Anni addietro, in seguito a una discussione sulla veridicità dei fenomeni paranormali, consigliai a una mia amica il libro di Piero Angela "Viaggio nel mondo del paranormale"[1] e glielo prestai. Quando me lo restituì, mi disse: «Interessante, però è deludente. Non si possono distruggere tutte le illusioni di cui l'uomo ha bisogno in nome della visione scientifica del mondo. In fin dei conti la scienza descrive solo alcuni ambiti di realtà». Questo tipo d’affermazione è molto comune e chiunque abbia posizioni scettiche nei confronti del paranormale ha un'elevata probabilità di sentirsela proporre, da parte di coloro che scettici non sono. Analizzando nei dettagli l'affermazione possiamo individuare due motivi principali per i quali molta gente "crede" nelle pseudoscienze e, spesso, rifiuta invece la scienza:
Sul fatto che la scienza descriva solamente alcuni ambiti di realtà si può senz'altro essere d'accordo. La scienza non si propone di scoprire la natura ultima della realtà. L'ambito cui essa si limita è costituito dai soli fenomeni empiricamente accertabili. La nascita della stessa scienza moderna e il suo distacco dalla filosofia sono consistiti proprio nella delimitazione del proprio campo d'azione.
Il seguente brano di Galileo illustra chiaramente, nonostante l'italiano arcaico, quali sono gli scopi e i limiti d’indagine della scienza:
Perché, o noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venire in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti... Ma se vorremmo fermarci nell'apprensione di alcune affezioni, non mi par che sia da desperar di poter conseguirla anco ne i corpi lontanissimi da noi, non meno che nei prossimi [2].
La disciplina che ambirebbe a una spiegazione ultima (che vorrebbe cioè "tentar di penetrar l'essenza") della realtà è, al contrario, quella branca della filosofia che viene chiamata metafisica e che è talvolta identificata con la filosofia tout court.
Purtroppo, fin dai tempi di Kant (nella Critica della ragion pura [3]), ci si è resi conto dell'impossibilità di fondare una metafisica come scienza. In altre parole, di ciascuna affermazione metafisica siamo assolutamente incapaci di stabilire il valore di verità o falsità.
Ciò non significa tuttavia che scienza e metafisica siano completamente estranee l'una dall'altra. Osteggiata per decenni dalle concezioni positiviste e neopositiviste, la metafisica è stata in parte rivalutata dalla filosofia della scienza più recente. Già Karl Popper [4] individua nelle concezioni metafisiche (in pratica le ipotesi a priori degli scienziati) un utile serbatoio d’idee, da sottoporre successivamente al controllo empirico. Inoltre altri epistemologi [5] hanno fatto osservare una cosa interessante. Negare la metafisica equivale a sostenere che non esiste nulla al di fuori di ciò che è empiricamente accertabile (posizione tipica di quella concezione filosofica nota con il nome di "scientismo"). Tuttavia una tale affermazione è essa stessa metafisica. Infatti, fornisce un giudizio (sia pure di non esistenza) su ciò che non è empiricamente rilevabile. Sotto questo punto di vista essa appare dunque contraddittoria.
Una scienza illuminata, quindi, non dice assolutamente nulla su ciò che non è empiricamente accertabile (direttamente o indirettamente attraverso gli strumenti logico-matematici). Per questo motivo, ad esempio, il CICAP giustamente nulla dice in fatto di religione.
Molti sostenitori del paranormale sono tali perché ritengono desiderabile poter oltrepassare i limiti che la conoscenza scientifica impone. In altre parole, a costoro "va stretto" il doversi limitare a ciò che è empiricamente rilevabile. Di conseguenza ipotizzano realtà e "dimensioni" sovrasensibili. In questo senso potremmo affermare che essi sono più vicini alla metafisica che alla scienza. Un esame più attento fa emergere però qualche difficoltà.
Le realtà e le dimensioni sovrasensibili dovrebbero essere, per definizione, non rilevabili empiricamente. Alcuni individui, tuttavia, sarebbero in grado, secondo i sostenitori del paranormale, di avere una percezione diretta di tali realtà. Ciò è abbastanza curioso. I fenomeni paranormali sarebbero metafisica per i più, ma potrebbero diventare scienza per pochi eletti. Il requisito dell'intersoggettività, caratteristico di ogni sapere degno di questo nome, verrebbe in tal modo disatteso.
Certi effetti dei fenomeni paranormali, tuttavia, su ammissione degli stessi sostenitori, sarebbero rilevabili empiricamente da chiunque. Di conseguenza la scienza ha pieno diritto di pronunciarsi su di essi e di dichiararli illusori se non superano i controlli empirici adeguati. A questo punto però non si può più accusare la scienza di ristrettezza di vedute e tanto meno si può sostenere che essa non può intervenire su settori che non sarebbero di sua competenza (come talvolta, ahimé, si sente affermare [6]).
Da questo punto di vista, le affermazioni sul paranormale vanno incontro a delle pericolose contraddizioni. Sostenere che la realtà non si esaurisce in ciò che è empiricamente rilevabile e affermare che esistono dimostrazioni empiriche che lo confermano è una grossolana incoerenza.
Veniamo ora al secondo punto, accennato prima, relativo alla presunta insensibilità valoriale della scienza.
Il mondo del paranormale è ricco di implicazioni valoriali, etiche ed emotive. Pensare che il proprio destino sia regolato dagli astri, che sia possibile ascoltare i consigli dei defunti, che esista un ecumenismo telepatico tra tutti i viventi, ecc. è sicuramente più rilevante dal punto di vista etico che non sapere che la velocità della luce nel vuoto è di circa 300.000 km/s o che lo spin dell'elettrone è semiintero.
L'atteggiamento di molti cultori (onesti) del paranormale è spesso, almeno apparentemente, più affine a quello del mistico che a quello dello scienziato. Essi rivendicano la validità di un sapere intuitivo e istintivo, contrapposto a quello razionale e ricercano una comunione cosmica in cui sapere e bene si identificano (un esempio tipico di tale atteggiamento si ritrova nella New Age). Costoro accusano (esplicitamente o implicitamente) la scienza di ignorare tutto ciò e di essere insensibile ai profondi bisogni dell'animo umano.
Se è vero che la scienza nella sua ricerca della verità deve essere immune da pregiudizi di valore e assolutamente obiettiva, è pur vero che anch'essa nasce da una motivazione profondamente etica. La stessa scelta di ricercare un sapere oggettivo e di affidarsi all'attività della ragione per raggiungerlo, come ha osservato il già citato Popper [7], è fondamentalmente una scelta etica. Inoltre i grandi scienziati nella loro ricerca di verità hanno spesso un atteggiamento non dissimile da quello del mistico e, sicuramente, anch'essi fanno ampio uso dell'intuito e dell'istinto. Tuttavia ciò che differenzia lo scienziato dal mistico è che quest'ultimo si accontenta delle proprie intuizioni o illuminazioni. Il primo invece non le accetta passivamente, ma le sottopone a controlli severi di tipo empirico e logico.
Se le proprie intuizioni non superano tali controlli un vero scienziato deve avere il coraggio di gettarle alle ortiche. Come ha affermato efficacemente Bertrand Russell: «Soltanto grazie al matrimonio col mondo i nostri ideali possono dar frutti: distaccati dal mondo, restano sterili. Ma il matrimonio col mondo non può essere celebrato mediante un ideale che prescinda dai fatti o pretenda in anticipo che il mondo si conformi ai suoi desideri»[8].
Che ci sia ostilità tra scienza ed emotività è assolutamente falso. Tutti i grandi scienziati sono stati mossi dal sentimento e in tutta la loro opera è evidente una profonda emotività e spiritualità, fermamente guidata, tuttavia, dal controllo della ragione. Cosa, ad esempio, se non una profonda spiritualità e un indomito slancio emotivo avrebbe fatto scrivere al premio Nobel per la fisica Steven Weinberg la celebre frase: «Lo sforzo di capire l'universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po' della dignità della tragedia»[9]?
Da quanto finora esposto dovrebbe apparire chiaro che molto spesso si attribuiscono alla scienza caratteristiche e attributi che non le sono propri. Chi si propone di difendere e diffondere la mentalità scientifica dovrebbe, a maggior ragione, evitare assolutamente di fornire appigli agli avversari, assumendo atteggiamenti che possano rendere fondate le loro critiche. Se si vuol essere obiettivi, bisogna constatare che, a volte, purtroppo accade che alcuni esponenti del mondo scientifico facciano affermazioni imprudenti che possono avvalorare le accuse di scientismo e d’insensibilità ai valori rivolte loro dagli oppositori della scienza.
Certi atteggiamenti di superiorità e d’indifferenza nei confronti delle problematiche etiche ed emotive non possono che danneggiare l'immagine che i non addetti ai lavori si costruiscono relativamente alla scienza.
Il più bel modo di difendere la scienza ci sembra dunque quello di farla conoscere per quello che realmente è: un’entusiasmante avventura del pensiero, limitata a certi aspetti del reale, profondamente ricca di umanità e di slanci emotivi, ma saldamente retta dalla ragione e ancorata ai fatti.
- La scienza descriverebbe solo alcuni ambiti di realtà, ma sarebbe incapace di coglierne la totalità e di indagare sulla sua natura ultima.
- La scienza sarebbe del tutto insensibile alla sfera valoriale e psicologico-emotiva dell'uomo, ed entrerebbe spesso in conflitto con essa.
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Scienza e metafisica
Sul fatto che la scienza descriva solamente alcuni ambiti di realtà si può senz'altro essere d'accordo. La scienza non si propone di scoprire la natura ultima della realtà. L'ambito cui essa si limita è costituito dai soli fenomeni empiricamente accertabili. La nascita della stessa scienza moderna e il suo distacco dalla filosofia sono consistiti proprio nella delimitazione del proprio campo d'azione.
Il seguente brano di Galileo illustra chiaramente, nonostante l'italiano arcaico, quali sono gli scopi e i limiti d’indagine della scienza:
Perché, o noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venire in notizia d'alcune loro affezioni. Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti... Ma se vorremmo fermarci nell'apprensione di alcune affezioni, non mi par che sia da desperar di poter conseguirla anco ne i corpi lontanissimi da noi, non meno che nei prossimi [2].
La disciplina che ambirebbe a una spiegazione ultima (che vorrebbe cioè "tentar di penetrar l'essenza") della realtà è, al contrario, quella branca della filosofia che viene chiamata metafisica e che è talvolta identificata con la filosofia tout court.
Purtroppo, fin dai tempi di Kant (nella Critica della ragion pura [3]), ci si è resi conto dell'impossibilità di fondare una metafisica come scienza. In altre parole, di ciascuna affermazione metafisica siamo assolutamente incapaci di stabilire il valore di verità o falsità.
Ciò non significa tuttavia che scienza e metafisica siano completamente estranee l'una dall'altra. Osteggiata per decenni dalle concezioni positiviste e neopositiviste, la metafisica è stata in parte rivalutata dalla filosofia della scienza più recente. Già Karl Popper [4] individua nelle concezioni metafisiche (in pratica le ipotesi a priori degli scienziati) un utile serbatoio d’idee, da sottoporre successivamente al controllo empirico. Inoltre altri epistemologi [5] hanno fatto osservare una cosa interessante. Negare la metafisica equivale a sostenere che non esiste nulla al di fuori di ciò che è empiricamente accertabile (posizione tipica di quella concezione filosofica nota con il nome di "scientismo"). Tuttavia una tale affermazione è essa stessa metafisica. Infatti, fornisce un giudizio (sia pure di non esistenza) su ciò che non è empiricamente rilevabile. Sotto questo punto di vista essa appare dunque contraddittoria.
Una scienza illuminata, quindi, non dice assolutamente nulla su ciò che non è empiricamente accertabile (direttamente o indirettamente attraverso gli strumenti logico-matematici). Per questo motivo, ad esempio, il CICAP giustamente nulla dice in fatto di religione.
Paranormale e metafisica
Molti sostenitori del paranormale sono tali perché ritengono desiderabile poter oltrepassare i limiti che la conoscenza scientifica impone. In altre parole, a costoro "va stretto" il doversi limitare a ciò che è empiricamente rilevabile. Di conseguenza ipotizzano realtà e "dimensioni" sovrasensibili. In questo senso potremmo affermare che essi sono più vicini alla metafisica che alla scienza. Un esame più attento fa emergere però qualche difficoltà.
Le realtà e le dimensioni sovrasensibili dovrebbero essere, per definizione, non rilevabili empiricamente. Alcuni individui, tuttavia, sarebbero in grado, secondo i sostenitori del paranormale, di avere una percezione diretta di tali realtà. Ciò è abbastanza curioso. I fenomeni paranormali sarebbero metafisica per i più, ma potrebbero diventare scienza per pochi eletti. Il requisito dell'intersoggettività, caratteristico di ogni sapere degno di questo nome, verrebbe in tal modo disatteso.
Certi effetti dei fenomeni paranormali, tuttavia, su ammissione degli stessi sostenitori, sarebbero rilevabili empiricamente da chiunque. Di conseguenza la scienza ha pieno diritto di pronunciarsi su di essi e di dichiararli illusori se non superano i controlli empirici adeguati. A questo punto però non si può più accusare la scienza di ristrettezza di vedute e tanto meno si può sostenere che essa non può intervenire su settori che non sarebbero di sua competenza (come talvolta, ahimé, si sente affermare [6]).
Da questo punto di vista, le affermazioni sul paranormale vanno incontro a delle pericolose contraddizioni. Sostenere che la realtà non si esaurisce in ciò che è empiricamente rilevabile e affermare che esistono dimostrazioni empiriche che lo confermano è una grossolana incoerenza.
Paranormale, scienza e valori
Veniamo ora al secondo punto, accennato prima, relativo alla presunta insensibilità valoriale della scienza.
Il mondo del paranormale è ricco di implicazioni valoriali, etiche ed emotive. Pensare che il proprio destino sia regolato dagli astri, che sia possibile ascoltare i consigli dei defunti, che esista un ecumenismo telepatico tra tutti i viventi, ecc. è sicuramente più rilevante dal punto di vista etico che non sapere che la velocità della luce nel vuoto è di circa 300.000 km/s o che lo spin dell'elettrone è semiintero.
L'atteggiamento di molti cultori (onesti) del paranormale è spesso, almeno apparentemente, più affine a quello del mistico che a quello dello scienziato. Essi rivendicano la validità di un sapere intuitivo e istintivo, contrapposto a quello razionale e ricercano una comunione cosmica in cui sapere e bene si identificano (un esempio tipico di tale atteggiamento si ritrova nella New Age). Costoro accusano (esplicitamente o implicitamente) la scienza di ignorare tutto ciò e di essere insensibile ai profondi bisogni dell'animo umano.
Se è vero che la scienza nella sua ricerca della verità deve essere immune da pregiudizi di valore e assolutamente obiettiva, è pur vero che anch'essa nasce da una motivazione profondamente etica. La stessa scelta di ricercare un sapere oggettivo e di affidarsi all'attività della ragione per raggiungerlo, come ha osservato il già citato Popper [7], è fondamentalmente una scelta etica. Inoltre i grandi scienziati nella loro ricerca di verità hanno spesso un atteggiamento non dissimile da quello del mistico e, sicuramente, anch'essi fanno ampio uso dell'intuito e dell'istinto. Tuttavia ciò che differenzia lo scienziato dal mistico è che quest'ultimo si accontenta delle proprie intuizioni o illuminazioni. Il primo invece non le accetta passivamente, ma le sottopone a controlli severi di tipo empirico e logico.
Se le proprie intuizioni non superano tali controlli un vero scienziato deve avere il coraggio di gettarle alle ortiche. Come ha affermato efficacemente Bertrand Russell: «Soltanto grazie al matrimonio col mondo i nostri ideali possono dar frutti: distaccati dal mondo, restano sterili. Ma il matrimonio col mondo non può essere celebrato mediante un ideale che prescinda dai fatti o pretenda in anticipo che il mondo si conformi ai suoi desideri»[8].
Che ci sia ostilità tra scienza ed emotività è assolutamente falso. Tutti i grandi scienziati sono stati mossi dal sentimento e in tutta la loro opera è evidente una profonda emotività e spiritualità, fermamente guidata, tuttavia, dal controllo della ragione. Cosa, ad esempio, se non una profonda spiritualità e un indomito slancio emotivo avrebbe fatto scrivere al premio Nobel per la fisica Steven Weinberg la celebre frase: «Lo sforzo di capire l'universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po' della dignità della tragedia»[9]?
Conclusioni
Da quanto finora esposto dovrebbe apparire chiaro che molto spesso si attribuiscono alla scienza caratteristiche e attributi che non le sono propri. Chi si propone di difendere e diffondere la mentalità scientifica dovrebbe, a maggior ragione, evitare assolutamente di fornire appigli agli avversari, assumendo atteggiamenti che possano rendere fondate le loro critiche. Se si vuol essere obiettivi, bisogna constatare che, a volte, purtroppo accade che alcuni esponenti del mondo scientifico facciano affermazioni imprudenti che possono avvalorare le accuse di scientismo e d’insensibilità ai valori rivolte loro dagli oppositori della scienza.
Certi atteggiamenti di superiorità e d’indifferenza nei confronti delle problematiche etiche ed emotive non possono che danneggiare l'immagine che i non addetti ai lavori si costruiscono relativamente alla scienza.
Il più bel modo di difendere la scienza ci sembra dunque quello di farla conoscere per quello che realmente è: un’entusiasmante avventura del pensiero, limitata a certi aspetti del reale, profondamente ricca di umanità e di slanci emotivi, ma saldamente retta dalla ragione e ancorata ai fatti.
Riferimenti e note
1) P. Angela, Viaggio nel mondo del paranormale, Garzanti, Milano 1990;
2) G. Galilei, "Terza lettera a Marco Welser sulle macchie solari", in Opere, ediz. Naz. Barbera, Firenze 19929-1936, vol. V, p. 187;
3) I. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Bari 1977;
4) K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970 e Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972;
5) Si veda, ad esempio, E. Agazzi, "Considerazioni epistemologiche su scienza e metafisica" in Teorie e metodo delle Scienze (a cura di C. Huber), Università Gregoriana, Roma 1981 (pp. 311-340);
6) Ad esempio, chi scrive ha sentito un docente dell'ateneo genovese (noto avversario del CICAP) affermare, in una trasmissione su una televisione locale, che l'astronoma Margherita Hack non può dire nulla sull'astrologia poiché astrologia e astronomia sono due cose completamente diverse;
7) K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma 1974;
8) B. Russell, Misticismo e logica, Longanesi, Milano 1980 (p. 8);
9) S. Weinberg, I Primi tre minuti, Mondadori, Milano 1977 (cap. VIII, p.171).