Che differenza c'è tra studiare i presunti fenomeni paranormali, come la telepatia o i poteri dei fachiri, e occuparsi di controversie di attualità, come quelle sulla sperimentazione animale o sugli OGM? In un certo senso non è molto diverso: si tratta sempre di mettere alla prova delle affermazioni. Ma da altri punti di vista ci sono differenze importanti, su cui credo sia importante riflettere insieme.
E allora, dato che sui fenomeni paranormali non esiste, di solito, una comunità scientifica di riferimento, gli esperti principali sono gli scettici, che li studiano in maniera amatoriale. Gli scettici sono cioè una fonte primaria: possono fare un vero e proprio lavoro di ricerca e mettere i risultati a disposizione di tutti.
Quando invece si parla di medicina, di ambiente o di energia, c'è un'ampia comunità scientifica specializzata, e gli scettici, a meno che abbiano competenze professionali sull'argomento, diventano una fonte secondaria[1], cioè in sostanza dei divulgatori scientifici: non dobbiamo confondere la nostra esperienza nel riconoscere le affermazioni pseudoscientifiche (il "baloney detection kit" di Carl Sagan, che potremmo tradurre in "fuffometro") con il normale processo di revisione delle conoscenze all'interno della letteratura scientifica. Possiamo raccontare su cosa si è costruito il consenso di una comunità scientifica, ma non improvvisarci esperti in un'area che non è la nostra e che richiede anni di studi specialistici per potersi formare un'opinione qualificata. Questo non vuol dire rinunciare allo spirito critico, ma ricordarsi che nel campo accademico le risposte autorevoli non possono arrivare dal "fuffometro", ma soltanto dalla comunità scientifica di settore attraverso decenni di ricerche che si rendono visibili in una specifica letteratura scientifica.
Oltre all'interesse accademico, un'altra importante differenza è questa: i temi di cui il CICAP si occupa oggi sono in genere molto più complessi di quelli del passato.
Quando ci chiedono se i fantasmi esistono, o se la tale medicina alternativa funziona, il lavoro che facciamo è più o meno sempre lo stesso: verifichiamo se la teoria X è compatibile con le attuali conoscenze scientifiche (non lo è quasi mai) e se ci sono prove sperimentali a suo favore (non ci sono quasi mai). Questo non vuol dire che la risposta sia semplice: bisogna documentarsi a lungo, ma abbiamo un quarto di secolo di esperienza, questi temi si assomigliano fra loro, conosciamo la bibliografia e di solito sappiamo come affrontarli senza rischiare di dire stupidaggini.
Quando ci chiedono di prendere posizione su riscaldamento globale, OGM, sperimentazione animale, rispondere diventa molto più difficile. Ci sono sempre affermazioni da controllare (per esempio: è vero che la temperatura della Terra sta aumentando; è vero che i risultati degli esperimenti sugli animali non si possono trasferire agli esseri umani?) e su questo aspetto il nostro approccio può essere lo stesso di prima. Ma la grossa differenza è che, una volta verificate le affermazioni e smascherate le bufale, il problema non si esaurisce, perché rimangono degli aspetti fondamentali ai quali non può rispondere la comunità scientifica.
Per esempio, attraverso la scienza possiamo rispondere alla domanda se gli esperimenti sui topi sono significativi anche per gli esseri umani, ma non alla domanda se è giusto sperimentare sui topi, o sulle scimmie... o direttamente sugli esseri umani. Sperimentare direttamente sugli esseri umani sarebbe senza dubbio molto efficace: se non lo facciamo è per ragioni etiche, non scientifiche. Oppure, la scienza può rispondere alla domanda se il "golden rice" (riso modificato geneticamente per produrre beta-carotene) aiuta a prevenire la cecità infantile dovuta alla malnutrizione[2], ma non alla domanda se si debba combattere la malnutrizione diffondendo il golden rice o con aiuti economici ai Paesi poveri, o magari combinando le due cose. In questo caso la decisione è politica.
Insomma, sui problemi complessi la scienza può fornire strumenti utili per valutare l'efficacia dei vari interventi, ma non può imporre il proprio punto di vista: si tratta di scelte che riguardano il futuro di tutti e quindi è la comunità nel suo insieme che deve decidere.
Un'ulteriore precisazione ci tornerà utile più avanti. Quando si parla in generale di "scienza", si tende a fare confusione tra significati diversi:
1. un insieme di conoscenze scientifiche;
2. un insieme di metodi (il "metodo scientifico") e di valori (il "paradigma scientifico"), che si evolvono nel tempo;
3. un gruppo di persone che si occupano di fare scienza (la "comunità scientifica");
4. le applicazioni pratiche della ricerca scientifica (la tecnologia).[3]
Può fare questo tipo di confusione sia chi attacca la scienza sia chi la difende: sia chi usa i danni della bomba atomica per contestare la validità del metodo scientifico o l'insieme delle conoscenze scientifiche, sia chi dice che la scienza è "buona" perché ci ha dato gli antibiotici. Evidentemente i metodi della scienza possono essere usati tanto per sviluppare una nuova arma quanto per sviluppare un nuovo farmaco e non si può distinguere tra scienza e tecnologia soltanto quando ci fa comodo.
L'errore da entrambe le parti è quello di considerare la scienza come un monolite da accettare o rifiutare in blocco, mentre non c'è niente di male ad approvare certi sviluppi della ricerca scientifica e contrastarne altri, oppure a criticare certi comportamenti diffusi in alcuni settori della comunità scientifica e difenderne altri.
Torniamo alla situazione del CICAP di oggi. Che cosa possiamo fare quando i problemi di cui ci occupiamo vanno oltre l'aspetto puramente scientifico?
Possiamo limitarci ad accertare le conoscenze scientifiche (il primo significato della parola "scienza" nell'elenco precedente). È la strada del cosiddetto "fact checking" (in italiano, "verifica dei fatti"): non discutiamo per esempio se gli OGM o i prodotti biologici sono un bene o un male in assoluto, ma controlliamo le singole affermazioni che li riguardano e che si prestano a verifica sperimentale.
Per esempio: esiste la fragola-pesce? È vero che gli OGM fanno male alla salute? È vero che l'agricoltura biologica non inquina?
Molti articoli di Query Online sono esempi di fact checking, così come il progetto di "Ask For Evidence"[4], del quale il CICAP sta preparando proprio in questo periodo la versione italiana con il titolo "Chiedi le prove".
Oppure possiamo guardare anche al secondo significato della parola "scienza", quello che riguarda i metodi e i valori: è l'approccio dei "tre piccioni" presentato da Beatrice Mautino e Stefano Bagnasco al convegno CICAP del 2009. Quando indaghiamo su un mistero o su un'affermazione controversa possiamo cercare di "prendere tre piccioni con una fava", cioè raggiungere tre obiettivi diversi che corrispondono a livelli crescenti di approfondimento e di visione di insieme:
1. svelare il mystero ("debunking"): per esempio spiegare che non c'è bisogno di essere fachiri per camminare sui carboni ardenti;
2. spiegare un "concetto" scientifico: per esempio spiegare i principi termodinamici che permettono di camminare sui carboni ardenti senza scottarsi;
3. raccontare come funziona la scienza: per esempio raccontare gli esperimenti sulla pirobazia e approfittarne per spiegare come si fa un esperimento scientifico.
Nulla vieta di estendere questo approccio anche ad altri livelli: per esempio, in altre situazioni potremmo cercare di prendere un quarto piccione (spiegare come si comunica la scienza), un quinto (analizzare i rapporti tra scienza e società), eccetera. In questo modo cominciamo a renderci conto della complessità del mondo reale e della necessità di tenere conto di diversi punti di vista.
Però ci sono delle complicazioni. Per cominciare, il fact checking perfettamente neutrale non esiste: si parte sempre da un punto di vista, che condizionerà i nostri risultati.
Per esempio, è probabile che il Foglio tenda a sottoporre a fact checking soprattutto le affermazioni provenienti da sinistra, mentre il Manifesto farà lo stesso con le affermazioni provenienti da destra; un fisico sarà particolarmente sospettoso verso le affermazioni dei sociologi o degli antropologi, mentre uno psicologo o un filosofo troveranno che le affermazioni dei fisici non sono sempre così impeccabili come pensano loro; e così via. Si potrebbero fare molti altri esempi: in tutti questi casi ci lasciamo guidare da un pregiudizio senza esserne consapevoli.
In secondo luogo il fact checking e il metodo dei tre piccioni non risolvono necessariamente il problema della complessità.
Facciamo un esempio un po' paradossale che forse ci aiuterà a chiarire il problema. Supponiamo di vivere in una società autoritaria in cui una popolazione straniera viene tenuta in schiavitù e torturata per compiere esperimenti scientifici. Supponiamo che le associazioni umanitarie si oppongano alla tortura e che cerchino di fermarla con ogni mezzo, anche dicendo che quegli esperimenti non sono attendibili. Se gli scettici di quella società facessero "fact checking" dicendo che quegli esperimenti in realtà sono validi dal punto di vista scientifico, senza dire nient'altro, e le loro dichiarazioni venissero strumentalizzate dal governo per giustificare le torture, quegli scettici non avrebbero nessuna responsabilità?
Il senso di questo esempio è che non sempre è possibile isolare i problemi dal solo punto di vista scientifico e che le posizioni pubbliche che prendiamo limitatamente a quel punto di vista hanno delle conseguenze più generali, di cui non possiamo ignorare la responsabilità.
Lo sottolineo perché l'esperienza mostra che è facile cadere nell'errore di pensare che il punto di vista scientifico sia l'unico che conta, errore che riassumerei nel detto «se tutto quel che hai è un martello, tutto ti sembra un chiodo» (succede spesso, per esempio, nel dibattito sulla sperimentazione animale). Per evitarlo bisogna fare uno sforzo di umiltà, cosa non sempre facile, soprattutto per chi è abituato dalla discussione sull'esistenza dei fenomeni paranormali a considerare il proprio punto di vista come risolutivo.
Il CICAP sta ancora imparando come confrontarsi con questo tipo di problemi e le mie considerazioni non hanno la pretesa di dettare delle regole, ma quella di suscitare una riflessione.
Penso che diventi ancora più importante il principio di criticare le idee anziché le persone e di evitare la divisione artificiale tra "scettici" e "fuffari": il mondo è complicato e non esistono due fronti omogenei che si fronteggiano, ma tante divisioni, diverse a seconda dell'argomento, che si intersecano tra loro.
Dovremmo inoltre evitare di difendere "la scienza" in blocco: non c'è niente di male a difenderne certi aspetti e criticarne altri. Divulgare le conoscenze scientifiche e difendere i metodi e i valori della scienza non significa ignorare i problemi della comunità scientifica o i possibili rischi delle applicazioni tecnologiche.
Per esempio, quando si parla di medicina, oltre a smascherare le bugie degli omeopati, è bene criticare anche quelle dell'industria farmaceutica[5].
Non è questione di "buonismo" o di politicamente corretto, ma di rigore logico e onestà intellettuale.
Dilettanti e professionisti
Prima di tutto, la telepatia e i fantasmi non si studiano all'università, mentre la sperimentazione animale e il riscaldamento globale sì. E allora?E allora, dato che sui fenomeni paranormali non esiste, di solito, una comunità scientifica di riferimento, gli esperti principali sono gli scettici, che li studiano in maniera amatoriale. Gli scettici sono cioè una fonte primaria: possono fare un vero e proprio lavoro di ricerca e mettere i risultati a disposizione di tutti.
Quando invece si parla di medicina, di ambiente o di energia, c'è un'ampia comunità scientifica specializzata, e gli scettici, a meno che abbiano competenze professionali sull'argomento, diventano una fonte secondaria[1], cioè in sostanza dei divulgatori scientifici: non dobbiamo confondere la nostra esperienza nel riconoscere le affermazioni pseudoscientifiche (il "baloney detection kit" di Carl Sagan, che potremmo tradurre in "fuffometro") con il normale processo di revisione delle conoscenze all'interno della letteratura scientifica. Possiamo raccontare su cosa si è costruito il consenso di una comunità scientifica, ma non improvvisarci esperti in un'area che non è la nostra e che richiede anni di studi specialistici per potersi formare un'opinione qualificata. Questo non vuol dire rinunciare allo spirito critico, ma ricordarsi che nel campo accademico le risposte autorevoli non possono arrivare dal "fuffometro", ma soltanto dalla comunità scientifica di settore attraverso decenni di ricerche che si rendono visibili in una specifica letteratura scientifica.
Sempre più difficile: andare oltre la scienza
Oltre all'interesse accademico, un'altra importante differenza è questa: i temi di cui il CICAP si occupa oggi sono in genere molto più complessi di quelli del passato.
Quando ci chiedono se i fantasmi esistono, o se la tale medicina alternativa funziona, il lavoro che facciamo è più o meno sempre lo stesso: verifichiamo se la teoria X è compatibile con le attuali conoscenze scientifiche (non lo è quasi mai) e se ci sono prove sperimentali a suo favore (non ci sono quasi mai). Questo non vuol dire che la risposta sia semplice: bisogna documentarsi a lungo, ma abbiamo un quarto di secolo di esperienza, questi temi si assomigliano fra loro, conosciamo la bibliografia e di solito sappiamo come affrontarli senza rischiare di dire stupidaggini.
Quando ci chiedono di prendere posizione su riscaldamento globale, OGM, sperimentazione animale, rispondere diventa molto più difficile. Ci sono sempre affermazioni da controllare (per esempio: è vero che la temperatura della Terra sta aumentando; è vero che i risultati degli esperimenti sugli animali non si possono trasferire agli esseri umani?) e su questo aspetto il nostro approccio può essere lo stesso di prima. Ma la grossa differenza è che, una volta verificate le affermazioni e smascherate le bufale, il problema non si esaurisce, perché rimangono degli aspetti fondamentali ai quali non può rispondere la comunità scientifica.
Per esempio, attraverso la scienza possiamo rispondere alla domanda se gli esperimenti sui topi sono significativi anche per gli esseri umani, ma non alla domanda se è giusto sperimentare sui topi, o sulle scimmie... o direttamente sugli esseri umani. Sperimentare direttamente sugli esseri umani sarebbe senza dubbio molto efficace: se non lo facciamo è per ragioni etiche, non scientifiche. Oppure, la scienza può rispondere alla domanda se il "golden rice" (riso modificato geneticamente per produrre beta-carotene) aiuta a prevenire la cecità infantile dovuta alla malnutrizione[2], ma non alla domanda se si debba combattere la malnutrizione diffondendo il golden rice o con aiuti economici ai Paesi poveri, o magari combinando le due cose. In questo caso la decisione è politica.
Insomma, sui problemi complessi la scienza può fornire strumenti utili per valutare l'efficacia dei vari interventi, ma non può imporre il proprio punto di vista: si tratta di scelte che riguardano il futuro di tutti e quindi è la comunità nel suo insieme che deve decidere.
Un'ulteriore precisazione ci tornerà utile più avanti. Quando si parla in generale di "scienza", si tende a fare confusione tra significati diversi:
1. un insieme di conoscenze scientifiche;
2. un insieme di metodi (il "metodo scientifico") e di valori (il "paradigma scientifico"), che si evolvono nel tempo;
3. un gruppo di persone che si occupano di fare scienza (la "comunità scientifica");
4. le applicazioni pratiche della ricerca scientifica (la tecnologia).[3]
Può fare questo tipo di confusione sia chi attacca la scienza sia chi la difende: sia chi usa i danni della bomba atomica per contestare la validità del metodo scientifico o l'insieme delle conoscenze scientifiche, sia chi dice che la scienza è "buona" perché ci ha dato gli antibiotici. Evidentemente i metodi della scienza possono essere usati tanto per sviluppare una nuova arma quanto per sviluppare un nuovo farmaco e non si può distinguere tra scienza e tecnologia soltanto quando ci fa comodo.
L'errore da entrambe le parti è quello di considerare la scienza come un monolite da accettare o rifiutare in blocco, mentre non c'è niente di male ad approvare certi sviluppi della ricerca scientifica e contrastarne altri, oppure a criticare certi comportamenti diffusi in alcuni settori della comunità scientifica e difenderne altri.
Verificare fatti e prendere piccioni
Torniamo alla situazione del CICAP di oggi. Che cosa possiamo fare quando i problemi di cui ci occupiamo vanno oltre l'aspetto puramente scientifico?
Possiamo limitarci ad accertare le conoscenze scientifiche (il primo significato della parola "scienza" nell'elenco precedente). È la strada del cosiddetto "fact checking" (in italiano, "verifica dei fatti"): non discutiamo per esempio se gli OGM o i prodotti biologici sono un bene o un male in assoluto, ma controlliamo le singole affermazioni che li riguardano e che si prestano a verifica sperimentale.
Per esempio: esiste la fragola-pesce? È vero che gli OGM fanno male alla salute? È vero che l'agricoltura biologica non inquina?
Molti articoli di Query Online sono esempi di fact checking, così come il progetto di "Ask For Evidence"[4], del quale il CICAP sta preparando proprio in questo periodo la versione italiana con il titolo "Chiedi le prove".
Oppure possiamo guardare anche al secondo significato della parola "scienza", quello che riguarda i metodi e i valori: è l'approccio dei "tre piccioni" presentato da Beatrice Mautino e Stefano Bagnasco al convegno CICAP del 2009. Quando indaghiamo su un mistero o su un'affermazione controversa possiamo cercare di "prendere tre piccioni con una fava", cioè raggiungere tre obiettivi diversi che corrispondono a livelli crescenti di approfondimento e di visione di insieme:
1. svelare il mystero ("debunking"): per esempio spiegare che non c'è bisogno di essere fachiri per camminare sui carboni ardenti;
2. spiegare un "concetto" scientifico: per esempio spiegare i principi termodinamici che permettono di camminare sui carboni ardenti senza scottarsi;
3. raccontare come funziona la scienza: per esempio raccontare gli esperimenti sulla pirobazia e approfittarne per spiegare come si fa un esperimento scientifico.
Nulla vieta di estendere questo approccio anche ad altri livelli: per esempio, in altre situazioni potremmo cercare di prendere un quarto piccione (spiegare come si comunica la scienza), un quinto (analizzare i rapporti tra scienza e società), eccetera. In questo modo cominciamo a renderci conto della complessità del mondo reale e della necessità di tenere conto di diversi punti di vista.
Se tutto quel che hai è un martello, tutto ti sembra un chiodo: scienza e problemi complessi
Però ci sono delle complicazioni. Per cominciare, il fact checking perfettamente neutrale non esiste: si parte sempre da un punto di vista, che condizionerà i nostri risultati.
Per esempio, è probabile che il Foglio tenda a sottoporre a fact checking soprattutto le affermazioni provenienti da sinistra, mentre il Manifesto farà lo stesso con le affermazioni provenienti da destra; un fisico sarà particolarmente sospettoso verso le affermazioni dei sociologi o degli antropologi, mentre uno psicologo o un filosofo troveranno che le affermazioni dei fisici non sono sempre così impeccabili come pensano loro; e così via. Si potrebbero fare molti altri esempi: in tutti questi casi ci lasciamo guidare da un pregiudizio senza esserne consapevoli.
In secondo luogo il fact checking e il metodo dei tre piccioni non risolvono necessariamente il problema della complessità.
Facciamo un esempio un po' paradossale che forse ci aiuterà a chiarire il problema. Supponiamo di vivere in una società autoritaria in cui una popolazione straniera viene tenuta in schiavitù e torturata per compiere esperimenti scientifici. Supponiamo che le associazioni umanitarie si oppongano alla tortura e che cerchino di fermarla con ogni mezzo, anche dicendo che quegli esperimenti non sono attendibili. Se gli scettici di quella società facessero "fact checking" dicendo che quegli esperimenti in realtà sono validi dal punto di vista scientifico, senza dire nient'altro, e le loro dichiarazioni venissero strumentalizzate dal governo per giustificare le torture, quegli scettici non avrebbero nessuna responsabilità?
Il senso di questo esempio è che non sempre è possibile isolare i problemi dal solo punto di vista scientifico e che le posizioni pubbliche che prendiamo limitatamente a quel punto di vista hanno delle conseguenze più generali, di cui non possiamo ignorare la responsabilità.
Lo sottolineo perché l'esperienza mostra che è facile cadere nell'errore di pensare che il punto di vista scientifico sia l'unico che conta, errore che riassumerei nel detto «se tutto quel che hai è un martello, tutto ti sembra un chiodo» (succede spesso, per esempio, nel dibattito sulla sperimentazione animale). Per evitarlo bisogna fare uno sforzo di umiltà, cosa non sempre facile, soprattutto per chi è abituato dalla discussione sull'esistenza dei fenomeni paranormali a considerare il proprio punto di vista come risolutivo.
Allora, che cosa si può fare?
Il CICAP sta ancora imparando come confrontarsi con questo tipo di problemi e le mie considerazioni non hanno la pretesa di dettare delle regole, ma quella di suscitare una riflessione.
Penso che diventi ancora più importante il principio di criticare le idee anziché le persone e di evitare la divisione artificiale tra "scettici" e "fuffari": il mondo è complicato e non esistono due fronti omogenei che si fronteggiano, ma tante divisioni, diverse a seconda dell'argomento, che si intersecano tra loro.
Dovremmo inoltre evitare di difendere "la scienza" in blocco: non c'è niente di male a difenderne certi aspetti e criticarne altri. Divulgare le conoscenze scientifiche e difendere i metodi e i valori della scienza non significa ignorare i problemi della comunità scientifica o i possibili rischi delle applicazioni tecnologiche.
Per esempio, quando si parla di medicina, oltre a smascherare le bugie degli omeopati, è bene criticare anche quelle dell'industria farmaceutica[5].
Non è questione di "buonismo" o di politicamente corretto, ma di rigore logico e onestà intellettuale.
Note
1) Ho affrontato più estesamente questi aspetti in questo articolo: http://www.queryonline.it/2010/06/28/gli-scettici-la-scienza-e-il-riscaldamento-globale/
2) Una patologia causata dalla carenza di vitamina A, che l’organismo umano può produrre a partire dal carotene.
3) La distinzione tra scienza e tecnologia non è sempre netta (si pensi alle biotecnologie), per questo alcuni studiosi parlano di “tecnoscienza” per intendere l’insieme delle due cose.
5) Lo fa molto bene Ben Goldacre nel libro Effetti collaterali, Mondadori 2013.