Cosa accade nel cuore della terra? Tutta la tradizione antica immagina che, a penetrare nelle viscere della terra si entri nel regno dei morti. Di tale natura era l'Ade in Omero o Virgilio, di tale natura l'inferno di Dante e quello delle molte visioni dell'aldilà che avevano preceduto il suo capolavoro, come il Libro della scala e altri testi arabi che narravano della visita di Maometto all'inferno. Di tale natura erano i Campi Elisi in cui soggiornavano le anime dei giusti, ma anche quella sezione dell'Ade dove Zeus aveva rinchiuso i Titani, il Tartaro, descritto come una voragine talmente profonda che a lasciarvi cadere un'incudine essa avrebbe impiegato nove giorni e nove notti a toccarne il fondo. In effetti c'è stato un solo autore che ha ipotizzato che l'inferno non fosse sottoterra ma nei cieli, ed è stato Tobias Swinden che, nella sua Inchiesta sulla natura e il luogo dell'inferno (1714), dimostrava che esso non poteva essere al centro della terra bensì nel punto più caldo dell'universo e cioè al centro del sole. Ma le viscere della terra hanno attratto anche i vivi. Il cielo era difficile da esplorare, mentre la terra poteva essere scavata, e le miniere sono antichissime.
Penetrare nel cuore del pianeta, sotto la crosta terrestre, ha sempre attratto gli esseri umani, e qualcuno ha visto in questa passione per grotte, anfratti, cunicoli sotterranei, una tensione verso un utero materno a cui tornare; ciascuno ricorda probabilmente come da piccolo, prima di addormentarsi, amasse rifugiarsi sotto le coperte per fantasticare di qualche viaggio sottomarino, isolati dal resto del mondo; la caverna poteva essere un luogo dove si incontravano i mostri degli abissi, ma anche il rifugio contro nemici umani o altri mostri della superficie; si è fantasticato, per gli antri, di tesori nascosti, si sono immaginati esseri del sottosuolo come gli gnomi; il Gesù di molte tradizioni non è nato in una capanna bensì in una grotta. E la fantasia di artisti e romanzieri si è scatenata intorno a luoghi oscuri come le carceri di Piranesi, la cella del castello d'If in cui ha vegetato per quattordici anni il futuro conte di Montecristo, i condotti fognari celebrati dai Miserabili di Hugo e dalle vicende di Fantômas.
Thomas Burnet nel suo Teoria sacra della terra (1681) calcolava che il diluvio universale, per sommergere tutto il pianeta avrebbe dovuto usare tanta acqua quanta potevano contenerne sei od otto oceani. Pertanto riteneva che la terra pre-diluviana, ricoperta da una sottile crosta, fosse all'interno piena d'acqua, con un nucleo centrale di materia incandescente. Inoltre, la diversa inclinazione del suo asse le avrebbe permesso di godere di una costante primavera. Poi la crosta si era spaccata e le acque interne erano fuoriuscite causando appunto il diluvio. Quindi si erano ritirate e la terra aveva assunto l'aspetto che conosciamo. Però in genere si pensava a una terra magari solcata da caverne e condotti sotterranei, ma nel complesso solida al proprio interno. Persino Dante immaginava l'immenso imbuto dell'Inferno, ma al di fuori di questo la terra rimaneva solida e petrosa, come una palla in cui fosse stato scavato un cono.
Athanasius Kircher nel suo Mondo sotterraneo (1665) ha cercato di descrivere l'interno del globo facendo anche tesoro delle prime esplorazioni dei vulcani. E così, in una strana mistura di scienza e fantascienza, si poteva immaginare un centro della terra percorso da fiumi di lava incandescente e abitato al tempo stesso da creature come i draghi.
La prima ipotesi di un globo completamente cavo è dovuta a uno scienziato come Edmund Halley, quello della cometa. Qualcuno sostiene anche che una ipotesi analoga fosse stata enunciata dal grande matematico Leonhard Euler, o Eulero, ma la notizia è contestata da altri studiosi che citano testi di Eulero che non lascerebbero dubbi in proposito. Halley, invece, pubblica un articolo sulle Philosophical Transactions, della Royal Society di Londra (1692), dove affermava che il nostro globo era costituito da tre sfere cave concentriche, che non comunicavano tra loro, e da un nucleo caldo, anch'esso sferico. posto al centro del sistema. La sfera esterna aveva una velocità di rotazione minore di quella delle sfere interne, e questa differenza spiegava lo spostamento dei poli magnetici. L'atmosfera interna era luminescente, i continenti interni erano abitati e i gas sfuggiti dai passaggi ai poli erano la causa dell'aurora boreale. Gli scienziati dell'epoca non avevano preso troppo sul serio l'ipotesi di Halley, ma un celebre teologo e scienziato puritano, più noto per avere influito sulla caccia alle streghe nel New England, Cotton Mather, l'aveva fatta sua nel suo The Christian Philosopher del 1721. In ogni caso Halley non riteneva che si potesse penetrare in questo interno del globo.
In questo nostro libro ci siamo proposti di non occuparci delle terre romanzesche ma, per le teorie della terra cava, bisogna fare un'eccezione perché, se alcuni romanzi di cui diremo sono stati influenzati dalle teorie di Halley o - come si vedrà - di John Cleves Symmes, molte teorie che si sarebbero poi volute scientifiche sono state influenzate da invenzioni romanzesche. Alcune di queste invenzioni si limitano a descrivere soltanto un mondo sotterraneo fatto di gallerie e budelli dove vivono mostri o creature primitive, ma altre descrivono civiltà che vivono sotto una cappa celeste formata dalla superficie convessa del pianeta. Il primo di questi romanzi è stato probabilmente l'anonimo Relazione di un viaggio dal polo artico al polo antartico attraverso il centro del mondo (1721), seguito da Lamekis di Charles de Fieux (1734), in otto volumi, dove l'interno della terra diventava il rifugio di alcuni sapienti di origine egizia, tra templi sotterranei e mostri del sottosuolo. E alla stessa tradizione appartiene anche, più tardi, il più celebre il Viaggio al centro della terra di Jules Verne (1864) per arrivare, dal 1945 al 1949, alla rivista di fantascienza Amazing Stories dove Richard Sharpe Shaver raccontava di una stirpe superiore preistorica sopravvissuta nelle cavità del globo, usando macchine fantastiche abbandonate da razze antiche, per tormentare coloro che vivono in superficie. E pare che in seguito a queste storie migliaia di persone avessero scritto alla rivista affermando di sentire “voci infernali" provenienti dal sottosuolo.
Ma il primo importante racconto di finzione che ha estrapolato dall'ipotesi di Halley è stato il romanzo di Ludvig Holberg Il viaggio sotterraneo di Niels Klim (1741). Holberg non solo descrive una società utopica con trovate e arguzie spesso più gustose di quelle di Swift (fantasie parodistiche sulla morale, la scienza, la parità tra i sessi, la religione, il governo e la filosofia), ma ci spiega anche come fosse strutturato un intero sistema solare all'interno del nostro globo.
Ispirato dal romanzo di Holberg abbiamo il più deludente Icosameron (1788), di Giacomo Casanova. L'avventuriero veneziano, ormai vecchio e ridottosi a fare il bibliotecario presso il conte di Waldstein in Boemia, aveva molto sperato, in termini di gloria letteraria e successo economico, da questo raffazzonatissimo romanzo che non gli avrebbe invece fruttato alcuna rinomanza e gli avrebbe fatto perdere per le spese di stampa il poco denaro che gli era rimasto.
Casanova racconta una serie alquanto stravagante di avventure, dove il carattere più eccitante è dovuto al fatto che i due fratelli Edouard e Elisabeth, pervenuti in quel mondo, danno vita a una dinastia di terrestri attraverso la pratica dell'incesto, estesa anche ai loro discendenti, come Casanova presumeva avessero fatto Adamo ed Eva. Ma per il resto, sia nel raccontarci come i due giovani discendono al centro della terra che come ne escono, Casanova non si preoccupa di giustificare in termini geo-astronomici quella situazione che pure costituiva il nucleo innovativo della sua vicenda. Per quanto riguarda il secolo successivo potremmo citare un Viaggio al centro della terra (1821) dovuto probabilmente al noto demonologo Collin de Plancy e (come vedremo più avanti) Vril, noto in italiano come La razza ventura (1871), di Edward Bulwer-Lytton.
Passando al XX secolo ne Il dio fumoso (1908) di Willis George Emerson, un pescatore norvegese di nome Olaf Jansen raggiunge con suo padre e la sua barca un continente interno, dove per due anni visita le città di un regno sotterraneo e infine fuoriesce dal Polo Sud. Ma una delle più popolari epopee sul tema è stata la serie di Pellucidar, creata da Edgar Rice Burroughs, che dal libro al fumetto ha popolato le storie di Tarzan con i dinosauri sotterranei di Verne, animali preistorici e razze intelligenti che abitano l'interno del globo, il cui interno è illuminato da un piccolo sole e dai suoi piccoli pianeti. La serie era iniziata con At the Earth's Core (1914) ed è continuata per vari volumi, tra cui appunto Pellucidar (1915).
Il geologo russo Vladimir Afanasevič Obručev si è forse ispirato a Burroughs o a Verne per narrare di una terra cava piena di bestie preistoriche in Plutonia (1924), e sulle tracce di Burroughs, nel 1920, Victor Rousseau aveva pubblicato L'occhio di Balamok dove troviamo un centro della terra rischiarato da un sole centrale che gli abitanti non possono guardare senza morire. Non si possono elencare tutte le opere narrative ispirate al nostro mito: solo per i romanzi in inglese Cynthia Ward (2008) elenca una ottantina di titoli, ma Guy Costes e Joseph Altairac (2006) registrano e commentano più di duemiladuecento titoli in varie lingue. Tuttavia molte opere non sono frutto di fantasia romanzesca, bensì sono state ispirate a ipotesi enunciate sul serio. Nel 1818 un certo capitano J. Cleves Symmes aveva scritto a varie società erudite e a tutti i membri del Congresso degli Stati Uniti asserendo che era pronto a dimostrare che la terra è vuota e abitabile all'interno. Egli sosteneva che tutto è vuoto in natura, come i capelli, le ossa, gli steli delle piante e pertanto tale doveva essere anche il nostro globo, che era composto di cinque sfere, tutte abitabili sia all'esterno che all'interno. Ad ambedue i poli si trovano aperture circolari, sorte di orli circondati da un cerchio di ghiaccio, e superato il ghiaccio si trova un clima mite.
Symmes non ha lasciato nulla di scritto, ma aveva percorso tutti gli Stati Uniti in una serie di conferenze e gli si attribuisce il modello del suo universo, in legno, che si trova ancora presso l'Academy of Natural Sciences di Philadelphia. Benché assolutamente insostenibile la teoria di Symmes non fu facilmente liquidata. Il personaggio aveva fama di essere un eroe della guerra del 1812 contro gli inglesi e in ogni caso trovò numerosi seguaci, ed è notevole il numero di saggi e articoli che ha provocato, anche ad opera di suo figlio, Americus Vespuccius[1].
Nel 1892, ispirato alle idee di Symmes, appariva il romanzo di William Bradshaw La dea di Alvatabar, e nel 1895 il curioso Etidorhpa ("Aphrodite" scritto all'inverso),1895, di John Uri Lloyd, dove tra l'altro appare nelle viscere del globo una foresta di funghi altissimi simili a quelli che già apparivano nel Viaggio di Verne. E sulla permanenza di queste credenze si veda una recente riedizione di Etidorhpa che su Internet viene così pubblicizzata: «Finzione? Niente affatto, come vorrebbero credere gli ignoranti! L'autore era un approfondito studioso di occultismo e nel suo sensazionale libro ha cercato di mettere sotto gli occhi dei suoi lettori la terribile realtà che aveva scoperto, che riguarda la nostra terra, e la vita su di essa, dentro di essa e al di là di essa.»
Idee analoghe a quelle di Symmes erano state teorizzate da William Reed, che nel Fantasma dei poli (1906) sosteneva che i poli in realtà non erano mai stati scoperti perché non esistono; al loro posto si troverebbe un enorme buco con il passaggio al continente interno. Marshall Gardner con Un viaggio all'interno della terra (1913) parlava di un sole all'interno della terra; quando erano stati rinvenuti negli strati glaciali i resti di mammuth perfettamente conservati, ne aveva concluso che non era possibile che un reperto fosse rimasto integro così a lungo, e che quelli trovati sarebbero stati i resti di creature morte di recente dopo essere sfuggite dal continente interno. Sia Reed che Gardner argomentavano che, siccome gli iceberg sono fatti di acqua dolce e non salata, era evidente che ciò accadesse perché sono formati dalle acque dei fiumi del continente interno (naturalmente è noto che sono di acqua dolce perché provengono da ghiacciai terrestri).
Le idee di Reed e Gardner sono state ancora riprese nel 1969 in The Hollow Earth (La terra cava), di un sedicente Dr Raymond W. Bernard, il quale ha sostenuto che gli UFO provengono dal continente interno, e che le nebulose ad anello proverebbero l'esistenza di mondi cavi. II libro di Bernard, benché ripeta quello che era stato scritto nei decenni precedenti, ha goduto di vasta popolarità ed è ripubblicato ancora oggi. Pare che Bernard sia morto di polmonite mentre cercava un tunnel che lo conducesse all'interno della terra nell'America del Sud.
Ispirato alle idee di Symms era stato un romanzo di tale capitano Seaborn (che alcuni ritengono sia stato lo stesso Symmes), Symzonia (1820), dove appaiono precisi diagrammi sull'interno del globo. Symmes però aveva ipotizzato una terra cava ma non aveva osato immaginare che noi (lui compreso) invece di vivere sulla crosta esterna, convessa, vivessimo su quella interna e concava. A questo sarebbe arrivato Cyrus Reed Teed (1899) il quale specificava che quello che noi crediamo il cielo (secondo «la gigantesca e grottesca fallacia dell'ignorante Copernico» e la pseudoscienza anglo-israelita) è una massa di gas, che riempie l'interno del globo, con delle zone di luce brillante. II sole, la luna e le stelle non sono dei globi celesti bensì degli effetti visivi provocati da vari fenomeni. Teed aveva fondato una setta, la Koreshan Unity, e i koreshani sostenevano di aver verificato sperimentalmente la concavità della curvatura terrestre usando sulle coste della Florida uno strumento detto "rettilineatore". Come osservano Ley e de Camp (1952) né il concetto di una terra piena di buchi come una mela bacata né quello di una terra cava possono reggere. Pochi chilometri sotto la superficie terrestre, infatti, si entra in una zona in cui il calore e la pressione rendono plastica la roccia, per cui qualunque buco o cavità vi si chiuderebbero come avviene coi fori presenti in un blocco di mastice, allorché lo si schiacci. Inoltre già Isaac Newton aveva dimostrato che all'interno di una sfera cava la forza di gravità si equivale in tutte le direzioni, sicché qualsiasi oggetto libero, acqua, terra, rocce, uomini, ondeggerebbe senza peso in una caotica confusione, mentre la forza centrifuga o le maree provocherebbero il collasso della sfera. Ma quando individui o interi gruppi aderiscono fideisticamente a qualche idea insostenibile, neppure il fallimento evidente delle loro ipotesi li convince a cambiare idea - così come in fondo a una persona di fede che implora un miracolo, il fatto che il miracolo non avvenga non fa perdere la fede.
Per esempio, dopo avere conquistato numerosi seguaci, Teed era morto nel 1908 asserendo che il suo cadavere non si sarebbe putrefatto. Il cadavere era rimasto esposto per un poco poi era stato giocoforza eliminarlo, ma ancora nel 1967 veniva istituito un Koreshan State Park (ora Koreshan State Historic Site).
Dopo la prima guerra mondiale la teoria della terra cava (Hohlweltlehre) appare in Germania a opera di Peter Bender e di Karl Neupert, e viene presa molto sul serio nelle alte sfere della marina e dell'aviazione tedesca, che evidentemente erano sensibili in qualche modo al clima occultistico che si era instaurato presso alcuni rappresentanti del regime. Le notizie su Bender sono imprecise e secondo alcuni lui e Neupert erano la stessa persona[2].
Secondo Goodrick-Clarke (1985), Ley (1956) e Gardner (1957), invece, Bender - influenzato dalle teorie di Teed e poi da Marshall Gardner - aveva anche tentato nel 1933 di costruire un razzo da lanciare verso l'alto: se la sua teoria fosse stata esatta il razzo avrebbe dovuto cadere sulla superficie opposta del pianeta. Di fatto il razzo era caduto a poche centinaia di metri dal punto del lancio. Inoltre Bender avrebbe suggerito alla marina tedesca una spedizione all'isola di Rügen (nel Baltico) per cercare di individuare navi britanniche grazie a potenti telescopi puntati verso l'alto, lungo la pretesa concavità terrestre, e usando raggi infrarossi[3].
La meta pare in accordo con la sensibilità romantica tedesca perché nell'estate del 1801 Caspar Friedrich si era ispirato all’isola di Rügen, famosa per le sue bellezze naturali e in particolare per le sue scogliere bianche.
L'impresa di Friedrich ci ha lasciato bellissime vedute, mentre quella della marina tedesca non ha lasciato traccia. Anzi, pare che, adirati per il tempo perduto con Bender, i nazisti lo avrebbero internato in campo di concentramento, dove è poi deceduto.
Più sicura è stata invece l'influenza di Neupert, autore di numerosissime pubblicazioni e vissuto sino al 1949, quando un suo collaboratore, Lang, aveva continuato a pubblicare una rivista, Geocosmos, sino al 1960.
Anche Neupert asseriva che la terra è una bolla sferica, noi viviamo sulla sua interna superficie concava, e sopra di noi si muovono il sole, la luna e un «universo fantasma», una sfera blu scuro picchiettata di piccole luci che noi scambiamo per le stelle. L'errore di Copernico era stato di credere che la luce si propagasse in linea retta, mentre subisce una curvatura.
Sempre secondo Bergier e Pauwels, furono sbagliati alcuni tiri con le V1 proprio perché si calcolava la traiettoria partendo dall'ipotesi di una superficie concava non convessa. Se questi fantasiosi autori ci avessero riferito una storia vera, si vedrebbe l'utilità storica e provvidenziale delle astronomie deliranti. Sempre nell'ambiente nazista era stato preso molto sul serio il romanzo di Bulwer-Lytton, La razza ventura (1871) in cui una vasta comunità di sopravvissuti al dissolvimento di Atlantide vive nelle viscere della terra, dotata di poteri straordinari dovuti al possesso del Vril, una sorta di energia cosmica. Bulwer-Lytton (che tra parentesi nel suo racconto Paul Clifford aveva scritto l'incipit reso famoso da Snoopy, «era una note buia e tempestosa, It was a dark and stormy night») aveva probabilmente voluto scrivere un racconto di fantascienza, ma siccome era appartenuto alla società occultistica britannica della Golden Dawn, aveva influenzato l'ambiente degli occultisti in Germania e aveva ispirato, un decennio prima dell'avvento del nazismo, una Vril Gesellschaft, Società del Vril o Loggia Luminosa. Dalle profondità della terra descritta da Bulwer-Lytton si attendeva il riemergere della Razza Ventura, formata da esseri superiori di straordinaria potenza e bellezza.
L'idea di una terra cava è riapparsa più recentemente nel lavoro di un matematico, Mostafa Abdelkader (1983), che con calcoli estremamente complessi ha cercato di conciliare la geometria di un mondo concavo con i fenomeni della levata e del tramonto del sole.
Basterebbe abbandonare l'idea che i raggi luminosi viaggino secondo una linea retta e ammettere che procedano lungo una curva. E basterebbe proiettare il cosmo copernicano esterno sul geocosmo interno, attraverso una speciale manipolazione matematica, che permette di mappare ogni punto esterno a una sfera su un punto interno a essa.
Non entreremo in merito alle discussioni e contestazioni che la proposta ha suscitato nel mondo degli specialisti, dove secondo alcuni l'ipotesi porterebbe di nuovo a una forma di geocentrismo. Se vivessimo in una terra cava col sole al centro, non esisterebbe un universo infinito al di fuori del nostro globo, e che la terra ruoti intorno al sole interno o viceversa non sarebbe di nessun rilievo, dato che mancherebbe ogni parametro a cui riferirci. Oppure, come ha scritto Abdelkader, «tutto lo spazio esterno diviene racchiuso entro la terra vuota» e «oggetti come le galassie e i quasars che distano molti miliardi di anni luce sarebbero contratti a dimensioni microscopiche».
Inoltre per Abdelkader se vivessimo su una terra convessa tutte le nostre misurazioni funzionerebbero come funzionano su una terra cava: «Ogni osservazione e valutazione del formato, della direzione e della distanza di ogni oggetto celeste darebbe gli stessi risultati per un osservatore sia che sia situato sull'esterno che sull'interno della terra», così che l'ipotesi di una terra concava non potrebbe mai essere respinta su basi di osservazioni empiriche[4].
Per fortuna Abdelkader scrive che, se i suoi assunti sono accettabili in un sistema matematico, non lo sarebbero in un sistema fisico. Quello di Abdelkader era dunque un esercizio teorico che serviva a dimostrare quello che altri avevano sostenuto, che la metrica che usiamo per una terra convessa funzionerebbe anche per una terra concava. Questo non cambia niente per il modo in cui viviamo sulla crosta terrestre, e gli astronomi osservano che, anche ad accettare la sua idea, niente cambierebbe nel modo in cui esploriamo il cosmo.
Nel clima delle varie fantasie occultistiche che circolavano nella Germania nazista aveva preso maggiore credibilità il mito polare. Il modello "polare" non sottolineava soltanto che dal polo l'Occidente proviene, ma che al polo dovrebbe ritornare. Visto che le regioni polari sono ormai freddissime, gli irremovibili adepti dei poli erano passati a un'altra ipotesi: se si raggiunge il polo, attraverso un enorme foro centrale, si potrebbero scoprire terre nuove dal clima mite e dalla vegetazione floridissima.
L'idea non era nuova. In una carta geografica di Mercatore (XVI sec.) troviamo il Polo Nord rappresentato come una immensa cavità in cui defluiscono le acque dei mari circostanti per discendere nelle cavità della terra. Idea che peraltro risaliva alle descrizioni di alcune enciclopedie medievali, secondo le quali al centro del Polo Nord c'era una montagna di 33 leghe di circonferenza (che Mercatore nella sua mappa ancora riproduce) e un gorgo vertiginoso in cui si precipitavano le acque dell'Oceano.
Nel XVII secolo Athanasius Kircher nel suo Mondo sotterraneo aveva sostenuto, anche attraverso suggestive incisioni, che le acque dei mari attraverso lo stretto di Bering entravano nel gorgo del Polo Nord, e «tra sconosciuti recessi e canali tortuosi» attraversavano il cuore della terra per fuoriuscire al Polo Sud. Questa circolazione delle acque nel corpo terrestre appariva a Kircher in analogia con la circolazione del sangue nel corpo umano, che era stata scoperta una quarantina di anni prima da Harvey.
Contro la teoria del "buco" polare si era però fatta strada, nel XX secolo, anche l'ipotesi di una terra sconosciuta al di là del Polo Nord. Nel 1904 un dottor Harris della US Coast and Geodetic Survey aveva pubblicato un articolo in cui diceva che doveva esserci una gran parte di terra non ancora scoperta nel bacino polare a nord est della Groenlandia, che alcune tradizioni eschimesi parlavano di una gran massa che sarebbe esistita a nord (e non si vede perché considerare scientificamente attendibile una leggenda eschimese) e che un disordine delle maree a nord dell'Alaska poteva solo essere spiegato con l'esistenza di questa massa.
Anche se le successive esplorazioni moderne dei poli non avrebbero incoraggiato né la credenza nel "buco" né quella della massa di terra ignota, si era così diffusa la leggenda dell'ammiraglio americano Byrd.
Richard Byrd è stato un grande esploratore polare americano, nel 1926 si era spinto in aereo sino al Polo Nord (anche se le sue dichiarazioni erano state contestate), nel 1929 sorvolava il Polo Sud, e tra 1946 e 1956 aveva compiuto decisive esplorazioni antartiche, ricevendo onori e riconoscimenti dal governo americano. Ma intorno a lui sono nate varie leggende, e la tradizione vuole ora che egli abbia lasciato un diario in cui racconta drammaticamente come al di là del polo egli abbia trovato terre verdi e pianure feconde, quasi a dimostrazione delle antiche leggende sui poli temperati. Le notizie del suo pseudodiario lasciavano anche intravvedere una grande cavità polare e si sono gradatamente complicate con la credenza che all'interno vivessero altri genti, o che da quella voragine sorgessero i dischi volanti. Se nessuno sa queste cose, recita la leggenda, è perché il governo americano ha severamente censurato tutte queste notizie, per varie e complesse ragioni di sicurezza militare.
È vero che, in un annuncio radio sulla sua esplorazione antartica nel 1947, Byrd avrebbe affermato che «l’area oltre il polo è il centro di un grande ignoto», e che al ritorno da una delle sue esplorazioni aveva detto «questa spedizione ha scoperto una vasta nuova terra», ma tutto ciò potrebbe essere inteso solo nel senso più ragionevole possibile: il termine usato era «beyond the pole» che poteva essere letto sia come al di là del polo, oltre il polo, che – con un poco di buona volontà – all’interno del polo. L'espressione è sempre stata interpretata nel modo più promettente per gli amanti dell'ignoto, e si era iniziato a fantasticare su mostruosi animali che i compagni di Byrd avrebbero visto oltre il polo.
A scatenare la leggenda di Byrd è stato probabilmente il libro di tale Francis Amedeo Giannini, Mondi al di là del polo (1959). Giannini era un fantasioso personaggio che da anni sosteneva una sua teoria ancora più ardita di quella della terra cava: egli riteneva che la terra non fosse un globo, bensì che le parti della terra che conosciamo fossero solo una porzione ridotta di una massa infinita che si estendeva al di là dei poli in uno spazio celeste. In ogni caso si accontentava del fatto che nel 1947 Byrd avesse scoperto qualcosa al di là del polo.
Ma più interessante è invece leggere il presunto diario di Byrd.
È autentico questo diario? La questione ha generato una quantità incontrollabile di volumi e articoli e se andate su Internet troverete quasi soltanto siti di adepti della terra cava che lo ritengono autentico, mentre sulle biografie ufficiali (vedi Encyclopaedia Britannica o Wikipedia) non se ne fa menzione. Naturalmente i "polari” obiettano che nessuna fonte ufficiale parla del diario perché occorreva censurare a ogni costo la scoperta. Ma troviamo anche testi che addirittura negano che Byrd abbia fatto l'esplorazione del 1947, altri che precisano come Byrd nel '47 fosse stato in Antartide, mentre i suoi interpreti "polari" assumono che in quella data sia stato anche al Polo Nord, naturalmente in forma clandestina. La conclusione più prudente è che il diario sia un falso come i falsi diari di Hitler o di Mussolini; ma si potrebbe anche pensare che Byrd si fosse lasciato andare in qualche scritto privato a personali fantasie. Non si può neppure dimenticare che egli era membro di una loggia massonica e quindi incline (forse) a qualche credenza occultistica. Infine alcuni ricordano come Byrd sia stato accusato di aver falsificato i dati della sua prima esplorazione polare del 1926 e quindi non trovano strano che abbia falsificato anche i dati delle esplorazioni successive.
Ormai le dicerie hanno finito per offuscare le notizie sui documenti realmente esistenti. Byrd è stato però considerato un eroe dal governo americano ed è stato certamente un coraggioso esploratore: è possibile che su questo intemerato sorvolatore gravino le mitologie costruitegli attorno dai suoi dissennati devoti. Sta di fatto che ormai la sua leggenda continua a presentarci una terra polare non più esistente dell'isola di san Brandano o dell'Isola Che Non C'è di Peter Pan, quando ormai le nostre conoscenze geografiche sui poli escludono queste fantasticherie.
Ma per sognare un mondo sotterraneo non è indispensabile ipotizzare una terra cava e che noi viviamo sulla sua superficie interna. Basta pensare a una immensa città sotterranea che ancora esista sotto i nostri piedi. Il vantaggio di questa ipotesi è che città sotterranee ne sono sempre esistite. Già Senofonte nell'Anabasi scriveva che in Anatolia si erano scavate città sotterranee per viverci con le famiglie, gli animali domestici e le vettovaglie necessarie alla sopravvivenza. E i turisti che si recano ancor oggi in Cappadocia possono visitare, sia pure in parte, Derinkuyu, che altro non era che un antico insediamento scavato nel sottosuolo. In Cappadocia si trovano numerose altre città sotterranee a due o tre livelli, ma Derinkuyu ha undici livelli, sebbene molti piani non siano ancora stati scavati. La profondità della città originaria è stimata intorno agli 85 metri. La città era connessa con altre città sotterranee, attraverso miglia di lunghi tunnel, e poteva ospitare da 3000 a 50.000 persone.
Derinkuyu fu per esempio uno dei luoghi in cui si nascosero i primi cristiani per sfuggire a persecuzioni religiose o incursioni dei musulmani. Da esperienze reali di questo tipo nasce nel XIX secolo, a opera di alcuni autori fantasiosi, il mito della città di Agarttha.
Questo mito, benché i suoi divulgatori si appellino a tradizioni orientali o a rivelazioni di santoni indiani, è debitore di varie teorie occultistiche precedenti come quelle su Iperborea, Lemuria o Atlantide. In sintesi Agarttha (e secondo i testi sarà chiamata Agartha, Agarthi, Agardhi o Asgartha) è una immensa distesa che si espande sotto la superficie terrestre, un vero e proprio paese fatto di città connesse tra loro, un mondo depositario di conoscenze straordinarie, che ospita il detentore di un potere supremo, ovvero il Re del Mondo, che può influenzare con i suoi immensi poteri tutti gli eventi del globo. Agarttha si distenderebbe nel sottosuolo dell'Asia, alcuni dicono sotto l'Himalaya, ma sono state menzionate molte entrate segrete per adire a quel regno, dalla Cueva de los Tayos all'equatore, al deserto di Gobi, alla grotta della sibilla della Colchide, a quella della sibilla di Cuma a Napoli, e ad altri luoghi nel Kentucky, nel Mato Grosso, al Polo Nord o al Polo Sud, nei pressi della piramide di Cheope e addirittura nei pressi della immensa pietra di Ayers Rock in Australia.
Il nome di Agarttha appare per la prima volta nell'opera di un curioso personaggio, Louis Jacolliot, autore di opere d'avventura sul modello verniano o salgariano, ma ai tempi suoi più famoso per i suoi numerosi volumi sulla civiltà indiana. In Lo spiritismo nel mondo (1875) egli cercava le radici indiane dell'occultismo occidentale - e non doveva fare molta fatica perché la maggior parte degli occultisti del suo tempo si rifaceva abbondantemente ad autentici o falsi miti orientali. Jacolliot faceva riferimento a un testo sanscrito sconosciuto agli esperti, Agrouchada-Parikchai, una sorta di cocktail che probabilmente egli stesso aveva messo insieme rifacendosi a passi presi dalle Upanishad e altri testi sacri, aggiungendovi alcuni elementi della tradizione massonica occidentale. Egli affermava che in certe tavolette sanscrite (mai specificate) si parlava di una terra chiamata Rutas, inghiottita dall'oceano Indiano, anche se poi parlava del Pacifico e l'identificava con Atlantide, che avrebbe dovuto essere nell'oceano Atlantico - ma come si è già visto Atlantide era stata pensata un po' dappertutto.
Infine nel suo I figli di Dio (1873 o 1871) Jacolliot parlava di una "Asgartha" come di un immenso sotterraneo nel subcontinente indiano, città del gran sacerdote dei brahmani.
A dire il vero pochi avevano dato credito alle sue rivelazioni - e l'avrebbe preso sul serio solo Madame Blavatsky, sempre pronta a credere a tutto. Invece chi aveva avuto una notevole e immediata influenza era stato il marchese Joseph-Alexandre Saint-Yves d'Alveydre, con la sua Missione dell’India in Europa (1886). Nel 1877 Saint-Yves aveva impalmato la contessa Marie Victoire de Riznitch-Keller, frequentatrice di vari cenacoli occultisti. Quando aveva incontrato Saint-Yves la contessa aveva passato i cinquanta, mentre lui era sulla trentina. Per dargli un titolo lei aveva comperato una terra appartenuta a certi marchesi d'Alveydre. Potendo ormai vivere di rendita, Saint-Yves si era dedicato al suo sogno: voleva trovare una formula politica capace di portare a una società più armonica, una forma di sinarchia come il contrario di anarchia, una società europea, governata da tre consigli che rappresentassero il potere economico, i magistrati e il potere spirituale, e cioè le chiese e gli scienziati, un'oligarchia illuminata che eliminasse le lotte di classe, unendo gli uomini di sinistra e di destra, i gesuiti e i massoni, capitale e lavoro. Il progetto aveva riscosso l'attenzione di gruppi di estrema destra come l'Action Française, così che la sinistra avrebbe visto Vichy come complotto sinarchico; ma la destra avrebbe visto la sinarchia come espressione di un complotto giudeo-leninista; per altri la sinarchia era stata un complotto gesuita per sovvertire la terza repubblica, per altri ancora un complotto nazista, e non poteva mancare l'ipotesi del complotto massonico e giudaico.
In ogni caso si è spesso sviluppata sia da sinistra che da destra l'idea che ci fosse una società segreta che stava ordendo un complotto universale.
Alla morte della moglie, nel 1895, Saint-Yves aveva dato inizio alla sua ultima opera, L'archéomètre (1911). L'archeometro era uno strumento formato di cerchi concentrici e mobili capace di formare infinite combinazioni tra i segni di cui sono coperti, segni zodiacali, planetari, colori, note di musica, lettere di alfabeti sacri, ebreo, siriaco, aramaico, arabo, sanscrito e il misterioso vattan, lingua primordiale degli indoeuropei.
Ma dobbiamo occuparci di Agarttha. Quando aveva scritto la Missione dell'India Saint-Yves diceva che era stato visitato da un misterioso afgano, tale Hadji Scharipf, che afgano non poteva essere, perché il nome è evidentemente albanese (e l'unica fotografia che ne abbiamo ce lo mostra in un costume da operetta balcanica) e costui gli avrebbe rivelato il segreto di Agarttha, l'Introvabile. Come per Jacolliot, che forse aveva ispirato Saint-Yves, ci sono in Agarttha città sotterranee, e il regno è governato da cinquemila saggi o pundit. La cupola centrale di Agarttha è rischiarata dall'alto da sorte di specchi «che lasciano arrivare la luce solo attraverso la gamma enarmonica dei colori, di cui lo spettro solare dei nostri trattati di fisica non costituisce che la diatonica" (sic). I saggi di Agarttha studiano tutte le lingue sacre per arrivare alla lingua universale, il Vattan. Quando abbordano misteri troppo profondi si levano da terra levitando verso l'alto e si sfracellerebbero il cranio sulla volta della cupola se i loro confratelli non li trattenessero. Questi sapienti preparano le folgori, "orientano le correnti cicliche dei fluidi troppo profondi si levano da terra levitando verso l'alto e si sfracellerebbero il cranio sulla volta della cupola se i loro confratelli non li trattenessero. Questi sapienti preparano le folgori, "orientano le correnti cicliche dei fluidi interpolari e intertropicali, le derivazioni interferenziali nelle differenti zone di latitudine e di longitudine della terra» (sic), selezionano le specie e creano animali piccoli ma di virtù psichiche straordinarie: essi hanno una croce gialla su un dorso di tartaruga, un occhio e una bocca a ogni estremità. Per la prima volta appare l'idea di una Mente direttrice - e certamente Saint-Yves era stato influenzato da quelle dottrine massoniche che riconoscevano, alla base di tutti gli eventi storici passati e futuri, dei Superiori Sconosciuti.
È possibile che parte dell'ispirazione di Saint-Yves provenisse da testi orientali che descrivono il regno di Shambhala, anche se per molti occultisti i rapporti tra Agarttha e Shambhala sono molto confusi. In molte carte fantasiosamente disegnate da sostenitori della terra cava, Shambhala sarebbe una città che sorge nel continente sotterraneo Agarttha. A parte che, secondo altre versioni Shambhala viene identificata con Mu, che non è mai stato definito come continente sotterraneo, va ricordato che in nessuna fonte orientale si dice che Shambhala fosse sottoterra, anzi (benché fosse racchiusa in modo inaccessibile da catene di montagne, si estenderebbe per pianure, colline e montagne fertili e bellissime, a tal punto che questa immagine ha ispirato il mito di Shangri-La, in effetti inventato da James Hilton (1933) nel suo romanzo Orizzonte perduto da cui è stato tratto anche un celebre film di Frank Capra.
Hilton parla di un luogo all'estremità occidentale dell'Himalaya, dove il tempo si era quasi fermato in un ambiente di pace e tranquillità. Ma anche in questo caso un'invenzione romanzesca ha sedotto il mondo occultistico da un lato, mentre dall'altro ha suscitato speculazioni turistiche portando alla creazione di false Shangri-La per visitatori di bocca buona, dall'Asia all'America; e in Cina, nel 2001, la città di Zhongdian è stata ribattezzata Shangri-La - ovvero in cinese Xianggelila.
Le prime notizie su Shambhala erano pervenute in Occidente dai missionari portoghesi, i quali però - quando l'avevano sentita nominare - pensavano fosse il Cathay e cioè la Cina. La fonte più sicura è un testo sacro, il Kalachakra Tantra (che trae origine dalla tradizione vedica dell'India) e che ha ispirato splendide raffigurazioni mistiche. Nelle tradizioni del buddhismo tibetano e indiano, Shambhala (talora Shambala, Shambahla o Shamballa) è un regno la cui realtà fisica è creduta solo da alcuni, che l'hanno via via collocata nel Punjab, in Siberia, nell'Altai e in vari altri luoghi. In genere la si considera però un simbolo di carattere spirituale, una Terra Pura, la promessa di una sconfitta finale delle forze del male.
Che Shambhala non possa essere identificata con Agarttha (almeno secondo le tradizioni buddhiste) ce lo dice una dichiarazione rilasciata dal Dalai Lama Tenzin Gyatso a Baistrocchi (1995) nell'ottobre 1980: «Con la caratteristica amabilità degli orientali e la cortesia derivante dal suo alto livello spirituale, il Dalai Lama si informò previamente sul significato della parola AgartthaAgharti e concluse in modo tassativo, confessando, dopo aver scambiato qualche parola con il suo consigliere spirituale, di non aver mai sentito tale nome e tanto meno di un regno spirituale sotterraneo. Egli concluse aggiungendo, tuttavia, che poteva essersi verificata qualche confusione e che probabilmente si trattava piuttosto 'del grande mistero di Shambala': per il Dalai Lama però Shambala è 'un regno reale, anche se soprasensibile, tra il mondo degli Dei e dei demoni e di difficilissimo accesso', raggiungibile 'soltanto dall’asceta [...] attraverso complessi esercizi'».
Nel XIX secolo uno studioso ungherese, Sándor Kőrösi Csoma, aveva fornito di Shambahla le coordinate geografiche (tra il 45° il 50° di latitudine nord). Sempre pronta a raccogliere e raffazzonare notizie imprecise, lavorando su fonti di seconda mano e mal tradotte, Madame Blavatsky nel suo La dottrina segreta (1888) non poteva ignorare Shambhala (benché curiosamente ignori Agarttha). Pare avesse ricevuto telepaticamente notizie in proposito da suoi informatori tibetani e informava che i sopravvissuti di Atlantide erano migrati nell'isola sacra di Shambhala nel deserto di Gobi (e probabilmente si era ispirata a Kőrösi Csoma perché le coordinate che costui aveva dato potevano applicarsi anche al Gobi). Shambhala, forse per la sua probabile posizione geografica, aveva colpito molti politici che cercavano di trarne profitto simbolico. Così tale Agvan Dorjiev, per opporsi alle mire britanniche e cinesi sul Tibet, aveva convinto il Dalai Lama a cercare aiuto in Russia e a tale scopo gli aveva dimostrato che la vera Shambhala era la Russia e che lo zar era discendente dai suoi antichi re - e la cosa aveva funzionato per lo zar, che aveva aperto un tempio buddhista a San Pietroburgo. In Mongolia il barone von Ungern-Sternberg, che combatteva per i russi bianchi contro i rivoluzionari rossi, convinto che tutti gli ebrei fossero bolscevichi, per fanatizzare le sue truppe prometteva loro una rinascita nell’esercito di Shambala. Dopo aver invaso la Mongolia il Giappone aveva cercato di convincere i mongoli che l'originaria Shambhala era il Giappone. Non è chiaro quanti negli alti comandi nazisti prestassero fede a Shambhala, ma nell'ambiente della Thule Gesellschaft si era diffusa l'idea che gruppi di iperborei, dopo varie migrazioni ad Atlantide e Lemuria fossero arrivati al deserto di Gobi, fondando Agarttha.
Grazie a evidenti assonanze, Agarttha fu ritenuta legata ad Asgaard, patria degli dèi nella mitologia nordica. Qui le cose si fanno confuse perché pare che per una corrente di pensiero, dopo la distruzione di Agarttha, un gruppo di ariani "buoni" fosse emigrato verso sud fondando un'altra Agarthi sotto l'Himalaya, mentre un altro gruppo era risalito a nord, dove si era corrotto, e aveva ivi fondato Shambhala come regno del male. Come si capisce, a questo punto la geografia occulta si fa molto confusa, ma per certe fonti negli anni venti alcuni capi della polizia segreta bolscevica avrebbero pianificato una ricerca di Shambhala pensando di fondere quell'idea di paradiso terrestre con quella di un paradiso sovietico. Allo stesso ceppo di dicerie appartiene anche la notizia di una spedizione inviata nel Tibet da Heinrich Himmler e Rudolf Hess negli anni trenta, ovviamente per trovare l'origine di una razza pura. Tra gli anni venti e gli anni trenta Nicholas Roerich, un famoso esploratore russo aderente a molte credenze occultistiche e modesto pittore, aveva visitato varie regioni asiatiche in cerca di Shambala, e aveva pubblicato uno Shambala (1928). Egli asseriva di essere in possesso di una pietra magica, la Pietra Chintamani, che gli proveniva dalla stella Sirio. Per lui Shambhala era il Luogo Santo, e lo aveva associato con Agarttha, a cui in qualche modo era unita da canali sotterranei.
Purtroppo le testimonianze che Roerich ci ha lasciato delle sue esplorazioni sono quasi esclusivamente i suoi bruttissimi quadri.
Ma torniamo ad Agarttha.
Alquanto in ritardo su Saint-Yves, Ferdinand Ossendowski, un avventuriero polacco che aveva viaggiato attraverso l'Asia Centrale, pubblicava un libro destinato a grande successo, Bestie uomini e dei (1923), dove diceva di aver appreso dai mongoli che Agarthi, come lui la chiamava, era da collocare sotto la Mongolia, ma il regno si estendeva a tutti i passaggi sotterranei esistenti al mondo, contava milioni di sudditi ed era governato da un Re del Mondo.
Se si legge Ossendowski si trovano molte pagine che paiono riprese da Saint-Yves, il che consentirebbe al critico di buon senso di parlare di plagio. Ma i fedeli del mito, tra cui René Guénon, uno dei più noti pensatori della tradizione, ritengono che Ossendowski fosse sincero quando asseriva di non aver mai letto Saint-Yves e la prova della sua sincerità sarebbe che la prima edizione di Missione dell'India (1886) era stata distrutta e ne erano sopravvissute solo due copie. Guénon non considera che l'opera era stata ripubblicata postuma da Dorbon nel 1910, e quindi Ossendowski avrebbe potuto benissimo conoscerla.
Ma Guénon era indotto a considerare Ossendowski come un'autorità indiscutibile (mentre riteneva Jacolliot autore di scarsa attendibilità - al contrario di quanto aveva fatto Madame Blavatsky), perché parlava del Re del Mondo, che Guénon avrebbe reso ancor più famoso col suo Il re del mondo (1925). A Guénon comunque non interessava tanto che Agarttha esistesse fisicamente o fosse solo un simbolo (come avviene per la Shambhala buddhista) perché si rifaceva a miti intemporali per cui regalità e sacerdozio dovevano essere strettamente uniti (e ovviamente una delle tragedie del nostro tempo, l'oscuro Kali Yuga, era l'avere spezzato questa unità). Per Guénon il titolo di Re del Mondo «inteso nella sua accezione più elevata [...] viene attribuito propriamente a Manu, il Legislatore primordiale e universale il cui nome si ritrova, sotto forme diverse, presso numerosi popoli antichi». E l'idea di una unione di regalità e sacerdozio era stata anche tipica del mito del Prete Gianni.
Se per la tradizione cristiana il vero Melchisedec era Gesù, che cosa c'entri Gesù con Agarttha è certo difficile da dimostrare, ma tutto il libretto di Guénon non fa altro che associare liberamente e contro ogni logica elementi dei miti e religioni di tutti i tempi, come si conviene appunto all'assertore di una tradizione primordiale che precederebbe anche le religioni rivelate.
Qualcuno ha osservato che appare difficile associare il mito dei sotterranei e delle caverne, come fa Guénon, che è tradizionalmente legato all'immagine degli inferi, a una realtà soprannaturale positiva, che dovrebbe essere di natura celeste. Ma abbiamo visto come il fascino delle cavità della terra sia più potente di ogni logica e così, sepolta nelle viscere del globo, ancor oggi Agarttha sopravvive, almeno nella mente allucinata di chi ci vuol credere.
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Penetrare nel cuore del pianeta, sotto la crosta terrestre, ha sempre attratto gli esseri umani, e qualcuno ha visto in questa passione per grotte, anfratti, cunicoli sotterranei, una tensione verso un utero materno a cui tornare; ciascuno ricorda probabilmente come da piccolo, prima di addormentarsi, amasse rifugiarsi sotto le coperte per fantasticare di qualche viaggio sottomarino, isolati dal resto del mondo; la caverna poteva essere un luogo dove si incontravano i mostri degli abissi, ma anche il rifugio contro nemici umani o altri mostri della superficie; si è fantasticato, per gli antri, di tesori nascosti, si sono immaginati esseri del sottosuolo come gli gnomi; il Gesù di molte tradizioni non è nato in una capanna bensì in una grotta. E la fantasia di artisti e romanzieri si è scatenata intorno a luoghi oscuri come le carceri di Piranesi, la cella del castello d'If in cui ha vegetato per quattordici anni il futuro conte di Montecristo, i condotti fognari celebrati dai Miserabili di Hugo e dalle vicende di Fantômas.
Thomas Burnet nel suo Teoria sacra della terra (1681) calcolava che il diluvio universale, per sommergere tutto il pianeta avrebbe dovuto usare tanta acqua quanta potevano contenerne sei od otto oceani. Pertanto riteneva che la terra pre-diluviana, ricoperta da una sottile crosta, fosse all'interno piena d'acqua, con un nucleo centrale di materia incandescente. Inoltre, la diversa inclinazione del suo asse le avrebbe permesso di godere di una costante primavera. Poi la crosta si era spaccata e le acque interne erano fuoriuscite causando appunto il diluvio. Quindi si erano ritirate e la terra aveva assunto l'aspetto che conosciamo. Però in genere si pensava a una terra magari solcata da caverne e condotti sotterranei, ma nel complesso solida al proprio interno. Persino Dante immaginava l'immenso imbuto dell'Inferno, ma al di fuori di questo la terra rimaneva solida e petrosa, come una palla in cui fosse stato scavato un cono.
Athanasius Kircher nel suo Mondo sotterraneo (1665) ha cercato di descrivere l'interno del globo facendo anche tesoro delle prime esplorazioni dei vulcani. E così, in una strana mistura di scienza e fantascienza, si poteva immaginare un centro della terra percorso da fiumi di lava incandescente e abitato al tempo stesso da creature come i draghi.
La terra cava
La prima ipotesi di un globo completamente cavo è dovuta a uno scienziato come Edmund Halley, quello della cometa. Qualcuno sostiene anche che una ipotesi analoga fosse stata enunciata dal grande matematico Leonhard Euler, o Eulero, ma la notizia è contestata da altri studiosi che citano testi di Eulero che non lascerebbero dubbi in proposito. Halley, invece, pubblica un articolo sulle Philosophical Transactions, della Royal Society di Londra (1692), dove affermava che il nostro globo era costituito da tre sfere cave concentriche, che non comunicavano tra loro, e da un nucleo caldo, anch'esso sferico. posto al centro del sistema. La sfera esterna aveva una velocità di rotazione minore di quella delle sfere interne, e questa differenza spiegava lo spostamento dei poli magnetici. L'atmosfera interna era luminescente, i continenti interni erano abitati e i gas sfuggiti dai passaggi ai poli erano la causa dell'aurora boreale. Gli scienziati dell'epoca non avevano preso troppo sul serio l'ipotesi di Halley, ma un celebre teologo e scienziato puritano, più noto per avere influito sulla caccia alle streghe nel New England, Cotton Mather, l'aveva fatta sua nel suo The Christian Philosopher del 1721. In ogni caso Halley non riteneva che si potesse penetrare in questo interno del globo.
In questo nostro libro ci siamo proposti di non occuparci delle terre romanzesche ma, per le teorie della terra cava, bisogna fare un'eccezione perché, se alcuni romanzi di cui diremo sono stati influenzati dalle teorie di Halley o - come si vedrà - di John Cleves Symmes, molte teorie che si sarebbero poi volute scientifiche sono state influenzate da invenzioni romanzesche. Alcune di queste invenzioni si limitano a descrivere soltanto un mondo sotterraneo fatto di gallerie e budelli dove vivono mostri o creature primitive, ma altre descrivono civiltà che vivono sotto una cappa celeste formata dalla superficie convessa del pianeta. Il primo di questi romanzi è stato probabilmente l'anonimo Relazione di un viaggio dal polo artico al polo antartico attraverso il centro del mondo (1721), seguito da Lamekis di Charles de Fieux (1734), in otto volumi, dove l'interno della terra diventava il rifugio di alcuni sapienti di origine egizia, tra templi sotterranei e mostri del sottosuolo. E alla stessa tradizione appartiene anche, più tardi, il più celebre il Viaggio al centro della terra di Jules Verne (1864) per arrivare, dal 1945 al 1949, alla rivista di fantascienza Amazing Stories dove Richard Sharpe Shaver raccontava di una stirpe superiore preistorica sopravvissuta nelle cavità del globo, usando macchine fantastiche abbandonate da razze antiche, per tormentare coloro che vivono in superficie. E pare che in seguito a queste storie migliaia di persone avessero scritto alla rivista affermando di sentire “voci infernali" provenienti dal sottosuolo.
Ma il primo importante racconto di finzione che ha estrapolato dall'ipotesi di Halley è stato il romanzo di Ludvig Holberg Il viaggio sotterraneo di Niels Klim (1741). Holberg non solo descrive una società utopica con trovate e arguzie spesso più gustose di quelle di Swift (fantasie parodistiche sulla morale, la scienza, la parità tra i sessi, la religione, il governo e la filosofia), ma ci spiega anche come fosse strutturato un intero sistema solare all'interno del nostro globo.
Ispirato dal romanzo di Holberg abbiamo il più deludente Icosameron (1788), di Giacomo Casanova. L'avventuriero veneziano, ormai vecchio e ridottosi a fare il bibliotecario presso il conte di Waldstein in Boemia, aveva molto sperato, in termini di gloria letteraria e successo economico, da questo raffazzonatissimo romanzo che non gli avrebbe invece fruttato alcuna rinomanza e gli avrebbe fatto perdere per le spese di stampa il poco denaro che gli era rimasto.
Casanova racconta una serie alquanto stravagante di avventure, dove il carattere più eccitante è dovuto al fatto che i due fratelli Edouard e Elisabeth, pervenuti in quel mondo, danno vita a una dinastia di terrestri attraverso la pratica dell'incesto, estesa anche ai loro discendenti, come Casanova presumeva avessero fatto Adamo ed Eva. Ma per il resto, sia nel raccontarci come i due giovani discendono al centro della terra che come ne escono, Casanova non si preoccupa di giustificare in termini geo-astronomici quella situazione che pure costituiva il nucleo innovativo della sua vicenda. Per quanto riguarda il secolo successivo potremmo citare un Viaggio al centro della terra (1821) dovuto probabilmente al noto demonologo Collin de Plancy e (come vedremo più avanti) Vril, noto in italiano come La razza ventura (1871), di Edward Bulwer-Lytton.
Passando al XX secolo ne Il dio fumoso (1908) di Willis George Emerson, un pescatore norvegese di nome Olaf Jansen raggiunge con suo padre e la sua barca un continente interno, dove per due anni visita le città di un regno sotterraneo e infine fuoriesce dal Polo Sud. Ma una delle più popolari epopee sul tema è stata la serie di Pellucidar, creata da Edgar Rice Burroughs, che dal libro al fumetto ha popolato le storie di Tarzan con i dinosauri sotterranei di Verne, animali preistorici e razze intelligenti che abitano l'interno del globo, il cui interno è illuminato da un piccolo sole e dai suoi piccoli pianeti. La serie era iniziata con At the Earth's Core (1914) ed è continuata per vari volumi, tra cui appunto Pellucidar (1915).
Il geologo russo Vladimir Afanasevič Obručev si è forse ispirato a Burroughs o a Verne per narrare di una terra cava piena di bestie preistoriche in Plutonia (1924), e sulle tracce di Burroughs, nel 1920, Victor Rousseau aveva pubblicato L'occhio di Balamok dove troviamo un centro della terra rischiarato da un sole centrale che gli abitanti non possono guardare senza morire. Non si possono elencare tutte le opere narrative ispirate al nostro mito: solo per i romanzi in inglese Cynthia Ward (2008) elenca una ottantina di titoli, ma Guy Costes e Joseph Altairac (2006) registrano e commentano più di duemiladuecento titoli in varie lingue. Tuttavia molte opere non sono frutto di fantasia romanzesca, bensì sono state ispirate a ipotesi enunciate sul serio. Nel 1818 un certo capitano J. Cleves Symmes aveva scritto a varie società erudite e a tutti i membri del Congresso degli Stati Uniti asserendo che era pronto a dimostrare che la terra è vuota e abitabile all'interno. Egli sosteneva che tutto è vuoto in natura, come i capelli, le ossa, gli steli delle piante e pertanto tale doveva essere anche il nostro globo, che era composto di cinque sfere, tutte abitabili sia all'esterno che all'interno. Ad ambedue i poli si trovano aperture circolari, sorte di orli circondati da un cerchio di ghiaccio, e superato il ghiaccio si trova un clima mite.
Symmes non ha lasciato nulla di scritto, ma aveva percorso tutti gli Stati Uniti in una serie di conferenze e gli si attribuisce il modello del suo universo, in legno, che si trova ancora presso l'Academy of Natural Sciences di Philadelphia. Benché assolutamente insostenibile la teoria di Symmes non fu facilmente liquidata. Il personaggio aveva fama di essere un eroe della guerra del 1812 contro gli inglesi e in ogni caso trovò numerosi seguaci, ed è notevole il numero di saggi e articoli che ha provocato, anche ad opera di suo figlio, Americus Vespuccius[1].
Nel 1892, ispirato alle idee di Symmes, appariva il romanzo di William Bradshaw La dea di Alvatabar, e nel 1895 il curioso Etidorhpa ("Aphrodite" scritto all'inverso),1895, di John Uri Lloyd, dove tra l'altro appare nelle viscere del globo una foresta di funghi altissimi simili a quelli che già apparivano nel Viaggio di Verne. E sulla permanenza di queste credenze si veda una recente riedizione di Etidorhpa che su Internet viene così pubblicizzata: «Finzione? Niente affatto, come vorrebbero credere gli ignoranti! L'autore era un approfondito studioso di occultismo e nel suo sensazionale libro ha cercato di mettere sotto gli occhi dei suoi lettori la terribile realtà che aveva scoperto, che riguarda la nostra terra, e la vita su di essa, dentro di essa e al di là di essa.»
Idee analoghe a quelle di Symmes erano state teorizzate da William Reed, che nel Fantasma dei poli (1906) sosteneva che i poli in realtà non erano mai stati scoperti perché non esistono; al loro posto si troverebbe un enorme buco con il passaggio al continente interno. Marshall Gardner con Un viaggio all'interno della terra (1913) parlava di un sole all'interno della terra; quando erano stati rinvenuti negli strati glaciali i resti di mammuth perfettamente conservati, ne aveva concluso che non era possibile che un reperto fosse rimasto integro così a lungo, e che quelli trovati sarebbero stati i resti di creature morte di recente dopo essere sfuggite dal continente interno. Sia Reed che Gardner argomentavano che, siccome gli iceberg sono fatti di acqua dolce e non salata, era evidente che ciò accadesse perché sono formati dalle acque dei fiumi del continente interno (naturalmente è noto che sono di acqua dolce perché provengono da ghiacciai terrestri).
Le idee di Reed e Gardner sono state ancora riprese nel 1969 in The Hollow Earth (La terra cava), di un sedicente Dr Raymond W. Bernard, il quale ha sostenuto che gli UFO provengono dal continente interno, e che le nebulose ad anello proverebbero l'esistenza di mondi cavi. II libro di Bernard, benché ripeta quello che era stato scritto nei decenni precedenti, ha goduto di vasta popolarità ed è ripubblicato ancora oggi. Pare che Bernard sia morto di polmonite mentre cercava un tunnel che lo conducesse all'interno della terra nell'America del Sud.
Ispirato alle idee di Symms era stato un romanzo di tale capitano Seaborn (che alcuni ritengono sia stato lo stesso Symmes), Symzonia (1820), dove appaiono precisi diagrammi sull'interno del globo. Symmes però aveva ipotizzato una terra cava ma non aveva osato immaginare che noi (lui compreso) invece di vivere sulla crosta esterna, convessa, vivessimo su quella interna e concava. A questo sarebbe arrivato Cyrus Reed Teed (1899) il quale specificava che quello che noi crediamo il cielo (secondo «la gigantesca e grottesca fallacia dell'ignorante Copernico» e la pseudoscienza anglo-israelita) è una massa di gas, che riempie l'interno del globo, con delle zone di luce brillante. II sole, la luna e le stelle non sono dei globi celesti bensì degli effetti visivi provocati da vari fenomeni. Teed aveva fondato una setta, la Koreshan Unity, e i koreshani sostenevano di aver verificato sperimentalmente la concavità della curvatura terrestre usando sulle coste della Florida uno strumento detto "rettilineatore". Come osservano Ley e de Camp (1952) né il concetto di una terra piena di buchi come una mela bacata né quello di una terra cava possono reggere. Pochi chilometri sotto la superficie terrestre, infatti, si entra in una zona in cui il calore e la pressione rendono plastica la roccia, per cui qualunque buco o cavità vi si chiuderebbero come avviene coi fori presenti in un blocco di mastice, allorché lo si schiacci. Inoltre già Isaac Newton aveva dimostrato che all'interno di una sfera cava la forza di gravità si equivale in tutte le direzioni, sicché qualsiasi oggetto libero, acqua, terra, rocce, uomini, ondeggerebbe senza peso in una caotica confusione, mentre la forza centrifuga o le maree provocherebbero il collasso della sfera. Ma quando individui o interi gruppi aderiscono fideisticamente a qualche idea insostenibile, neppure il fallimento evidente delle loro ipotesi li convince a cambiare idea - così come in fondo a una persona di fede che implora un miracolo, il fatto che il miracolo non avvenga non fa perdere la fede.
Per esempio, dopo avere conquistato numerosi seguaci, Teed era morto nel 1908 asserendo che il suo cadavere non si sarebbe putrefatto. Il cadavere era rimasto esposto per un poco poi era stato giocoforza eliminarlo, ma ancora nel 1967 veniva istituito un Koreshan State Park (ora Koreshan State Historic Site).
Dopo la prima guerra mondiale la teoria della terra cava (Hohlweltlehre) appare in Germania a opera di Peter Bender e di Karl Neupert, e viene presa molto sul serio nelle alte sfere della marina e dell'aviazione tedesca, che evidentemente erano sensibili in qualche modo al clima occultistico che si era instaurato presso alcuni rappresentanti del regime. Le notizie su Bender sono imprecise e secondo alcuni lui e Neupert erano la stessa persona[2].
Secondo Goodrick-Clarke (1985), Ley (1956) e Gardner (1957), invece, Bender - influenzato dalle teorie di Teed e poi da Marshall Gardner - aveva anche tentato nel 1933 di costruire un razzo da lanciare verso l'alto: se la sua teoria fosse stata esatta il razzo avrebbe dovuto cadere sulla superficie opposta del pianeta. Di fatto il razzo era caduto a poche centinaia di metri dal punto del lancio. Inoltre Bender avrebbe suggerito alla marina tedesca una spedizione all'isola di Rügen (nel Baltico) per cercare di individuare navi britanniche grazie a potenti telescopi puntati verso l'alto, lungo la pretesa concavità terrestre, e usando raggi infrarossi[3].
La meta pare in accordo con la sensibilità romantica tedesca perché nell'estate del 1801 Caspar Friedrich si era ispirato all’isola di Rügen, famosa per le sue bellezze naturali e in particolare per le sue scogliere bianche.
L'impresa di Friedrich ci ha lasciato bellissime vedute, mentre quella della marina tedesca non ha lasciato traccia. Anzi, pare che, adirati per il tempo perduto con Bender, i nazisti lo avrebbero internato in campo di concentramento, dove è poi deceduto.
Più sicura è stata invece l'influenza di Neupert, autore di numerosissime pubblicazioni e vissuto sino al 1949, quando un suo collaboratore, Lang, aveva continuato a pubblicare una rivista, Geocosmos, sino al 1960.
Anche Neupert asseriva che la terra è una bolla sferica, noi viviamo sulla sua interna superficie concava, e sopra di noi si muovono il sole, la luna e un «universo fantasma», una sfera blu scuro picchiettata di piccole luci che noi scambiamo per le stelle. L'errore di Copernico era stato di credere che la luce si propagasse in linea retta, mentre subisce una curvatura.
Sempre secondo Bergier e Pauwels, furono sbagliati alcuni tiri con le V1 proprio perché si calcolava la traiettoria partendo dall'ipotesi di una superficie concava non convessa. Se questi fantasiosi autori ci avessero riferito una storia vera, si vedrebbe l'utilità storica e provvidenziale delle astronomie deliranti. Sempre nell'ambiente nazista era stato preso molto sul serio il romanzo di Bulwer-Lytton, La razza ventura (1871) in cui una vasta comunità di sopravvissuti al dissolvimento di Atlantide vive nelle viscere della terra, dotata di poteri straordinari dovuti al possesso del Vril, una sorta di energia cosmica. Bulwer-Lytton (che tra parentesi nel suo racconto Paul Clifford aveva scritto l'incipit reso famoso da Snoopy, «era una note buia e tempestosa, It was a dark and stormy night») aveva probabilmente voluto scrivere un racconto di fantascienza, ma siccome era appartenuto alla società occultistica britannica della Golden Dawn, aveva influenzato l'ambiente degli occultisti in Germania e aveva ispirato, un decennio prima dell'avvento del nazismo, una Vril Gesellschaft, Società del Vril o Loggia Luminosa. Dalle profondità della terra descritta da Bulwer-Lytton si attendeva il riemergere della Razza Ventura, formata da esseri superiori di straordinaria potenza e bellezza.
L'idea di una terra cava è riapparsa più recentemente nel lavoro di un matematico, Mostafa Abdelkader (1983), che con calcoli estremamente complessi ha cercato di conciliare la geometria di un mondo concavo con i fenomeni della levata e del tramonto del sole.
Basterebbe abbandonare l'idea che i raggi luminosi viaggino secondo una linea retta e ammettere che procedano lungo una curva. E basterebbe proiettare il cosmo copernicano esterno sul geocosmo interno, attraverso una speciale manipolazione matematica, che permette di mappare ogni punto esterno a una sfera su un punto interno a essa.
Non entreremo in merito alle discussioni e contestazioni che la proposta ha suscitato nel mondo degli specialisti, dove secondo alcuni l'ipotesi porterebbe di nuovo a una forma di geocentrismo. Se vivessimo in una terra cava col sole al centro, non esisterebbe un universo infinito al di fuori del nostro globo, e che la terra ruoti intorno al sole interno o viceversa non sarebbe di nessun rilievo, dato che mancherebbe ogni parametro a cui riferirci. Oppure, come ha scritto Abdelkader, «tutto lo spazio esterno diviene racchiuso entro la terra vuota» e «oggetti come le galassie e i quasars che distano molti miliardi di anni luce sarebbero contratti a dimensioni microscopiche».
Inoltre per Abdelkader se vivessimo su una terra convessa tutte le nostre misurazioni funzionerebbero come funzionano su una terra cava: «Ogni osservazione e valutazione del formato, della direzione e della distanza di ogni oggetto celeste darebbe gli stessi risultati per un osservatore sia che sia situato sull'esterno che sull'interno della terra», così che l'ipotesi di una terra concava non potrebbe mai essere respinta su basi di osservazioni empiriche[4].
Per fortuna Abdelkader scrive che, se i suoi assunti sono accettabili in un sistema matematico, non lo sarebbero in un sistema fisico. Quello di Abdelkader era dunque un esercizio teorico che serviva a dimostrare quello che altri avevano sostenuto, che la metrica che usiamo per una terra convessa funzionerebbe anche per una terra concava. Questo non cambia niente per il modo in cui viviamo sulla crosta terrestre, e gli astronomi osservano che, anche ad accettare la sua idea, niente cambierebbe nel modo in cui esploriamo il cosmo.
Il mito polare
Nel clima delle varie fantasie occultistiche che circolavano nella Germania nazista aveva preso maggiore credibilità il mito polare. Il modello "polare" non sottolineava soltanto che dal polo l'Occidente proviene, ma che al polo dovrebbe ritornare. Visto che le regioni polari sono ormai freddissime, gli irremovibili adepti dei poli erano passati a un'altra ipotesi: se si raggiunge il polo, attraverso un enorme foro centrale, si potrebbero scoprire terre nuove dal clima mite e dalla vegetazione floridissima.
L'idea non era nuova. In una carta geografica di Mercatore (XVI sec.) troviamo il Polo Nord rappresentato come una immensa cavità in cui defluiscono le acque dei mari circostanti per discendere nelle cavità della terra. Idea che peraltro risaliva alle descrizioni di alcune enciclopedie medievali, secondo le quali al centro del Polo Nord c'era una montagna di 33 leghe di circonferenza (che Mercatore nella sua mappa ancora riproduce) e un gorgo vertiginoso in cui si precipitavano le acque dell'Oceano.
Nel XVII secolo Athanasius Kircher nel suo Mondo sotterraneo aveva sostenuto, anche attraverso suggestive incisioni, che le acque dei mari attraverso lo stretto di Bering entravano nel gorgo del Polo Nord, e «tra sconosciuti recessi e canali tortuosi» attraversavano il cuore della terra per fuoriuscire al Polo Sud. Questa circolazione delle acque nel corpo terrestre appariva a Kircher in analogia con la circolazione del sangue nel corpo umano, che era stata scoperta una quarantina di anni prima da Harvey.
Contro la teoria del "buco" polare si era però fatta strada, nel XX secolo, anche l'ipotesi di una terra sconosciuta al di là del Polo Nord. Nel 1904 un dottor Harris della US Coast and Geodetic Survey aveva pubblicato un articolo in cui diceva che doveva esserci una gran parte di terra non ancora scoperta nel bacino polare a nord est della Groenlandia, che alcune tradizioni eschimesi parlavano di una gran massa che sarebbe esistita a nord (e non si vede perché considerare scientificamente attendibile una leggenda eschimese) e che un disordine delle maree a nord dell'Alaska poteva solo essere spiegato con l'esistenza di questa massa.
Anche se le successive esplorazioni moderne dei poli non avrebbero incoraggiato né la credenza nel "buco" né quella della massa di terra ignota, si era così diffusa la leggenda dell'ammiraglio americano Byrd.
Richard Byrd è stato un grande esploratore polare americano, nel 1926 si era spinto in aereo sino al Polo Nord (anche se le sue dichiarazioni erano state contestate), nel 1929 sorvolava il Polo Sud, e tra 1946 e 1956 aveva compiuto decisive esplorazioni antartiche, ricevendo onori e riconoscimenti dal governo americano. Ma intorno a lui sono nate varie leggende, e la tradizione vuole ora che egli abbia lasciato un diario in cui racconta drammaticamente come al di là del polo egli abbia trovato terre verdi e pianure feconde, quasi a dimostrazione delle antiche leggende sui poli temperati. Le notizie del suo pseudodiario lasciavano anche intravvedere una grande cavità polare e si sono gradatamente complicate con la credenza che all'interno vivessero altri genti, o che da quella voragine sorgessero i dischi volanti. Se nessuno sa queste cose, recita la leggenda, è perché il governo americano ha severamente censurato tutte queste notizie, per varie e complesse ragioni di sicurezza militare.
È vero che, in un annuncio radio sulla sua esplorazione antartica nel 1947, Byrd avrebbe affermato che «l’area oltre il polo è il centro di un grande ignoto», e che al ritorno da una delle sue esplorazioni aveva detto «questa spedizione ha scoperto una vasta nuova terra», ma tutto ciò potrebbe essere inteso solo nel senso più ragionevole possibile: il termine usato era «beyond the pole» che poteva essere letto sia come al di là del polo, oltre il polo, che – con un poco di buona volontà – all’interno del polo. L'espressione è sempre stata interpretata nel modo più promettente per gli amanti dell'ignoto, e si era iniziato a fantasticare su mostruosi animali che i compagni di Byrd avrebbero visto oltre il polo.
A scatenare la leggenda di Byrd è stato probabilmente il libro di tale Francis Amedeo Giannini, Mondi al di là del polo (1959). Giannini era un fantasioso personaggio che da anni sosteneva una sua teoria ancora più ardita di quella della terra cava: egli riteneva che la terra non fosse un globo, bensì che le parti della terra che conosciamo fossero solo una porzione ridotta di una massa infinita che si estendeva al di là dei poli in uno spazio celeste. In ogni caso si accontentava del fatto che nel 1947 Byrd avesse scoperto qualcosa al di là del polo.
Ma più interessante è invece leggere il presunto diario di Byrd.
È autentico questo diario? La questione ha generato una quantità incontrollabile di volumi e articoli e se andate su Internet troverete quasi soltanto siti di adepti della terra cava che lo ritengono autentico, mentre sulle biografie ufficiali (vedi Encyclopaedia Britannica o Wikipedia) non se ne fa menzione. Naturalmente i "polari” obiettano che nessuna fonte ufficiale parla del diario perché occorreva censurare a ogni costo la scoperta. Ma troviamo anche testi che addirittura negano che Byrd abbia fatto l'esplorazione del 1947, altri che precisano come Byrd nel '47 fosse stato in Antartide, mentre i suoi interpreti "polari" assumono che in quella data sia stato anche al Polo Nord, naturalmente in forma clandestina. La conclusione più prudente è che il diario sia un falso come i falsi diari di Hitler o di Mussolini; ma si potrebbe anche pensare che Byrd si fosse lasciato andare in qualche scritto privato a personali fantasie. Non si può neppure dimenticare che egli era membro di una loggia massonica e quindi incline (forse) a qualche credenza occultistica. Infine alcuni ricordano come Byrd sia stato accusato di aver falsificato i dati della sua prima esplorazione polare del 1926 e quindi non trovano strano che abbia falsificato anche i dati delle esplorazioni successive.
Ormai le dicerie hanno finito per offuscare le notizie sui documenti realmente esistenti. Byrd è stato però considerato un eroe dal governo americano ed è stato certamente un coraggioso esploratore: è possibile che su questo intemerato sorvolatore gravino le mitologie costruitegli attorno dai suoi dissennati devoti. Sta di fatto che ormai la sua leggenda continua a presentarci una terra polare non più esistente dell'isola di san Brandano o dell'Isola Che Non C'è di Peter Pan, quando ormai le nostre conoscenze geografiche sui poli escludono queste fantasticherie.
Agarttha e Shambahla
Ma per sognare un mondo sotterraneo non è indispensabile ipotizzare una terra cava e che noi viviamo sulla sua superficie interna. Basta pensare a una immensa città sotterranea che ancora esista sotto i nostri piedi. Il vantaggio di questa ipotesi è che città sotterranee ne sono sempre esistite. Già Senofonte nell'Anabasi scriveva che in Anatolia si erano scavate città sotterranee per viverci con le famiglie, gli animali domestici e le vettovaglie necessarie alla sopravvivenza. E i turisti che si recano ancor oggi in Cappadocia possono visitare, sia pure in parte, Derinkuyu, che altro non era che un antico insediamento scavato nel sottosuolo. In Cappadocia si trovano numerose altre città sotterranee a due o tre livelli, ma Derinkuyu ha undici livelli, sebbene molti piani non siano ancora stati scavati. La profondità della città originaria è stimata intorno agli 85 metri. La città era connessa con altre città sotterranee, attraverso miglia di lunghi tunnel, e poteva ospitare da 3000 a 50.000 persone.
Derinkuyu fu per esempio uno dei luoghi in cui si nascosero i primi cristiani per sfuggire a persecuzioni religiose o incursioni dei musulmani. Da esperienze reali di questo tipo nasce nel XIX secolo, a opera di alcuni autori fantasiosi, il mito della città di Agarttha.
Questo mito, benché i suoi divulgatori si appellino a tradizioni orientali o a rivelazioni di santoni indiani, è debitore di varie teorie occultistiche precedenti come quelle su Iperborea, Lemuria o Atlantide. In sintesi Agarttha (e secondo i testi sarà chiamata Agartha, Agarthi, Agardhi o Asgartha) è una immensa distesa che si espande sotto la superficie terrestre, un vero e proprio paese fatto di città connesse tra loro, un mondo depositario di conoscenze straordinarie, che ospita il detentore di un potere supremo, ovvero il Re del Mondo, che può influenzare con i suoi immensi poteri tutti gli eventi del globo. Agarttha si distenderebbe nel sottosuolo dell'Asia, alcuni dicono sotto l'Himalaya, ma sono state menzionate molte entrate segrete per adire a quel regno, dalla Cueva de los Tayos all'equatore, al deserto di Gobi, alla grotta della sibilla della Colchide, a quella della sibilla di Cuma a Napoli, e ad altri luoghi nel Kentucky, nel Mato Grosso, al Polo Nord o al Polo Sud, nei pressi della piramide di Cheope e addirittura nei pressi della immensa pietra di Ayers Rock in Australia.
Il nome di Agarttha appare per la prima volta nell'opera di un curioso personaggio, Louis Jacolliot, autore di opere d'avventura sul modello verniano o salgariano, ma ai tempi suoi più famoso per i suoi numerosi volumi sulla civiltà indiana. In Lo spiritismo nel mondo (1875) egli cercava le radici indiane dell'occultismo occidentale - e non doveva fare molta fatica perché la maggior parte degli occultisti del suo tempo si rifaceva abbondantemente ad autentici o falsi miti orientali. Jacolliot faceva riferimento a un testo sanscrito sconosciuto agli esperti, Agrouchada-Parikchai, una sorta di cocktail che probabilmente egli stesso aveva messo insieme rifacendosi a passi presi dalle Upanishad e altri testi sacri, aggiungendovi alcuni elementi della tradizione massonica occidentale. Egli affermava che in certe tavolette sanscrite (mai specificate) si parlava di una terra chiamata Rutas, inghiottita dall'oceano Indiano, anche se poi parlava del Pacifico e l'identificava con Atlantide, che avrebbe dovuto essere nell'oceano Atlantico - ma come si è già visto Atlantide era stata pensata un po' dappertutto.
Infine nel suo I figli di Dio (1873 o 1871) Jacolliot parlava di una "Asgartha" come di un immenso sotterraneo nel subcontinente indiano, città del gran sacerdote dei brahmani.
A dire il vero pochi avevano dato credito alle sue rivelazioni - e l'avrebbe preso sul serio solo Madame Blavatsky, sempre pronta a credere a tutto. Invece chi aveva avuto una notevole e immediata influenza era stato il marchese Joseph-Alexandre Saint-Yves d'Alveydre, con la sua Missione dell’India in Europa (1886). Nel 1877 Saint-Yves aveva impalmato la contessa Marie Victoire de Riznitch-Keller, frequentatrice di vari cenacoli occultisti. Quando aveva incontrato Saint-Yves la contessa aveva passato i cinquanta, mentre lui era sulla trentina. Per dargli un titolo lei aveva comperato una terra appartenuta a certi marchesi d'Alveydre. Potendo ormai vivere di rendita, Saint-Yves si era dedicato al suo sogno: voleva trovare una formula politica capace di portare a una società più armonica, una forma di sinarchia come il contrario di anarchia, una società europea, governata da tre consigli che rappresentassero il potere economico, i magistrati e il potere spirituale, e cioè le chiese e gli scienziati, un'oligarchia illuminata che eliminasse le lotte di classe, unendo gli uomini di sinistra e di destra, i gesuiti e i massoni, capitale e lavoro. Il progetto aveva riscosso l'attenzione di gruppi di estrema destra come l'Action Française, così che la sinistra avrebbe visto Vichy come complotto sinarchico; ma la destra avrebbe visto la sinarchia come espressione di un complotto giudeo-leninista; per altri la sinarchia era stata un complotto gesuita per sovvertire la terza repubblica, per altri ancora un complotto nazista, e non poteva mancare l'ipotesi del complotto massonico e giudaico.
In ogni caso si è spesso sviluppata sia da sinistra che da destra l'idea che ci fosse una società segreta che stava ordendo un complotto universale.
Alla morte della moglie, nel 1895, Saint-Yves aveva dato inizio alla sua ultima opera, L'archéomètre (1911). L'archeometro era uno strumento formato di cerchi concentrici e mobili capace di formare infinite combinazioni tra i segni di cui sono coperti, segni zodiacali, planetari, colori, note di musica, lettere di alfabeti sacri, ebreo, siriaco, aramaico, arabo, sanscrito e il misterioso vattan, lingua primordiale degli indoeuropei.
Ma dobbiamo occuparci di Agarttha. Quando aveva scritto la Missione dell'India Saint-Yves diceva che era stato visitato da un misterioso afgano, tale Hadji Scharipf, che afgano non poteva essere, perché il nome è evidentemente albanese (e l'unica fotografia che ne abbiamo ce lo mostra in un costume da operetta balcanica) e costui gli avrebbe rivelato il segreto di Agarttha, l'Introvabile. Come per Jacolliot, che forse aveva ispirato Saint-Yves, ci sono in Agarttha città sotterranee, e il regno è governato da cinquemila saggi o pundit. La cupola centrale di Agarttha è rischiarata dall'alto da sorte di specchi «che lasciano arrivare la luce solo attraverso la gamma enarmonica dei colori, di cui lo spettro solare dei nostri trattati di fisica non costituisce che la diatonica" (sic). I saggi di Agarttha studiano tutte le lingue sacre per arrivare alla lingua universale, il Vattan. Quando abbordano misteri troppo profondi si levano da terra levitando verso l'alto e si sfracellerebbero il cranio sulla volta della cupola se i loro confratelli non li trattenessero. Questi sapienti preparano le folgori, "orientano le correnti cicliche dei fluidi troppo profondi si levano da terra levitando verso l'alto e si sfracellerebbero il cranio sulla volta della cupola se i loro confratelli non li trattenessero. Questi sapienti preparano le folgori, "orientano le correnti cicliche dei fluidi interpolari e intertropicali, le derivazioni interferenziali nelle differenti zone di latitudine e di longitudine della terra» (sic), selezionano le specie e creano animali piccoli ma di virtù psichiche straordinarie: essi hanno una croce gialla su un dorso di tartaruga, un occhio e una bocca a ogni estremità. Per la prima volta appare l'idea di una Mente direttrice - e certamente Saint-Yves era stato influenzato da quelle dottrine massoniche che riconoscevano, alla base di tutti gli eventi storici passati e futuri, dei Superiori Sconosciuti.
È possibile che parte dell'ispirazione di Saint-Yves provenisse da testi orientali che descrivono il regno di Shambhala, anche se per molti occultisti i rapporti tra Agarttha e Shambhala sono molto confusi. In molte carte fantasiosamente disegnate da sostenitori della terra cava, Shambhala sarebbe una città che sorge nel continente sotterraneo Agarttha. A parte che, secondo altre versioni Shambhala viene identificata con Mu, che non è mai stato definito come continente sotterraneo, va ricordato che in nessuna fonte orientale si dice che Shambhala fosse sottoterra, anzi (benché fosse racchiusa in modo inaccessibile da catene di montagne, si estenderebbe per pianure, colline e montagne fertili e bellissime, a tal punto che questa immagine ha ispirato il mito di Shangri-La, in effetti inventato da James Hilton (1933) nel suo romanzo Orizzonte perduto da cui è stato tratto anche un celebre film di Frank Capra.
Hilton parla di un luogo all'estremità occidentale dell'Himalaya, dove il tempo si era quasi fermato in un ambiente di pace e tranquillità. Ma anche in questo caso un'invenzione romanzesca ha sedotto il mondo occultistico da un lato, mentre dall'altro ha suscitato speculazioni turistiche portando alla creazione di false Shangri-La per visitatori di bocca buona, dall'Asia all'America; e in Cina, nel 2001, la città di Zhongdian è stata ribattezzata Shangri-La - ovvero in cinese Xianggelila.
Le prime notizie su Shambhala erano pervenute in Occidente dai missionari portoghesi, i quali però - quando l'avevano sentita nominare - pensavano fosse il Cathay e cioè la Cina. La fonte più sicura è un testo sacro, il Kalachakra Tantra (che trae origine dalla tradizione vedica dell'India) e che ha ispirato splendide raffigurazioni mistiche. Nelle tradizioni del buddhismo tibetano e indiano, Shambhala (talora Shambala, Shambahla o Shamballa) è un regno la cui realtà fisica è creduta solo da alcuni, che l'hanno via via collocata nel Punjab, in Siberia, nell'Altai e in vari altri luoghi. In genere la si considera però un simbolo di carattere spirituale, una Terra Pura, la promessa di una sconfitta finale delle forze del male.
Che Shambhala non possa essere identificata con Agarttha (almeno secondo le tradizioni buddhiste) ce lo dice una dichiarazione rilasciata dal Dalai Lama Tenzin Gyatso a Baistrocchi (1995) nell'ottobre 1980: «Con la caratteristica amabilità degli orientali e la cortesia derivante dal suo alto livello spirituale, il Dalai Lama si informò previamente sul significato della parola AgartthaAgharti e concluse in modo tassativo, confessando, dopo aver scambiato qualche parola con il suo consigliere spirituale, di non aver mai sentito tale nome e tanto meno di un regno spirituale sotterraneo. Egli concluse aggiungendo, tuttavia, che poteva essersi verificata qualche confusione e che probabilmente si trattava piuttosto 'del grande mistero di Shambala': per il Dalai Lama però Shambala è 'un regno reale, anche se soprasensibile, tra il mondo degli Dei e dei demoni e di difficilissimo accesso', raggiungibile 'soltanto dall’asceta [...] attraverso complessi esercizi'».
Nel XIX secolo uno studioso ungherese, Sándor Kőrösi Csoma, aveva fornito di Shambahla le coordinate geografiche (tra il 45° il 50° di latitudine nord). Sempre pronta a raccogliere e raffazzonare notizie imprecise, lavorando su fonti di seconda mano e mal tradotte, Madame Blavatsky nel suo La dottrina segreta (1888) non poteva ignorare Shambhala (benché curiosamente ignori Agarttha). Pare avesse ricevuto telepaticamente notizie in proposito da suoi informatori tibetani e informava che i sopravvissuti di Atlantide erano migrati nell'isola sacra di Shambhala nel deserto di Gobi (e probabilmente si era ispirata a Kőrösi Csoma perché le coordinate che costui aveva dato potevano applicarsi anche al Gobi). Shambhala, forse per la sua probabile posizione geografica, aveva colpito molti politici che cercavano di trarne profitto simbolico. Così tale Agvan Dorjiev, per opporsi alle mire britanniche e cinesi sul Tibet, aveva convinto il Dalai Lama a cercare aiuto in Russia e a tale scopo gli aveva dimostrato che la vera Shambhala era la Russia e che lo zar era discendente dai suoi antichi re - e la cosa aveva funzionato per lo zar, che aveva aperto un tempio buddhista a San Pietroburgo. In Mongolia il barone von Ungern-Sternberg, che combatteva per i russi bianchi contro i rivoluzionari rossi, convinto che tutti gli ebrei fossero bolscevichi, per fanatizzare le sue truppe prometteva loro una rinascita nell’esercito di Shambala. Dopo aver invaso la Mongolia il Giappone aveva cercato di convincere i mongoli che l'originaria Shambhala era il Giappone. Non è chiaro quanti negli alti comandi nazisti prestassero fede a Shambhala, ma nell'ambiente della Thule Gesellschaft si era diffusa l'idea che gruppi di iperborei, dopo varie migrazioni ad Atlantide e Lemuria fossero arrivati al deserto di Gobi, fondando Agarttha.
Grazie a evidenti assonanze, Agarttha fu ritenuta legata ad Asgaard, patria degli dèi nella mitologia nordica. Qui le cose si fanno confuse perché pare che per una corrente di pensiero, dopo la distruzione di Agarttha, un gruppo di ariani "buoni" fosse emigrato verso sud fondando un'altra Agarthi sotto l'Himalaya, mentre un altro gruppo era risalito a nord, dove si era corrotto, e aveva ivi fondato Shambhala come regno del male. Come si capisce, a questo punto la geografia occulta si fa molto confusa, ma per certe fonti negli anni venti alcuni capi della polizia segreta bolscevica avrebbero pianificato una ricerca di Shambhala pensando di fondere quell'idea di paradiso terrestre con quella di un paradiso sovietico. Allo stesso ceppo di dicerie appartiene anche la notizia di una spedizione inviata nel Tibet da Heinrich Himmler e Rudolf Hess negli anni trenta, ovviamente per trovare l'origine di una razza pura. Tra gli anni venti e gli anni trenta Nicholas Roerich, un famoso esploratore russo aderente a molte credenze occultistiche e modesto pittore, aveva visitato varie regioni asiatiche in cerca di Shambala, e aveva pubblicato uno Shambala (1928). Egli asseriva di essere in possesso di una pietra magica, la Pietra Chintamani, che gli proveniva dalla stella Sirio. Per lui Shambhala era il Luogo Santo, e lo aveva associato con Agarttha, a cui in qualche modo era unita da canali sotterranei.
Purtroppo le testimonianze che Roerich ci ha lasciato delle sue esplorazioni sono quasi esclusivamente i suoi bruttissimi quadri.
Ma torniamo ad Agarttha.
Alquanto in ritardo su Saint-Yves, Ferdinand Ossendowski, un avventuriero polacco che aveva viaggiato attraverso l'Asia Centrale, pubblicava un libro destinato a grande successo, Bestie uomini e dei (1923), dove diceva di aver appreso dai mongoli che Agarthi, come lui la chiamava, era da collocare sotto la Mongolia, ma il regno si estendeva a tutti i passaggi sotterranei esistenti al mondo, contava milioni di sudditi ed era governato da un Re del Mondo.
Se si legge Ossendowski si trovano molte pagine che paiono riprese da Saint-Yves, il che consentirebbe al critico di buon senso di parlare di plagio. Ma i fedeli del mito, tra cui René Guénon, uno dei più noti pensatori della tradizione, ritengono che Ossendowski fosse sincero quando asseriva di non aver mai letto Saint-Yves e la prova della sua sincerità sarebbe che la prima edizione di Missione dell'India (1886) era stata distrutta e ne erano sopravvissute solo due copie. Guénon non considera che l'opera era stata ripubblicata postuma da Dorbon nel 1910, e quindi Ossendowski avrebbe potuto benissimo conoscerla.
Ma Guénon era indotto a considerare Ossendowski come un'autorità indiscutibile (mentre riteneva Jacolliot autore di scarsa attendibilità - al contrario di quanto aveva fatto Madame Blavatsky), perché parlava del Re del Mondo, che Guénon avrebbe reso ancor più famoso col suo Il re del mondo (1925). A Guénon comunque non interessava tanto che Agarttha esistesse fisicamente o fosse solo un simbolo (come avviene per la Shambhala buddhista) perché si rifaceva a miti intemporali per cui regalità e sacerdozio dovevano essere strettamente uniti (e ovviamente una delle tragedie del nostro tempo, l'oscuro Kali Yuga, era l'avere spezzato questa unità). Per Guénon il titolo di Re del Mondo «inteso nella sua accezione più elevata [...] viene attribuito propriamente a Manu, il Legislatore primordiale e universale il cui nome si ritrova, sotto forme diverse, presso numerosi popoli antichi». E l'idea di una unione di regalità e sacerdozio era stata anche tipica del mito del Prete Gianni.
Se per la tradizione cristiana il vero Melchisedec era Gesù, che cosa c'entri Gesù con Agarttha è certo difficile da dimostrare, ma tutto il libretto di Guénon non fa altro che associare liberamente e contro ogni logica elementi dei miti e religioni di tutti i tempi, come si conviene appunto all'assertore di una tradizione primordiale che precederebbe anche le religioni rivelate.
Qualcuno ha osservato che appare difficile associare il mito dei sotterranei e delle caverne, come fa Guénon, che è tradizionalmente legato all'immagine degli inferi, a una realtà soprannaturale positiva, che dovrebbe essere di natura celeste. Ma abbiamo visto come il fascino delle cavità della terra sia più potente di ogni logica e così, sepolta nelle viscere del globo, ancor oggi Agarttha sopravvive, almeno nella mente allucinata di chi ci vuol credere.
Note
1) E alcuni ritengono che dalle fantasie di Symmes sia stato ispirato un racconto di Poe" Hans Phall", apparso originariamente nel 1835, dove in un viaggio in pallone verso la luna si vede il Polo Nord dall'alto.
2) Del primo parlerebbero solo Bergier e Pauwels, i quali peraltro ignorano Neupert; Galli (1989) menziona questa ipotesi di Roberto Fondi (s.d.).
3) Il fatto, senza che peraltro sia citato Bender, è confermato dal serio studio di Kuiper (1946).
4) Neppure si potrebbe verificare l'ipotesi copernicana scavando un tunnel di 12.742 chilometri per andare da un polo all'altro della superficie passando per il presunto centro del globo. Se vivessimo sulla crosta interna il tunnel diverrebbe vieppiù e incommensurabilmente largo e alla fine emergerebbe restringendosi in un punto opposto della crosta.
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