In questi giorni ho finito di leggere il libro Scienza, quindi democrazia di Gilberto Corbellini (Einaudi, Torino 2011). È un bel libro che mi sento di consigliare a tutti, ma lo consiglierei soprattutto ai colleghi insegnanti. Corbellini, ordinario di Storia della medicina alla Sapienza di Roma e da anni impegnato nella difesa delle “ragioni della scienza”, illustra una tesi interessante. Egli sostiene che la scienza moderna ha fornito gli strumenti cognitivi, culturali e morali indispensabili alla nascita della democrazia. La controintuitività e la sostanziale innaturalità del metodo scientifico consentono all’uomo di affrancarsi dalla istintualità che la propria evoluzione biologica ha prodotto e gli permettono di assumere comportamenti razionali che migliorano enormemente le condizioni di vita delle società e dei singoli. Attraverso accurate analisi di tipo storico, politico, sociologico, antropologico ed epistemologico, svolte nei vari capitoli del libro, l’autore cerca di fornire argomentazioni a sostegno della sua tesi. E lo fa, secondo me, in modo convincente.
Se si accetta quindi la tesi fondamentale del libro, si capisce perché io mi sia permesso di consigliare il volume soprattutto ai colleghi insegnanti. Da qualche tempo infatti nelle scuole si fa un gran parlare di educazione alla cittadinanza, alla legalità, alla mondialità, ecc. e lo si fa giustamente, visto che la scuola è uno strumento fondamentale per educare i giovani alla pacifica convivenza. Tuttavia in tutte le iniziative che si propongono questo sacrosanto obiettivo, quasi mai si parla di scienza. Se la tesi sostenuta da Corbellini è, come io credo, valida, si tratta quindi di una enorme carenza.
Come abbiamo più volte sottolineato, educazione scientifica non significa solo fornire contenuti nozionistici, ma dovrebbe soprattutto significare insegnamento del metodo scientifico e sviluppo di una mentalità scientifica. In questo senso dunque l’insegnamento delle scienze va inteso come uno straordinario strumento di educazione civica.
Il metodo scientifico consiste innanzi tutto nel prendere atto dei fatti, umilmente e senza alcun pregiudizio ideologico. E anche se i fatti possono contrastare con le nostre idee pregresse, sono queste ultime a dover essere messe in discussione, non i fatti. Appare evidente che questa abitudine mentale dovrebbe essere alla base anche di ogni rapporto sociale. Se ci pensiamo un attimo, tutte le grandi tragedie sociali (guerre, razzismo, sfruttamento dei popoli, ecc.) derivano proprio da una mancata accettazione dei fatti e da un predominio assoluto di pregiudizi, privi di ogni evidenza fattuale. Purtroppo la manipolazione e, nei casi più gravi, la falsificazione dei fatti sono all’ordine del giorno in ambito politico. E la situazione è particolarmente grave nel nostro paese. Se vi fosse maggiore diffusione della mentalità scientifica, sicuramente sarebbe molto più difficile per chi detiene il potere manipolare i fatti e la loro percezione da parte dei cittadini.
Altre fondamentali caratteristiche della scienza sono il rifiuto di ogni principio di autorità, la libera circolazione delle idee, la disponibilità al confronto e all’accettazione delle critiche. Queste caratteristiche sono altrettanto fondamentali per una democrazia degna di questo nome. Ogni forma di autoritarismo, di censura e di arroccamento su idee preconcette sono egualmente deleterie sia per la scienza che per la democrazia. Purtroppo il principio di autorità, la censura, la manipolazione dell’informazione e le ideologie non sono affatto scomparse dall’ambito politico. Ancora una volta una maggiore cultura scientifica creerebbe cittadini più responsabili, con maggiore senso critico e meno disposti ad accettare le malefatte dei politici. E soprattutto indurrebbe i cittadini a scegliersi rappresentanti politici migliori.
La cultura scientifica è inoltre accessibile a chiunque, purché disposto ad affrontare l’impegno necessario per acquisirla. Analogamente in una democrazia chiunque dovrebbe poter aspirare a determinate cariche, purché meritevole e disposto a impegnarsi per il bene pubblico.
Infine, un’ulteriore caratteristica della scienza è la sua straordinaria capacità autocorrettiva che ne determina una continua evoluzione. Ancora una volta purtroppo queste caratteristiche sono merce rara nella classe politica. Ben raramente capita infatti di sentire politici che facciano autocritica, che ammettano i propri errori o che rivedano i principi ideologici che caratterizzano la loro parte politica. Una maggiore diffusione della mentalità scientifica aiuterebbe i cittadini a rendersi meglio conto che ciò che viene vantata come coerenza politica rappresenti spesso in realtà cieca ostinatezza.
Nel suo libro Corbellini sottolinea come molti padri delle grandi democrazie moderne avessero una solida cultura scientifica e come a essa si ispirassero nelle loro scelte politiche. Oggi i politici con una preparazione scientifica sono mosche bianche e questo vale soprattutto nel nostro paese. I laureati in discipline scientifiche che siedono in Parlamento rappresentano un’esigua minoranza rispetto ai laureati in discipline umanistiche o giuridiche (ricordiamo inoltre che una preoccupante percentuale non possiede alcuna laurea). Non meraviglia quindi che molti provvedimenti politici siano palesemente antiscientifici e irrazionali e siano ispirati a obsolete ideologie, piuttosto che ad una obiettiva analisi delle situazioni reali.
Chi insegna discipline scientifiche dovrebbe essere consapevole del valore educativo del proprio ruolo. Un’approfondita comprensione del metodo scientifico, e il conseguente sviluppo di un robusto senso critico, può infatti proteggere i giovani dai dilaganti rigurgiti antiscientifici, e quindi antidemocratici, che caratterizzano la nostra società e che si ritrovano spesso nella classe politica, anche se mascherati dietro suadenti sembianze. Ne sono un esempio le varie filosofie relativistiche che sminuiscono il valore dei fatti a favore della loro interpretazione o che, nei casi estremi, considerano i fatti pure “costruzioni sociali”. Oppure i vari movimenti che, presentandosi come difensori della vita o dell’ambiente, additano la cosiddetta “tecnoscienza” come nemico da combattere in quanto minaccia nei confronti dei più elevati valori dell’esistenza. Valori che in realtà sono spesso solamente obsoleti retaggi ideologici che ostacolano il progresso e il benessere.
Corbellini cerca anche di interpretare le resistenze e la diffidenza manifestate dagli oppositori della scienza. Egli afferma: “Se le cose stanno così, ovvero se il metodo scientifico di ragionare non è un tratto umano che si manifesta naturalmente o spontaneamente, non dovrebbe stupire la resistenza che gli approcci scientifici incontrano quando sono in gioco temi di grande impatto psicologico, ovvero emotivo”.
Anche di questo gli insegnanti di discipline scientifiche devono essere consapevoli. L’acquisizione di una mentalità scientifica è un processo lento che si scontra inevitabilmente con il modo spontaneo di pensare dei ragazzi che spesso porta a conclusioni erronee e avventate. Abituare i ragazzi a seguire percorsi logici e a compiere scelte razionali e motivate non consentirà loro solo di risolvere problemi di fisica, di chimica o di matematica, ma li aiuterà in definitiva a diventare buoni cittadini.
Se si accetta quindi la tesi fondamentale del libro, si capisce perché io mi sia permesso di consigliare il volume soprattutto ai colleghi insegnanti. Da qualche tempo infatti nelle scuole si fa un gran parlare di educazione alla cittadinanza, alla legalità, alla mondialità, ecc. e lo si fa giustamente, visto che la scuola è uno strumento fondamentale per educare i giovani alla pacifica convivenza. Tuttavia in tutte le iniziative che si propongono questo sacrosanto obiettivo, quasi mai si parla di scienza. Se la tesi sostenuta da Corbellini è, come io credo, valida, si tratta quindi di una enorme carenza.
Come abbiamo più volte sottolineato, educazione scientifica non significa solo fornire contenuti nozionistici, ma dovrebbe soprattutto significare insegnamento del metodo scientifico e sviluppo di una mentalità scientifica. In questo senso dunque l’insegnamento delle scienze va inteso come uno straordinario strumento di educazione civica.
Il metodo scientifico consiste innanzi tutto nel prendere atto dei fatti, umilmente e senza alcun pregiudizio ideologico. E anche se i fatti possono contrastare con le nostre idee pregresse, sono queste ultime a dover essere messe in discussione, non i fatti. Appare evidente che questa abitudine mentale dovrebbe essere alla base anche di ogni rapporto sociale. Se ci pensiamo un attimo, tutte le grandi tragedie sociali (guerre, razzismo, sfruttamento dei popoli, ecc.) derivano proprio da una mancata accettazione dei fatti e da un predominio assoluto di pregiudizi, privi di ogni evidenza fattuale. Purtroppo la manipolazione e, nei casi più gravi, la falsificazione dei fatti sono all’ordine del giorno in ambito politico. E la situazione è particolarmente grave nel nostro paese. Se vi fosse maggiore diffusione della mentalità scientifica, sicuramente sarebbe molto più difficile per chi detiene il potere manipolare i fatti e la loro percezione da parte dei cittadini.
Altre fondamentali caratteristiche della scienza sono il rifiuto di ogni principio di autorità, la libera circolazione delle idee, la disponibilità al confronto e all’accettazione delle critiche. Queste caratteristiche sono altrettanto fondamentali per una democrazia degna di questo nome. Ogni forma di autoritarismo, di censura e di arroccamento su idee preconcette sono egualmente deleterie sia per la scienza che per la democrazia. Purtroppo il principio di autorità, la censura, la manipolazione dell’informazione e le ideologie non sono affatto scomparse dall’ambito politico. Ancora una volta una maggiore cultura scientifica creerebbe cittadini più responsabili, con maggiore senso critico e meno disposti ad accettare le malefatte dei politici. E soprattutto indurrebbe i cittadini a scegliersi rappresentanti politici migliori.
La cultura scientifica è inoltre accessibile a chiunque, purché disposto ad affrontare l’impegno necessario per acquisirla. Analogamente in una democrazia chiunque dovrebbe poter aspirare a determinate cariche, purché meritevole e disposto a impegnarsi per il bene pubblico.
Infine, un’ulteriore caratteristica della scienza è la sua straordinaria capacità autocorrettiva che ne determina una continua evoluzione. Ancora una volta purtroppo queste caratteristiche sono merce rara nella classe politica. Ben raramente capita infatti di sentire politici che facciano autocritica, che ammettano i propri errori o che rivedano i principi ideologici che caratterizzano la loro parte politica. Una maggiore diffusione della mentalità scientifica aiuterebbe i cittadini a rendersi meglio conto che ciò che viene vantata come coerenza politica rappresenti spesso in realtà cieca ostinatezza.
Nel suo libro Corbellini sottolinea come molti padri delle grandi democrazie moderne avessero una solida cultura scientifica e come a essa si ispirassero nelle loro scelte politiche. Oggi i politici con una preparazione scientifica sono mosche bianche e questo vale soprattutto nel nostro paese. I laureati in discipline scientifiche che siedono in Parlamento rappresentano un’esigua minoranza rispetto ai laureati in discipline umanistiche o giuridiche (ricordiamo inoltre che una preoccupante percentuale non possiede alcuna laurea). Non meraviglia quindi che molti provvedimenti politici siano palesemente antiscientifici e irrazionali e siano ispirati a obsolete ideologie, piuttosto che ad una obiettiva analisi delle situazioni reali.
Chi insegna discipline scientifiche dovrebbe essere consapevole del valore educativo del proprio ruolo. Un’approfondita comprensione del metodo scientifico, e il conseguente sviluppo di un robusto senso critico, può infatti proteggere i giovani dai dilaganti rigurgiti antiscientifici, e quindi antidemocratici, che caratterizzano la nostra società e che si ritrovano spesso nella classe politica, anche se mascherati dietro suadenti sembianze. Ne sono un esempio le varie filosofie relativistiche che sminuiscono il valore dei fatti a favore della loro interpretazione o che, nei casi estremi, considerano i fatti pure “costruzioni sociali”. Oppure i vari movimenti che, presentandosi come difensori della vita o dell’ambiente, additano la cosiddetta “tecnoscienza” come nemico da combattere in quanto minaccia nei confronti dei più elevati valori dell’esistenza. Valori che in realtà sono spesso solamente obsoleti retaggi ideologici che ostacolano il progresso e il benessere.
Corbellini cerca anche di interpretare le resistenze e la diffidenza manifestate dagli oppositori della scienza. Egli afferma: “Se le cose stanno così, ovvero se il metodo scientifico di ragionare non è un tratto umano che si manifesta naturalmente o spontaneamente, non dovrebbe stupire la resistenza che gli approcci scientifici incontrano quando sono in gioco temi di grande impatto psicologico, ovvero emotivo”.
Anche di questo gli insegnanti di discipline scientifiche devono essere consapevoli. L’acquisizione di una mentalità scientifica è un processo lento che si scontra inevitabilmente con il modo spontaneo di pensare dei ragazzi che spesso porta a conclusioni erronee e avventate. Abituare i ragazzi a seguire percorsi logici e a compiere scelte razionali e motivate non consentirà loro solo di risolvere problemi di fisica, di chimica o di matematica, ma li aiuterà in definitiva a diventare buoni cittadini.