L’argomento d’autorità consiste nell’invocare la conoscenza di un esperto, o la posizione da esso sostenuta, come prova della verità, probabilità o plausibilità di una data proposizione. Molte delle conoscenze in nostro possesso sono accettate sulla base dell’autorità: le leggi che governano l’Universo, le leggi che regolano la vita e anche le diagnosi effettuate dal nostro medico sono in genere accolte senza alcuna verifica. Tutto ciò non è però disdicevole. In un’epoca dalla forte specializzazione come la nostra è inevitabile rivolgersi all’esperto per colmare le lacune nei campi disciplinari in cui siamo meno competenti. Tuttavia, la plausibilità di certi appelli alla fonte autorevole non deve distoglierci dalla valutazione dei suoi impieghi per evitarne usi inappropriati, da parte nostra o di altri. Uno di questi è l’appello improprio all’autorità.
L’appello improprio all’autorità consiste nel presentare come vera la propria posizione poiché patrocinata da un esperto, che, ad attente analisi, tanto esperto risulta non essere. Si tratta di un espediente tra i più comuni per invertire l’onere della prova e annullare il discorso dell’avversario facendo apparire come acquisite le proposizioni da provare. Per esempio, dare per acquisito il fatto che i pensieri influenzino la cristallizzazione dell’acqua solo perché l’avrebbe affermato lo “scienziato” giapponese Masaru Emoto è uno di questi falsi appelli: Emoto, infatti, non possiederebbe le adeguate competenze scientifiche[1] e le prove a favore delle sue tesi sarebbero state contestate dalla stessa comunità scientifica[2][3].
Per non farsi ingannare da questo tipo di argomento largamente diffuso in ambito pseudoscientifico e per permettere alla discussione critica di svolgersi nel più corretto modo possibile è fondamentale porsi e porre una serie mirata di domande. Attraverso esse acquisiremo le informazioni per conoscere e valutare l’esperto invocato, respingendo l’onere della prova su chi quell’esperto ha scomodato. Così, se lo “scienziato” citato non fosse attendibile, o se l’interlocutore non rispondesse a tali domande in modo soddisfacente, l’appello all’autorità potrebbe risultare debole, controverso o addirittura da ritrarre. Di conseguenza, se l’esperto è prova della validità, la proposizione rimarrebbe ancora da provare, qualora non fosse ritenuto attendibile.
Per valutare questo tipo di argomenti potremmo quindi chiederci se l’autorità citata è effettivamente competente. Ad esempio, la citazione della famosa attrice e new ager Shirley MacLane a conferma dell’esistenza dell’ipotetico continente Lemuria[4] sarebbe quantomeno controversa non avendo, lei, “adeguate” competenze in scienze della Terra. Anche qualora l’esperto citato risultasse competente sarebbe opportuno riflettere se l’autorità citata è competente nel campo disciplinare per il quale si esprime o per il quale viene invocata. Trovare qualcuno che cita Deepak Chopra a conferma della validità di una particolare lettura delle leggi quantistiche dovrebbe renderci vigili poiché Chopra ha studiato endocrinologia e non fisica. Inoltre poiché il linguaggio impiegato dagli esperti non è sempre di facile comprensione e poiché l’appello all’autorità si avvale dei meccanismi del discorso riportato è necessario verificare se l’opinione citata sia stata distorta o fraintesa: non raramente sentiamo infatti dire che i risultati della scienza altro non sono che riscoperte di quanto già si sapeva secoli or sono.
Valutati questi tre primi aspetti l’argomento d’autorità deve essere esaminato chiedendosi se ci sono ragioni per considerare prevenuto, fazioso o intellettualmente disonesto l’esperto citato: il riferimento a Christian Boiron portato a conferma dell’efficacia dell’omeopatia potrebbe, e dovrebbe, destare qualche sospetto poiché è il proprietario della più grande industria di prodotti omeopatici del mondo[5]. Anche sapere se ciò che sostiene l’esperto invocato si accorda con quanto sostenuto da altri esperti può permetterci di riconsiderare la fiducia attribuita alle capacità probanti della citazione. A questo riguardo Bertrand Russell in Let the People Think suggerisce all’inesperto di non considerare certa la posizione opposta a quella degli esperti; di considerare incerta qualsiasi posizione su cui gli esperti sono in disaccordo; di sospendere il giudizio quando per gli esperti non esistono prove a favore di una data posizione.
Ultimo e fondamentale interrogativo da porsi è se l’esperto citato può presentare le prove su cui si basa la propria posizione. Nel caso non ci fossero prove, o l’autorità non riuscisse a difenderle, allora il suo appello dovrebbe essere definitivamente ritirato.
L’appello improprio all’autorità è considerato da molti studiosi una fallacia. Tuttavia alcuni tra i più importanti teorici dell’argomentazione ritengono che questo ragionamento in realtà sia solo non valido da un punto di vista logico o contenutisticamente debole: l’impiego fallace dell’autorità non si avrebbe quando mancano alcune premesse del ragionamento o quando alcune di esse sono false o poco probabili. L’impiego fallace di quest’argomento avverrebbe invece quando l’autorità è impiegata per forzare la discussione critica a una prematura chiusura. È la fallacia ad verecundiam la cui denominazione si deve al filosofo John Locke.
L’argomentum ad verecundiam è un appello dogmatico all’autorità finalizzato a censurare come impudente chiunque contrasti l’autorità citata, esponendolo al biasimo e alla riprovazione. Esso non solo protegge dalla presentazione delle prove ma quando viene proposto come l’ultima parola sulla questione, e come argomento indiscutibile, avrebbe anche l’effetto sgradevole di bloccare la discussione critica. In questo modo reprimerebbe ogni ulteriore indagine piuttosto che illuminarla.
Pertanto l’attitudine di chi commette questo tipo di fallacia è di non essere aperto alla discussione critica. Inoltre, suggerendo alla controparte di non avere il diritto di porre tali domande, o che avanzare tali domande sia inappropriato, mirerebbe a sfruttare l’altrui ossequio all’autorità e remissività rendendo l’impiego di tale argomento tanto più allarmante quanto più impiegato a fini di controllo sèttario[6].
- Cattani A., Discorsi ingannevoli. Argomenti per difendersi, attaccare, divertirsi, GB, 1995.
- Doury Marianne, Le débat immobile. L’argumentation dans le débat médiatique sur le parasciences, Éditions Kimé, 1997.
- Walton N. D., Appeal to Expert Opinion. Arguments from Authority, P. S. U. P., 1997.
L’appello improprio all’autorità consiste nel presentare come vera la propria posizione poiché patrocinata da un esperto, che, ad attente analisi, tanto esperto risulta non essere. Si tratta di un espediente tra i più comuni per invertire l’onere della prova e annullare il discorso dell’avversario facendo apparire come acquisite le proposizioni da provare. Per esempio, dare per acquisito il fatto che i pensieri influenzino la cristallizzazione dell’acqua solo perché l’avrebbe affermato lo “scienziato” giapponese Masaru Emoto è uno di questi falsi appelli: Emoto, infatti, non possiederebbe le adeguate competenze scientifiche[1] e le prove a favore delle sue tesi sarebbero state contestate dalla stessa comunità scientifica[2][3].
Per non farsi ingannare da questo tipo di argomento largamente diffuso in ambito pseudoscientifico e per permettere alla discussione critica di svolgersi nel più corretto modo possibile è fondamentale porsi e porre una serie mirata di domande. Attraverso esse acquisiremo le informazioni per conoscere e valutare l’esperto invocato, respingendo l’onere della prova su chi quell’esperto ha scomodato. Così, se lo “scienziato” citato non fosse attendibile, o se l’interlocutore non rispondesse a tali domande in modo soddisfacente, l’appello all’autorità potrebbe risultare debole, controverso o addirittura da ritrarre. Di conseguenza, se l’esperto è prova della validità, la proposizione rimarrebbe ancora da provare, qualora non fosse ritenuto attendibile.
Per valutare questo tipo di argomenti potremmo quindi chiederci se l’autorità citata è effettivamente competente. Ad esempio, la citazione della famosa attrice e new ager Shirley MacLane a conferma dell’esistenza dell’ipotetico continente Lemuria[4] sarebbe quantomeno controversa non avendo, lei, “adeguate” competenze in scienze della Terra. Anche qualora l’esperto citato risultasse competente sarebbe opportuno riflettere se l’autorità citata è competente nel campo disciplinare per il quale si esprime o per il quale viene invocata. Trovare qualcuno che cita Deepak Chopra a conferma della validità di una particolare lettura delle leggi quantistiche dovrebbe renderci vigili poiché Chopra ha studiato endocrinologia e non fisica. Inoltre poiché il linguaggio impiegato dagli esperti non è sempre di facile comprensione e poiché l’appello all’autorità si avvale dei meccanismi del discorso riportato è necessario verificare se l’opinione citata sia stata distorta o fraintesa: non raramente sentiamo infatti dire che i risultati della scienza altro non sono che riscoperte di quanto già si sapeva secoli or sono.
Valutati questi tre primi aspetti l’argomento d’autorità deve essere esaminato chiedendosi se ci sono ragioni per considerare prevenuto, fazioso o intellettualmente disonesto l’esperto citato: il riferimento a Christian Boiron portato a conferma dell’efficacia dell’omeopatia potrebbe, e dovrebbe, destare qualche sospetto poiché è il proprietario della più grande industria di prodotti omeopatici del mondo[5]. Anche sapere se ciò che sostiene l’esperto invocato si accorda con quanto sostenuto da altri esperti può permetterci di riconsiderare la fiducia attribuita alle capacità probanti della citazione. A questo riguardo Bertrand Russell in Let the People Think suggerisce all’inesperto di non considerare certa la posizione opposta a quella degli esperti; di considerare incerta qualsiasi posizione su cui gli esperti sono in disaccordo; di sospendere il giudizio quando per gli esperti non esistono prove a favore di una data posizione.
Ultimo e fondamentale interrogativo da porsi è se l’esperto citato può presentare le prove su cui si basa la propria posizione. Nel caso non ci fossero prove, o l’autorità non riuscisse a difenderle, allora il suo appello dovrebbe essere definitivamente ritirato.
L’appello improprio all’autorità è considerato da molti studiosi una fallacia. Tuttavia alcuni tra i più importanti teorici dell’argomentazione ritengono che questo ragionamento in realtà sia solo non valido da un punto di vista logico o contenutisticamente debole: l’impiego fallace dell’autorità non si avrebbe quando mancano alcune premesse del ragionamento o quando alcune di esse sono false o poco probabili. L’impiego fallace di quest’argomento avverrebbe invece quando l’autorità è impiegata per forzare la discussione critica a una prematura chiusura. È la fallacia ad verecundiam la cui denominazione si deve al filosofo John Locke.
L’argomentum ad verecundiam è un appello dogmatico all’autorità finalizzato a censurare come impudente chiunque contrasti l’autorità citata, esponendolo al biasimo e alla riprovazione. Esso non solo protegge dalla presentazione delle prove ma quando viene proposto come l’ultima parola sulla questione, e come argomento indiscutibile, avrebbe anche l’effetto sgradevole di bloccare la discussione critica. In questo modo reprimerebbe ogni ulteriore indagine piuttosto che illuminarla.
Pertanto l’attitudine di chi commette questo tipo di fallacia è di non essere aperto alla discussione critica. Inoltre, suggerendo alla controparte di non avere il diritto di porre tali domande, o che avanzare tali domande sia inappropriato, mirerebbe a sfruttare l’altrui ossequio all’autorità e remissività rendendo l’impiego di tale argomento tanto più allarmante quanto più impiegato a fini di controllo sèttario[6].
Bibliografia
- Cattani A., Discorsi ingannevoli. Argomenti per difendersi, attaccare, divertirsi, GB, 1995.
- Doury Marianne, Le débat immobile. L’argumentation dans le débat médiatique sur le parasciences, Éditions Kimé, 1997.
- Walton N. D., Appeal to Expert Opinion. Arguments from Authority, P. S. U. P., 1997.
Note
1) Emoto non è laureato in discipline mediche ma in relazioni internazionali, cfr. Emoto, M., The Healing Power of Water, Hay House, China, 20072, p. 265, e avrebbe acquisito il titolo di “Dottore in medicina alternativa” presso l’Open International University, un’istituzione non accreditata, come dichiarato dal Council of Scientific and Industrial Research di Nouva Dehli, http://web.archive.org/web/20040730235108/http://www.csir.res.in/compendium/new/section... , p. 120.
2) Setchfield, K., Review and analysis of Dr. Masaru Emoto’s published work on the effects of external stimuli on the structural formation of ice crystals, http://is-masaru-emoto-for-real.com/ .
3) L’alto grado di “libertà” dell’esperimento di Emoto del 2008 produce nel suo stesso staff di ricerca dubbi sulla validità dell’esperimento; Dean, R., Emoto, M., Kizu, T., Lund, N., Effects of Distant Intention on Water Crystal Formation: A Triple-Blind Replication, Journal of Scientific Exploration, Vol. 22, n. 4 (2008), p. 491.
4) Shirley MacLane, The Camino: A Journey of the Spirit, Pocket Books, New York, 2000, p. 304.
5) Su Boiron cfr. http://www.macrolibrarsi.it/autori/_christian_boiron.php ; sulla sua posizione rispetto l’omeopatia cfr. http://www.queryonline.it/2010/06/03/lincontro-garattini-boiron-lomeopatia-funziona-per...
6) Di Marzio, R., Plagio o carisma nei gruppi settari?, Leader for Chemist, Vol. XI, n. 10 (2000), pp. 21-23, http://www.dimarzio.it/srs/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=25