Il Palazzo Ducale di Sassuolo, in provincia di Modena, risale nella sua forma attuale alla prima metà del Seicento, ed è considerato uno dei maggiori gioielli dell'arte barocca nell'Italia settentrionale. Ciò che qui interessa, non per il valore artistico ma per quello psicologico, sono i suoi affreschi, esempi eccezionalmente convincenti della pittura illusionistica (trompe l'oeil) tipica di quel periodo, soprattutto in Emilia.
Una volta all'interno del palazzo, si osservino con occhi molto critici le colonne, le statue, le decorazioni a stucco e gli altri elementi architettonici e decorativi, insomma tutto ciò che sporge dalle pareti, incluse le cornici dei quadri. Infatti, quelle strutture non esistono; esistono solo figure dipinte su muri perfettamente piani. Spesso è difficile convincersi del tutto che si è di fronte a una parete piatta anche osservando da un metro di distanza.
L'effetto illusorio è molto maggiore in quelle stanze in cui sono rappresentati solo elementi architettonici e decorativi, mentre scade molto quando viene dipinto altro, come ad esempio figure umane o il cielo.
L'effetto, dunque, non è molto buono nel Salone delle Guardie, mentre è pressoché perfetto, ad esempio, nella Camera della Fortuna e in quella delle Virtù Estensi. Ad esempio, la parete che si vede nella Figura 1, nella Camera delle Virtù Estensi, è interamente affrescata. Non c'è nulla che sporga da essa, nemmeno di un millimetro. Anche la porta di destra, con la sua tenda, è dipinta.
Ci si può rendere conto che tutto ciò che sembra in rilievo è illusorio muovendosi. Si assisterà allora a un fenomeno impressionante, soprattutto nelle stanze più piccole: le colonne e le statue si muoveranno con noi deformandosi, come delle colonne e delle statue reali non farebbero mai. Inoltre, la finta architettura sembra perfettamente regolare solo se osservata da un punto preciso, detto “centro di proiezione”. Da qualunque altra posizione essa appare deformata.
L'illusione è ottima in ogni caso ma, se si vuole che sia veramente perfetta, si deve guardare con un occhio chiuso, per escludere quel forte indizio di profondità che è la stereopsi binoculare. Inoltre, si deve osservare dalla massima distanza possibile, per non vedere la tessitura del muro.
Com'è possibile che delle immagini piatte sembrino così coercitivamente tridimensionali? Il fenomeno è meno sorprendente se si tiene conto che cervello crea sempre il mondo tridimensionale che percepiamo a partire da due immagini piatte: quelle retiniche. La natura dello stimolo distale che produce tali immagini è del tutto irrilevante. Gli affreschi del Palazzo Ducale di Sassuolo appaiono in 3D per lo stesso (e ancora ignoto) motivo per cui appare in 3D una scena reale; essi, infatti, grazie a un uso sapiente della prospettiva e delle finte ombre, producono sulla retina quasi esattamente la stessa immagine che sarebbe prodotta da elementi architettonici reali.
I dipinti illusionistici, dunque, per quanto spettacolari e affascinanti, non sono particolarmente misteriosi per chi si occupa di percezione visiva. Il vero problema nasce invece da un confronto: quello tra le immagini di questo tipo e le “normali” immagini in prospettiva, quelle immagini, cioè, che vengono percepite correttamente come superfici piane.
Quando si guarda una normale immagine in prospettiva, ad esempio un quadro, non si rimane ingannati dalla profondità che pure si percepisce in essa: tale profondità appare virtuale, non reale. Perché allora a Sassuolo, e in tanti altri luoghi simili, la profondità sembra reale e ci inganna? Perché alcune immagini sono percepite come tali, cioè come superfici, e altre invece come scene reali?
Lo spazio rappresentato in un quadro è percepito come distinto dallo spazio in cui il quadro è collocato, e incluso in esso. Lo spazio rappresentato nel quadro può essere quello di piazza San Pietro, ad esempio, e lo spazio reale che lo include è quello della stanza in cui il quadro è esposto. Perché si crei una tale gerarchia di spazi è necessario che vi sia una cornice, o comunque un margine, che separi lo spazio incluso dallo spazio che include. Lo spazio incluso, cioè quello rappresentato nel quadro e interno alla cornice, non è vissuto come reale. Il ruolo fondamentale della cornice è confermato dal fatto che, guardando una normale immagine in prospettiva attraverso un foro che escluda dalla visione il contesto, incluso il margine che la delimita, se ne può spesso incrementare di molto l'impressione di profondità, trasformandola in un trompe l'oeil. Sono molto famose le seicentesche scatole prospettiche di Samuel van Hoogstraten: osservando attraverso un foro le scene prospettiche dipinte sulle pareti di queste scatole si ha una straordinaria impressione di profondità. Nei dipinti illusionistici è assente una cornice o qualunque altro indizio che separi lo spazio rappresentato nell'immagine dallo spazio che contiene l'immagine, per cui si percepisce un unico spazio, e gli oggetti rappresentati nel dipinto (in modo adeguatamente realistico) appaiono collocati nello stesso spazio che contiene anche l'osservatore, per cui vengono percepiti come oggetti reali.
Inoltre, si è detto che nei trompe l'oeil gli oggetti si deformano se il punto di osservazione è diverso dal centro di proiezione. La prospettiva dei dipinti non illusionistici, invece, è “robusta”, nel senso che gli oggetti rappresentati in tali dipinti non si deformano in modo apprezzabile anche quando il punto di osservazione è molto distante dal centro di proiezione; del resto, se così non fosse, i quadri di un museo potrebbero essere visti in modo adeguato da una sola persona alla volta: quella collocata nel centro di proiezione.
La robustezza della prospettiva non ha ancora ricevuto una spiegazione condivisa, ma una delle spiegazioni plausibili è quella basata sulla costanza di forma. Quando si cambia la posizione da cui si osserva un oggetto, la forma che quell'oggetto proietta sulla retina può cambiare in modo drammatico; la costanza di forma consiste nel fatto che, a dispetto di ciò, l'oggetto sembra conservare più o meno la stessa forma.
La costanza di forma è all’opera in ogni nostro atto osservativo, ma se ne può constatare l’esistenza in modo inequivocabile grazie alla figura 2.
Si fissi per circa 40 secondi la croce di sinistra. Si sposti poi lo sguardo sulla croce di destra, tenendo ferma la pagina: si vedrà un trapezio giallo (si tratta di un'immagine consecutiva negativa, dovuta ad affaticamento retinico). Tenendo ferma la testa, e continuando a fissare la crocetta di destra, si ruoti la pagina rispetto all'asse verticale in modo da osservarla di sbieco, col lato verticale sinistro più lontano da sè di quello destro: man mano che si ruoterà la pagina, si noterà che il trapezio sembrerà sempre più simile a un rettangolo. L'immagine consecutiva dura poco, per cui l'operazione va eseguita rapidamente.
La zona affaticata della retina è di forma trapezoidale. Naturalmente essa conserva questa forma anche quando la pagina viene ruotata, ma il sistema visivo “tiene conto” del fatto che la pagina viene osservata di sbieco, e corregge la forma percepita di conseguenza. È come se il cervello raddrizzasse almeno parzialmente la pagina e tutto quanto sta su di essa verso una posizione frontoparallela, per cui quello che sulla retina è un trapezio viene percepito più o meno come un rettangolo.
Quando osserviamo di sbieco un quadro avviene la stessa cosa: la cornice rettangolare del quadro proietta un trapezio sulla retina, ma il cervello corregge questa forma e tutto quanto sta al suo interno tenendo conto del fatto che stiamo osservando di sbieco. (Più precisamente, visto che la costanza di forma è parziale, il quadro visto di sbieco ci sembra effettivamente, se ci facciamo attenzione, un trapezio, ma molto più simile a un rettangolo rispetto alla forma che esso proietta sulla retina.) In ciò consiste la spiegazione della robustezza della prospettiva basata sulla costanza di forma.
Ma tutto ciò evidentemente non si verifica nei dipinti illusionistici, dal momento che in essi la prospettiva non è robusta. Perché? Il sistema visivo non può applicare in modo adeguato la costanza di forma ai trompe l'oeil. Se il cervello può restituirci una rappresentazione non molto distorta del quadro osservato di sbieco è perché dispone dell’informazione, fornita principalmente dalla cornice, che le varie parti del quadro sono disposte su una superficie piana. Ciò però non si verifica nel trompe l'oeil. Lo spazio tridimensionale che in esso si percepisce è illusorio, per cui una costanza di forma applicata agli oggetti che lo popolano non può che condurre a risultati anch’essi illusori.
Oltre al Palazzo Ducale di Sassuolo, esistono in Italia tanti altri luoghi simili in cui un'architettura illusionistica dà luogo a illusioni pressoché perfette. Particolarmente interessanti sono i luoghi dipinti dal gesuita Andrea Pozzo a cavallo tra i secoli XVII e XVIII. Ad Arezzo è impossibile non lasciarsi ingannare dalla sua falsa cupola della Badia delle SS. Flora e Lucilla, dipinta non andare a capo dopo "piatta" Andrea Pozzo ha dipinto architetture illusionistiche formidabili nella Chiesa di Sant'Ignazio (volta e falsa cupola), nel corridoio della Casa Professa del Gesù e nel refettorio del Convento del Sacro Cuore alla Trinità dei Monti.
Una volta all'interno del palazzo, si osservino con occhi molto critici le colonne, le statue, le decorazioni a stucco e gli altri elementi architettonici e decorativi, insomma tutto ciò che sporge dalle pareti, incluse le cornici dei quadri. Infatti, quelle strutture non esistono; esistono solo figure dipinte su muri perfettamente piani. Spesso è difficile convincersi del tutto che si è di fronte a una parete piatta anche osservando da un metro di distanza.
L'effetto illusorio è molto maggiore in quelle stanze in cui sono rappresentati solo elementi architettonici e decorativi, mentre scade molto quando viene dipinto altro, come ad esempio figure umane o il cielo.
L'effetto, dunque, non è molto buono nel Salone delle Guardie, mentre è pressoché perfetto, ad esempio, nella Camera della Fortuna e in quella delle Virtù Estensi. Ad esempio, la parete che si vede nella Figura 1, nella Camera delle Virtù Estensi, è interamente affrescata. Non c'è nulla che sporga da essa, nemmeno di un millimetro. Anche la porta di destra, con la sua tenda, è dipinta.
Ci si può rendere conto che tutto ciò che sembra in rilievo è illusorio muovendosi. Si assisterà allora a un fenomeno impressionante, soprattutto nelle stanze più piccole: le colonne e le statue si muoveranno con noi deformandosi, come delle colonne e delle statue reali non farebbero mai. Inoltre, la finta architettura sembra perfettamente regolare solo se osservata da un punto preciso, detto “centro di proiezione”. Da qualunque altra posizione essa appare deformata.
L'illusione è ottima in ogni caso ma, se si vuole che sia veramente perfetta, si deve guardare con un occhio chiuso, per escludere quel forte indizio di profondità che è la stereopsi binoculare. Inoltre, si deve osservare dalla massima distanza possibile, per non vedere la tessitura del muro.
Com'è possibile che delle immagini piatte sembrino così coercitivamente tridimensionali? Il fenomeno è meno sorprendente se si tiene conto che cervello crea sempre il mondo tridimensionale che percepiamo a partire da due immagini piatte: quelle retiniche. La natura dello stimolo distale che produce tali immagini è del tutto irrilevante. Gli affreschi del Palazzo Ducale di Sassuolo appaiono in 3D per lo stesso (e ancora ignoto) motivo per cui appare in 3D una scena reale; essi, infatti, grazie a un uso sapiente della prospettiva e delle finte ombre, producono sulla retina quasi esattamente la stessa immagine che sarebbe prodotta da elementi architettonici reali.
I dipinti illusionistici, dunque, per quanto spettacolari e affascinanti, non sono particolarmente misteriosi per chi si occupa di percezione visiva. Il vero problema nasce invece da un confronto: quello tra le immagini di questo tipo e le “normali” immagini in prospettiva, quelle immagini, cioè, che vengono percepite correttamente come superfici piane.
Quando si guarda una normale immagine in prospettiva, ad esempio un quadro, non si rimane ingannati dalla profondità che pure si percepisce in essa: tale profondità appare virtuale, non reale. Perché allora a Sassuolo, e in tanti altri luoghi simili, la profondità sembra reale e ci inganna? Perché alcune immagini sono percepite come tali, cioè come superfici, e altre invece come scene reali?
Lo spazio rappresentato in un quadro è percepito come distinto dallo spazio in cui il quadro è collocato, e incluso in esso. Lo spazio rappresentato nel quadro può essere quello di piazza San Pietro, ad esempio, e lo spazio reale che lo include è quello della stanza in cui il quadro è esposto. Perché si crei una tale gerarchia di spazi è necessario che vi sia una cornice, o comunque un margine, che separi lo spazio incluso dallo spazio che include. Lo spazio incluso, cioè quello rappresentato nel quadro e interno alla cornice, non è vissuto come reale. Il ruolo fondamentale della cornice è confermato dal fatto che, guardando una normale immagine in prospettiva attraverso un foro che escluda dalla visione il contesto, incluso il margine che la delimita, se ne può spesso incrementare di molto l'impressione di profondità, trasformandola in un trompe l'oeil. Sono molto famose le seicentesche scatole prospettiche di Samuel van Hoogstraten: osservando attraverso un foro le scene prospettiche dipinte sulle pareti di queste scatole si ha una straordinaria impressione di profondità. Nei dipinti illusionistici è assente una cornice o qualunque altro indizio che separi lo spazio rappresentato nell'immagine dallo spazio che contiene l'immagine, per cui si percepisce un unico spazio, e gli oggetti rappresentati nel dipinto (in modo adeguatamente realistico) appaiono collocati nello stesso spazio che contiene anche l'osservatore, per cui vengono percepiti come oggetti reali.
Inoltre, si è detto che nei trompe l'oeil gli oggetti si deformano se il punto di osservazione è diverso dal centro di proiezione. La prospettiva dei dipinti non illusionistici, invece, è “robusta”, nel senso che gli oggetti rappresentati in tali dipinti non si deformano in modo apprezzabile anche quando il punto di osservazione è molto distante dal centro di proiezione; del resto, se così non fosse, i quadri di un museo potrebbero essere visti in modo adeguato da una sola persona alla volta: quella collocata nel centro di proiezione.
La robustezza della prospettiva non ha ancora ricevuto una spiegazione condivisa, ma una delle spiegazioni plausibili è quella basata sulla costanza di forma. Quando si cambia la posizione da cui si osserva un oggetto, la forma che quell'oggetto proietta sulla retina può cambiare in modo drammatico; la costanza di forma consiste nel fatto che, a dispetto di ciò, l'oggetto sembra conservare più o meno la stessa forma.
La costanza di forma è all’opera in ogni nostro atto osservativo, ma se ne può constatare l’esistenza in modo inequivocabile grazie alla figura 2.
Si fissi per circa 40 secondi la croce di sinistra. Si sposti poi lo sguardo sulla croce di destra, tenendo ferma la pagina: si vedrà un trapezio giallo (si tratta di un'immagine consecutiva negativa, dovuta ad affaticamento retinico). Tenendo ferma la testa, e continuando a fissare la crocetta di destra, si ruoti la pagina rispetto all'asse verticale in modo da osservarla di sbieco, col lato verticale sinistro più lontano da sè di quello destro: man mano che si ruoterà la pagina, si noterà che il trapezio sembrerà sempre più simile a un rettangolo. L'immagine consecutiva dura poco, per cui l'operazione va eseguita rapidamente.
La zona affaticata della retina è di forma trapezoidale. Naturalmente essa conserva questa forma anche quando la pagina viene ruotata, ma il sistema visivo “tiene conto” del fatto che la pagina viene osservata di sbieco, e corregge la forma percepita di conseguenza. È come se il cervello raddrizzasse almeno parzialmente la pagina e tutto quanto sta su di essa verso una posizione frontoparallela, per cui quello che sulla retina è un trapezio viene percepito più o meno come un rettangolo.
Quando osserviamo di sbieco un quadro avviene la stessa cosa: la cornice rettangolare del quadro proietta un trapezio sulla retina, ma il cervello corregge questa forma e tutto quanto sta al suo interno tenendo conto del fatto che stiamo osservando di sbieco. (Più precisamente, visto che la costanza di forma è parziale, il quadro visto di sbieco ci sembra effettivamente, se ci facciamo attenzione, un trapezio, ma molto più simile a un rettangolo rispetto alla forma che esso proietta sulla retina.) In ciò consiste la spiegazione della robustezza della prospettiva basata sulla costanza di forma.
Ma tutto ciò evidentemente non si verifica nei dipinti illusionistici, dal momento che in essi la prospettiva non è robusta. Perché? Il sistema visivo non può applicare in modo adeguato la costanza di forma ai trompe l'oeil. Se il cervello può restituirci una rappresentazione non molto distorta del quadro osservato di sbieco è perché dispone dell’informazione, fornita principalmente dalla cornice, che le varie parti del quadro sono disposte su una superficie piana. Ciò però non si verifica nel trompe l'oeil. Lo spazio tridimensionale che in esso si percepisce è illusorio, per cui una costanza di forma applicata agli oggetti che lo popolano non può che condurre a risultati anch’essi illusori.
Oltre al Palazzo Ducale di Sassuolo, esistono in Italia tanti altri luoghi simili in cui un'architettura illusionistica dà luogo a illusioni pressoché perfette. Particolarmente interessanti sono i luoghi dipinti dal gesuita Andrea Pozzo a cavallo tra i secoli XVII e XVIII. Ad Arezzo è impossibile non lasciarsi ingannare dalla sua falsa cupola della Badia delle SS. Flora e Lucilla, dipinta non andare a capo dopo "piatta" Andrea Pozzo ha dipinto architetture illusionistiche formidabili nella Chiesa di Sant'Ignazio (volta e falsa cupola), nel corridoio della Casa Professa del Gesù e nel refettorio del Convento del Sacro Cuore alla Trinità dei Monti.