energia» in fisica è diverso da quello assunto dalla pranoterapia. Fondamentale anche per chiarire il significato di termini ed espressioni vaghe, la definizione ci permette di chiedere cosa significhino espressioni quali «radiazioni sottili» o «portare ad un piano superiore, oltre al corpo fisico» consentendo di chiarire almeno il senso di quanto asserito dall’interlocutore.

Conclusione
Chiedere le definizioni dei termini impiegati è importante per chiarire e capire quanto dice l’interlocutore. In questo modo eviteremo disaccordi e accordi determinati solo da un diverso uso dei termini. Non è però detto che questi chiarimenti conducano all’accordo: sono sempre possibili definizioni più oscure dei termini impiegati oppure autentici disaccordi con quanto da sostenuto dal nostro interlocutore. Nel primo caso dobbiamo continuare a chiedere chiarimenti; nel secondo, contestare la definizione mostrando che essa è: troppo ampia, come quando si applica il termine «vita» alle pietre; troppo ristretta, come quando si applica la locuzione «U. F. O.» alle sole astronavi extraterrestri, ammesso e non concesso ne esistano; vuota, quando assume l’esistenza di oggetti non verificabili empiricamente, come nel caso di «aura».
Ad ogni modo è importante comprendere che la scienza non può e non vuole imporre a tutti l’uso della sua specifica terminologia: arti raffinate come la poesia perderebbero gran parte del loro valore estetico. Tuttavia, se si vuole indagare o discutere su come stanno realmente le cose, l’uso di una terminologia sulla quale ci si possa reciprocamente intendere, e che possa essere soggetta a revisioni, è quantomeno auspicabile.

Note
1) Cfr. Sokal A. D., Pseudoscience and Postmodernism: Antagonists or Fellow-Travelers?; Sokal A. D., Bricmont J., Imposture intellettuali, Garzanti, Milano, 1999.
2) van Eemeren, F., Henkemans, F. S., Il galateo della discussione (orale e scritta), Mimesis. Il quadrato delle opposizioni, Milano-Udine, 2011, p. 114


Manuele De Conti: Dottorando in Scienze pedagogiche presso l'Università degli Studi di Padova, si occupa di formazione al dibattito e al pensiero critico negli Istituti di Istruzione Secondaria.


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