Sembra impossibile, ma nell’ottobre 1954 l’osteria del paesino di Sarzbuttel nel nord della Germania fu teatro di un processo per stregoneria intentato dal contadino Claus L. contro Waldemar Eberling, “guaritore”, suo compaesano.
Malgrado il luogo inconsueto, scelto perché era l’unico a poter ospitare tutti i partecipanti, il processo si tenne regolarmente. Claus L. aveva sporto querela contro l’Eberling per porre fine ad una vera e propria persecuzione: il “guaritore” lo aveva additato come uno stregone, addirittura come il “guidatore degli spiriti del male”, e i compaesani lo evitavano e si facevano il segno della croce passando davanti a casa sua.
Waldemar Eberling aveva 45 anni, e già nel 1936 era stato condannato a 13 mesi di prigione più tre anni di perdita dei diritti civili per “magia nera”. “Io volevo solo il bene della gente”, rispose al giudice che lo interrogava, “io impongo le mani sul corpo dell’ammalato e subito mi duole la stessa identica parte. E allora so di che male soffre. Prego e l’ammalato guarisce”.
Dalle deposizioni dei testimoni saltarono fuori cose che si credevano relegate al Medioevo. Vecchie contadine si recavano a casa sua per dirgli che un figlio era sotto “un influsso maligno” e l’Eberling si faceva portare il ragazzo, borbottava delle formule magiche e poi gli attaccava al collo dei pezzi di carta con scritto: “I senzadio godono nel fare del male”. Quando il caso gli sembrava grave, l’Eberling ordinava di pulire il letto e presenziava all’operazione. La sua teoria era che “le malattie hanno la loro sede nelle piume del cuscino e dell’imbottitura”. Lo ripeté ai giudici: “Le piume che vengono spazzate via dal letto formano delle figure, e proprio queste denunciano la malattia della quale è affetto il paziente. Se formano un uccello, vuol dire che l’ammalato diventerà matto (in tedesco, per dire che qualcuno è un po’ tocco, si dice che ha un uccellino in testa), se invece si arrotolano a spirale vuol dire che si tratta di un tumore”.
Ma ciò che fece più impressione ai giudici fu lo spettacolo offerto dal pubblico, quasi interamente composto di contadine del luogo, che seguivano con estrema attenzione le deposizioni dell’imputato e dei testimoni, coprendosi gli occhi e mormorando scongiuri quando il povero querelante fu chiamato a deporre.
Il giudice si rivolse all’improvviso alla più anziana delle spettatrici, chiedendole se per caso credesse a queste storie di streghe, spiriti maligni e malocchio. “Sì”, rispose la donna, “ci sono sempre stati e ci saranno sempre”.
Un vecchio disse: “Io volevo suicidarmi e lo avevo detto a mia moglie, allora lei è corsa dal mago e questi è venuto a vedere il mio letto. Vi ha scoperto che le piume formavano come dei serpentelli e questo avviene solo nel letto di chi deve morire suicida. Allora l’Eberling ha cosparso i serpentelli di piume con una polvere magica, questi si sono sciolti e io ho perso la voglia di ammazzarmi”. Il pubblico commentò la storia con alti clamori, sostenendo che il querelante Claus L. doveva per forza essere uno stregone: “Lo erano sua nonna e sua madre, perché non deve esserlo lui?”
Infine venne chiamato a deporre come esperto il Dott. Johannes Kruse, che da tempo stava lavorando attorno a un’opera intitolata Stregoneria nei tempi moderni. Egli disse che in quasi ogni villaggio della Germania vi erano streghe e stregoni odiati ed evitati dalla popolazione. Le farmacie di Dithmarschen, ad esempio, facevano ottimi affari vendendo prodotti contro gli spiriti maligni, come la “polvere di streghe” e lo “sterco del diavolo”.
Alla fine del dibattito la Corte ordinò che l’imputato fosse condotto in carcere perché colpevole. Mentre lo portavano via, Eberling chiese cosa sarebbe accaduto delle sue galline e dei suoi malati, e allora saltò fuori che i “clienti” gli portavano in pagamento capi di pollame, maialini, sigarette, formaggi, prosciutti e ogni bendidio. Una immediata perquisizione portò quindi alla scoperta di un fornitissimo magazzino e il giudice ordinò che ciascuno riprendesse quello che aveva dato.
Malgrado il luogo inconsueto, scelto perché era l’unico a poter ospitare tutti i partecipanti, il processo si tenne regolarmente. Claus L. aveva sporto querela contro l’Eberling per porre fine ad una vera e propria persecuzione: il “guaritore” lo aveva additato come uno stregone, addirittura come il “guidatore degli spiriti del male”, e i compaesani lo evitavano e si facevano il segno della croce passando davanti a casa sua.
Waldemar Eberling aveva 45 anni, e già nel 1936 era stato condannato a 13 mesi di prigione più tre anni di perdita dei diritti civili per “magia nera”. “Io volevo solo il bene della gente”, rispose al giudice che lo interrogava, “io impongo le mani sul corpo dell’ammalato e subito mi duole la stessa identica parte. E allora so di che male soffre. Prego e l’ammalato guarisce”.
Dalle deposizioni dei testimoni saltarono fuori cose che si credevano relegate al Medioevo. Vecchie contadine si recavano a casa sua per dirgli che un figlio era sotto “un influsso maligno” e l’Eberling si faceva portare il ragazzo, borbottava delle formule magiche e poi gli attaccava al collo dei pezzi di carta con scritto: “I senzadio godono nel fare del male”. Quando il caso gli sembrava grave, l’Eberling ordinava di pulire il letto e presenziava all’operazione. La sua teoria era che “le malattie hanno la loro sede nelle piume del cuscino e dell’imbottitura”. Lo ripeté ai giudici: “Le piume che vengono spazzate via dal letto formano delle figure, e proprio queste denunciano la malattia della quale è affetto il paziente. Se formano un uccello, vuol dire che l’ammalato diventerà matto (in tedesco, per dire che qualcuno è un po’ tocco, si dice che ha un uccellino in testa), se invece si arrotolano a spirale vuol dire che si tratta di un tumore”.
Ma ciò che fece più impressione ai giudici fu lo spettacolo offerto dal pubblico, quasi interamente composto di contadine del luogo, che seguivano con estrema attenzione le deposizioni dell’imputato e dei testimoni, coprendosi gli occhi e mormorando scongiuri quando il povero querelante fu chiamato a deporre.
Il giudice si rivolse all’improvviso alla più anziana delle spettatrici, chiedendole se per caso credesse a queste storie di streghe, spiriti maligni e malocchio. “Sì”, rispose la donna, “ci sono sempre stati e ci saranno sempre”.
Un vecchio disse: “Io volevo suicidarmi e lo avevo detto a mia moglie, allora lei è corsa dal mago e questi è venuto a vedere il mio letto. Vi ha scoperto che le piume formavano come dei serpentelli e questo avviene solo nel letto di chi deve morire suicida. Allora l’Eberling ha cosparso i serpentelli di piume con una polvere magica, questi si sono sciolti e io ho perso la voglia di ammazzarmi”. Il pubblico commentò la storia con alti clamori, sostenendo che il querelante Claus L. doveva per forza essere uno stregone: “Lo erano sua nonna e sua madre, perché non deve esserlo lui?”
Infine venne chiamato a deporre come esperto il Dott. Johannes Kruse, che da tempo stava lavorando attorno a un’opera intitolata Stregoneria nei tempi moderni. Egli disse che in quasi ogni villaggio della Germania vi erano streghe e stregoni odiati ed evitati dalla popolazione. Le farmacie di Dithmarschen, ad esempio, facevano ottimi affari vendendo prodotti contro gli spiriti maligni, come la “polvere di streghe” e lo “sterco del diavolo”.
Alla fine del dibattito la Corte ordinò che l’imputato fosse condotto in carcere perché colpevole. Mentre lo portavano via, Eberling chiese cosa sarebbe accaduto delle sue galline e dei suoi malati, e allora saltò fuori che i “clienti” gli portavano in pagamento capi di pollame, maialini, sigarette, formaggi, prosciutti e ogni bendidio. Una immediata perquisizione portò quindi alla scoperta di un fornitissimo magazzino e il giudice ordinò che ciascuno riprendesse quello che aveva dato.