Appropriatezza ed Omeopatia

  • In Articoli
  • 06-04-2024
  • di Rossana Garavaglia
La programmazione dei servizi offerti dal SSN riconosce come pietre miliari i concetti di qualità, sicurezza ed appropriatezza la cui definizione è oggetto dei percorsi formativi di chi di sanità si deve occupare[1][2]

Parlando di farmaci, AIFA dà una precisa definizione di “appropriatezza prescrittiva”:
“Una prescrizione farmacologica può essere considerata appropriata se effettuata all’interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e all’interno delle sue indicazioni d’uso (dose e durata del trattamento). Qualsiasi monitoraggio del consumo di medicinali non può prescindere dall’analisi dei profili di appropriatezza d’uso dei medicinali attraverso l’individuazione di indicatori idonei a sintetizzare sia le scelte prescrittive del medico, sia le modalità di utilizzazione del farmaco da parte del paziente”[3]
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) indica l’appropriatezza come uno dei pilastri dell’uso razionale dei farmaci:
“L’uso di un farmaco è razionale (appropriato, proprio, corretto) quando i pazienti ricevono un farmaco appropriato, ad una dose che risponde alle necessità peculiari, per un periodo di tempo adeguato ad al più basso costo possibile sia per sé che per la comunità[4]. L’uso irrazionale (inappropriato, improprio, incorretto) si ha quando una o più di queste condizioni non sono soddisfatte. A livello mondiale si stima che più della metà di tutti i farmaci sono prescritti, distribuiti o venduti in maniera inappropriata[5][6].
L’appropriatezza di un farmaco, quindi, non dipende da chi debba pagarlo: quand’anche un farmaco fosse a carico del paziente, si dovrebbe comunque valutarne l’appropriatezza utilizzando i medesimi indicatori di efficacia applicati ad un farmaco dispensato a carico del SSN.

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WHO, oltre a fotografare una situazione preoccupante, che annovera anche l’uso inappropriato degli antibiotici, fornisce le linee guida che andrebbero implementate per risolvere il problema: l’utilizzo della omeopatia o dei suoi prodotti non viene menzionato né tra gli strumenti per la razionalizzazione dell’uso di farmaci, né come strategia per arginare l’abuso degli antibiotici e risolvere l’antibiotico resistenza, come invece alcuni sostengono. Parrebbe infatti oltremodo bizzarro che, per risolvere l’abuso di farmaci, WHO consigliasse di ricorrere all’uso di prodotti senza efficacia dimostrata.

Anche la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) ha affrontato la questione degli indicatori di appropriatezza[7]. Descrivendo il metodo RAM, in cui il concetto di appropriatezza è ricondotto al peso relativo di rischi e benefici, si elencano le seguenti fasi:

1 - Identificazione e selezione del problema clinico
2 - Revisione della letteratura scientifica
3 - Costruzione degli scenari clinici o indicazioni
4 - Identificazione del panel di esperti
5 - Prima valutazione di appropriatezza: individuale basata su esperienza e prove scientifiche
6 - Seconda valutazione di appropriatezza: collegiale
7 - Valutazione di necessità: “La necessità è quindi un criterio più stringente dell’appropriatezza; una procedura viene considerata necessaria quando i benefici superano i rischi con un margine talmente ampio che il medico deve offrirla o prescriverla”.
8 - Analisi dei risultati.
Il metodo descritto rappresenta solo un esempio dei possibili metodi utilizzabili per valutare l’appropriatezza dei trattamenti medici nel senso più ampio del termine, ma si evince che sempre i due punti imprescindibili sono la identificazione del problema clinico e le evidenze dell'efficacia del farmaco, mentre il costo del trattamento, se sia cioè a carico o meno del Servizio Sanitario, non viene considerato tra gli indicatori di appropriatezza[7]. E’ interessante notare come, accanto all’enfasi posta sull’efficacia e sicurezza dei farmaci, si sottolinei come l’appropriatezza venga migliorata da un rapporto medico-paziente di qualità, da una adeguata e completa presa in carico, da una consulenza sui corretti stili di vita e non possa prescindere dalle caratteristiche organizzative dei servizi sanitari (appropriatezza organizzativa) a disposizione di un determinato territorio[8].

Da tutto quanto sopra discende che un medicinale non efficace non può mai essere appropriato anche qualora venga prescritto all’interno di una organizzazione sanitaria appropriatamente strutturata.

Detto ciò, sarebbe interessante sapere quali indicatori abbiano adottato quelle regioni che sostengono di aver sottoposto le medicine complementari/integrate, tra cui l’omeopatia, agli stessi criteri di appropriatezza, qualità e sicurezza di tutte le altre prestazioni offerte dai SS regionali.

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Mai come in questo periodo abbiamo potuto toccare con mano quanto sia rilevante l’impatto sociale dell’allocazione razionale delle risorse destinate al SSN e alla ricerca: se da un lato è vero che i prodotti omeopatici prescritti da omeopati del SS regionale sono a totale carico dei pazienti (ma deducibili), dall’altro il loro uso non appropriato determina l’impiego non razionale delle risorse. Inoltre, non appare etico che i pazienti siano indotti a spendere per terapie che non sono registrate da AIFA come efficaci in alcuna patologia.

Visto che la letteratura scientifica accreditata[9][10] equipara l’efficacia dei prodotti omeopatici a quella aspecifica del placebo, dovuta cioè alle aspettative dei pazienti ed al potere terapeutico del rapporto di accoglienza e accudimento, non sarebbe meglio che al paziente venisse prescritto un placebo meno costoso? Anche in questo caso, pur salvando il portafoglio dei pazienti, rimarrebbe l’ingombrante problema etico della necessità di mentire al paziente sull’efficacia e sicurezza del prodotto.
Indipendentemente dal costo dei farmaci a carico degli assistiti, le risorse, che il SS regionale destina alle strutture dedicate alle medicine complementari ed al relativo personale, potrebbero utilmente essere impiegate per fornire servizi appropriati perché di provata efficacia, servizi che non sono invece erogati per mancanza di fondi.
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Se un’efficacia può essere vantata dall’omeopatia, questa risiede nel rapporto medico paziente di qualità, nel saper autorevolmente indicare stili di vita più consoni a prevenire e curare alcune patologie, nell’accogliere e ascoltare le necessità del paziente: questa appropriata presa in carico del paziente non è una esclusività dell’omeopatia ma è propria della medicina quando praticata in istituzioni sanitarie ben organizzate. Presso le strutture di medicina complementare/integrata i medici omeopati possono dedicare 45 minuti alla visita dei propri pazienti, mentre i medici possono dedicare più di 10 minuti: ciò rappresenta una evidente disparità che elicita un poderoso effetto placebo a favore dell’omeopatia e nocebo a sfavore dei medici e della medicina che viene erroneamente confusa con l’organizzazione sanitaria.

Quest’ultimo è un problema di appropriatezza organizzativa senza la quale nessun trattamento medico efficace può realizzare tutte le sue potenzialità. Una organizzazione che non garantisce i tempi minimi necessari alla appropriata presa in carico della persona nel suo complesso, non può garantire l’appropriatezza di alcun intervento medico, la corretta valutazione della appropriatezza e l’uso razionale delle risorse.

L’errata valutazione della appropriatezza degli interventi impatta negativamente su altri obiettivi strategici dei servizi sanitari perché determina la perdita di reputazione e di immagine del sistema e rende i cittadini dipendenti da pratiche di non provata efficacia.

* La traduzione Inglese-Italiano dei documenti di riferimento è a cura dell’autrice, che se ne assume la responsabilità. Nei casi dubbi fa ovviamente fede la versione originale che è comunque sempre riportata in bibliografia.

Crediti immagini:

Immagine 1: copertina del rapporto WHO
Immagine 2: By Andrew Netzler - http://www.ecb.int/euro/banknotes/html/index.en.html , ECB decisions ECB/2003/4 and ECB/2003/5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4268091
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Euro_banknotes.png#/media/File:Euro_banknotes.png
Imamgine 3: By Wikidudeman - Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2456100
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Homeopathic332.JPG#/media/File:Homeopathic332.JPG


Biografia dell’autrice: Laureata in Medicina e Chirurgia, specializzata in Psichiatria e Master in Patologia Genetico Molecolare. Ha esperienza pluriennale come medico di base, come Psichiatra e nella sperimentazione clinica di farmaci e vaccini. Si veda il profilo Linkedin per maggiori dettagli
Bibliografia
4) World Health Organization. The rational use of drugs. Report of the conference of experts. Geneva: World Health Organization; 1985. (accessed on October 9, 2015). Available from: http://www.apps.who.int/medicinedocs/en/m/abstract/Js17054e/ (Google Scholar)
5) Holloway K, Dijk VL. Rational Use of Medicines. World Medicines Situation Report. World Health Organization; 2011. Report No. WHO/EMP/MIE/2011.2.2. (accessed on October 9, 2015). Available from: http://www.who.int/medicines/areas/policy/world_medicines_situation/WMS_ch14_wRational.pdf
9) Shang A, Huwiler-Müntener K, Nartey L, et al. Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy. Lancet 2005; 366: 726-32.
10) The Lancet. The end of homeopathy. Lancet 2005; 366: 690.

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