La sindrome dei falsi ricordi
Antonio D’Ambrosio, Pasquale Supino
FrancoAngeli, 2014
pp. 128, € 19
Recensione e intervista di Anna Rita Longo
Abbandonarsi a una rêverie, ripercorrendo un episodio del passato, le cui immagini sembrano scorrere chiare nella nostra mente, come se fossero un film: tutti lo facciamo continuamente e, partendo da questa comune esperienza, sembra impossibile che la nostra stessa memoria, che percepiamo istintivamente come un bagaglio di ricordi sempre disponibili per la rievocazione, possa trarci in inganno. Eppure, come la psicologia insegna (v. anche l'articolo di Sergio Della Sala e Stefania De Vito in questo numero), sono tantissime le trappole che la memoria ci tende di continuo, le conseguenze delle quali spesso assurgono agli onori della cronaca, nel momento in cui la défaillance ha a che fare con una prova testimoniale. In questo agile studio i due autori, Antonio D’Ambrosio – psichiatra e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale – e Pasquale Supino – dottore in Giurisprudenza con un master in Criminologia – delineano un chiaro e completo quadro della questione sul piano psicologico e giuridico, fornendo al lettore tutte le indicazioni necessarie per un personale approfondimento. Precisiamo ora, insieme ai due autori, alcuni aspetti della questione.
Dalla lettura del libro si evince come la nostra memoria funzioni diversamente da come immaginiamo. Non si tratta, infatti, di un passivo processo di registrazione e riproduzione, ma di un meccanismo ricostruttivo, che può comportare la creazione di scenari inesistenti. Qual è, dunque, il valore che si può riconoscere a pratiche e discipline – ipnosi regressiva, psicoanalisi etc. – che si basano proprio sulla ricostruzione e interpretazione dei ricordi?
A. D’Ambrosio: Quelle citate sono tecniche che basano gran parte della loro efficacia sull’effetto suggestivo e per tale motivo possono stimolare la produzione di falsi ricordi. Bisogna sottolineare che in queste pratiche si incentiva molto l’aspetto associativo dei ricordi e il soggetto rimane in una posizione passiva di facile suggestionabilità, ragion per cui possono portare ad associare vari frammenti di memorie che saranno poi integrate in un ricordo univoco che, comunque, potrebbe non essere aderente alla realtà effettivamente vissuta.
È possibile, nella vita quotidiana, sfruttare le potenzialità della nostra memoria evitando i problemi connessi con i suoi limiti?
A. D’Ambrosio: È certamente possibile con l’uso di mnemotecniche. Inoltre, anche la capacità di gestione dello stress aiuta la ritenzione e il recupero mnesico. La gestione dello stress “libera” la nostra mente dall’impiego di una parte di essa per cercare soluzioni a situazioni minacciose.
Che cosa dice la scienza, che ha illustrato e approfondito i meccanismi della memoria, delle ragioni che ci portano a dimenticare tante cose? Perché dimentichiamo dei particolari e ne riteniamo altri? Quali sono i meccanismi alla base dell’oblio?
A. D’Ambrosio: Proviamo a riassumere le teorie più recenti alla base della dimenticanza:
a) Teoria dell’interferenza. È quella più convincente. Si suddivide in tre parti: 1) Interferenza pro-attiva: indica il processo secondo cui i ricordi più remoti interferiscono con quelli più recenti (ad esempio, se memorizziamo una lista di nomi e, dopo un certo intervallo di tempo, memorizziamo una seconda lista di nomi diversi, la rievocazione delle due liste, dopo un altro intervallo, si dimostra più facile per la prima, anche se è stata appresa a distanza di tempo maggiore, che non per la seconda). 2) Interferenza retro-attiva: secondo la quale i ricordi recenti interferiscono con quelli passati. Un esperimento famoso è quello di Jenkins e Dallenbach del 1924. I due studiosi chiesero a un gruppo di studenti di imparare alcune liste di sillabe senza senso, al mattino, subito dopo il risveglio; un altro gruppo invece doveva farlo la sera, prima di coricarsi. Dopo un certo periodo di tempo entrambi i gruppi furono interrogati: il secondo ricordava molte più sillabe del primo, probabilmente perché durante il giorno molti eventi avevano interferito con l’apprendimento portando all’oblio, mentre il sonno, per l’altro gruppo, aveva favorito la conservazione del ricordo. 3) Interferenza da rimozione: è il fenomeno mediante il quale si dimenticano i ricordi che causano disagio o ansia. Non si tratta di una perdita totale della memoria, ma piuttosto del fatto che si è incapaci di rievocare il contenuto del ricordo, in pratica di farlo emergere a livello conscio.
b) L’oblio come “economia mentale”: a quanto appena detto si può aggiungere che l’oblio, di per sé, non è un fenomeno negativo, in quanto, senza la possibilità di dimenticare, svanirebbe la capacità di nuove acquisizioni. Il continuo lavorìo dei recettori sensoriali e l’attività del pensiero renderebbero talmente ingombra la coscienza di immagini inutili, da paralizzare tutta la vita psichica. Ecco perché l’oblio attenua o cancella del tutto quello che non serve o non è più adatto per l’azione. I problemi sopraggiungono quando l’oblio cancella anche le esperienze utili.
Ritornando allo specifico tema del libro, i falsi ricordi sembrano, quindi, in grado di condizionare la nostra vita così come quelli veri. Qual è il reale potere di queste memorie fittizie?
A. D’Ambrosio: I falsi ricordi sono assolutamente indistinguibili da quelli veri e, in assenza di riscontri fattuali, hanno la medesima forza di ritenzione. Non tutti sono “pericolosi”, alcuni sono banali e innocui. Il pericolo nasce dal fatto di credere, a distanza di tempo, di aver subìto un reato (ad esempio, un abuso nell’infanzia etc.) e di rievocarlo decenni dopo, imputandolo a un soggetto che potrebbe non essere stato il vero responsabile. Bisogna tuttavia aggiungere che il falso ricordo non è totalmente inventato, ma si riferisce, comunque, a un tipo di esperienza analoga, ma diversamente vissuta.
I testimoni spesso sono fondamentali per lo svolgimento di un processo, eppure lo studio dei meccanismi della memoria ridimensiona notevolmente la loro attendibilità. Le nostre forze dell’ordine sono adeguatamente preparate per fronteggiare questo problema nel corso della raccolta delle deposizioni?
P. Supino: Il nostro ordinamento prevede che la prova si formi nel dibattimento, pertanto le deposizioni raccolte dalle forze dell’ordine nella fase delle indagini devono comunque trovare riscontro durante il processo. In ogni caso è importante che gli inquirenti utilizzino pratiche di recupero mnesico, come l’intervista cognitiva, usata di routine da svariati anni dalle forze di polizia dei paesi anglosassoni. Tale tecnica, nata per migliorare l’accuratezza e la completezza delle narrazioni dei testimoni oculari, comincia a essere adoperata anche in Italia. Studi recenti hanno dimostrato che l’intervista cognitiva impedisce la formazione di falsi ricordi e convinzioni riguardanti l’età infantile e ha un effetto protettivo contro i falsi ricordi suggeriti.
Un caso particolare è rappresentato dalle testimonianze di bambini: come gestirle nel modo corretto?
P. Supino: I ricordi dei bambini sono da valutare sempre con la massima attenzione: essi, infatti, sono facilmente suggestionabili e, così come gli adulti, a volte ricordano avvenimenti che non si sono mai verificati. La questione è stata affrontata anche dalla Cassazione Penale (sent. 11098\2008) che, sul punto, ha opinato che «il bambino è soggetto suggestionabile e, se escusso con metodiche non corrette e con domande suggestive, tende ad adeguarsi alle aspettative dell’interlocutore ed a riferire quello che l’adulto si aspetta; inoltre, i bambini piccoli hanno una memoria malleabile e possono incorporare nel proprio patrimonio mnestico le informazioni ricevute dagli intervistatori sino a crearsi falsi ricordi autobiografici». Ogniqualvolta un minore resta vittima di presunti abusi sessuali, al fine di proteggerlo dagli effetti devastanti della testimonianza e di evitare che sviluppi ricordi alterati, si fa ricorso alla cosiddetta “audizione protetta”, modalità particolare di assunzione della prova che prevede il colloquio del minore con l’ausilio di uno psicologo, consulente del Pubblico Ministero, chiamato a raccogliere la testimonianza con tutte le cautele del caso e nel modo più attento possibile, tale da poter valutare l’oggettività e la tangibilità degli episodi narrati, evitando, così, che il minore sviluppi falsi ricordi. Tra l’altro, per l’ascolto dei minori che riferiscono di aver subito abusi è stato predisposto un apposito protocollo d’intervista, chiamato NICHD, destinato a migliorare l’attendibilità dei ricordi.
Nel complesso, quanto peso sembrerebbero aver avuto i falsi ricordi nella determinazione di condanne penali? Vi sono dati specifici?
P. Supino: Fare delle statistiche è davvero difficile: non sempre, infatti, verità storica e verità giudiziaria coincidono. Quello che è importante sottolineare è che i giudici italiani sono ben consapevoli del fatto che la memoria umana sia fallace e malleabile. Ne è prova il contenuto di numerose decisioni provenienti dagli stessi giudici. In una decisione della Cassazione penale del 2007 (N. 121) troviamo affermato il seguente principio: «La naturale propensione della mente umana è verificazionista; quando ci formiamo una idea, tendiamo naturalmente e inconsapevolmente a confermarla attraverso l’acquisizione di nuove informazioni coerenti con la stessa e a destinare un trattamento opposto a quei dati che sembrano andare in direzione contraria». In un’altra decisione delle Sezioni Unite civili del 2008 (N. 2444) – confermativa di una sanzione disciplinare a carico di un sostituto procuratore della Repubblica, che nel corso delle indagini aveva affidato incarico a un consulente di sottoporre a seduta ipnotica una persona informata sui fatti al fine di farle recuperare i ricordi rimossi – viene esclusa la possibilità di procedere ad interrogatori o assumere informazioni utilizzando metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti, in quanto «l’ipnosi pone il soggetto in una condizione mentale in cui era possibile apportare manipolazioni e alterazioni della volontà dipendenti da quella dei soggetti che interagivano con esso».
È realmente possibile evitare del tutto la distorsione dei ricordi nel condurre un interrogatorio o si tratta di un obiettivo poco realistico?
P. Supino: Il mancato impiego di domande suggestive (domande, cioè, che tendono a orientare la risposta del soggetto sottoposto a interrogatorio) e lo studio e utilizzo di tecniche di comprovata efficacia possono ridurre drasticamente le distorsioni della memoria. Evitare di spingere un soggetto a ricordare a tutti i costi, metterlo a proprio agio, scongiurare qualsiasi situazione stressante e, nel caso di testimoni oculari, ascoltare il teste prima che abbia la possibilità di parlare con altre persone che hanno assistito al medesimo avvenimento e che potrebbero influenzarne i ricordi, sono semplici ma fondamentali accorgimenti che impediscono, in maniera rilevante, possibili distorsioni di memoria. Altra tecnica utile allo scopo è quella di procedere agli interrogatori utilizzando specifici protocolli, come quella già segnalata dell’intervista cognitiva (ved. La memoria del testimone, A. D’Ambrosio, FrancoAngeli, 2010).
Rivelazioni
Il libro dei segreti e dei complotti
Massimo Polidoro
Piemme, 2014
pp. 364, € 17
Recensione di Anna Rita Longo
I potenti non ci dicono tutta la verità, anzi è indubbio che di quello che conta davvero non raccogliamo che le briciole, mentre i fini ultimi sono chiusi a tripla mandata dietro porte che non si apriranno mai. Certo, ogni tanto qualcosa trapela comunque, e queste verità a lungo taciute sono così sconvolgenti da spingerci a scavare ulteriormente per portare alla luce l’intera storia, in barba ai “poteri forti”.
Se questa è la tua Weltanschauung, se immagini a ogni piè sospinto trame occulte e cospirazioni (dal latino conspirare, etimologicamente “respirare, soffiare insieme”) probabilmente hai fatto indigestione di teorie del complotto e faresti meglio a rivedere le tue fonti, trasmissioni televisive, libri o siti internet che siano. In quest’opera di decostruzione di pregiudizi e costruzione di nuove certezze basate sull’evidenza e la razionalità, potrà essere di valido ausilio il nuovo saggio di Massimo Polidoro, celebre “cacciatore” scettico di misteri.
L’aspetto più interessante in questa nuova opera di Polidoro sta nel fatto che non si tratta solo di un (comunque interessante) catalogo di avvenimenti e personaggi misteriosi, bensì anche di un compendio degli studi sul complottismo, che indaga ed espone le ragioni della diffusione di quest’atteggiamento antiscientifico nell’opinione pubblica. Veniamo, così, a sapere che la tendenza a vedere complotti non è una novità dei nostri tempi, ma è l’onnipresente conseguenza di una caratteristica della psiche umana, per la quale immaginare l’esistenza di una cospirazione è un modo tutto sommato semplice per risolvere quella che tecnicamente si chiama “dissonanza cognitiva”, ovvero il senso di disagio che si prova quando convivono in noi idee che percepiamo come contraddittorie. Come sottolinea Polidoro, la conseguenza più grave di questo atteggiamento è una generale deresponsabilizzazione: se crediamo che tutto sia in mano a loschi figuri e a potenze che agiscono nell’ombra, finiremo col considerare inutile impegnarci per cambiare una situazione di fronte alla quale ci sentiamo impotenti. Di qui un pericoloso disinteresse per la politica e l’impegno sociale.
In quest’ottica, i capitoli che prendono in esame le più note teorie del complotto acquisiscono un valore che va ben oltre la semplice aneddotica e la curiosità storica finalizzata al piacere della lettura, diventando altrettanti paradigmi che il lettore potrà applicare a contesti simili.
Muovendosi tra enigmatiche morti di personaggi famosi, leggendarie sette e rapimenti alieni ci si lascerà trasportare da pagine dalle quali è difficile staccarsi, ma l’effetto collaterale – certo non spiacevole – sarà un affinamento della capacità di porsi di fronte a una questione con atteggiamento razionale, sgomberando il campo dalle fallacie logiche e dagli errori procedurali più comuni.
Nulla vieta di unire l’utile all’interessante, sosteneva Manzoni. Il suo conterraneo Polidoro, come dimostrano le sue opere, sembra essere dello stesso avviso.
I ferri del mistero
Andrea Ferrero, Stefano Bagnasco
Quaderni del CICAP, 2014
220 pp., € 14,90
Recensione di Anna Rita Longo
Calarsi nei panni di Sherlock Holmes per indagare, con gli strumenti della ragione, insondabili misteri e fenomeni inspiegabili... Chi non sarebbe allettato dalla prospettiva, non fosse altro, per emulare le gesta di uno dei tanti investigatori della letteratura e del cinema? Ma l’indagine del mistero e della pseudoscienza è davvero questione di ingegno sopraffino e improvvisazione? Assolutamente no, stando a quello che sostengono i due autori di questa interessante monografia, che arricchisce di un contributo che spicca per ricchezza e rigore metodologico la collana dei Quaderni del CICAP, prendendo le mosse da due delle rubriche cardine di Query: “Toolbox” e “L’Arrotino di Occam”. Andrea Ferrero – ingegnere e responsabile della Formazione del CICAP – e Stefano Bagnasco – fisico e membro del gruppo Sperimentazioni del CICAP – dimostrano, infatti, con quest’opera che alla base dell’indagine di ogni fenomeno, in particolar modo di quelli che sembrano contravvenire alle leggi della natura, vi deve essere una solidissima preparazione teorica di base, che consenta innanzitutto di capire come affrontare la questione in maniera corretta. Perché è da questa fase preparatoria che dipende l’esito dell’indagine: premesse scorrette generano, infatti, conclusioni approssimative o completamente erronee.
Da questo punto di vista, l’ultima fatica di Bagnasco-Ferrero si presenta come un vero manuale di lavoro e, soprattutto, di metodo.
Gli autori entrano subito nel vivo del discorso spiegando quali sono le regole per strutturare un esperimento in maniera corretta, soffermandosi sull’importanza del gruppo di controllo, sulla valutazione della significatività dei risultati, ma anche sulla sensibilità e la specificità di un test, che consentono di minimizzare il fenomeno dei falsi positivi e dei falsi negativi. Le altre sezioni esaminano i caratteri della letteratura scientifica (la peer review e i suoi limiti, l’impatto, i problemi connessi con le riviste open access etc.); i principi fondamentali dell’indagine scettica (onere della prova e rasoio di Occam) e il rapporto tra lo scettico e il pubblico cui si rivolge la sua indagine.
Particolarmente interessante sul piano metodologico risulta la parte dedicata alla demarcazione tra scienza e pseudoscienza, nella quale il lettore viene pregevolmente accompagnato nella comprensione di una questione di grande complessità, alla luce delle diverse visioni proposte dalla filosofia della scienza.
Che cosa resterà al lettore che volterà l’ultima pagina? Sicuramente un cassetto degli attrezzi più fornito degli strumenti dell’indagine razionale.
Extrasensoriale
Brian Clegg
Edizioni Dedalo, 2014
296 pp., € 16,00
Recensione di Anna Rita Longo
DI CHE COSA SI PARLA: Brian Clegg, fisico laureato a Cambridge e specializzato in Ricerca Operativa, guida il lettore in un viaggio affascinante nel mondo della cosiddetta percezione extrasensoriale e dei presunti fenomeni paranormali.
PERCHÉ LEGGERLO: Perché l’autore affronta discorsi solitamente ammantati di pseudoscienza con spirito critico e sguardo scientifico, riuscendo, nel contempo, a comunicare al lettore il senso di meraviglia e la passione per la scoperta che non sono esclusivo appannaggio dei cultori del paranormale. A tratti l’autore potrà apparire fin troppo “neutrale” e possibilista nella sua esposizione: in realtà, ciò che emerge, nel complesso, dalla lettura è una conferma del principio che recita: «controlli zero, fenomeni cento; controlli cento, fenomeni zero».
Maria Callas. Album “leggendari” – Norma
Fabio Caironi
Amazon Media, 2013 (ebook)
43 pp. circa a stampa, € 2,68
Recensione di Anna Rita Longo
DI CHE COSA SI PARLA: L’autore decide di sottoporre alla verifica del rasoio di Ockham una tra le più diffuse leggende in merito al più celebre soprano di tutti i tempi, riferita anche in più di una biografia della Divina: quella che lega il suo notevole dimagrimento, avvenuto tra il 1952 e il 1954, all’ingestione deliberata di uova di tenia.
PERCHÉ LEGGERLO: Perché l’autore si dimostra acuto e sensibile nel tratteggiare la vicenda umana e artistica di Maria Callas, mettendo in luce abilità critiche e deduttive nel cercare di risolvere il mistero del suo rapido calo di peso, che tanto fece discutere la stampa e i fan. Il risultato è un libretto molto gradevole per gli appassionati del bel canto, ma interessante anche per tutti coloro che pensano che la ragione sia uno strumento indispensabile per la lettura della realtà.
Salute e bugie
Salvo Di Grazia
Chiarelettere, 2014
237 pp., € 13,60
Recensione di Andrea Milzi
Non passa giorno che non si senta, per strada, in televisione o sul mai sufficientemente vituperato (a questo proposito, si badi) Internet, l’eco di una qualche medicina miracolosa, di una cura innovativa capace di risolvere tutti i nostri problemi. E ci mancherebbe altro: l’aspirazione alla salute e all’autoconservazione è, da sempre, una delle più potenti spinte evolutive, che non a caso ci ha portato a livelli elevatissimi di comprensione del funzionamento del corpo umano e a notevoli passi avanti nel mondo della farmacologia.
A ben guardare, però, molte di queste presunte opportunità rivelano il loro carattere illusorio quando non truffaldino; e, presto o tardi, appare evidente come facciano leva sulla disperazione del malato e della sua famiglia per vendere presunti rimedi molto poco scientifici e neppure sempre sicuri.
Un vero e proprio atlante degli inganni a sfondo sanitario è il recente Salute e bugie, ad opera del medico Salvo Di Grazia, noto autore del blog MedBunker.
Con il suo stile sempre chiaro ed esplicativo, Di Grazia affronta in ordine sparso le maggiori bufale della cosiddetta medicina alternativa – che, per quanto emerge dalle sue pagine, di medico ha ben poco. Omeopatia, metodo Di Bella, cura Simoncini, Nuova Medicina Germanica e molti altri inganni che ciclicamente ritornano sulla scena (o che non l’hanno mai abbandonata) vengono dettagliatamente demoliti, sempre partendo da quelle che dovrebbero essere le basi della scienza, ovvero le evidenze dapprima logiche e poi sperimentali.
Eppure questo non ci è ancora del tutto chiaro, se si pensa che la truffa del Metodo Stamina, cui l’autore dedica ampio spazio, è una ferita ancora fresca nel mondo della sanità e dell’informazione nazionale.
Viene a più riprese sottolineato come molte di queste cure abbiano una storia naturale simile: inizialmente vengono esaltate e osannate dall’opinione pubblica, cui però pervengono informazioni frammentarie e incomplete, che siano spezzoni di video oppure dicerie popolari; quando, poi, si cerca di ricostruire la natura di questi protocolli terapeutici, ancor prima di valutarne l’efficacia, ci si scontra con un muro di silenzi e omissioni.
L’atteggiamento dell’autore, così come quello dell’intero mondo scientifico, non è (e questo viene ribadito più volte) un atteggiamento di rifiuto a priori, ma piuttosto una sana curiosità che però deve essere nutrita a suon di dati comprovati e statisticamente significativi per poter divenire effettivamente scienza.
Una delle critiche che a più riprese vengono avanzate a chi, a vario titolo, sottolinea le falle delle medicine alternative è legata ai limiti delle terapie tradizionali e agli errori compiuti da chi le vende e le sviluppa. In questo caso, tuttavia, queste osservazioni sono immediatamente scartabili: Di Grazia appare tutt’altro che tenero verso la “scienza ufficiale”. Le bugie del titolo, infatti, talvolta provengono anche da case farmaceutiche senza scrupoli e sperimentatori compiacenti, come dimostrano diversi scandali.
Il caso talidomide è certamente il più noto del lotto, ma è bene anche conoscere altri episodi incresciosi probabilmente di portata persino maggiore (si pensi all’impressionante “esperimento Tuskegee”, in cui decine di agricoltori afroamericani furono usati come vere e proprie cavie inconsapevoli per studiare gli effetti a lungo termine della sifilide). Ma basta davvero che in alcuni casi il sistema di sperimentazione abbia miseramente (e miserabilmente) fallito, per dichiararne il fallimento totale? Naturalmente no. Anzi, come correttamente fa notare Di Grazia, è proprio dalle procedure di controllo che la scienza tradizionale prevede per validare i propri risultati che sono emerse, sia pure a volte in colpevole ritardo, queste problematiche. E in definitiva, del resto, alla base di ambedue le menzogne, quelle alternative e quelle ufficiali, si può ritrovare sempre il medesimo intento: non già andare a salvaguardare la salute del paziente, ma piuttosto garantirsi solide entrate economiche.
L’avidità, insomma, che sbarca anche laddove non dovrebbe trovare cittadinanza alcuna, indipendentemente dalle metodiche scelte (ed anzi con più facilità nel meno controllato e regolamentato mondo della medicina alternativa).
In definitiva, il lavoro di Di Grazia risulta pregevole perché fa qualcosa che ogni buon medico dovrebbe fare, quantomeno nel privato della sua pratica quotidiana. Svelare gli inganni e le trappole di cui si può essere vittima nella ricerca di una cura ai propri mali è, infatti, un’opera di informazione e di educazione da cui qualunque professionista sanitario non può esimersi.
Il bene da tutelare è, in qualunque momento, la salute del paziente; informarlo di quanto siano inefficaci e pericolose alcune vie, surrettiziamente propagandate come miracolose, è opera necessaria e meritoria.
D’altro canto, è altrettanto necessario che ciascuno di noi, in quanto potenziale paziente, conosca i rischi cui va incontro per evitare di cadervi; e in questo Salute e bugie appare un valido aiuto.
Eduardo, l’occulto e la magia
Fara Di Maio
Quaderni del CICAP, 2014
150 pp., € 9,90
Recensione di Anna Rita Longo
Nulla può sfuggire alle arcane potenze che operano nell’ombra. Le forze dell’occulto sono tra noi... proprio perché, a dispetto dell’apparenza, sono tutt’altro che paranormali. I fantasmi sono parte integrante della nostra vita, è vero, ma proprio perché gli unici spettri esistenti sono nella nostra testa, nelle scappatoie che quotidianamente cerchiamo per annaspare tra le difficoltà che si presentano o nei piccoli alibi che ci consentono di sgravarci delle responsabilità quando sbagliamo. È questa una delle tante lezioni che Eduardo ci impartisce attraverso il suo teatro, una volta in più maestro di vita e, come scopriamo grazie a questo bel lavoro di Fara Di Maio, anche di senso critico.
L’autrice – che collabora con il CICAP dal 2001 ed è responsabile per Query delle lettere e delle traduzioni – sceglie di illustrarci questo aspetto non certo scontato del pensiero del grande Eduardo De Filippo, che sembra, a ben considerare, un Leitmotiv ricorrente nella sua arte, da quella degli inizi fino alle ultime commedie. Fara Di Maio si sofferma, in particolar modo, su alcuni testi che rappresentano altrettanti modi di vedere l’ignoto. In Sik Sik l’artefice magico come nella Grande magia c’è il mago da palcoscenico che rivela tutta la sua limitatezza e umanità, dimostrandosi dipendente dai suoi strumenti della meraviglia e dalla collaborazione, più o meno consapevole, del pubblico, elementi senza i quali rimane uomo comune come tutti, nonostante i convinti proclami anti-scettici. In Quei figuri... la magia è soprattutto trucco, truffa ai danni dell’ingenuo che non ha abbastanza senso critico per autodifendersi. In Non ti pago si celebra l’epopea del gioco del lotto e il suo complesso legame socio-culturale con la città di Napoli, anche come punto di contatto tra il mondo dei vivi e quello dei defunti; in questo caso, l’atteggiamento scettico di Eduardo è messo in evidenza dal clima di paradosso che permea l’intera commedia. In Questi fantasmi! scopriamo come spesso dare la colpa a un’oscura presenza sia un utile escamotage per non fare i conti con situazioni dalle quali ci sentiamo umiliati. Nelle Voci di dentro si fa riferimento a sogni ingannevoli che sembrano reali e a una cartomante con doti divinatorie molto dubbie, che sono, in realtà, un mezzo per sbarcare il lunario. Infine nel Contratto troviamo la figura di un presunto taumaturgo, in grado addirittura di ridare la vita ai morti, anche se in un senso meno paranormale di quello che sembrerebbe.
Nel complesso l’autrice ci restituisce un Eduardo inedito, ma che si riconferma raffinatissimo filosofo.
E l’uomo inventò i sapori
Rosalia Cavalieri
Società editrice il Mulino, 2014,
146 pp., € 14
Recensione di Anna Rita Longo
DI CHE COSA SI PARLA: Quello di nutrirsi è un bisogno primario, ma l’uomo ha trasformato una necessità fisica in una pratica, quella della gastronomia, nella quale è possibile scorgere importanti istanze di natura culturale, psicologica, sociale. Nella storia del gusto e dell’apprezzamento dei sapori si può inoltre seguire il percorso evolutivo e storico dell’uomo.
PERCHÉ LEGGERLO: Per riflettere, sulla scia dell’École des Annales, sul ruolo fondamentale degli aspetti della vita quotidiana, erroneamente ritenuti secondari, nella ricostruzione storica e scientifica della vicenda della specie Homo sapiens. Ma anche per apprezzare il connubio di sintesi, rigore e chiarezza che caratterizza l’esposizione dell’autrice, che riesce, in poche pagine e senza tediare il lettore, a fornirgli tutte le indispensabili coordinate per un approccio al tema.
Organi vitali
Francisco González Crussí
Adelphi Editore, 3^ ediz. 2014
339 pp., € 18
Recensione di Anna Rita Longo
DI CHE COSA SI PARLA: Quella dell’anatomopatologo è una professione forse poco nota a chi non vive nell’ambiente medico, ma che può rivelarsi una fonte inesauribile di scoperte su ciò che si nasconde all’interno del nostro corpo. Con questo libro, Francisco González Crussí si prefigge lo scopo di aiutare il lettore ad acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che è sottratto alla sua vista, affrontando in prospettiva storica, scientifica, divulgativa e ludica l’avventura di spiegare come siamo fatti.
PERCHÉ LEGGERLO: Perché si tratta di una lettura divertente oltre che straordinariamente istruttiva. Quali che siano le nostre conoscenze mediche, il libro non mancherà di sorprenderci con aneddoti, dati, considerazioni. Particolarmente interessanti le note di storia della scienza, che contribuiranno a farci apprezzare gli attuali progressi della medicina.
Acqua: Sai cosa bevi?
Giorgio Temporelli
Il Pensiero Scientifico, 2014
pp. 160, € 14,00
Recensione di Silvano Fuso
Giorgio Temporelli è uno dei massimi esperti italiani in fatto di acqua. Laureato in fisica, dalla metà degli anni Novanta si occupa professionalmente di tematiche riguardanti le acque destinate all’alimentazione. Alla sua attività professionale di tecnico e consulente unisce quella di impegnato divulgatore. In tale ambito è autore o coautore di oltre 60 articoli tecnici (alcuni pubblicati anche su Scienza&Paranormale), di 15 libri, dell’enciclopedia La Conoscenza dell’Acqua in 10 volumi e ha partecipato a oltre 130 interventi come conferenziere. Tiene inoltre lezioni sulla gestione delle acque in istituti scolastici di ogni ordine e grado e in ambito universitario.
L’ultima sua fatica editoriale è Acqua: Sai cosa bevi? Conoscere e usare consapevolmente la più importante risorsa naturale. Già il titolo pone un quesito e tutti i paragrafi del libro si aprono con una domanda. Le domande-paragrafi sono organizzate in sei capitoli dai seguenti titoli: 1. Acqua: caratteristiche, disponibilità, ambiente; 2. L’acqua nella salute e nell’alimentazione; 3. Le acque in bottiglia; 4. Le acque del rubinetto; 5. Apparecchiature per il trattamento dell’acqua; 6. Curiosità. Seguono poi le conclusioni, in cui l’autore invita i lettori a contattarlo via email, nel caso in cui avessero ancora qualche curiosità insoddisfatta. Tuttavia, dopo la lettura del libro, è piuttosto difficile che rimangano ancora dubbi o domande inappagate. Il volume infatti, nonostante le dimensioni contenute, rappresenta un vero trattato, completo e maneggevole, su tutto ciò che ha a che fare con l’acqua.
Non possiamo in questo breve spazio elencare tutte le domande a cui Temporelli fornisce esaurienti risposte. Ci limitiamo a citarne alcune: perché non c’è vita senz’acqua? Cosa significa acqua potabile? Esiste l’acqua migliore in assoluto? Quanto dobbiamo bere? L’acqua è l’unica bevanda a zero calorie? Perché alcune acque contengono nitrati o arsenico? Meglio bere l’acqua leggera o quella ricca di sali? Liscia o gassata? Pubblica o privata? Come si può contribuire personalmente al risparmio idrico?
Dagli aspetti ambientali a quelli alimentari, dalla legislazione alle modalità di imbottigliamento e alle apparecchiature per il trattamento dell’acqua, senza tralasciare una serie di interessanti problematiche di ordine pratico e scientifico, il lettore troverà nel volume di Temporelli chiare risposte alle principali curiosità legate all’argomento acqua.
Da buon socio CICAP d’antan, Temporelli non manca poi di affrontare razionalmente tipiche tematiche pseudoscientifiche che, ahimè, non risparmiano neppure il mondo dell’acqua. Nelle pagine del libro, e soprattutto nel capitolo Curiosità, troviamo infatti rigorose risposte scientifiche a domande di questo genere: perché la tecnica di vendita con la prova dell’elettrolisi è una truffa? (ved. Scienza&Paranormale n. 60, marzo-aprile 2005). Come funzionano gli anticalcare magnetici? Cosa sono i vitalizzatori d’acqua? (ved. Scienza&Paranormale n. 49, maggio-giugno 2003). Acqua ionizzata alcalina: una nuova opportunità per la salute? È vero che i rabdomanti sono in grado di “sentire” l’acqua? Scie chimiche o scie di condensazione?
Ogni tematica è affrontata dall’autore con il massimo rigore scientifico (con ampi riferimenti alla letteratura scientifica, riportati accuratamente nelle note), ma al tempo stesso con tono colloquiale, piacevole e comprensibilissimo anche da coloro che non posseggono una particolare preparazione scientifica. Contemporaneamente, però, anche il lettore più esperto ed esigente può trovare nelle pagine del libro risposte chiare e precise con estrema rapidità, senza necessità di ricercare faticosamente le fonti originali.
Il libro si rivolge, quindi, proprio a tutti e, per dirla con le parole dell’autore, che compaiono come incipit dell’introduzione, «a tutti i curiosi, che si fanno domande e cercano risposte». Dato che ognuno di noi non può vivere senz’acqua, dovremmo essere tutti quanti curiosi su questo argomento e sicuramente il libro di Temporelli può fornire risposte affidabili a qualunque nostro interrogativo.