Negli ultimi due decenni le teorie cospirative si sono diffuse a macchia d’olio tramite il web. Tra queste, merita di essere raccontata la storia di Polybius, il videogioco misterioso, che per la prima volta venne presentata sul sito Coinop.org[1]. Coinop (abbreviazione di coin-operated, in italiano macchina a gettoni) è un portale internet dedicato ai videogiochi che contiene un archivio di molti titoli. Il sito fornisce una descrizione dei prodotti accompagnata da una breve recensione e gli utenti possono commentare le schede dei videogiochi.
Nel 1998 su Coinop compare una pagina in cui si racconta di un progetto segreto della CIA per il controllo comportamentale attraverso l'utilizzo di un videogioco, Polybius appunto. Nell’articolo compaiono poche informazioni tecniche, dal momento che l’autore dichiara di essersi limitato a presentare voci e testimonianze che circolavano tra gli addetti ai lavori. Da quella prima versione della storia se ne generano altre e quello che leggete qui è un mix delle varianti reperibili in rete, compresa la versione originaria pubblicata da Coinop.
Si racconta dunque che nel 1981 una società informatica avrebbe sviluppato un videogame chiamato Polybius e lo avrebbe diffuso in alcune sale giochi a Portland, nell’Oregon, per fare dei test. Il creatore del gioco sarebbe Ed Rotberg, un programmatore noto per aver sviluppato molti giochi, mentre la società che lo avrebbe realizzato sarebbe la Sinneslöschen che, sempre secondo i racconti, era un'azienda della Repubblica Ceca. Il gioco sarebbe stato interamente composto di grafica vettoriale, una tecnologia che era stata sviluppata in quel periodo.
Il videogioco avrebbe avuto grandi potenzialità: attraverso l’impostazione di alcuni parametri poteva indurre dipendenza nel giocatore e inoltre gli poteva provocare diversi effetti collaterali, tra cui allucinazioni, momenti di follia, amnesie e attacchi di epilessia. Un’altra caratteristica di Polybius sarebbe stata la sua capacità di veicolare messaggi subliminali, che comparivano durante le sessioni di gioco e contenevano frasi come “suicide yourself”, ovvero suicidati. Tutti questi effetti sarebbero stati configurabili da un’interfaccia nascosta nel gioco, che veniva attivata da alcuni personaggi che facevano parte di questo complotto, chiamati gli uomini in nero per il colore dei loro vestiti, i quali visitavano periodicamente le sale giochi di Portland in cui il gioco era stato istallato.
Il 20 Marzo 2006, sempre sul sito Coinop.org compare un utente che si firma Steven Roach, che sostiene di aver lavorato alla realizzazione del videogioco e di essere uno dei fondatori della Sinneslöschen. Egli spiega che il videogioco gli era stato commissionato da una azienda sudamericana, e che i fantomatici uomini in nero erano in realtà dei dirigenti della compagnia che andavano a verificare di persona le sale giochi usate come test dopo le segnalazioni dei primi attacchi di epilessia. Roach fornisce una descrizione del videogioco dando un’idea dell’interfaccia e della struttura. Dopo questo post, un gruppo di appassionati ricrea Polybius seguendo le descrizioni di Roach e di altri utenti della rete. Il risultato è una ROM che è possibile scaricare da un sito internet dedicato[2]. I "ricreatori" di Polybius hanno agito di fantasia per sviluppare un prodotto vicino ai racconti di Steven Roach. Il risultato finale è un videogioco ben sviluppato, con una grafica psichedelica tutt’altro che entusiasmante.
Ma la storia di Polybius si ripresenta periodicamente. La voce della rete racconta che il 20 Aprile 2012 presso un magazzino di una catena di sale giochi in Puglia, viene trovata una scheda ROM da sala giochi di Polybius.
Nella scheda sarebbe presente un codice numerico che, inserito nel menù operatore, permetterebbe di accedere ad una schermata nella quale è possibile configurare gli effetti ed i disturbi che Polybius deve provocare all’utente finale. Di quest'ultima ROM è stata diffusa una foto che ritrae la scheda di memoria con un codice.
Altre foto di Polybius erano già comparse nel 2007 su internet, tra cui la prima schermata di gioco e la schermata del menù operatore.
Racconti e qualche fotografia, sono questi gli elementi che hanno accompagnato la storia di Polybius. Nessuno ha mai avuto una ROM per l'analisi e neanche una copia del gioco. Effettuando una ricerca su Ed Rotberg, presunto creatore di Polybius, troviamo che il suo nome compare in molti videogiochi noti[3], ma nessuno di questi è Polybius. Della Sinneslöschen invece in rete non vi è traccia, il nome di questa azienda compare solo nelle pagine che trattano l'argomento Polybius.
Per quanto riguarda le voci che descrivono Polybius come un software che sfrutta la grafica vettoriale, bisogna ricordare che negli anni ottanta la grafica vettoriale poteva essere utilizzata solo con particolari schermi catodici. Ad esempio, la console Vectrex[4], un dispositivo elettronico per giocare a videogiochi con grafica vettoriale e che venne sviluppata negli anni ottanta, includeva un monitor dedicato a questa tecnologia che permetteva la visualizzazione di immagini monocromatiche. I cabinati delle sale giochi contenevano uno schermo catodico standard che non permetteva l'esecuzione di videogiochi a grafica vettoriale.
I disturbi causati dalla videomania, o meglio dal videoabuso, erano oggetto di discussione già negli anni ottanta. Ma i casi di epilessia che erano stati segnalati in relazione all'utilizzo di diversi videogiochi riguardavano persone che erano già affette da epilessia fotosensitiva[5]. e che quindi potevano presentare le stesse reazioni anche a causa di un'esposizione intensiva alla televisione.
Nel 1998 su Coinop compare una pagina in cui si racconta di un progetto segreto della CIA per il controllo comportamentale attraverso l'utilizzo di un videogioco, Polybius appunto. Nell’articolo compaiono poche informazioni tecniche, dal momento che l’autore dichiara di essersi limitato a presentare voci e testimonianze che circolavano tra gli addetti ai lavori. Da quella prima versione della storia se ne generano altre e quello che leggete qui è un mix delle varianti reperibili in rete, compresa la versione originaria pubblicata da Coinop.
Si racconta dunque che nel 1981 una società informatica avrebbe sviluppato un videogame chiamato Polybius e lo avrebbe diffuso in alcune sale giochi a Portland, nell’Oregon, per fare dei test. Il creatore del gioco sarebbe Ed Rotberg, un programmatore noto per aver sviluppato molti giochi, mentre la società che lo avrebbe realizzato sarebbe la Sinneslöschen che, sempre secondo i racconti, era un'azienda della Repubblica Ceca. Il gioco sarebbe stato interamente composto di grafica vettoriale, una tecnologia che era stata sviluppata in quel periodo.
Il videogioco avrebbe avuto grandi potenzialità: attraverso l’impostazione di alcuni parametri poteva indurre dipendenza nel giocatore e inoltre gli poteva provocare diversi effetti collaterali, tra cui allucinazioni, momenti di follia, amnesie e attacchi di epilessia. Un’altra caratteristica di Polybius sarebbe stata la sua capacità di veicolare messaggi subliminali, che comparivano durante le sessioni di gioco e contenevano frasi come “suicide yourself”, ovvero suicidati. Tutti questi effetti sarebbero stati configurabili da un’interfaccia nascosta nel gioco, che veniva attivata da alcuni personaggi che facevano parte di questo complotto, chiamati gli uomini in nero per il colore dei loro vestiti, i quali visitavano periodicamente le sale giochi di Portland in cui il gioco era stato istallato.
Il 20 Marzo 2006, sempre sul sito Coinop.org compare un utente che si firma Steven Roach, che sostiene di aver lavorato alla realizzazione del videogioco e di essere uno dei fondatori della Sinneslöschen. Egli spiega che il videogioco gli era stato commissionato da una azienda sudamericana, e che i fantomatici uomini in nero erano in realtà dei dirigenti della compagnia che andavano a verificare di persona le sale giochi usate come test dopo le segnalazioni dei primi attacchi di epilessia. Roach fornisce una descrizione del videogioco dando un’idea dell’interfaccia e della struttura. Dopo questo post, un gruppo di appassionati ricrea Polybius seguendo le descrizioni di Roach e di altri utenti della rete. Il risultato è una ROM che è possibile scaricare da un sito internet dedicato[2]. I "ricreatori" di Polybius hanno agito di fantasia per sviluppare un prodotto vicino ai racconti di Steven Roach. Il risultato finale è un videogioco ben sviluppato, con una grafica psichedelica tutt’altro che entusiasmante.
Ma la storia di Polybius si ripresenta periodicamente. La voce della rete racconta che il 20 Aprile 2012 presso un magazzino di una catena di sale giochi in Puglia, viene trovata una scheda ROM da sala giochi di Polybius.
Nella scheda sarebbe presente un codice numerico che, inserito nel menù operatore, permetterebbe di accedere ad una schermata nella quale è possibile configurare gli effetti ed i disturbi che Polybius deve provocare all’utente finale. Di quest'ultima ROM è stata diffusa una foto che ritrae la scheda di memoria con un codice.
Altre foto di Polybius erano già comparse nel 2007 su internet, tra cui la prima schermata di gioco e la schermata del menù operatore.
Racconti e qualche fotografia, sono questi gli elementi che hanno accompagnato la storia di Polybius. Nessuno ha mai avuto una ROM per l'analisi e neanche una copia del gioco. Effettuando una ricerca su Ed Rotberg, presunto creatore di Polybius, troviamo che il suo nome compare in molti videogiochi noti[3], ma nessuno di questi è Polybius. Della Sinneslöschen invece in rete non vi è traccia, il nome di questa azienda compare solo nelle pagine che trattano l'argomento Polybius.
Per quanto riguarda le voci che descrivono Polybius come un software che sfrutta la grafica vettoriale, bisogna ricordare che negli anni ottanta la grafica vettoriale poteva essere utilizzata solo con particolari schermi catodici. Ad esempio, la console Vectrex[4], un dispositivo elettronico per giocare a videogiochi con grafica vettoriale e che venne sviluppata negli anni ottanta, includeva un monitor dedicato a questa tecnologia che permetteva la visualizzazione di immagini monocromatiche. I cabinati delle sale giochi contenevano uno schermo catodico standard che non permetteva l'esecuzione di videogiochi a grafica vettoriale.
I disturbi causati dalla videomania, o meglio dal videoabuso, erano oggetto di discussione già negli anni ottanta. Ma i casi di epilessia che erano stati segnalati in relazione all'utilizzo di diversi videogiochi riguardavano persone che erano già affette da epilessia fotosensitiva[5]. e che quindi potevano presentare le stesse reazioni anche a causa di un'esposizione intensiva alla televisione.