Non passa dibattito sull'astrologia senza che qualcuno tiri fuori l'argomentazione secondo la quale «gli stessi Keplero, Tycho Brahe, Copernico, Galileo credevano all'influenza degli astri e facevano gli oroscopi». Nel caso di Galileo, poi, l'argomentazione sarebbe ancora più forte perché lo scienziato pisano non solo ha dato un nuovo impulso all'astronomia puntando per la prima volta un cannocchiale verso il cielo, ma è anche stato il padre del metodo scientifico-sperimentale che è alla base della scienza moderna. Mentre per Tycho Brahe e Keplero abbiamo testimonianze che ci permettono di ricostruire chiaramente il loro punto di vista sull'astrologia, per quanto riguarda Galileo queste sono relativamente scarse e disperse tra i molti documenti che ci sono pervenuti, fornendo un quadro ambiguo e difficile da interpretare.
Andrea Albini, consulente scientifico del CICAP, collaboratore di Le Scienze e Scienza&Paranormale che da anni si occupa di storia e divulgazione della scienza e della tecnologia, raccoglie in un ricco e documentato saggio informazioni altrimenti sparse tra le numerose biografie di Galileo, quando non nei documenti originali. Il libro fornisce un quadro finalmente esauriente di come il punto di vista di Galileo sull'astrologia si sia evoluto nel corso della vita dello scienziato, compito reso difficile dal fatto che molte lettere originali di Galileo sono andate perdute, e il loro contenuto deve essere ricostruito a partire dalle risposte dei destinatari.
Negli anni dell'insegnamento, a Pisa e poi Padova, Galileo ha un rapporto ambivalente con l'astrologia: se, come richiesto all'epoca, insegna ai suoi studenti i rudimenti dell'astrologia medica e fa qualche oroscopo per i suoi amici o per le figlie, è tuttavia evidente il suo scetticismo. Si vede per esempio nella sua reazione ai tentativi di interpretazione in chiave astrologica della supernova del 1604, o nel fatto che spesso "passava" ad amici astrologi le richieste di oroscopo che gli arrivavano, come se fossero per lui una perdita di tempo. Perdita di tempo forse necessaria a Galileo, sempre alle prese con difficoltà economiche: come fa notare Margherita Hack nella prefazione, «il lavoro di astrologo, allora, come paradossalmente anche adesso, era molto più redditizio, dal punto di vista economico, di quello di matematico e astronomo».
Una "chicca" che Albini regala ai lettori è un fatto noto agli esperti solo da pochi anni (i documenti sono stati ritrovati e pubblicati solo nel 1991): già nel 1604 Galileo rischiò fortemente di andare sotto processo non per le sue idee copernicane, ma proprio per la pratica dell'astrologia giudiziaria, ossia previsionale, proibita dalla Chiesa perché contrastante con la dottrina cristiana del libero arbitrio. Grazie all'intervento della Repubblica di Venezia, sempre attiva nel tutelare la patavina libertas, il processo non cominciò neppure e le accuse furono lasciate cadere.
Arrivato infine a Firenze nel 1610, con la maggiore sicurezza economica Galileo si sente più libero di esprimere il suo parere sull'astrologia. Le posizioni sono sempre sfumate, probabilmente per non urtare la sensibilità dei suoi protettori, ma il disinteresse e lo scetticismo sono chiari nel Dialogo sopra i due massimi sistemi e nella corrispondenza con Tommaso Campanella o Federico Cesi, uno dei fondatori dell'Accademia dei Lincei. Con l'avvento della "nuova scienza" sperimentale, conclude Albini, «a partire dal 1615 l'astrologia sembrò a Galileo una cosa del passato».
Al di là della vicenda personale di Galileo, il libro riesce a dare un'idea dell'ambiguo e tormentato rapporto tra la scienza rinascimentale e l'astrologia, con la Chiesa che da un lato condanna la visione copernicana e dall'altro proibisce la pratica della divinazione astrologica e i filosofi che con difficoltà accettano un po' alla volta il primato dell'osservazione sperimentale sulla speculazione filosofica, lasciando spazio a una nuova figura: quella dello scienziato.
Andrea Albini, consulente scientifico del CICAP, collaboratore di Le Scienze e Scienza&Paranormale che da anni si occupa di storia e divulgazione della scienza e della tecnologia, raccoglie in un ricco e documentato saggio informazioni altrimenti sparse tra le numerose biografie di Galileo, quando non nei documenti originali. Il libro fornisce un quadro finalmente esauriente di come il punto di vista di Galileo sull'astrologia si sia evoluto nel corso della vita dello scienziato, compito reso difficile dal fatto che molte lettere originali di Galileo sono andate perdute, e il loro contenuto deve essere ricostruito a partire dalle risposte dei destinatari.
Negli anni dell'insegnamento, a Pisa e poi Padova, Galileo ha un rapporto ambivalente con l'astrologia: se, come richiesto all'epoca, insegna ai suoi studenti i rudimenti dell'astrologia medica e fa qualche oroscopo per i suoi amici o per le figlie, è tuttavia evidente il suo scetticismo. Si vede per esempio nella sua reazione ai tentativi di interpretazione in chiave astrologica della supernova del 1604, o nel fatto che spesso "passava" ad amici astrologi le richieste di oroscopo che gli arrivavano, come se fossero per lui una perdita di tempo. Perdita di tempo forse necessaria a Galileo, sempre alle prese con difficoltà economiche: come fa notare Margherita Hack nella prefazione, «il lavoro di astrologo, allora, come paradossalmente anche adesso, era molto più redditizio, dal punto di vista economico, di quello di matematico e astronomo».
Una "chicca" che Albini regala ai lettori è un fatto noto agli esperti solo da pochi anni (i documenti sono stati ritrovati e pubblicati solo nel 1991): già nel 1604 Galileo rischiò fortemente di andare sotto processo non per le sue idee copernicane, ma proprio per la pratica dell'astrologia giudiziaria, ossia previsionale, proibita dalla Chiesa perché contrastante con la dottrina cristiana del libero arbitrio. Grazie all'intervento della Repubblica di Venezia, sempre attiva nel tutelare la patavina libertas, il processo non cominciò neppure e le accuse furono lasciate cadere.
Arrivato infine a Firenze nel 1610, con la maggiore sicurezza economica Galileo si sente più libero di esprimere il suo parere sull'astrologia. Le posizioni sono sempre sfumate, probabilmente per non urtare la sensibilità dei suoi protettori, ma il disinteresse e lo scetticismo sono chiari nel Dialogo sopra i due massimi sistemi e nella corrispondenza con Tommaso Campanella o Federico Cesi, uno dei fondatori dell'Accademia dei Lincei. Con l'avvento della "nuova scienza" sperimentale, conclude Albini, «a partire dal 1615 l'astrologia sembrò a Galileo una cosa del passato».
Al di là della vicenda personale di Galileo, il libro riesce a dare un'idea dell'ambiguo e tormentato rapporto tra la scienza rinascimentale e l'astrologia, con la Chiesa che da un lato condanna la visione copernicana e dall'altro proibisce la pratica della divinazione astrologica e i filosofi che con difficoltà accettano un po' alla volta il primato dell'osservazione sperimentale sulla speculazione filosofica, lasciando spazio a una nuova figura: quella dello scienziato.