Può sembrare strano, ma esistono fenomeni atmosferici dei quali, fino all’ultimo decennio del secolo scorso, non esistevano che testimonianze visuali, occasionalmente riprese dalla letteratura scientifica.
Le prime descrizioni aneddotiche di eventi luminosi transienti (transient luminous events, TLEs, come oggi sono chiamati) sopra celle temporalesche risalgono quantomeno alla fine del XIX secolo: in una lettera pubblicata nel gennaio 1886 su Nature, Thomas Mackenzie (1844-1903), capitano dell’imbarcazione postale britannica Moselle, descrisse una tempesta osservata nel novembre precedente nel Mar dei Caraibi, dalla cui sommità si alzavano “dardi di luce” che a volte “ascendevano a un’altezza considerevole, sembrando più razzi che fulmini”[1].
Altri resoconti seguirono nei decenni successivi[2], ma solo nel 1989 furono registrati strumentalmente e del tutto casualmente i primi testimoni di una serie di fenomeni che ora sappiamo prodursi nella stratosfera e nella mesosfera in relazione all’attività elettrica dei temporali sottostanti: sono così stati descritti gli sprites (1990), i blue jets e gli elves (1995), gli halos (1999) e infine, nel 2003, i gigantic jets (GJ), impressionanti scariche che congiungono la sommità della nube temporalesca alla bassa ionosfera, intorno agli 80-90 km d’altitudine.
Il primo e, a oggi, l’unico gigantic jet documentato dall’area Euro-Mediterranea è stato quello ripreso, nella notte fra il 12 e il 13 dicembre 2009, da Ferruccio Zanotti (tra i fondatori dell’Italian Meteor and TLE Network[3], una rete amatoriale per la sorveglianza e lo studio dell’alta atmosfera) a Montignoso (MS): l’astrofilo ferrarese stava compiendo osservazioni strumentali dello sciame meteorico delle Geminidi, al suo massimo intorno al 13, quando ha avuto modo di riprendere anche una cinquantina di TLEs, compreso l’inatteso jet.
Quest’ultimo è stato oggetto di un articolo apparso il dicembre successivo sul Journal of Geophysical Research-Atmospheres, frutto del lavoro di ricercatori di diverse nazionalità (fra i quali gli italiani Enrico Arnone, oggi all’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, e lo stesso autore della ripresa Zanotti) coordinati da Oscar van der Velde dell’Università Politecnica della Catalogna[4]. Secondo gli autori, il gigantic jet si è sviluppato da un'area temporalesca attiva sul Mar Mediterraneo a ovest della Corsica, a oltre 300 km dalla stazione osservativa, ed ha raggiunto un'altezza approssimativa di 91 km. Si è trattato del primo GJ documentato in letteratura che ha avuto origine da una tempesta marina invernale, con nubi alte solamente 6,5 km: ciò indica che, in presenza di particolari condizioni favorevoli, la formazione di un fenomeno così energetico è possibile anche in situazioni meteorologiche apparentemente poco intense. La possibilità di analizzare contemporanee registrazioni elettromagnetiche effettuate da stazioni collocate in tre diversi continenti ha poi permesso di studiare i segnali radio associati al gigantic jet e a uno sprite simultaneo: diversamente da quelli già pubblicati, questo GJ è stato il primo con polarità positiva (quindi una scarica positiva nube-ionosfera, +CI), possibilità prevista teoricamente in un recente modello ma non ancora osservata in natura con certezza.
Il fatto che Zanotti sia l’autore della ripresa non deve stupire. Quello degli eventi luminosi transienti è una di quei campi della ricerca in cui il ruolo degli amatori può essere importante: quasi la metà della trentina di catture dal suolo di gigantic jets è dovuta a strumentazione gestita da non professionisti.
Il fenomeno osservato dalla Toscana non ha ancora rivelato tutti i suoi segreti: in aprile, all'assemblea annuale dell’European Geosciences Union, l'associazione europea che riunisce i ricercatori nel campo delle scienze geofisiche, planetarie e spaziali, T. Neubert, O. Chanrion e il gruppo di ricercatori della rete Eurosprite che se ne sta occupando hanno presentato uno studio sul potenziale elettrico del fenomeno, utilizzando per la prima volta uno sprite (quello osservato contemporaneamente al gigantic jet) come “sonda” per analizzare le proprietà della mesosfera[5].
Le prime descrizioni aneddotiche di eventi luminosi transienti (transient luminous events, TLEs, come oggi sono chiamati) sopra celle temporalesche risalgono quantomeno alla fine del XIX secolo: in una lettera pubblicata nel gennaio 1886 su Nature, Thomas Mackenzie (1844-1903), capitano dell’imbarcazione postale britannica Moselle, descrisse una tempesta osservata nel novembre precedente nel Mar dei Caraibi, dalla cui sommità si alzavano “dardi di luce” che a volte “ascendevano a un’altezza considerevole, sembrando più razzi che fulmini”[1].
Altri resoconti seguirono nei decenni successivi[2], ma solo nel 1989 furono registrati strumentalmente e del tutto casualmente i primi testimoni di una serie di fenomeni che ora sappiamo prodursi nella stratosfera e nella mesosfera in relazione all’attività elettrica dei temporali sottostanti: sono così stati descritti gli sprites (1990), i blue jets e gli elves (1995), gli halos (1999) e infine, nel 2003, i gigantic jets (GJ), impressionanti scariche che congiungono la sommità della nube temporalesca alla bassa ionosfera, intorno agli 80-90 km d’altitudine.
Il primo e, a oggi, l’unico gigantic jet documentato dall’area Euro-Mediterranea è stato quello ripreso, nella notte fra il 12 e il 13 dicembre 2009, da Ferruccio Zanotti (tra i fondatori dell’Italian Meteor and TLE Network[3], una rete amatoriale per la sorveglianza e lo studio dell’alta atmosfera) a Montignoso (MS): l’astrofilo ferrarese stava compiendo osservazioni strumentali dello sciame meteorico delle Geminidi, al suo massimo intorno al 13, quando ha avuto modo di riprendere anche una cinquantina di TLEs, compreso l’inatteso jet.
Quest’ultimo è stato oggetto di un articolo apparso il dicembre successivo sul Journal of Geophysical Research-Atmospheres, frutto del lavoro di ricercatori di diverse nazionalità (fra i quali gli italiani Enrico Arnone, oggi all’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, e lo stesso autore della ripresa Zanotti) coordinati da Oscar van der Velde dell’Università Politecnica della Catalogna[4]. Secondo gli autori, il gigantic jet si è sviluppato da un'area temporalesca attiva sul Mar Mediterraneo a ovest della Corsica, a oltre 300 km dalla stazione osservativa, ed ha raggiunto un'altezza approssimativa di 91 km. Si è trattato del primo GJ documentato in letteratura che ha avuto origine da una tempesta marina invernale, con nubi alte solamente 6,5 km: ciò indica che, in presenza di particolari condizioni favorevoli, la formazione di un fenomeno così energetico è possibile anche in situazioni meteorologiche apparentemente poco intense. La possibilità di analizzare contemporanee registrazioni elettromagnetiche effettuate da stazioni collocate in tre diversi continenti ha poi permesso di studiare i segnali radio associati al gigantic jet e a uno sprite simultaneo: diversamente da quelli già pubblicati, questo GJ è stato il primo con polarità positiva (quindi una scarica positiva nube-ionosfera, +CI), possibilità prevista teoricamente in un recente modello ma non ancora osservata in natura con certezza.
Il fatto che Zanotti sia l’autore della ripresa non deve stupire. Quello degli eventi luminosi transienti è una di quei campi della ricerca in cui il ruolo degli amatori può essere importante: quasi la metà della trentina di catture dal suolo di gigantic jets è dovuta a strumentazione gestita da non professionisti.
Il fenomeno osservato dalla Toscana non ha ancora rivelato tutti i suoi segreti: in aprile, all'assemblea annuale dell’European Geosciences Union, l'associazione europea che riunisce i ricercatori nel campo delle scienze geofisiche, planetarie e spaziali, T. Neubert, O. Chanrion e il gruppo di ricercatori della rete Eurosprite che se ne sta occupando hanno presentato uno studio sul potenziale elettrico del fenomeno, utilizzando per la prima volta uno sprite (quello osservato contemporaneamente al gigantic jet) come “sonda” per analizzare le proprietà della mesosfera[5].
Note
1) Nature 33, 245 (14 January 1886), doi:10.1038/033245d0
2) Si veda Vaughan, O. H., & Vonnegut, B. (1989). Recent observations of lightning discharges from the top of a thundercloud into the clear air above. J. Geophys. Res., 94, D13,179-13,182, doi 10.1029/JD094iD11p13179 e la bibliografia lì riportata.
4) Van der Velde, O. A; Bór, J.; Li, J.; Cummer, S. A.; Arnone, E.; Zanotti, F.; Füllekrug, M.; Haldoupis, C.; NaitAmor, S. & Farges T. (2010), Multi-instrumental observations of a positive gigantic jet produced by a winter thunderstorm in Europe. J. Geophys. Res., 115, D24301, doi:10.1029/2010JD014442, disponibile online all'url: http://people.ee.duke.edu/~cummer/reprints/122_vanderVelde10_ItalyGiganticJet.pdf