Ipnosi: una pratica quasi magica?

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Gerd Altmann da Pixabay

Lo psichiatra americano Milton Erikson affermò: "Tutto è ipnosi nulla è ipnosi". Perché aprire un articolo con questa affermazione? Cominciamo con l'evidenziare che, da un punto di vista psicofisiologico, non esiste uno status fisico dell’ipnosi a sé, separato da altre forme di alterazione psicofisica.

In stato di ipnosi, è possibile riscontrare, ad esempio, un tracciato elettroencefalografico simile sia a quello risultante da una condizione di iperattivazione che di ipoattivazione, così come la stessa tensione o lo stesso rilassamento muscolare non è correlato necessariamente ad un vero vissuto di tensione e/o di rilassamento del soggetto sottoposto a tale condizione.

Ciò che cambia è la sensazione soggettiva di un individuo e l'interpretazione che egli fa del suo stato [1]; quindi si può essere particolarmente agitati, rilassati, coscienti o assopiti, ma se qualcuno ci convince che ciò che percepiamo è uno stato di ipnosi, tale condizione, allora, sarà “ipnosi”.

La definizione, di derivazione greca (“hypnos” significa sonno), è costituita da uno stato di coscienza che ha delle caratteristiche che solo sotto l’aspetto fenomenologico sono simili al sonno... Anche un semplice intorpidimento di un arto, dovuto alla sua immobilità, può essere considerato segno di stato alterato indotto dall'ipnosi, se l’ambiente e il contesto ne consentono tale interpretazione.

Uno stesso stato fisiologico può assumere forme diverse, se diversi sono i contesti in cui si verifica. Percezione, consapevolezza del proprio corpo, vissuti emotivi possono variare in modo significativo durante le normali attività giornaliere, ma, se siamo convinti di essere sotto ipnosi, gli stessi vissuti saranno interpretati come “ipnosi”.

Lo stato di coscienza ipnotico può essere ottenuto destabilizzando il "normale" flusso di coscienza mediante immobilità, fissazione di un oggetto, focalizzazione su un pensiero o una parte del corpo, ma anche distrazione e/o tutto ciò che può determinare una momentanea distrazione o alterazione della percezione delle cose circostanti o di sé stessi. Ciò che conta è il significato che il soggetto ha deciso di attribuirle [2].

In ambito psicoterapeutico, la condizione di ipnosi altro non è che il rinforzo di una relazione in cui vi è una sorta di accordo implicito tra ipnotista e ipnotizzato e nella quale quest’ultimo gioca un ruolo di soggetto passivo, disposto a far emergere vissuti e sentimenti che sarebbero comunque emersi anche senza l’ipnosi. Ciò che è importante è che tale emersione avvenga all'interno di un buon rapporto terapeutico improntato sulla fiducia nei confronti del proprio terapeuta.

Non esiste alcuna evidenza clinica che con l'ipnosi si possano ottenere risultati che non siano possibili in altri contesti, sia terapeutici che non. L’ipnosi è, senza dubbio, una buona tecnica, basata sulla suggestione e l'aspettativa, utilizzata con successo in diversi ambiti psicoterapici (terapie comportamentali, psicodinamiche e/o di rilassamento) per l'eliminazione o la gestione di sintomi psicopatologici e/o psicosomatici.

Spesso, tale pratica tuttavia è contornata da falsi miti che potrebbero rivelarsi pericolosi e facilmente mal interpretati, come ad esempio la regressione nel passato e il recupero di ricordi "nascosti"[3].

Bibliografia:

(1) Granone F. Trattato di Ipnosi, Utet, 1990

(2) Erikson M. Rossi E. Tecniche di suggestione ipnotica. Astrolabio, 1979

(3) De Vincentiis A. Lontano dall'ansia e dalla psicoanalisi. Libellula, 2012

In breve:

- L'ipnosi è una tecnica magica diversa da altre forme di suggestione? NO! L'ipnosi non ha nulla di magico ed è una dinamica utilizzata in molti contesti terapeutici.

- Con l'ipnosi si possono ottenere risultati che altrove non si ottengono? NO! Con l'ipnosi si ottengono risultati che possono esprimersi in qualsiasi altro contesto.

- L'ipnosi è priva di effetti collaterali? NO. Se utilizzata per recuperare ricordi e/o esperienze rimosse, può far emergere fantasie ritenute vere, ma mai accadute nella realtà.

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