Previsioni fantascientifiche

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La storia della scienza ci insegna che dobbiamo sempre aspettarci grandi sorprese dalla ricerca e non pensare mai di essere arrivati al capolinea. Se nuovi risultati ci saranno, dovranno però essere conseguiti all’interno delle regole che la scienza ha faticosamente costruito nel corso di alcuni secoli. Nel frattempo, affidarsi a maghi, veggenti o presunti geni, che hanno capito tutto quello che gli altri non riescono a comprendere o si rifiutano di vedere, non è certo una buona soluzione. Prima di tutto perché la capacità di previsione di questi soggetti è al massimo identica, se valutata statisticamente, a quella relativa a qualsiasi altra previsione formulata casualmente. Senza contare che, purtroppo, spesso possiamo trovarci di fronte non a tentativi di previsione in buona fede, ma a delle vere e proprie frodi, scientemente organizzate. Dunque, meglio leggersi della buona fantascienza. Si rischia di meno, ci si diverte di più e, soprattutto, ci sono maggiori probabilità di azzeccare davvero una previsione.

Prendiamo il caso di Albert Robida, la cui fantasia visionaria ebbe modo di dispiegarsi appieno con una trilogia di romanzi d'anticipazione, precursori della moderna fantascienza: Le Vingtième Siècle (1884), La Guerre au vingtième siècle (1887) e Le Vingtième Siècle. La vie électrique (1890). Nei suoi libri Robida immagina invenzioni integrate alla vita quotidiana e prospetta le conseguenze delle sue invenzioni anche sul piano sociale: qualcuna davvero illuminante per il tempo, ad esempio l'emancipazione delle donne, delle donne, che indossano pantaloni, rivestono ruoli importanti come dottoresse, notai, avvocati, e partecipano alle elezioni sia in qualità di elettrici che di candidate. Fra le tante nuove tecnologie immaginate da Robida, sicuramente la più sorprendente ed attuale è il “Telefonoscopio”, una via di mezzo tra il cinematografo e la televisione, ma anche simile ai media interattivi, vista la possibilità che esso offre di seguire corsi di istruzione a distanza e altre cose del genere. Non manca, naturalmente, un tentativo di prevedere ciò che la tecnologia potrà fornire al potere distruttivo delle armi militari: se guerra chimica e batteriologica erano forse nell'aria, certo ancora non erano accadute, e Robida le descrive con precisione.

Eppure Robida non ha davvero visto il futuro (magari perché imbarcato su una macchina del tempo, come quella che sarà descritta da Herbert George Wells nel 1895). Le sue intuizioni, infatti, vanno comparate con ciò che è stato previsto e non si è verificato. E così, anche in Robida, come nella quasi totalità dei suoi contemporanei, manca l'aspetto che più ha caratterizzato la società del Novecento: l'avvento del petrolio e delle tecnologie su di esso basate, a partire dall'automobile. In quegli anni, infatti, di fronte ai timori suscitati da una economia e una società basate interamente sul carbon fossile (risorsa che preoccupava sia per la sua futura disponibilità, sia per la qualità di vita che offriva alle grandi città), si ipotizzava l'utilizzo su larga scala di nuove fonti di energia (come il solare) e si prevedeva il dominio incontrastato dell'elettricità. Non è un caso, quindi, che il mondo futuro di Robida sia interamente dominato da mezzi elettrici, come macchine volanti e case sospese nel cielo, che tanto ispireranno il movimento steampunk dei nostri giorni. Come sappiamo, le cose sono andate ben diversamente. Ciò, ovviamente, non toglie niente al fascino di opere che possono continuare ad essere lette con profitto sotto molto punti di vista, ludico e sociologico, artistico e storico.

Se guardiamo all'immagine del futuro della generazione che ha inventato la lampadina, il fonografo, il cinema e la radio, quell'immagine ci sembrerà oggi lontana come la società di un secolo fa e insieme familiare come un cugino che non avevamo ancora mai incontrato. Le previsioni effettuate alla fine dell'Ottocento sul mondo che ci sarebbe stato nel XXI secolo spesso sono rimaste inattuate, mentre quelle che si sono avverate non lo hanno quasi mai fatto nella forma che era stata immaginata. Inoltre, quando pensiamo allo sviluppo storico della tecnologia, facciamo in genere riferimento alle macchine che si sono effettivamente imposte nell'uso comune, come se la loro realizzazione fosse il risultato inevitabile e naturale delle soluzioni più pratiche ed efficienti. In realtà la storia della scienza ci insegna, anche in questo caso, che gli eventi non sono così semplici né così trionfali. Per ogni macchina che è entrata nella vita quotidiana molte altre sono rimaste allo stato di esperimenti (a volte anche perfettamente riusciti, ma non sfruttati commercialmente), mentre altre ancora hanno vissuto una fase breve o lunga di diffusione per poi sparire (qualcuno si ricorda dei videocitofoni?).

In sostanza, «è impossibile predire il futuro: ogni tentativo di farlo in maniera particolareggiata diventa ridicolo nel giro di pochissimi anni». E questo ci viene detto proprio da uno dei massimi autori della fantascienza novecentesca, Arthur C. Clarke, la cui opera è stata, fra le molte altre cose, fonte di ispirazione per il celeberrimo 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick.

«Il problema che era già stato affrontato all’inizio del ventesimo secolo da scienziati come Ramsay, Rutherford e Soddy, il problema di indurre la radioattività negli elementi più pesanti e di sfruttare così l’energia interna degli atomi, fu risolto da Holstein, grazie ad una prodigiosa combinazione di induzione, intuizione e fortuna, già nell’anno 1933. Dalla prima scoperta della radioattività al momento in cui venne soggiogata e sfruttata per i fini dell’umanità trascorse poco più di un quarto di secolo».

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Questo brano non fa parte, come magari qualcuno potrebbe pensare, di un approssimativo e un po' superficiale volume di storia della scienza o di divulgazione scientifica, contenente errori ed imprecisioni, ma è tratto da uno dei più celebri romanzi di Herbert George Wells, The World Set Free (1914), in cui lo scrittore inglese predice la scoperta dell’energia atomica. Wells aveva tratto ispirazione per il soggetto del suo romanzo dalla lettura di una fortunata opera di Frederick Soddy, The Interpretation of Radium (1909). In quegli anni, infatti, Soddy (che si era laureato in chimica ad Oxford nel 1898, e che avrebbe ricevuto il Premio Nobel nel 1921, per gli studi sulla chimica delle sostanze radioattive e le ricerche sugli isotopi), pubblicò alcuni scritti di grande successo, in cui venivano messe in evidenza le potenzialità energetiche insite nella disgregazione atomica. In seguito, Leo Szilard e altri scienziati avrebbero dichiarato di essere stati influenzati, nel corso delle loro ricerche, proprio dalla lettura del testo di Wells. Però la storia, senza niente togliere alla grandissime capacità visionarie di Wells, non è andata esattamente nel modo da lui descritto, anche se, certo, con le sue previsioni ci è andato molto vicino, sicuramente più di qualche mago o veggente del suo tempo.

Riferimenti bibliografici


  • A. C. Clarke. 1965. Le nuove frontiere del possibile (1962), Milano: Rizzoli.
  • A. Robida. 2013. Il ventesimo secolo: la guerra nel XX secolo (1887). La vita elettrica (1890), Senigallia: Fondazione Rosellini per la Letteratura Popolare, 2013
  • F. Soddy. 1909. The Interpretation of Radium: Being the substance of six free experimental lectures delivered at the University of Glasgow, 1908, London: John Murray.
  • H. G. Wells. 1981. La liberazione del mondo (1914) in Id., La guerra nell’aria e altre avventure di fantascienza, a cura di F. Ferrara, 1981, Milano: Mursia.

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