Traduzione di Michela Salani.
Per l'Unione Europea la tutela del consumatore è una priorità. La Direttiva 2005/29/EC definisce e condanna pratiche commerciali sleali di qualsiasi tipo, pubblicità ingannevoli e metodi di vendita aggressivi. Anche la salute è una priorità e ciò ha portato alla creazione della Direzione Generale per la Salute e i Consumatori (Directorate General for Health and Consumers) a cui è stato affidato il compito «di aiutare i cittadini europei a godere di buona salute, renderli più prudenti e sicuri di sé, promulgare leggi sulla sicurezza del cibo e altri prodotti, e verificare che i regolamenti vengano correttamente applicati dagli stati membri».
La Direttiva europea non si presta ad alcuna ambiguità. Ogni dichiarazione sul trattare o curare una malattia o una malformazione è considerata illegittima o ingannevole, a meno che il prodotto non sia registrato come cura medica e finché prove sufficienti della sua efficacia e delle relative affermazioni non siano state presentate all’UE o alle autorità farmaceutiche nazionali e accolte da tali organismi.
I fabbricanti di cibo e integratori alimentari possono dichiarare che i loro prodotti promuovono la salute o riducono il rischio di malattie, ma solo dopo che l'affermazione sia stata comprovata, presentata all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Agency) e da questa approvata. Centinaia di tali dichiarazioni sono già state respinte perché infondate o ingannevoli. Entro il 2011 tutte le false dichiarazioni dovrebbero sparire.
Le cure mediche vengono però regolamentate già da molto tempo. Il primo severo decreto dell'UE fu emanato nel 1965 (Direttive dell'UE 65/65/CEE, 75/319/CEE e 89/341/CEE). Un medicinale può essere registrato a livello nazionale o europeo dall'Agenzia Europea del Farmaco (EMEA, European Medicines Agency). Tutti gli stati membri devono accettare i medicinali riconosciuti dagli altri stati. Dal 1965, ogni dichiarazione relativa alla capacità di guarire o ridurre sintomi o malattie deve essere solidamente comprovata, con la conseguenza che migliaia di prodotti “tradizionali” sono spariti dalle farmacie europee per mancanza di efficacia o sicurezza. Questo sistema ha funzionato abbastanza bene per molti anni, sebbene ci sia ancora margine di miglioramento.
Tuttavia, nel 1992 l'europarlamento ha votato un'eccezione davvero strana in materia di protezione dalle false dichiarazioni. Nella Direttiva dell'UE 92/73/CEE, il requisito di efficacia comprovata è decaduto per un gruppo speciale di prodotti: i medicinali omeopatici e antroposofici.
Art.7 §4. Alla procedura specifica semplificata di registrazione dei medicinali omeopatici sono applicabili per analogia i criteri e le norme procedurali previsti agli articoli da 5 a 12 della Direttiva 65/65/CEE, eccezion fatta per la prova dell'effetto terapeutico.
Une delle motivazioni era: «...il loro bassissimo tenore di principi attivi e la difficoltà di applicare loro la convenzionale metodologia statistica relativa alle prove cliniche,...». Un'altra tesi era “che la cura omeopatica è personalizzabile a tal punto che non è possibile associare un prodotto a una malattia”.
In conseguenza della suddetta Direttiva i medicinali omeopatici (HMP, Homeopathic medical products) devono essere registrati dagli stati come cure mediche, anche se non contengono altro che zucchero o acqua. Sono esonerati anche dall'obbligo di menzionarne i contenuti in peso o volume. È sufficiente indicare il nome della prima goccia della sostanza iniziale e il numero di agitamenti, scuotimenti e diluizioni.
Poiché questi medicinali omeopatici sono regolamentati dalle leggi sulle cure mediche, si sottraggono alle norme sul cibo e sugli integratori alimentari, e forse si sottraggono anche alle leggi sulle pratiche commerciali sleali.
Il testo originale della Direttiva del 1992 imponeva delle severe restrizioni a questi medicinali omeopatici: non era consentito menzionare alcuna malattia o utilizzare il nome di una marca. Era richiesto un contenuto altamente diluito e un avvertimento sull'etichetta con la frase «prodotto privo di indicazione scientifica comprovata». Queste restrizioni furono prontamente aggirate dall'industria omeopatica. Fu consentito di immettere sul mercato prodotti “complessi”, ovvero una miscela di numerosi medicinali omeopatici, con marchi il cui nome ricordava le malattie. Potevano essere distribuiti volantini con indicazioni mediche. Nulla di tutto ciò richiede una dimostrazione di efficacia.
La tesi che l'omeopatia richieda una scelta estremamente personalizzata delle cure mediche, che in primo luogo garantì ad essa l’eccezione, è stata completamente dimenticata, ma è servita proprio allo scopo di guadagnarsi questa natura di eccezione.
Altre aggiunte alla Direttiva aprirono ulteriori scappatoie: le procedure di registrazione particolari che prendono in considerazione le“tradizioni nazionali”, la creazione di una “categoria omeopatica particolare accompagnata da indicazioni” a cui non è tuttavia richiesta alcuna prova di efficacia.
Nel 2004, tutto ciò, oltre a ulteriori truffe al consumatore, fu legalizzato dalla Direttiva 2004/27/EC. Adesso i venditori di medicinali omeopatici possono menzionare malattie o sintomi se esiste una passata testimonianza di un uso “omeopatico tradizionale”. Una “bibliografia adeguata” è una prova sufficiente, senza alcuna spiegazione di cosa questo possa significare. Dal 2004, tutti gli stati membri sono stati obbligati a istituire commissioni farmaceutiche particolari per registrare questi medicinali omeopatici accompagnati da indicazioni. Farmacologi veri devono riunirsi in commissione con omeopati e sono obbligati a registrare “cure mediche” che non contengono altro che acqua, alcol o palline di zucchero, e devono accettarne l'“uso tradizionale” come un'indicazione medica. Numerose organizzazioni scientifiche e Accademie nazionali della Scienza o della Medicina hanno ufficialmente protestato contro queste assurdità, ma le autorità fanno riferimento alla legge come loro principio informatore, anche se così si legalizzano la pseudoscienza e i danni potenziali, forse seri, al paziente.
Gli omeopati ammettono apertamente che la maggior parte dei loro prodotti sono diluiti oltre il numero di Avogadro, senza che del principio attivo rimanga un solo atomo o una sola molecola. La Direttiva richiede inoltre che la Farmacopea dell'UE debba avere un capitolo a parte sull'omeopatia. Qui leggiamo che la differenza tra solvente e medicinali omeopatici non può essere determinata utilizzando metodi analitici allopatici. (sic!)
Omettono di menzionare che questa differenza non può essere stabilita da nessuno, né dagli omeopati né dai chiaroveggenti, né utilizzando qualsiasi altro metodo. La dichiarazione dei sostenitori dell'omeopatia che l'acqua, l'alcol o lo zucchero abbiano una memoria manca ancora di prova scientifica. L'organizzazione dei Belgian Skeptics (Scettici Belgi) offre un premio di 10.000 Euro a chi fornirà una prova che l'acqua abbia una memoria, così come è valida, per una simile impresa, anche la sfida da 1.000.000 di dollari statunitensi della James Randi Educational Foundation. Qualche anno fa, una campagna degli omeopati includeva la dichiarazione che fosse possibile distinguere tra medicinale omeopatico e solvente. La dichiarazione venne analizzata dal programma della BBC Horizon. Se avessero avuto successo, avrebbero vinto un milione di Dollari. Hanno perso.
Non è nostra intenzione privare i consumatori che credono nell’omeopatia dei loro prodotti. Chiediamo tuttavia ai Membri del Parlamento Europeo di considerare se sia eticamente accettabile vendere e pubblicizzare come cure mediche dei prodotti che non possono da nessuno o con nessun mezzo essere distinti dallo zucchero o dal puro solvente, sia che si tratti di acqua o di alcol.
Considerando che nessuno è capace di distinguere tra due prodotti omeopatici , chiediamo di prendere in considerazione se sia ammissibile vendere e pubblicizzare questi prodotti sotto nomi diversi e con indicazioni diverse.
Invitiamo i Membri del Parlamento Europeo ad assumersi la responsabilità di proteggere i cittadini impedendo che prodotti senza contenuto si sottraggano alle norme contro la truffa dei consumatori, per il cibo e gli integratori alimentari e per i prodotti medicinali. Sono necessarie leggi uniformi e non discriminatorie finalizzate a tutelare i cittadini e i pazienti, non a promuovere industrie selezionate contro ogni buon senso e decenza.
Siano essi cibo o cure mediche, tutti gli ingredienti devono essere menzionati sull'etichetta con i loro nomi chimici e biologici riconosciuti internazionalmente, espressi in peso o unità di volume verificabili. Può anche essere menzionato il nome omeopatico del prodotto iniziale, quante volte è stato diluito, agitato e scosso, a patto che ciò non serva a ingannare il consumatore.
Indicare che un prodotto è stato usato una volta da qualcuno per un'indicazione specifica non può essere certo riconosciuto come prova di efficacia. Potrebbe essere utilizzato come un precedente per altri rimedi antichi o popolari, aprendo il vaso di Pandora ad altri desideri.
Per l'Unione Europea la tutela del consumatore è una priorità. La Direttiva 2005/29/EC definisce e condanna pratiche commerciali sleali di qualsiasi tipo, pubblicità ingannevoli e metodi di vendita aggressivi. Anche la salute è una priorità e ciò ha portato alla creazione della Direzione Generale per la Salute e i Consumatori (Directorate General for Health and Consumers) a cui è stato affidato il compito «di aiutare i cittadini europei a godere di buona salute, renderli più prudenti e sicuri di sé, promulgare leggi sulla sicurezza del cibo e altri prodotti, e verificare che i regolamenti vengano correttamente applicati dagli stati membri».
La Direttiva europea non si presta ad alcuna ambiguità. Ogni dichiarazione sul trattare o curare una malattia o una malformazione è considerata illegittima o ingannevole, a meno che il prodotto non sia registrato come cura medica e finché prove sufficienti della sua efficacia e delle relative affermazioni non siano state presentate all’UE o alle autorità farmaceutiche nazionali e accolte da tali organismi.
I fabbricanti di cibo e integratori alimentari possono dichiarare che i loro prodotti promuovono la salute o riducono il rischio di malattie, ma solo dopo che l'affermazione sia stata comprovata, presentata all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Agency) e da questa approvata. Centinaia di tali dichiarazioni sono già state respinte perché infondate o ingannevoli. Entro il 2011 tutte le false dichiarazioni dovrebbero sparire.
Le cure mediche vengono però regolamentate già da molto tempo. Il primo severo decreto dell'UE fu emanato nel 1965 (Direttive dell'UE 65/65/CEE, 75/319/CEE e 89/341/CEE). Un medicinale può essere registrato a livello nazionale o europeo dall'Agenzia Europea del Farmaco (EMEA, European Medicines Agency). Tutti gli stati membri devono accettare i medicinali riconosciuti dagli altri stati. Dal 1965, ogni dichiarazione relativa alla capacità di guarire o ridurre sintomi o malattie deve essere solidamente comprovata, con la conseguenza che migliaia di prodotti “tradizionali” sono spariti dalle farmacie europee per mancanza di efficacia o sicurezza. Questo sistema ha funzionato abbastanza bene per molti anni, sebbene ci sia ancora margine di miglioramento.
Tuttavia, nel 1992 l'europarlamento ha votato un'eccezione davvero strana in materia di protezione dalle false dichiarazioni. Nella Direttiva dell'UE 92/73/CEE, il requisito di efficacia comprovata è decaduto per un gruppo speciale di prodotti: i medicinali omeopatici e antroposofici.
Art.7 §4. Alla procedura specifica semplificata di registrazione dei medicinali omeopatici sono applicabili per analogia i criteri e le norme procedurali previsti agli articoli da 5 a 12 della Direttiva 65/65/CEE, eccezion fatta per la prova dell'effetto terapeutico.
Une delle motivazioni era: «...il loro bassissimo tenore di principi attivi e la difficoltà di applicare loro la convenzionale metodologia statistica relativa alle prove cliniche,...». Un'altra tesi era “che la cura omeopatica è personalizzabile a tal punto che non è possibile associare un prodotto a una malattia”.
In conseguenza della suddetta Direttiva i medicinali omeopatici (HMP, Homeopathic medical products) devono essere registrati dagli stati come cure mediche, anche se non contengono altro che zucchero o acqua. Sono esonerati anche dall'obbligo di menzionarne i contenuti in peso o volume. È sufficiente indicare il nome della prima goccia della sostanza iniziale e il numero di agitamenti, scuotimenti e diluizioni.
Poiché questi medicinali omeopatici sono regolamentati dalle leggi sulle cure mediche, si sottraggono alle norme sul cibo e sugli integratori alimentari, e forse si sottraggono anche alle leggi sulle pratiche commerciali sleali.
Il testo originale della Direttiva del 1992 imponeva delle severe restrizioni a questi medicinali omeopatici: non era consentito menzionare alcuna malattia o utilizzare il nome di una marca. Era richiesto un contenuto altamente diluito e un avvertimento sull'etichetta con la frase «prodotto privo di indicazione scientifica comprovata». Queste restrizioni furono prontamente aggirate dall'industria omeopatica. Fu consentito di immettere sul mercato prodotti “complessi”, ovvero una miscela di numerosi medicinali omeopatici, con marchi il cui nome ricordava le malattie. Potevano essere distribuiti volantini con indicazioni mediche. Nulla di tutto ciò richiede una dimostrazione di efficacia.
La tesi che l'omeopatia richieda una scelta estremamente personalizzata delle cure mediche, che in primo luogo garantì ad essa l’eccezione, è stata completamente dimenticata, ma è servita proprio allo scopo di guadagnarsi questa natura di eccezione.
Altre aggiunte alla Direttiva aprirono ulteriori scappatoie: le procedure di registrazione particolari che prendono in considerazione le“tradizioni nazionali”, la creazione di una “categoria omeopatica particolare accompagnata da indicazioni” a cui non è tuttavia richiesta alcuna prova di efficacia.
Nel 2004, tutto ciò, oltre a ulteriori truffe al consumatore, fu legalizzato dalla Direttiva 2004/27/EC. Adesso i venditori di medicinali omeopatici possono menzionare malattie o sintomi se esiste una passata testimonianza di un uso “omeopatico tradizionale”. Una “bibliografia adeguata” è una prova sufficiente, senza alcuna spiegazione di cosa questo possa significare. Dal 2004, tutti gli stati membri sono stati obbligati a istituire commissioni farmaceutiche particolari per registrare questi medicinali omeopatici accompagnati da indicazioni. Farmacologi veri devono riunirsi in commissione con omeopati e sono obbligati a registrare “cure mediche” che non contengono altro che acqua, alcol o palline di zucchero, e devono accettarne l'“uso tradizionale” come un'indicazione medica. Numerose organizzazioni scientifiche e Accademie nazionali della Scienza o della Medicina hanno ufficialmente protestato contro queste assurdità, ma le autorità fanno riferimento alla legge come loro principio informatore, anche se così si legalizzano la pseudoscienza e i danni potenziali, forse seri, al paziente.
Gli omeopati ammettono apertamente che la maggior parte dei loro prodotti sono diluiti oltre il numero di Avogadro, senza che del principio attivo rimanga un solo atomo o una sola molecola. La Direttiva richiede inoltre che la Farmacopea dell'UE debba avere un capitolo a parte sull'omeopatia. Qui leggiamo che la differenza tra solvente e medicinali omeopatici non può essere determinata utilizzando metodi analitici allopatici. (sic!)
Omettono di menzionare che questa differenza non può essere stabilita da nessuno, né dagli omeopati né dai chiaroveggenti, né utilizzando qualsiasi altro metodo. La dichiarazione dei sostenitori dell'omeopatia che l'acqua, l'alcol o lo zucchero abbiano una memoria manca ancora di prova scientifica. L'organizzazione dei Belgian Skeptics (Scettici Belgi) offre un premio di 10.000 Euro a chi fornirà una prova che l'acqua abbia una memoria, così come è valida, per una simile impresa, anche la sfida da 1.000.000 di dollari statunitensi della James Randi Educational Foundation. Qualche anno fa, una campagna degli omeopati includeva la dichiarazione che fosse possibile distinguere tra medicinale omeopatico e solvente. La dichiarazione venne analizzata dal programma della BBC Horizon. Se avessero avuto successo, avrebbero vinto un milione di Dollari. Hanno perso.
Non è nostra intenzione privare i consumatori che credono nell’omeopatia dei loro prodotti. Chiediamo tuttavia ai Membri del Parlamento Europeo di considerare se sia eticamente accettabile vendere e pubblicizzare come cure mediche dei prodotti che non possono da nessuno o con nessun mezzo essere distinti dallo zucchero o dal puro solvente, sia che si tratti di acqua o di alcol.
Considerando che nessuno è capace di distinguere tra due prodotti omeopatici , chiediamo di prendere in considerazione se sia ammissibile vendere e pubblicizzare questi prodotti sotto nomi diversi e con indicazioni diverse.
Invitiamo i Membri del Parlamento Europeo ad assumersi la responsabilità di proteggere i cittadini impedendo che prodotti senza contenuto si sottraggano alle norme contro la truffa dei consumatori, per il cibo e gli integratori alimentari e per i prodotti medicinali. Sono necessarie leggi uniformi e non discriminatorie finalizzate a tutelare i cittadini e i pazienti, non a promuovere industrie selezionate contro ogni buon senso e decenza.
- Se i medicinali omeopatici sono cure mediche, dovrebbero essere regolati dalle stesse norme di ogni altra cura medica.
- Se i medicinali omeopatici sono considerati come cibo o additivi alimentari, come noi riteniamo, devono essere applicate tutte le norme previste per questa categoria di prodotti: ogni dichiarazione sulla salute deve prima essere approvata dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Siano essi cibo o cure mediche, tutti gli ingredienti devono essere menzionati sull'etichetta con i loro nomi chimici e biologici riconosciuti internazionalmente, espressi in peso o unità di volume verificabili. Può anche essere menzionato il nome omeopatico del prodotto iniziale, quante volte è stato diluito, agitato e scosso, a patto che ciò non serva a ingannare il consumatore.
Indicare che un prodotto è stato usato una volta da qualcuno per un'indicazione specifica non può essere certo riconosciuto come prova di efficacia. Potrebbe essere utilizzato come un precedente per altri rimedi antichi o popolari, aprendo il vaso di Pandora ad altri desideri.