Il primo filosofo della storia è in genere ritenuto Talete, che visse tra il VII e il VI secolo a.C. Tra le altre cose, Talete propose la prima teoria non mitica del cosmo, secondo cui la Terra è sostenuta dall’acqua, come una barca.
Talete fu mentore di Anassimandro (circa 610 — circa 546 a.C.), il quale propose una teoria cosmologica molto più evoluta. Egli sosteneva che la Terra è al centro dell’universo, che è sferico, e rimane immobile nel vuoto, perché non vi è ragione per cui essa debba muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra, essendo equidistante da tutto ciò che la circonda. La Terra ha la forma di un cilindro, col diametro pari a tre volte l’altezza, e l’umanità vive su una delle due facce del cilindro. Ciò che qui interessa maggiormente è la concezione che Anassimandro aveva degli astri, così esposta da Karl Popper (1998):
[Anassimandro] immagina, ruotanti intorno alla Terra, i cerchioni di due enormi ruote di carro, uno grande 27 volte la Terra, l’altro 18. Ciascuno di questi cerchioni o tubi circolari, è pieno di fuoco e possiede una fessura attraverso la quale si può vedere il fuoco. Questi fori sono da noi chiamati, rispettivamente, il Sole e la Luna. Il resto della ruota è invisibile, probabilmente perché è scura (o nebbiosa) e molto lontana. Anche le stelle fisse (e probabilmente i pianeti) sono fessure su ruote più vicine alla Terra di quelle del Sole e della Luna.
Dunque, secondo Anassimandro, gli astri non sono oggetti, bensì fori attraverso i quali è visibile il fuoco che sta dietro di essi, all’interno dei tubi. Le fasi della Luna e le eclissi parziali e totali di Sole e di Luna si verificano quando i fori sono parzialmente o totalmente occlusi. Inoltre, i tubi ruotano ed è per questo che Sole e Luna vengono visti spostarsi nel cielo[1].
La figura 1 è un’illustrazione grafica della teoria, limitatamente alla ruota del Sole.
La cosmologia di Anassimandro è ritenuta una conquista intellettuale prodigiosa per diverse ragioni[2]. Qui, però, ci interessa soltanto un suo aspetto forse minore, ma rilevante dal punto di vista della psicologia della percezione.
La teoria di Anassimandro contraddice i dati percettivi, poiché noi possiamo sì concepire gli astri come fori, ma non siamo in grado di vederli come tali. Di conseguenza, la teoria in questione contraddice anche il realismo ingenuo, cioè quell’atteggiamento naturale che consiste nel fidarsi di ciò che si vede. Anassimandro commise un errore, poiché in questo caso i sensi ci dicono il vero, essendo gli astri non fori ma oggetti. Tuttavia, tale errore è a mio parere geniale, considerando il tempo in cui venne commesso, perché da un lato tiene conto di ciò che si percepisce e lo spiega, e dall’altro contraddice ciò che la percezione testimonia. A quanto pare, Anassimandro si rendeva già parzialmente conto di un aspetto molto importante dell’attuale concezione scientifica del mondo, per comprendere il quale è necessario introdurre tre termini: stimolo distale, stimolo prossimale e percetto.
Consideriamo ad esempio il Sole. L’oggetto fisico “Sole” è lo stimolo distale. Lo stimolo distale proietta luce verso i nostri occhi, e di conseguenza sulle nostre retine si dipinge un’immagine del Sole (fingiamo che sia possibile fisarlo impunemente); quest’immagine è lo stimolo prossimale. Lo stimolo prossimale viene elaborato dal cervello, e il risultato di tale elaborazione è la nostra percezione del Sole; questo Sole percepito è il percetto.
Il percetto di un disco sfolgorante come il Sole, però, può essere generato da uno stimolo distale molto diverso da una sfera o da un disco luminoso, ovvero da un foro circolare attraverso il quale è visibile una superficie raggiante che sta dietro di esso. Sfera, disco e foro, infatti, danno luogo a stimoli prossimali, e quindi inevitabilmente a percetti, identici. Si immagini di fotografare un disco luminoso e un foro circolare dal quale proviene la stessa luce: le due foto saranno identiche. Più in generale, qualsiasi percetto può essere indotto da stimoli distali estremamente diversi tra loro, i quali hanno in comune solo il fatto di produrre stimoli prossimali identici. Sembra che Anassimandro avesse capito ciò perfettamente: egli nulla sapeva dell’esistenza dello stimolo prossimale, dal momento che a quel tempo i meccanismi fisiologici della visione erano alquanto oscuri, ma si rendeva conto del fatto che Sole e Luna sembrerebbero oggetti anche se fossero in realtà dei fori, se cioè avessero ben poco in comune con i relativi percetti.
Per dimostrare che un percetto può essere generato a partire da stimoli distali completamente diversi tra loro, in psicologia si ricorre spesso alla camera di Ames, che è stata descritta nei dettagli in un recente articolo su Query (Vezzani 2012). La camera di Ames è una stanza che viene percepita come perfettamente normale da chi la osserva dall’esterno attraverso un foro, pur essendo in realtà fortemente distorta. Il percetto “stanza rettangolare”, dunque, può essere generato tanto da una stanza normale quanto da una camera fortemente distorta, il che dimostra che uno stesso percetto può essere generato da stimoli distali alquanto diversi tra loro.
Perché gli astri vengono percepiti come oggetti che hanno come sfondo il cielo mentre è quasi impossibile percepirli come fori? Per rispondere è necessario affrontare il problema del rapporto tra una figura e il suo sfondo, della cui importanza si è presa piena coscienza in psicologia della percezione solo a partire da un lavoro di Edgar Rubin (1921). Se una superficie è divisa in due aree più piccole da un margine, si può verificare una di queste due possibilità: o le due aree sembrano giustapposte, come due tessere di un mosaico, oppure una delle due viene percepita come una figura, mentre l’altra viene percepita come uno sfondo che continua dietro la figura. Sorvoliamo sul caso in cui le due aree sembrano giustapposte. Quali fattori determinano quale delle due aree sarà nella maggior parte dei casi percepita come figura e quale come sfondo? I fattori rilevanti per questo articolo sono quelli elencati qui sotto, ma ve ne sono altri che non verranno considerati. Tutti questi fattori conducono in genere a una percezione veridica dell’ambiente, e quindi sono adattativi, ma talora conducono a percetti non veridici, per cui un oggetto viene percepito erroneamente come uno sfondo e viceversa.
Tende a essere vista come figura l’area che ha queste caratteristiche:
Dunque, se la Luna e il Sole vengono visti come oggetti e il cielo come uno sfondo è perché i fattori suddetti operano in questa direzione: Luna e Sole sono infatti circondati dal cielo, sono piccoli rispetto al cielo, hanno margini convessi e sono simmetrici. Insomma, anche se Anassimandro avesse ragione e il Sole e la Luna fossero fori, noi li percepiremmo ugualmente come oggetti.
È dunque impossibile in linea di principio percepire fori nel cielo? No. Se Sole e Luna fossero grandi e avessero margini concavi sarebbe più facile percepirli come fori. Se poi fossero di color nero profondo la probabilità di percepirli come fori aumenterebbe ulteriormente. Cavedon (1980) ha trovato, infatti che aree le quali hanno queste tre caratteristiche vengono talora percepite come fori.
Si noti poi il suddetto fattore 5: tende a essere percepita come figura l’area che ha una forma familiare. Rubin (1921) illustrò questo principio con la sua famosissima figura 6.
In questa figura si alternano due percetti: 1. un vaso bianco e 2. due volti neri. Non si possono vedere le due cose contemporaneamente. Quando si vede il vaso bianco l’area nera viene vista come lo sfondo del vaso, mentre quando si vedono i volti neri l’area bianca viene percepita come lo sfondo dei volti, dietro i quali essa sembra continuare. Se ne può dedurre che se la Luna avesse, per assurdo, la forma dell’area bianca della figura 6, probabilmente noi la vedremmo per parte del tempo come un foro che si apre su uno sfondo che sta dietro il cielo.
Talete fu mentore di Anassimandro (circa 610 — circa 546 a.C.), il quale propose una teoria cosmologica molto più evoluta. Egli sosteneva che la Terra è al centro dell’universo, che è sferico, e rimane immobile nel vuoto, perché non vi è ragione per cui essa debba muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra, essendo equidistante da tutto ciò che la circonda. La Terra ha la forma di un cilindro, col diametro pari a tre volte l’altezza, e l’umanità vive su una delle due facce del cilindro. Ciò che qui interessa maggiormente è la concezione che Anassimandro aveva degli astri, così esposta da Karl Popper (1998):
[Anassimandro] immagina, ruotanti intorno alla Terra, i cerchioni di due enormi ruote di carro, uno grande 27 volte la Terra, l’altro 18. Ciascuno di questi cerchioni o tubi circolari, è pieno di fuoco e possiede una fessura attraverso la quale si può vedere il fuoco. Questi fori sono da noi chiamati, rispettivamente, il Sole e la Luna. Il resto della ruota è invisibile, probabilmente perché è scura (o nebbiosa) e molto lontana. Anche le stelle fisse (e probabilmente i pianeti) sono fessure su ruote più vicine alla Terra di quelle del Sole e della Luna.
Dunque, secondo Anassimandro, gli astri non sono oggetti, bensì fori attraverso i quali è visibile il fuoco che sta dietro di essi, all’interno dei tubi. Le fasi della Luna e le eclissi parziali e totali di Sole e di Luna si verificano quando i fori sono parzialmente o totalmente occlusi. Inoltre, i tubi ruotano ed è per questo che Sole e Luna vengono visti spostarsi nel cielo[1].
La figura 1 è un’illustrazione grafica della teoria, limitatamente alla ruota del Sole.
La cosmologia di Anassimandro è ritenuta una conquista intellettuale prodigiosa per diverse ragioni[2]. Qui, però, ci interessa soltanto un suo aspetto forse minore, ma rilevante dal punto di vista della psicologia della percezione.
La teoria di Anassimandro contraddice i dati percettivi, poiché noi possiamo sì concepire gli astri come fori, ma non siamo in grado di vederli come tali. Di conseguenza, la teoria in questione contraddice anche il realismo ingenuo, cioè quell’atteggiamento naturale che consiste nel fidarsi di ciò che si vede. Anassimandro commise un errore, poiché in questo caso i sensi ci dicono il vero, essendo gli astri non fori ma oggetti. Tuttavia, tale errore è a mio parere geniale, considerando il tempo in cui venne commesso, perché da un lato tiene conto di ciò che si percepisce e lo spiega, e dall’altro contraddice ciò che la percezione testimonia. A quanto pare, Anassimandro si rendeva già parzialmente conto di un aspetto molto importante dell’attuale concezione scientifica del mondo, per comprendere il quale è necessario introdurre tre termini: stimolo distale, stimolo prossimale e percetto.
Consideriamo ad esempio il Sole. L’oggetto fisico “Sole” è lo stimolo distale. Lo stimolo distale proietta luce verso i nostri occhi, e di conseguenza sulle nostre retine si dipinge un’immagine del Sole (fingiamo che sia possibile fisarlo impunemente); quest’immagine è lo stimolo prossimale. Lo stimolo prossimale viene elaborato dal cervello, e il risultato di tale elaborazione è la nostra percezione del Sole; questo Sole percepito è il percetto.
Il percetto di un disco sfolgorante come il Sole, però, può essere generato da uno stimolo distale molto diverso da una sfera o da un disco luminoso, ovvero da un foro circolare attraverso il quale è visibile una superficie raggiante che sta dietro di esso. Sfera, disco e foro, infatti, danno luogo a stimoli prossimali, e quindi inevitabilmente a percetti, identici. Si immagini di fotografare un disco luminoso e un foro circolare dal quale proviene la stessa luce: le due foto saranno identiche. Più in generale, qualsiasi percetto può essere indotto da stimoli distali estremamente diversi tra loro, i quali hanno in comune solo il fatto di produrre stimoli prossimali identici. Sembra che Anassimandro avesse capito ciò perfettamente: egli nulla sapeva dell’esistenza dello stimolo prossimale, dal momento che a quel tempo i meccanismi fisiologici della visione erano alquanto oscuri, ma si rendeva conto del fatto che Sole e Luna sembrerebbero oggetti anche se fossero in realtà dei fori, se cioè avessero ben poco in comune con i relativi percetti.
Per dimostrare che un percetto può essere generato a partire da stimoli distali completamente diversi tra loro, in psicologia si ricorre spesso alla camera di Ames, che è stata descritta nei dettagli in un recente articolo su Query (Vezzani 2012). La camera di Ames è una stanza che viene percepita come perfettamente normale da chi la osserva dall’esterno attraverso un foro, pur essendo in realtà fortemente distorta. Il percetto “stanza rettangolare”, dunque, può essere generato tanto da una stanza normale quanto da una camera fortemente distorta, il che dimostra che uno stesso percetto può essere generato da stimoli distali alquanto diversi tra loro.
Perché gli astri vengono percepiti come oggetti che hanno come sfondo il cielo mentre è quasi impossibile percepirli come fori? Per rispondere è necessario affrontare il problema del rapporto tra una figura e il suo sfondo, della cui importanza si è presa piena coscienza in psicologia della percezione solo a partire da un lavoro di Edgar Rubin (1921). Se una superficie è divisa in due aree più piccole da un margine, si può verificare una di queste due possibilità: o le due aree sembrano giustapposte, come due tessere di un mosaico, oppure una delle due viene percepita come una figura, mentre l’altra viene percepita come uno sfondo che continua dietro la figura. Sorvoliamo sul caso in cui le due aree sembrano giustapposte. Quali fattori determinano quale delle due aree sarà nella maggior parte dei casi percepita come figura e quale come sfondo? I fattori rilevanti per questo articolo sono quelli elencati qui sotto, ma ve ne sono altri che non verranno considerati. Tutti questi fattori conducono in genere a una percezione veridica dell’ambiente, e quindi sono adattativi, ma talora conducono a percetti non veridici, per cui un oggetto viene percepito erroneamente come uno sfondo e viceversa.
Tende a essere vista come figura l’area che ha queste caratteristiche:
- 1. è circondata dall’altra area (come la Luna e il Sole sono circondati dal cielo); nella figura 2 è vista come figura l’area bianca, che è circondata da quella nera. In linea di principio si potrebbe invece percepire un foro attraverso il quale si vede uno sfondo bianco che sta dietro la superficie nera.
- 2. È più piccola dell’altra aerea (come lo sono la Luna e il Sole rispetto al cielo); nella figura 3 sono visti come figure, per la maggior parte del tempo, i settori neri.
- 3. È convessa (come la Luna e il Sole); nella figura 4 è vista come figura, per la maggior parte del tempo, l’area nera, che è convessa.
- 4. È simmetrica (come il Sole e la Luna); nella figura 5 tendono a essere viste come figure le aree bianche, che sono simmetriche.
- 5. Ha una forma familiare; questo principio fa sì che nella figura 6 si vedano per parte del tempo i due volti neri.
Dunque, se la Luna e il Sole vengono visti come oggetti e il cielo come uno sfondo è perché i fattori suddetti operano in questa direzione: Luna e Sole sono infatti circondati dal cielo, sono piccoli rispetto al cielo, hanno margini convessi e sono simmetrici. Insomma, anche se Anassimandro avesse ragione e il Sole e la Luna fossero fori, noi li percepiremmo ugualmente come oggetti.
È dunque impossibile in linea di principio percepire fori nel cielo? No. Se Sole e Luna fossero grandi e avessero margini concavi sarebbe più facile percepirli come fori. Se poi fossero di color nero profondo la probabilità di percepirli come fori aumenterebbe ulteriormente. Cavedon (1980) ha trovato, infatti che aree le quali hanno queste tre caratteristiche vengono talora percepite come fori.
Si noti poi il suddetto fattore 5: tende a essere percepita come figura l’area che ha una forma familiare. Rubin (1921) illustrò questo principio con la sua famosissima figura 6.
In questa figura si alternano due percetti: 1. un vaso bianco e 2. due volti neri. Non si possono vedere le due cose contemporaneamente. Quando si vede il vaso bianco l’area nera viene vista come lo sfondo del vaso, mentre quando si vedono i volti neri l’area bianca viene percepita come lo sfondo dei volti, dietro i quali essa sembra continuare. Se ne può dedurre che se la Luna avesse, per assurdo, la forma dell’area bianca della figura 6, probabilmente noi la vedremmo per parte del tempo come un foro che si apre su uno sfondo che sta dietro il cielo.
Note
1) La parte della teoria di Anassimandro relativa a stelle e pianeti ci è quasi del tutto sconosciuta, per cui nel seguito si considereranno solo Luna e Sole.
2) Si vedano ad esempio Kahn (1960) e questo sito: http://www.iep.utm.edu/anaximan/ .
Bibliografia
- Cavedon, A. 1980. Contorno e disparazione retinica come determinanti nella localizzazione in profondità: le condizioni della percezione di un foro. Report 12 dell’Istituto di Psicologia di Padova
- Kahn, C. H. 1960. Anaximander and the origins of Greek cosmology. New York: Columbia University Press
- Popper, K. 1998. The World of Parmenides. Essay on the Presocratic Enlightnenment. Londra: Rutledge. Trad. italiana: Il mondo di Parmenide. Alla scoperta della filosofia presocratica, Casale Monferrato: Edizioni Piemme
- Rubin, E. 1921. Visuell wahrgenommene figuren. Copenhagen: Gyldendalske
- Vezzani, S. 2012. La galleria prospettica di Palazzo Spada. (3) 10: pp. 22-23.