Qualche volta il cammino di un investigatore del mistero come Joe Nickell è irto di ostacoli; altre volte... basta chiedere.
Nickell, in visita a Torino dopo un breve grand tour a Venezia e Milano, era interessato a raccogliere informazioni su reliquie, cimeli e miracoli avvenuti in città e, soprattutto, a vedere il più possibile in prima persona.
Il miracolo più famoso è quello del Corpus Domini e tutta la documentazione storica in possesso della città (ad esclusione, ahimé, della pergamena con le firme degli undici originali testimoni del miracolo, ormai perduta) è conservata all'Archivio Storico in una scatola di legno fatta appositamente costruire dal Comune in occasione del quarto centenario del miracolo, nel 1853.
Sul luogo del miracolo sorge la chiesa del Corpus Domini, un bell'esempio di baroccone piemontese senza tante storie, non lontana dalla sede dell'Archivio Storico. Quale migliore occasione per pavoneggiarci un po' con Nickell? Così in un pomeriggio piovoso Andrea Ferrero e io ci troviamo davanti al suo albergo, lo carichiamo in macchina e, dirigendoci verso le stradine del Gambero d'Oro, cominciamo a raccontargli la storia del miracolo.
La sala di lettura dell'archivio non è grande né mette particolare soggezione; dopo una rapida consultazione del catalogo troviamo, al n. 1 del fondo carte sciolte, quello che ci interessa: la famosa scatola, che contiene una pergamena con il resoconto del miracolo scritta e firmata da un notabile torinese poco tempo dopo il fatto.
Proviamo a richiedere il materiale ai gentilissimi archivisti: "Will they let us actually handle it?", "Ci lasceranno davvero toccarla?" chiede incredulo Nickell. Purtroppo la scatola in legno, resa troppo fragile dagli anni, non ce la fanno vedere se non in fotografia, ma per la gioia di Nickell, esperto forense di carte, inchiostri e documenti scritti, dopo pochi minuti ci mettono in mano un pacco con alcuni libri antichi, fogli sciolti e, piegata... proprio la pergamena!
Nickell non ci delude. Estrae dalla tasca una lente di ingrandimento (che ci spiega essere quella da viaggio) e, prima ancora di aprire il documento, comincia a spiegarci tutto del tipo di pergamena: il colore dell'inchiostro, i segni della penna, evidentemente una penna d'oca e non un pennino metallico... Ma quando il gioco si fa duro tocca a noi del CICAP far vedere di cosa siamo capaci!
La pergamena è manoscritta in una calligrafia non particolarmente leggibile, parte in ampolloso italiano del Settecento e parte in latino, mentre Nickell parla un meraviglioso inglese degli stati del Sud. Andrea e io non ci lasciamo spaventare, riuscendo a strapazzare in pochi minuti e allo stesso tempo le lingue di Orazio, Dante e Shakespeare ma arrivando allo scopo di gettare un ponte tra la Torino barocca e il Kentucky, o quasi... come si dirà inclito in inglese? Impariamo molte altre cose, dal come si ottiene la carta marmorizzata usata per i risguardi delle rilegature di pregio a cosa sono certe macchie che si trovano a volte sulla carta antica: si chiamano, in inglese Vat man's tears, le lacrime dell'addetto alle vasche, e sono tracce delle gocce che cadono da un foglio all'altro mentre la carta è stesa sulle rastrelliere ad asciugare. Dopo un po' Nickell si dichiara soddisfatto; restituiti i preziosi documenti al banco e presi opportuni accordi con il gabinetto fotografico per alcune riproduzioni, ci avviamo per la seconda tappa: la chiesa del Corpus Domini.
Ancora prima di entrare, Andrea e io dobbiamo cercare di togliere un altro po' di ruggine dal nostro latino per tradurre alcune iscrizioni sulla facciata. Nella cupa sacrestia, tutta rivestita di antico legno (credo) di noce, intervistiamo il parroco, che però non ci dà molte informazioni nuove.
Tornati in chiesa, Andrea comincia a notare un certo movimento tra i non molti fedeli che occupano le panche.
Nickell, proprio a ridosso del parapetto che divide il presbiterio dalla navata, è intento a scattare alcune foto alla pala d'altare, che raffigura il miracolo. All'improvviso fa la sua comparsa, vestito con i paramenti per la messa, il sacerdote con cui avevamo parlato poco prima, e incomincia a officiare a meno di due metri dal nostro investigatore. Nickell non perde un colpo; abbassata la macchina fotografica, con aplomb degno di un arcivescovo in vacanza aggira la balaustra e ci raggiunge in fondo alla chiesa. Abbiamo ancora una missione da compiere prima di andarcene: fotografare la lapide nel pavimento che, circondata da una ringhiera metallica, indica il punto esatto del miracolo... dopo alcuni tentativi di togliere un grosso pezzo di carta gettato da qualcuno proprio fuori della portata delle nostre braccia (almeno per quanto possiamo sporgerci senza dare troppo nellocchio), noto un lungo bastone per la questua appoggiato a un pilastro... ma non importa: le foto potremo sempre spedirle poi.
Usciamo dalla chiesa, e Nickell è soddisfatto: un prossimo numero di Skeptical Inquirer racconterà le sue avventure piemontesi...
'Stefano Bagnasco Fisico, INFN Università di Torino Socio Effettivo CICAP
Tratto da S&M n.20
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Nickell, in visita a Torino dopo un breve grand tour a Venezia e Milano, era interessato a raccogliere informazioni su reliquie, cimeli e miracoli avvenuti in città e, soprattutto, a vedere il più possibile in prima persona.
Il miracolo più famoso è quello del Corpus Domini e tutta la documentazione storica in possesso della città (ad esclusione, ahimé, della pergamena con le firme degli undici originali testimoni del miracolo, ormai perduta) è conservata all'Archivio Storico in una scatola di legno fatta appositamente costruire dal Comune in occasione del quarto centenario del miracolo, nel 1853.
Sul luogo del miracolo sorge la chiesa del Corpus Domini, un bell'esempio di baroccone piemontese senza tante storie, non lontana dalla sede dell'Archivio Storico. Quale migliore occasione per pavoneggiarci un po' con Nickell? Così in un pomeriggio piovoso Andrea Ferrero e io ci troviamo davanti al suo albergo, lo carichiamo in macchina e, dirigendoci verso le stradine del Gambero d'Oro, cominciamo a raccontargli la storia del miracolo.
La sala di lettura dell'archivio non è grande né mette particolare soggezione; dopo una rapida consultazione del catalogo troviamo, al n. 1 del fondo carte sciolte, quello che ci interessa: la famosa scatola, che contiene una pergamena con il resoconto del miracolo scritta e firmata da un notabile torinese poco tempo dopo il fatto.
Proviamo a richiedere il materiale ai gentilissimi archivisti: "Will they let us actually handle it?", "Ci lasceranno davvero toccarla?" chiede incredulo Nickell. Purtroppo la scatola in legno, resa troppo fragile dagli anni, non ce la fanno vedere se non in fotografia, ma per la gioia di Nickell, esperto forense di carte, inchiostri e documenti scritti, dopo pochi minuti ci mettono in mano un pacco con alcuni libri antichi, fogli sciolti e, piegata... proprio la pergamena!
Nickell non ci delude. Estrae dalla tasca una lente di ingrandimento (che ci spiega essere quella da viaggio) e, prima ancora di aprire il documento, comincia a spiegarci tutto del tipo di pergamena: il colore dell'inchiostro, i segni della penna, evidentemente una penna d'oca e non un pennino metallico... Ma quando il gioco si fa duro tocca a noi del CICAP far vedere di cosa siamo capaci!
La pergamena è manoscritta in una calligrafia non particolarmente leggibile, parte in ampolloso italiano del Settecento e parte in latino, mentre Nickell parla un meraviglioso inglese degli stati del Sud. Andrea e io non ci lasciamo spaventare, riuscendo a strapazzare in pochi minuti e allo stesso tempo le lingue di Orazio, Dante e Shakespeare ma arrivando allo scopo di gettare un ponte tra la Torino barocca e il Kentucky, o quasi... come si dirà inclito in inglese? Impariamo molte altre cose, dal come si ottiene la carta marmorizzata usata per i risguardi delle rilegature di pregio a cosa sono certe macchie che si trovano a volte sulla carta antica: si chiamano, in inglese Vat man's tears, le lacrime dell'addetto alle vasche, e sono tracce delle gocce che cadono da un foglio all'altro mentre la carta è stesa sulle rastrelliere ad asciugare. Dopo un po' Nickell si dichiara soddisfatto; restituiti i preziosi documenti al banco e presi opportuni accordi con il gabinetto fotografico per alcune riproduzioni, ci avviamo per la seconda tappa: la chiesa del Corpus Domini.
Ancora prima di entrare, Andrea e io dobbiamo cercare di togliere un altro po' di ruggine dal nostro latino per tradurre alcune iscrizioni sulla facciata. Nella cupa sacrestia, tutta rivestita di antico legno (credo) di noce, intervistiamo il parroco, che però non ci dà molte informazioni nuove.
Tornati in chiesa, Andrea comincia a notare un certo movimento tra i non molti fedeli che occupano le panche.
Nickell, proprio a ridosso del parapetto che divide il presbiterio dalla navata, è intento a scattare alcune foto alla pala d'altare, che raffigura il miracolo. All'improvviso fa la sua comparsa, vestito con i paramenti per la messa, il sacerdote con cui avevamo parlato poco prima, e incomincia a officiare a meno di due metri dal nostro investigatore. Nickell non perde un colpo; abbassata la macchina fotografica, con aplomb degno di un arcivescovo in vacanza aggira la balaustra e ci raggiunge in fondo alla chiesa. Abbiamo ancora una missione da compiere prima di andarcene: fotografare la lapide nel pavimento che, circondata da una ringhiera metallica, indica il punto esatto del miracolo... dopo alcuni tentativi di togliere un grosso pezzo di carta gettato da qualcuno proprio fuori della portata delle nostre braccia (almeno per quanto possiamo sporgerci senza dare troppo nellocchio), noto un lungo bastone per la questua appoggiato a un pilastro... ma non importa: le foto potremo sempre spedirle poi.
Usciamo dalla chiesa, e Nickell è soddisfatto: un prossimo numero di Skeptical Inquirer racconterà le sue avventure piemontesi...
'Stefano Bagnasco Fisico, INFN Università di Torino Socio Effettivo CICAP
Tratto da S&M n.20
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