Siti internet, giornali, blog, documentari televisivi e via dicendo si occupano - molto giustamente - di scienza "al bordo", di frontiera, nella quale si affrontano le ultimissime novità in fatto di grandi scoperte e tecnologie spettacolari. Nel caso specifico delle scienze fisiche, si fanno notare nano-materiali, buchi neri e teorie cosmologiche, particelle elementari più o meno veloci della luce, progressi nel campo della fisica-medica, delle telecomunicazioni e via dicendo.
Non tutti però sanno - o ricordano - che alla base di queste indiscusse meraviglie (come peraltro alla base di qualsiasi grande costruzione) ci sono fondamenti o fondamenta che dir si voglia: senza di esse non si eleva una struttura importante.
Quali sono le idee alla base delle scienze fisiche? Tante, in realtà, se si osservano le diverse branche di questa disciplina con occhio diverso. Molte meno se, con più distacco, si cerca di apprezzare quello che i vari settori della fisica affrontano e studiano secondo un metodo comune, che è quello delle scienze sperimentali, come peraltro già discusso in questa stessa rubrica.
Un argomento unificante, e spesso relegato ad antichi ricordi liceali (per coloro che li hanno accumulati), è quello della cosiddetta "cinematica del punto materiale". Suona terribile e vecchio, come modo di dire, anche secondo me. Eppure è un po' la chiave di volta di un'infinità di ragionamenti e studi davvero importanti nella fisica. Volendo essere dunque meno antiquati, si potrebbe parlare di "moto di un oggetto". Questo forse sembra troppo banale, eppure non è così. Ci guardiamo attorno e spesso troviamo che le cose che ci circondano non stanno immobili, non rispetto a noi almeno. Automobili, stelle, persone, animali... tutto in movimento. Perché queste cose si muovono? In che modo lo fanno? Sembra facile, ma non lo è poi così tanto: questa branca (fondamentale, infatti) delle scienze fisiche ha richiesto grandi sforzi per essere messa a punto in tutte le sue caratteristiche, sia formali che di sostanza.
Verrebbe subito voglia di protestare: non è tutto in movimento, il computer sul quale sto scrivendo non va mica a spasso sul mio tavolo, e neppure la mia casa si muove, per fortuna. A dirla tutta, sembra proprio che la maggior parte di ciò che ci circonda, al contrario di quanto scritto poche righe sopra, stia calmo, fermo, immobile. Anche le varie parti di un'automobile, che di solito viaggia proprio perché è stata costruita a questo scopo, sono ferme una rispetto all'altra. Il sedile del guidatore è fermo rispetto al cofano, altroché... Mettiamoci dunque d'accordo: conta il movimento oppure la quiete?
Per un attimo concentriamoci sulle cose in evidente condizione di moto. Cosa ci viene subito in mente quando pensiamo a questi oggetti? Che hanno una velocità, almeno rispetto a noi che li osserviamo. Cos'è una velocità? Beh, basta chiedere a un bambino per avere una definizione ragionevole: la velocità misura quanta strada si percorre in un dato tempo. Auto veloce, tanta strada in un dato tempo, oppure, il che è lo stesso, una data strada in poco tempo. Certo, sarebbe utile essere precisi su cosa si intenda per "tanto" e "poco" e anche spiegare bene cosa si intenda per "strada percorsa". I fisici cercano di essere attenti anche da questo punto di vista.
In questo caso non è difficile: misuriamo, per esempio, la strada compiuta con una corda metrica e il tempo trascorso, manco a dirlo, con un orologio. Calcoliamo poi la velocità dividendo i chilometri percorsi per le ore passate e troviamo la velocità in "chilometri all'ora". Facile, giusto? Se per andare da Trento a Bolzano passano 60 minuti, un'ora insomma, essendo la distanza fra queste due città pari a 60 km significa che sono andato a 60 km/h. Giusto? Non proprio: potrebbe benissimo essere che io sia partito alle 16 e arrivato alle 17, ma che alle 16.30 mi sia fermato al casello autostradale per mangiare un panino. Ho fatto anche una telefonata e, in totale, sono rimasto al bar per un quarto d'ora, ripartendo per Bolzano alle 16.45. L'orario di arrivo è sempre lo stesso, le ore 17, ma non possiamo certo dire che ho sempre percorso la strada alla velocità costante di 60 km/h, visto che in realtà ho viaggiato solo per 45 minuti in totale. I fisici (e mica solo loro) dicono che la velocità media è stata pari a 60 km/h, e fanno bene a dirlo. Dicono però anche che la velocità "istantanea", quella che indica il tachimetro dell'automobile, è variata punto per punto durante il viaggio. Magari ho fatto dei sorpassi, oppure mi sono fermato, oltre che al bar, anche in un restringimento di corsia per colpa di lavori in corso. La velocità media è quella sopra calcolata, quella "punto per punto", istantanea infatti, può variare e anche di molto.
C'è anche un altro aspetto interessante di questo studio del movimento di un oggetto: il fatto che la sua velocità possa variare implica che esista (o sia ragionevole immaginare che esista) una "velocità della velocità", cioè una misura di quanto rapidamente l'oggetto in moto passi da una velocità (istantanea) a un'altra. Si sa che questa misura ha il nome di "accelerazione" e la si ottiene, in modo analogo a quanto fatto per il calcolo della velocità media, rapportando la variazione di velocità (al posto di quella di posizione) al tempo intercorso fra i due momenti di misura. In questo caso si ottiene la cosiddetta accelerazione "media" dell'oggetto. Per esempio, se parto dal casello di Trento con velocità zero (e ci mancherebbe) e dopo 20 secondi sto viaggiando a 36 km/h, ovvero a 10 metri al secondo (36 km sono 36000 metri e un'ora 3600 secondi, da qui il valore di 10 metri al secondo), ciò significa che ho accelerato (variato la velocità) di 10 metri al secondo in 20 secondi, ossia ho avuto un'accelerazione pari a 10:20=0.5 metri al secondo per secondo. Anche quando si cade (tralasciando gli attriti inevitabili con l'aria) si accelera, ovvero si cambia valore di velocità, e questo avviene per causa dell'attrazione gravitazionale che la Terra esercita su di noi (e su qualunque massa). Come ben noto da molti secoli, l'accelerazione dovuta alla gravità terrestre è pari a circa 10 metri al secondo ogni secondo, ovvero se per esempio cadiamo liberamente per 3 secondi di tempo, ci troviamo in volo a 30 metri al secondo (circa 100 km/h: ci si fa decisamente male). Quanta strada si fa muovendosi con una data velocità, oppure essendo accelerati, ovvero con velocità variabile? Anche in questo caso la fisica ci viene in aiuto. Se la velocità non cambia (non c'è accelerazione), dovrebbe risultare abbastanza chiaro che, con il trascorrere del tempo, la strada percorsa si accumula con ritmo costante: a 30 km/h dopo un'ora si fanno ovviamente 30 km e dopo 2 ore se ne fanno il doppio, cioè 60 km. Se invece la velocità non è costante, ovvero se c'è accelerazione, la cosa si complica un po'. Non troppo se ci si limita però al caso di accelerazione costante (come quella di gravità): la velocità, in questo caso, continua a cambiare a ritmo eguale, guadagnando (o perdendo) lo stesso valore in intervalli di tempo eguali (questo era stato un famoso esperimento di Galilei, svolto - presumibilmente - lungo un piano inclinato disseminato di campanelli che suonavano al passaggio di una pallina lasciata scendere lungo il piano stesso, in tal modo scandendo gli istanti di tempo corrispondenti ai tratti di strada percorsa). Il risultato è che la strada si accumula in ragione "quadratica" del tempo: se per esempio si aspetta un primo intervallo di tempo durante il quale la distanza percorsa è pari a un dato valore, in un secondo, successivo ed eguale intervallo di tempo la strada percorsa aumenta di un tratto pari al quadrato del valore precedente. Se non è chiaro: dopo 1 secondo 1 metro, dopo 2 secondi 1 metro + 4 metri, dopo 3 secondi 1 metro + 4 metri + 9 metri, o qualcosa di simile, a seconda del valore dell'accelerazione. Nel caso della gravità terrestre (10 metri al secondo ogni secondo), dopo un secondo cado a 10 metri al secondo e ho percorso 5 metri, dopo 2 secondi cado a 20 metri al secondo e ho percorso 20 metri e così via. E mica per sempre, perché mi sa che prima o poi arrivo (bruscamente, è chiaro ormai) al suolo. I paracadutisti, per inciso, non si fanno (quasi mai) male perché sono salvati dall'attrito con l'aria che il loro paracadute provoca. Di fatto essi scendono senza accelerazione, ecco perché va (quasi) sempre a finire tutto bene.
Tornando per un attimo al fatto che ci sono tante cose che non si muovono e per le quali parlare di velocità (e accelerazione) sembra non avere molta utilità, è il caso di sottolineare che questa è un'apparenza e che, in quanto tale, inganna. La materia - anche quella più solida e inamovibile, è in realtà un aggregato complesso di atomi che, presi singolarmente, non si possono certo definire "immobili". Inoltre la fisica degli atomi (detta quantistica) non conosce nel proprio linguaggio la condizione di "quiete", ovvero di assenza di moto. A dirla tutta non conosce nemmeno il termine di "moto", non certo nel senso al quale siamo abituati. Resta però il fatto che nulla è davvero "fermo" e che le conoscenze di velocità, stato di movimento, accelerazioni incluse, di origini semplici e umili come sopra riportato, sono utilissime a leggere e a descrivere fenomeni ben più complessi di un sorpasso di automobili in autostrada o della pausa caffè all'autogrill.
Ah, le accelerazioni sono causate dalle forze, se proprio volevate saperlo. E le forze non sappiamo mica così bene da cosa siano causate... non ancora, almeno. Ecco perché ci sono ancora fisici a piede libero che studiano dalla mattina alla sera.
Non tutti però sanno - o ricordano - che alla base di queste indiscusse meraviglie (come peraltro alla base di qualsiasi grande costruzione) ci sono fondamenti o fondamenta che dir si voglia: senza di esse non si eleva una struttura importante.
Quali sono le idee alla base delle scienze fisiche? Tante, in realtà, se si osservano le diverse branche di questa disciplina con occhio diverso. Molte meno se, con più distacco, si cerca di apprezzare quello che i vari settori della fisica affrontano e studiano secondo un metodo comune, che è quello delle scienze sperimentali, come peraltro già discusso in questa stessa rubrica.
Un argomento unificante, e spesso relegato ad antichi ricordi liceali (per coloro che li hanno accumulati), è quello della cosiddetta "cinematica del punto materiale". Suona terribile e vecchio, come modo di dire, anche secondo me. Eppure è un po' la chiave di volta di un'infinità di ragionamenti e studi davvero importanti nella fisica. Volendo essere dunque meno antiquati, si potrebbe parlare di "moto di un oggetto". Questo forse sembra troppo banale, eppure non è così. Ci guardiamo attorno e spesso troviamo che le cose che ci circondano non stanno immobili, non rispetto a noi almeno. Automobili, stelle, persone, animali... tutto in movimento. Perché queste cose si muovono? In che modo lo fanno? Sembra facile, ma non lo è poi così tanto: questa branca (fondamentale, infatti) delle scienze fisiche ha richiesto grandi sforzi per essere messa a punto in tutte le sue caratteristiche, sia formali che di sostanza.
Verrebbe subito voglia di protestare: non è tutto in movimento, il computer sul quale sto scrivendo non va mica a spasso sul mio tavolo, e neppure la mia casa si muove, per fortuna. A dirla tutta, sembra proprio che la maggior parte di ciò che ci circonda, al contrario di quanto scritto poche righe sopra, stia calmo, fermo, immobile. Anche le varie parti di un'automobile, che di solito viaggia proprio perché è stata costruita a questo scopo, sono ferme una rispetto all'altra. Il sedile del guidatore è fermo rispetto al cofano, altroché... Mettiamoci dunque d'accordo: conta il movimento oppure la quiete?
Per un attimo concentriamoci sulle cose in evidente condizione di moto. Cosa ci viene subito in mente quando pensiamo a questi oggetti? Che hanno una velocità, almeno rispetto a noi che li osserviamo. Cos'è una velocità? Beh, basta chiedere a un bambino per avere una definizione ragionevole: la velocità misura quanta strada si percorre in un dato tempo. Auto veloce, tanta strada in un dato tempo, oppure, il che è lo stesso, una data strada in poco tempo. Certo, sarebbe utile essere precisi su cosa si intenda per "tanto" e "poco" e anche spiegare bene cosa si intenda per "strada percorsa". I fisici cercano di essere attenti anche da questo punto di vista.
In questo caso non è difficile: misuriamo, per esempio, la strada compiuta con una corda metrica e il tempo trascorso, manco a dirlo, con un orologio. Calcoliamo poi la velocità dividendo i chilometri percorsi per le ore passate e troviamo la velocità in "chilometri all'ora". Facile, giusto? Se per andare da Trento a Bolzano passano 60 minuti, un'ora insomma, essendo la distanza fra queste due città pari a 60 km significa che sono andato a 60 km/h. Giusto? Non proprio: potrebbe benissimo essere che io sia partito alle 16 e arrivato alle 17, ma che alle 16.30 mi sia fermato al casello autostradale per mangiare un panino. Ho fatto anche una telefonata e, in totale, sono rimasto al bar per un quarto d'ora, ripartendo per Bolzano alle 16.45. L'orario di arrivo è sempre lo stesso, le ore 17, ma non possiamo certo dire che ho sempre percorso la strada alla velocità costante di 60 km/h, visto che in realtà ho viaggiato solo per 45 minuti in totale. I fisici (e mica solo loro) dicono che la velocità media è stata pari a 60 km/h, e fanno bene a dirlo. Dicono però anche che la velocità "istantanea", quella che indica il tachimetro dell'automobile, è variata punto per punto durante il viaggio. Magari ho fatto dei sorpassi, oppure mi sono fermato, oltre che al bar, anche in un restringimento di corsia per colpa di lavori in corso. La velocità media è quella sopra calcolata, quella "punto per punto", istantanea infatti, può variare e anche di molto.
C'è anche un altro aspetto interessante di questo studio del movimento di un oggetto: il fatto che la sua velocità possa variare implica che esista (o sia ragionevole immaginare che esista) una "velocità della velocità", cioè una misura di quanto rapidamente l'oggetto in moto passi da una velocità (istantanea) a un'altra. Si sa che questa misura ha il nome di "accelerazione" e la si ottiene, in modo analogo a quanto fatto per il calcolo della velocità media, rapportando la variazione di velocità (al posto di quella di posizione) al tempo intercorso fra i due momenti di misura. In questo caso si ottiene la cosiddetta accelerazione "media" dell'oggetto. Per esempio, se parto dal casello di Trento con velocità zero (e ci mancherebbe) e dopo 20 secondi sto viaggiando a 36 km/h, ovvero a 10 metri al secondo (36 km sono 36000 metri e un'ora 3600 secondi, da qui il valore di 10 metri al secondo), ciò significa che ho accelerato (variato la velocità) di 10 metri al secondo in 20 secondi, ossia ho avuto un'accelerazione pari a 10:20=0.5 metri al secondo per secondo. Anche quando si cade (tralasciando gli attriti inevitabili con l'aria) si accelera, ovvero si cambia valore di velocità, e questo avviene per causa dell'attrazione gravitazionale che la Terra esercita su di noi (e su qualunque massa). Come ben noto da molti secoli, l'accelerazione dovuta alla gravità terrestre è pari a circa 10 metri al secondo ogni secondo, ovvero se per esempio cadiamo liberamente per 3 secondi di tempo, ci troviamo in volo a 30 metri al secondo (circa 100 km/h: ci si fa decisamente male). Quanta strada si fa muovendosi con una data velocità, oppure essendo accelerati, ovvero con velocità variabile? Anche in questo caso la fisica ci viene in aiuto. Se la velocità non cambia (non c'è accelerazione), dovrebbe risultare abbastanza chiaro che, con il trascorrere del tempo, la strada percorsa si accumula con ritmo costante: a 30 km/h dopo un'ora si fanno ovviamente 30 km e dopo 2 ore se ne fanno il doppio, cioè 60 km. Se invece la velocità non è costante, ovvero se c'è accelerazione, la cosa si complica un po'. Non troppo se ci si limita però al caso di accelerazione costante (come quella di gravità): la velocità, in questo caso, continua a cambiare a ritmo eguale, guadagnando (o perdendo) lo stesso valore in intervalli di tempo eguali (questo era stato un famoso esperimento di Galilei, svolto - presumibilmente - lungo un piano inclinato disseminato di campanelli che suonavano al passaggio di una pallina lasciata scendere lungo il piano stesso, in tal modo scandendo gli istanti di tempo corrispondenti ai tratti di strada percorsa). Il risultato è che la strada si accumula in ragione "quadratica" del tempo: se per esempio si aspetta un primo intervallo di tempo durante il quale la distanza percorsa è pari a un dato valore, in un secondo, successivo ed eguale intervallo di tempo la strada percorsa aumenta di un tratto pari al quadrato del valore precedente. Se non è chiaro: dopo 1 secondo 1 metro, dopo 2 secondi 1 metro + 4 metri, dopo 3 secondi 1 metro + 4 metri + 9 metri, o qualcosa di simile, a seconda del valore dell'accelerazione. Nel caso della gravità terrestre (10 metri al secondo ogni secondo), dopo un secondo cado a 10 metri al secondo e ho percorso 5 metri, dopo 2 secondi cado a 20 metri al secondo e ho percorso 20 metri e così via. E mica per sempre, perché mi sa che prima o poi arrivo (bruscamente, è chiaro ormai) al suolo. I paracadutisti, per inciso, non si fanno (quasi mai) male perché sono salvati dall'attrito con l'aria che il loro paracadute provoca. Di fatto essi scendono senza accelerazione, ecco perché va (quasi) sempre a finire tutto bene.
Tornando per un attimo al fatto che ci sono tante cose che non si muovono e per le quali parlare di velocità (e accelerazione) sembra non avere molta utilità, è il caso di sottolineare che questa è un'apparenza e che, in quanto tale, inganna. La materia - anche quella più solida e inamovibile, è in realtà un aggregato complesso di atomi che, presi singolarmente, non si possono certo definire "immobili". Inoltre la fisica degli atomi (detta quantistica) non conosce nel proprio linguaggio la condizione di "quiete", ovvero di assenza di moto. A dirla tutta non conosce nemmeno il termine di "moto", non certo nel senso al quale siamo abituati. Resta però il fatto che nulla è davvero "fermo" e che le conoscenze di velocità, stato di movimento, accelerazioni incluse, di origini semplici e umili come sopra riportato, sono utilissime a leggere e a descrivere fenomeni ben più complessi di un sorpasso di automobili in autostrada o della pausa caffè all'autogrill.
Ah, le accelerazioni sono causate dalle forze, se proprio volevate saperlo. E le forze non sappiamo mica così bene da cosa siano causate... non ancora, almeno. Ecco perché ci sono ancora fisici a piede libero che studiano dalla mattina alla sera.