Il 10 febbraio 1910 la corazzata "Dreadnought" (cioè l'"Intrepida") è all'ancora nella baia di Weymouth sulla costa del Dorset. La "Dreadnought" è stata varata nel 1906: ha una stazza lorda di 18.000 tonnellate, viaggia in crociera a 18 nodi ed è dotata di dieci cannoni di 305 mm. È costata quasi il doppio delle altri nave da guerra britanniche, ma dispone della massima potenza di fuoco marittima al mondo. È l'ammiraglia della cosiddetta Home Fleet (vale a dire della flotta destinata a garantire all'Inghilterra il dominio della Manica) e il suo nome sta per essere usato come "logo" per un'intera classe di nuove navi da battaglia.
Quella mattina quest'orgoglio e vanto della British Navy sta per essere visitato da una delegazione straniera capeggiata nientemeno che dall'Imperatore d'Etiopia. La notizia è stata annunciata con un telegramma di Sir Arthur Harding del Ministero degli Esteri (il Foreign Office) all'ammiraglio Sir William May comandante in capo dell'Home Fleet. La delegazione, composta dall'Imperatore e tre altri notabili abissini è scortata da Herbert Cholmondley - ancora del Foreign Office - e da un interprete messo a disposizione dal corpo diplomatico. Gli etiopici indossano vesti ricamate e portano il turbante. Cholmondley è in tuba e giacca a code lunghe mentre l'interprete si è limitato a un abbigliamento meno formale con bombetta e giacca scura.
Il gruppo è partito dalla stazione di Paddington in pompa magna ed è accolto a Weymouth da una guida rossa e un picchetto d'onore.
La visita alla "Dreadnought" dura un'ora. Sulla nave oltre all'Union Jack, la bandiera britannica, è stata innalzata anche quella che si suppone essere la bandiera abissina. Per un errore è invece quella del sultanato di Zanzibar: ma l'Imperatore, benignamente, si astiene dal rilevare la gaffe. Alla delegazione, guidata da un folto gruppo di ufficiali in alta uniforme, vengono mostrate con orgoglio sia le centrali di tiro, sia le installazioni per le comunicazioni telegrafiche. I rapporti con gli ufficiali della nave sono difficili, perché nessuno degli augusti ospiti parla una parola d'inglese: ma la visita è punteggiata da frequenti "Bunga! Bunga!" e "Chukachoi! Chukachoi!" che, secondo l'interprete, corrispondono a espressioni di alta stima e ammirazione.
Il tour, funestato soltanto da uno scroscio d'acqua, dovrebbe concludersi con l'invito a un pranzo ufficiale, che però viene cortesemente declinato a causa delle rigide regole alimentari cui gli ospiti sono vincolati; e la mancanza di tappeti da preghiera, necessari per le loro devozioni serali, obbliga il gruppo ad abbandonare la nave prima del tramonto.
Solo la mattina dopo tutta l'Inghilterra apprende che l'episodio è stato una beffa organizzata da un gruppo di studenti ( i cui nomi sono per il momento coperti dal segreto, e tali resteranno ancora per parecchi anni) con l'obiettivo di mettere alla berlina la spocchia e la pomposità degli ammiragli della British Navy. Il "master-prankster" (cioè il capo dei burloni) è Horace de Vere Cole, figlio ventinovenne di un maggiore dei Dragoni, cognato del leader conservatore Neville Chamberlain e poeta dilettante.
È lui che ha interpretato il ruolo di Herbert Cholmondley mentre il naturalista Anthony Buxton è stato l'Imperatore d'Etiopia. Grant Duncan (pittore) e Guy Ridley (figlio di un giudice) hanno impersonato i personaggi di due membri del seguito, mentre i ruoli dell'interprete e del quarto notabile abissino sono stati affidati rispettivamente a un giovane snob di nome Adrian Stephen e a sua sorella Virginia (destinata a diventare in seguito uno dei personaggi più famosi della letteratura inglese con il nome di Virginia Woolf).
Gli abiti esotici e i turbanti sono stati affittati da un costumista teatrale e i dialoghi in lingua "abissina" si sono svolti grazie alla citazione deformata di versi dell'Eneide di Virgilio, con l'aggiunta di qualche parola greca o swahili. Un po' d'imbarazzo si è avuto solo quando lo scroscio d'acqua ha cominciato a disciogliere il trucco dei sedicenti abissini; e l'invito a pranzo ha fatto temere qualche incidente con le barbe finte. Ma per il resto la beffa ha funzionato perfettamente e nessuno ha avuto il minimo sospetto: neanche quando Virginia (anche lei dotata di una folta barba) ha spinto la provocazione sino a qualificarsi come "Principe Mendex", trasparente (ma evidentemente non abbastanza) modifica del termine latino mendax, cioè: bugiardo.
La burla è poi continuata anche durante il viaggio di ritorno, quando il treno è stato costretto a una fermata fuori programma a Reading per acquistare i guanti bianchi indispensabili ai camerieri del vagone ristorante per poter servire alla tavola dei nobili avventori.
L'hoax viene rivelato l'indomani al Daily Mirror dallo stesso Cole che fornisce anche un'istantanea del gruppo, scattata subito dopo il rientro. Nella foto, ormai diventata "storica" figurano tutti i (per il momento ancora anonimi) partecipanti all'impresa. E cioè, da sinistra a destra: Virginia (con barba); Ridley e Cole (con tuba) in piedi; l'"Imperatore" Buxton, Stephen (con bombetta) e Grant in piedi.
L'episodio fa sganasciare tutta l'Inghilterra. Sir William May viene sbeffeggiato per le strade al grido di "Bunga! Bunga!", e l'espressione entra a far parte del repertorio dei music hall.
Le autorità mostrano minor senso dell'umorismo. Fioccano le interrogazioni parlamentari e Scotland Yard è incaricata di svolgere un'indagine sull'episodio: ma la difficoltà di identificare l'esatto reato commesso dai burloni consiglia quasi subito di lasciar perdere per non aggiungere altri danni alla beffa.
Lo "scherzo abissino" provoca invece effetti concreti negli ambienti dell'Ammiragliato, messo in crisi dalla facilità con cui la rete di protezione stesa attorno alla "Dreadnought" ha potuto essere violata senz'alcuna difficoltà da un gruppo di sbarbatelli. Le misure di sicurezza vengono pertanto rese più rigide: e Virginia (che una decina d'anni più tardi rievocherà l'episodio in uno dei suoi primi racconti) non manca di infierire sullo sviluppo, rallegrandosi sornionamente di aver collaborato ad offrire, grazie alla burla, un "contributo patriottico" alla Marina del suo paese.
Ma la carriera di Cole è solo all'inizio. Sino alla sua morte, avvenuta nel 1936, il master-prankster continuerà infatti a colpire con beffe coronate da lusinghiero successo. A Cambridge, dove - travestito da sultano - offrirà in regalo all'università l'improbabile reliquia della "pinna dorsale" di un "sacro pescecane" (notoriamente privo di tale accessorio naturale). A Piccadilly Circus, dove riuscirà a far scavare un buco in mezzo al traffico sotto gli occhi benevoli della polizia. In molti comizi elettorali, dove - sfruttando la sua somiglianza con il leader laburista Ramsay MacDonald - lascerà di stucco l'uditorio con i suoi infuocati attacchi contro il socialismo. E persino a Venezia, dove riuscirà ad approfittare del buio notturno per ricoprire Piazza San Marco di escrementi di cavallo lasciando tutti quanti stupefatti la mattina dopo di fronte a quell'inaspettato spettacolo.
Quella mattina quest'orgoglio e vanto della British Navy sta per essere visitato da una delegazione straniera capeggiata nientemeno che dall'Imperatore d'Etiopia. La notizia è stata annunciata con un telegramma di Sir Arthur Harding del Ministero degli Esteri (il Foreign Office) all'ammiraglio Sir William May comandante in capo dell'Home Fleet. La delegazione, composta dall'Imperatore e tre altri notabili abissini è scortata da Herbert Cholmondley - ancora del Foreign Office - e da un interprete messo a disposizione dal corpo diplomatico. Gli etiopici indossano vesti ricamate e portano il turbante. Cholmondley è in tuba e giacca a code lunghe mentre l'interprete si è limitato a un abbigliamento meno formale con bombetta e giacca scura.
Il gruppo è partito dalla stazione di Paddington in pompa magna ed è accolto a Weymouth da una guida rossa e un picchetto d'onore.
La visita alla "Dreadnought" dura un'ora. Sulla nave oltre all'Union Jack, la bandiera britannica, è stata innalzata anche quella che si suppone essere la bandiera abissina. Per un errore è invece quella del sultanato di Zanzibar: ma l'Imperatore, benignamente, si astiene dal rilevare la gaffe. Alla delegazione, guidata da un folto gruppo di ufficiali in alta uniforme, vengono mostrate con orgoglio sia le centrali di tiro, sia le installazioni per le comunicazioni telegrafiche. I rapporti con gli ufficiali della nave sono difficili, perché nessuno degli augusti ospiti parla una parola d'inglese: ma la visita è punteggiata da frequenti "Bunga! Bunga!" e "Chukachoi! Chukachoi!" che, secondo l'interprete, corrispondono a espressioni di alta stima e ammirazione.
Il tour, funestato soltanto da uno scroscio d'acqua, dovrebbe concludersi con l'invito a un pranzo ufficiale, che però viene cortesemente declinato a causa delle rigide regole alimentari cui gli ospiti sono vincolati; e la mancanza di tappeti da preghiera, necessari per le loro devozioni serali, obbliga il gruppo ad abbandonare la nave prima del tramonto.
Solo la mattina dopo tutta l'Inghilterra apprende che l'episodio è stato una beffa organizzata da un gruppo di studenti ( i cui nomi sono per il momento coperti dal segreto, e tali resteranno ancora per parecchi anni) con l'obiettivo di mettere alla berlina la spocchia e la pomposità degli ammiragli della British Navy. Il "master-prankster" (cioè il capo dei burloni) è Horace de Vere Cole, figlio ventinovenne di un maggiore dei Dragoni, cognato del leader conservatore Neville Chamberlain e poeta dilettante.
È lui che ha interpretato il ruolo di Herbert Cholmondley mentre il naturalista Anthony Buxton è stato l'Imperatore d'Etiopia. Grant Duncan (pittore) e Guy Ridley (figlio di un giudice) hanno impersonato i personaggi di due membri del seguito, mentre i ruoli dell'interprete e del quarto notabile abissino sono stati affidati rispettivamente a un giovane snob di nome Adrian Stephen e a sua sorella Virginia (destinata a diventare in seguito uno dei personaggi più famosi della letteratura inglese con il nome di Virginia Woolf).
Gli abiti esotici e i turbanti sono stati affittati da un costumista teatrale e i dialoghi in lingua "abissina" si sono svolti grazie alla citazione deformata di versi dell'Eneide di Virgilio, con l'aggiunta di qualche parola greca o swahili. Un po' d'imbarazzo si è avuto solo quando lo scroscio d'acqua ha cominciato a disciogliere il trucco dei sedicenti abissini; e l'invito a pranzo ha fatto temere qualche incidente con le barbe finte. Ma per il resto la beffa ha funzionato perfettamente e nessuno ha avuto il minimo sospetto: neanche quando Virginia (anche lei dotata di una folta barba) ha spinto la provocazione sino a qualificarsi come "Principe Mendex", trasparente (ma evidentemente non abbastanza) modifica del termine latino mendax, cioè: bugiardo.
La burla è poi continuata anche durante il viaggio di ritorno, quando il treno è stato costretto a una fermata fuori programma a Reading per acquistare i guanti bianchi indispensabili ai camerieri del vagone ristorante per poter servire alla tavola dei nobili avventori.
L'hoax viene rivelato l'indomani al Daily Mirror dallo stesso Cole che fornisce anche un'istantanea del gruppo, scattata subito dopo il rientro. Nella foto, ormai diventata "storica" figurano tutti i (per il momento ancora anonimi) partecipanti all'impresa. E cioè, da sinistra a destra: Virginia (con barba); Ridley e Cole (con tuba) in piedi; l'"Imperatore" Buxton, Stephen (con bombetta) e Grant in piedi.
L'episodio fa sganasciare tutta l'Inghilterra. Sir William May viene sbeffeggiato per le strade al grido di "Bunga! Bunga!", e l'espressione entra a far parte del repertorio dei music hall.
Le autorità mostrano minor senso dell'umorismo. Fioccano le interrogazioni parlamentari e Scotland Yard è incaricata di svolgere un'indagine sull'episodio: ma la difficoltà di identificare l'esatto reato commesso dai burloni consiglia quasi subito di lasciar perdere per non aggiungere altri danni alla beffa.
Lo "scherzo abissino" provoca invece effetti concreti negli ambienti dell'Ammiragliato, messo in crisi dalla facilità con cui la rete di protezione stesa attorno alla "Dreadnought" ha potuto essere violata senz'alcuna difficoltà da un gruppo di sbarbatelli. Le misure di sicurezza vengono pertanto rese più rigide: e Virginia (che una decina d'anni più tardi rievocherà l'episodio in uno dei suoi primi racconti) non manca di infierire sullo sviluppo, rallegrandosi sornionamente di aver collaborato ad offrire, grazie alla burla, un "contributo patriottico" alla Marina del suo paese.
Ma la carriera di Cole è solo all'inizio. Sino alla sua morte, avvenuta nel 1936, il master-prankster continuerà infatti a colpire con beffe coronate da lusinghiero successo. A Cambridge, dove - travestito da sultano - offrirà in regalo all'università l'improbabile reliquia della "pinna dorsale" di un "sacro pescecane" (notoriamente privo di tale accessorio naturale). A Piccadilly Circus, dove riuscirà a far scavare un buco in mezzo al traffico sotto gli occhi benevoli della polizia. In molti comizi elettorali, dove - sfruttando la sua somiglianza con il leader laburista Ramsay MacDonald - lascerà di stucco l'uditorio con i suoi infuocati attacchi contro il socialismo. E persino a Venezia, dove riuscirà ad approfittare del buio notturno per ricoprire Piazza San Marco di escrementi di cavallo lasciando tutti quanti stupefatti la mattina dopo di fronte a quell'inaspettato spettacolo.
- David Howarth, Le corazzate, CDE Mondaori, Milano 1998 (alle voci: "Beffa abissina" e "Dreadnought").
- Carl Sifakis, Hoaxes & Scams, London 1993 (alla voce "Cole, Horace De vere").
- G .Stein & M. MacNee, Hoaxes, Detroit 1995 (alla voce: "H.M.S. Dreadnought").
- Gordon Stuart, The Book of Hoaxes, London 1995 (alla voce: "COLE Horace").
- Time-Life, Hoaxes & Deceptions, Time-Life Books, Alexandria (Virginia) 1991 (alla voce: "Abyssinian Chats").
- Sergio De Santis, giornalista e storico, è direttore della collana "StoricaMente" della casa editrice Avverbi.