Questo è l'amaro resoconto di come un partecipante al II Corso Cicap per Indagatori del Paranormale ha sacrificato il suo amor proprio per amore della scienza.
Prima di tutto un consiglio per i lettori maschi desiderosi di partecipare alle future edizioni del corso: radetevi. Mai, dico mai, presentarsi al cospetto di Gigi Garlaschelli esibendo fieramente una barba da eremita e un accenno di capelli lunghi.
Un pomeriggio di aprile, nella sede padovana del Cicap, il sottoscritto fece il suo ingresso trovandosi nella suddetta condizione. Risultato? Gli occhi del Professore si accesero di una luce cospirativa e dalle sue labbra sortirono misteriosi, inquietanti accenni, parole quali "cavia" e "esperimento" che non lasciavano presagire nulla di buono.
Quel giorno la lezione verteva sul paranormale religioso e il fenomeno Sindone teneva banco.
Giunse la sera, foriera per noi corsisti di riflessioni ed esperimenti pratici.
Si discuteva della possibilità che un volto umano, nella sua tridimensionalità, potesse realmente lasciare di sé un'impronta così netta e ben definita. Fu allora che Garlaschelli fece scattare la trappola congegnata al pomeriggio. Richiese tra gli uomini presenti un volontario con il physique du rôle del messia. Complici quattro ore d'auto e la carenza di sonno il sottoscritto poteva anche vantare una certa magrezza del volto e due occhiaie da anarchico russo.
La scelta fu semplice.
Scopo dell'esperimento era appunto verificare quale impronta lasciasse il volto di un uomo barbuto su una tela. Si procedette nel modo seguente.
A torso nudo (per dimostrare che la magrezza era limitata al volto), il vostro cronista venne fatto sdraiare su un tavolo e spennellato sul viso in modo uniforme con un liquido rossastro appiccicoso, delicatamente profumato alla pesca. Al termine dell'operazione, una piccola salvietta bianca venne appoggiata sulla parte colorata e lasciata aderire. Infine il Professore sollevò il telo e ne fece l'ostensione agli altri corsisti che, trepidanti, trattenevano il fiato (immagino per non scoppiare a ridere).
Lavato e rivestito, potei assistere anch'io all'esito dell'esperimento, mentre due pie donne mi aiutavano a liberarmi dell'onnipresente tanfo di pesca che faceva pensare all'odalisca di un bordello turco.
Ovviamente l'immagine sulla tela non è quella di un viso, neppure quella di un viso sofferente.
L'impronta delle guance, quella del naso, della fronte, della barba, si allargano su un piano bidimensionale, negando qualunque indizio di profondità. I lineamenti si perdono in forme irregolari a causa delle rughe e dell'asimmetria del profilo. Niente a che vedere, quindi, con l'immagine precisa, proporzionata e quasi artistica della Sindone. La prima sincera impressione è anzi quella di essere di fronte al ritratto del licantropo di Lon Cheney o, per i più colti, alla maschera di Agamennone. O meglio ancora ad uno di quei planisferi che tentano di riprodurre in due dimensioni la sfericità terrestre senza sfasarne le proporzioni.
In fondo è una bella soddisfazione vedere la propria testa in forma di globo terrestre, non c'è che dire. Tanto da sopravvivere alla consapevolezza del fatto che, di quella serata, in qualche luogo oscuro e segreto, esiste una impietosa documentazione fotografica.
Luca Agosto
Torino