Nonostante la storiografia degli ultimi decenni abbia profondamente rinnovato l'interpretazione delle cacce alle streghe, approfondendo la comprensione del fenomeno con un approccio che considera la questione da diversi punti di vista, continuano a circolare sull'argomento molti luoghi comuni, spesso stereotipati, che, come ha scritto lo storico inglese Robin Briggs, hanno in comune il solo fatto di essere «disperatamente sbagliati». Vediamoli in sintesi, rimandando alla bibliografia alla fine di questa Copertina per gli approfondimenti.
L'idea che la caccia alle streghe appartenesse al Medioevo ha iniziato a diffondersi attraverso gli scrittori romantici dell'Ottocento come Jacob Grimm e Jules Michelet, ma è lontana dalla realtà. Nel Medioevo ci furono effettivamente condanne di streghe, ma furono sostanzialmente casi isolati, mentre i tribunali ecclesiastici erano impegnati a perseguire le eresie come quella dei catari o dei valdesi: gli episodi ripetuti e ravvicinati di caccia alle streghe cominciarono solo nella seconda metà del Quattrocento, quando il Medioevo stava terminando, e proseguirono fino all'inizio del Settecento, nel pieno dell'età moderna.
Forse l'idea che la caccia alle streghe sia avvenuta durante l'età moderna è difficile da accettare perché, come ha scritto lo storico inglese Hugh Trevor-Roper, entra in conflitto con la nostra tendenza a vedere la storia europea, dal Rinascimento in poi, come un progresso costante e inarrestabile. In realtà le cose non furono così lineari: il Medioevo non fu esclusivamente l'epoca superstiziosa e oscura che ci immaginiamo con un pregiudizio ereditato dagli illuministi, e l'età moderna non fu priva di arretramenti.
La maggioranza delle condanne a morte, decine di migliaia, avvenne nelle regioni del Sacro Romano Impero e nei territori confinanti, corrispondenti alle odierne Germania, Svizzera, Francia orientale, Polonia e Austria. In Italia e in Spagna le condanne, seppur non irrilevanti, furono molte di meno: alcune centinaia. Più importanti della confessione religiosa furono però le condizioni locali economiche e giuridiche: per esempio, in Scozia le vittime furono molto più numerose che in Inghilterra, e in Italia settentrionale più che in Italia meridionale. Inoltre la maggioranza delle condanne arrivò da tribunali civili e non da quelli ecclesiastici.
Tra le cause della caccia alle streghe c'era certamente una componente legata al genere, nella mentalità patriarcale e misogina che vedeva le donne come più inclini al peccato, ma questa non era l'unica causa. Nella definizione di strega non c'era nulla che escludesse gli uomini, che rappresentavano infatti una parte non irrilevante dei condannati a morte: in media circa il 20%, anche se con enormi differenze tra un luogo e l'altro. La percentuale di uomini saliva infatti a ben oltre il 50% in alcune nazioni come l'Estonia e la Russia, dove il folklore locale attribuiva tradizionalmente agli uomini gli atti di stregoneria.
In realtà i roghi dell'Inquisizione ardevano principalmente per gli eretici. Più raramente venivano bruciate anche le streghe (in genere dopo essere state strangolate dal boia), ma il metodo di esecuzione più comune per il crimine di stregoneria era l'impiccagione.
Il numero di vittime della caccia alle streghe è stato a lungo sopravvalutato sia a causa di errori metodologici sia per ragioni ideologiche. Vedere “Quante furono le vittime della caccia alle streghe?”.
Nel 1973 il libro Witches, Midwives, and Nurses di Barbara Ehrenreich e Deirdre English suggerì l'idea, diffusa ancora oggi, che le streghe fossero per la maggior parte levatrici e guaritrici. I sociologi Gunnar Heinsohn e Otto Steiger sono arrivati a teorizzare che lo sterminio di levatrici e guaritrici avesse lo scopo di impedire il controllo delle nascite e ripopolare l'Europa. Non è facile ricostruire l'identikit della strega perché i documenti processuali ci danno in genere poche informazioni sulla vita delle persone accusate di stregoneria (mentre si dilungano molto di più sulle loro presunte malefatte), ma studi successivi come quelli di David Harley e Franz Irsigler hanno mostrato che le levatrici non erano particolarmente esposte all'accusa di stregoneria e che, anche se potevano essere vittime delle persecuzioni, non ne erano certo il primo e unico obiettivo. Nelle grandi cacce alle streghe, le prime vittime erano spesso tra le persone più povere, ma man mano che la persecuzione andava fuori controllo poteva essere coinvolto chiunque e tra gli accusati ci furono anche nobili, giudici, vescovi e teologi. Le ragioni della persecuzione dipendevano molto più dalla mentalità dei persecutori che dalle caratteristiche delle vittime.
Il concetto chiave della stregoneria, l'adorazione del diavolo all'interno del sabba, era una convinzione colta, diffusa tra teologi, giudici e intellettuali, ma del tutto estranea alle tradizioni popolari. I processi alle streghe furono generalmente, in rapporto alla popolazione, più diffusi in città che in campagna e le condanne a morte furono spesso ratificate dalle università, nelle facoltà di teologia e di legge. Né si può sostenere che la caccia alle streghe esprimesse esclusivamente un punto di vista conservatore, contrario al progresso intellettuale e morale: per esempio Samuel Sewall, uno dei tre giudici che avevano mandato a morte le «streghe di Salem» scrisse pochi anni dopo uno dei primi trattati contro la schiavitù pubblicato in America.
Il pregiudizio che la caccia alle streghe fosse dettata dall'ignoranza ci permette di simpatizzare con le vittime, ma riflette una mancata comprensione della mentalità europea nell'epoca della Riforma, in cui i concetti di razionalità e di superstizione erano completamente diversi da quelli di oggi e l'esistenza del Diavolo era universalmente considerata reale e tangibile. Inoltre, attribuire genericamente la caccia alle streghe all'ignoranza e al fanatismo ci evita di cercare una spiegazione fattuale e ci culla nella rassicurante certezza che l'orrore non si possa più ripetere. Al contrario, come ha scritto lo storico scozzese Julian Goodare, «le certezze morali che portarono le persone a rompere i legami di fratellanza umana con i loro nemici in nome di un bene più grande si possono vedere in azione ancora oggi, proprio come allora. In questo modo ci rendiamo conto che non solo le streghe erano persone molto simili a noi, ma lo erano anche i cacciatori di streghe».
La caccia alle streghe non fu un fenomeno medievale.
L'idea che la caccia alle streghe appartenesse al Medioevo ha iniziato a diffondersi attraverso gli scrittori romantici dell'Ottocento come Jacob Grimm e Jules Michelet, ma è lontana dalla realtà. Nel Medioevo ci furono effettivamente condanne di streghe, ma furono sostanzialmente casi isolati, mentre i tribunali ecclesiastici erano impegnati a perseguire le eresie come quella dei catari o dei valdesi: gli episodi ripetuti e ravvicinati di caccia alle streghe cominciarono solo nella seconda metà del Quattrocento, quando il Medioevo stava terminando, e proseguirono fino all'inizio del Settecento, nel pieno dell'età moderna.
Forse l'idea che la caccia alle streghe sia avvenuta durante l'età moderna è difficile da accettare perché, come ha scritto lo storico inglese Hugh Trevor-Roper, entra in conflitto con la nostra tendenza a vedere la storia europea, dal Rinascimento in poi, come un progresso costante e inarrestabile. In realtà le cose non furono così lineari: il Medioevo non fu esclusivamente l'epoca superstiziosa e oscura che ci immaginiamo con un pregiudizio ereditato dagli illuministi, e l'età moderna non fu priva di arretramenti.
L'Inquisizione cattolica ebbe un ruolo di secondo piano nella caccia alle streghe.
La maggioranza delle condanne a morte, decine di migliaia, avvenne nelle regioni del Sacro Romano Impero e nei territori confinanti, corrispondenti alle odierne Germania, Svizzera, Francia orientale, Polonia e Austria. In Italia e in Spagna le condanne, seppur non irrilevanti, furono molte di meno: alcune centinaia. Più importanti della confessione religiosa furono però le condizioni locali economiche e giuridiche: per esempio, in Scozia le vittime furono molto più numerose che in Inghilterra, e in Italia settentrionale più che in Italia meridionale. Inoltre la maggioranza delle condanne arrivò da tribunali civili e non da quelli ecclesiastici.
Le donne non erano le uniche vittime.
Tra le cause della caccia alle streghe c'era certamente una componente legata al genere, nella mentalità patriarcale e misogina che vedeva le donne come più inclini al peccato, ma questa non era l'unica causa. Nella definizione di strega non c'era nulla che escludesse gli uomini, che rappresentavano infatti una parte non irrilevante dei condannati a morte: in media circa il 20%, anche se con enormi differenze tra un luogo e l'altro. La percentuale di uomini saliva infatti a ben oltre il 50% in alcune nazioni come l'Estonia e la Russia, dove il folklore locale attribuiva tradizionalmente agli uomini gli atti di stregoneria.
Le streghe non venivano bruciate vive.
In realtà i roghi dell'Inquisizione ardevano principalmente per gli eretici. Più raramente venivano bruciate anche le streghe (in genere dopo essere state strangolate dal boia), ma il metodo di esecuzione più comune per il crimine di stregoneria era l'impiccagione.
Le vittime furono decine di migliaia, non milioni.
Il numero di vittime della caccia alle streghe è stato a lungo sopravvalutato sia a causa di errori metodologici sia per ragioni ideologiche. Vedere “Quante furono le vittime della caccia alle streghe?”.
La caccia alle streghe non era indirizzata contro categorie specifiche di persone.
Nel 1973 il libro Witches, Midwives, and Nurses di Barbara Ehrenreich e Deirdre English suggerì l'idea, diffusa ancora oggi, che le streghe fossero per la maggior parte levatrici e guaritrici. I sociologi Gunnar Heinsohn e Otto Steiger sono arrivati a teorizzare che lo sterminio di levatrici e guaritrici avesse lo scopo di impedire il controllo delle nascite e ripopolare l'Europa. Non è facile ricostruire l'identikit della strega perché i documenti processuali ci danno in genere poche informazioni sulla vita delle persone accusate di stregoneria (mentre si dilungano molto di più sulle loro presunte malefatte), ma studi successivi come quelli di David Harley e Franz Irsigler hanno mostrato che le levatrici non erano particolarmente esposte all'accusa di stregoneria e che, anche se potevano essere vittime delle persecuzioni, non ne erano certo il primo e unico obiettivo. Nelle grandi cacce alle streghe, le prime vittime erano spesso tra le persone più povere, ma man mano che la persecuzione andava fuori controllo poteva essere coinvolto chiunque e tra gli accusati ci furono anche nobili, giudici, vescovi e teologi. Le ragioni della persecuzione dipendevano molto più dalla mentalità dei persecutori che dalle caratteristiche delle vittime.
La caccia alle streghe non fu guidata dall'ignoranza e dalla superstizione.
Il concetto chiave della stregoneria, l'adorazione del diavolo all'interno del sabba, era una convinzione colta, diffusa tra teologi, giudici e intellettuali, ma del tutto estranea alle tradizioni popolari. I processi alle streghe furono generalmente, in rapporto alla popolazione, più diffusi in città che in campagna e le condanne a morte furono spesso ratificate dalle università, nelle facoltà di teologia e di legge. Né si può sostenere che la caccia alle streghe esprimesse esclusivamente un punto di vista conservatore, contrario al progresso intellettuale e morale: per esempio Samuel Sewall, uno dei tre giudici che avevano mandato a morte le «streghe di Salem» scrisse pochi anni dopo uno dei primi trattati contro la schiavitù pubblicato in America.
Il pregiudizio che la caccia alle streghe fosse dettata dall'ignoranza ci permette di simpatizzare con le vittime, ma riflette una mancata comprensione della mentalità europea nell'epoca della Riforma, in cui i concetti di razionalità e di superstizione erano completamente diversi da quelli di oggi e l'esistenza del Diavolo era universalmente considerata reale e tangibile. Inoltre, attribuire genericamente la caccia alle streghe all'ignoranza e al fanatismo ci evita di cercare una spiegazione fattuale e ci culla nella rassicurante certezza che l'orrore non si possa più ripetere. Al contrario, come ha scritto lo storico scozzese Julian Goodare, «le certezze morali che portarono le persone a rompere i legami di fratellanza umana con i loro nemici in nome di un bene più grande si possono vedere in azione ancora oggi, proprio come allora. In questo modo ci rendiamo conto che non solo le streghe erano persone molto simili a noi, ma lo erano anche i cacciatori di streghe».