Accordo sulla datazione, dibattito aperto sul meccanismo di formazione. Queste le conclusioni del Convegno sulla Sindone che il CICAP Gruppo Piemonte ha organizzato per il 24 ottobre presso la prestigiosa sede dell'Aula Magna del Politecnico di Torino. In un clima di grande rispetto nei confronti della sensibilità della città che da cinque secoli custodisce il venerato lenzuolo, che in ogni caso non ha risparmiato giuste e ferme critiche rivolte a certe forme di pseudoscienza che circondano la Sindone, gli oltre trecento partecipanti hanno assistito agli interventi di quattro tra i maggiori sostenitori italiani dell'origine artificiale dell'impronta sindonica: presentati da Massimo Polidoro e moderati da Tullio Regge, si sono susseguiti sul banco dei relatori Carlo Papini, Antonio Lombatti, Luigi Gonella e Luigi Garlaschelli.
Il segretario nazionale del CICAP Polidoro ha introdotto il convegno ricordando le finalità del Comitato e in particolare il rapporto che questo ha con la religione e la Sindone in particolare: se il CICAP non ha interesse a prendere in esame affermazioni di natura metafisica o religiosa, un discorso differente vale per la Sindone, che per la sua specifica fisicità può essere oggetto di analisi scientifica. Le conclusioni cui si può giungere a proposito dell'origine del telo sindonico non hanno alcun carattere religioso, e non intendono mettere in dubbio alcuna fede religiosa.Carlo Papini, dottore in giurisprudenza di Genova, è stato per oltre trent'anni il direttore editoriale della Casa Editrice Claudiana delle Chiese evangeliche. Da vent'anni si dedica allo studio della Sindone ed ha pubblicato già diversi saggi e articoli in proposito. Il suo intervento si è principalmente incentrato sugli aspetti storici che riguardano la poco probabile esistenza della Sindone nei primi secoli dopo Cristo. La cultura ebraica dell'epoca considerava impuri gli oggetti che erano stato a contatto con dei cadaveri, ed è poco plausibile che qualcuno abbia raccolto il lenzuolo sindonico per conservarlo, ancor meno se si pensa alla presenza di sangue su di esso. C'è da notare oltretutto l'assoluta mancanza di interesse da parte degli uomini dell'epoca nei confronti delle reliquie. Un testo che spesso viene citato dagli autenticisti per "dimostrare" che la Sindone fu conservata è un vangelo apocrifo, chiamato "Vangelo degli Ebrei" (del quale - tra l'altro - non si possiede più l'originale ma solo delle citazioni di Gerolamo). Ad un certo punto l'anonimo autore scrive: "Dopo aver dato la sindone al servo del sacerdote, Gesù apparve a Giacomo". Il termine "sindone" a quell'epoca stava ad indicare una tunica, una veste sacerdotale. Il gesto di "dare la sindone" a qualcuno simboleggiava il conferimento di un potere particolare, come se si trattasse di una vestizione rituale. La "sindone" cui si fa riferimento nel testo non è, dunque, il lenzuolo funebre con cui sarebbe stato coperto il corpo di Gesù, ma una tunica sacerdotale.
Papini ha inoltre citato alcuni manoscritti sui quali viene provata l'origine mediorientale della Sindone: Goffredo di Charny avrebbe ricevuto la Sindone nel 1346 a Smirne, al termine della crociata dell'ultimo delfino di Vienna Umberto II. Tale origine spiegherebbe la presenza di pollini provenienti dall'oriente, regione dove - ha ricordato - esistevano addirittura officine specificamente nate per la realizzazione di reliquie. In conclusione al suo intervento ha auspicato che i lavori di Vittorio Pesce Delfino, ingiustamente ignorati dalla Sindonologia ufficiale, vengano ripresi, che i suoi esperimenti volti a riprodurre l'impronta sindonica siano ripetuti con materiale più simile al tessuto della Sindone e soprattutto ha sottolineato il fatto che le immagini create dell'antropologo di Bari sono in tutto e per tutto simili per la loro natura fisica a quella sindonica: tridimensionale, superficiale, adirezionale e fluorescente.
Antonio Lombatti, direttore della prima rivista scientifica al mondo dedicata ad uno studio critico della Sindone, "Approfondimento Sindone", e di due saggi in proposito, ha proseguito nella presentazione dello scenario storico che ha accolto la comparsa della Sindone in Europa, facendo notare come la datazione al 14C sia perfettamente coerente con il periodo in cui per la prima volta in Francia si inizia a parlare del lenzuolo. L'assenza di qualsiasi documentazione storica riguardante una reliquia con le caratteristiche della Sindone per tutto il primo millennio dopo Cristo rende assolutamente insostenibili le teorie di chi vorrebbe ricostruire la storia del sudario facendo risalire la sua origine al I secolo d.C. Lombatti ha sottolineato ancora il fatto che sin dalla prima ostensione l'immagine sindonica è esplicitamente definita "figura seu rapresentacio", termini che indicano inequivocabilmente la sua origine artificiale. Ricordando il "Memoriale di Pierre d'Arcis", fa ancora notare come soltanto da un secolo si parla di autenticità: nel medioevo non c'era dubbio alcuno sul fatto che si trattasse di un artefatto. A conferma di quanto riportato da Papini circa l'origine mediorientale della Sindone, Lombatti cita un documento da lui rinvenuto negli archivi dipartimentali francesi dell'Aube, a Troyes, risalente al XVII sec., nel quale si sostiene che Goffredo di Charny avrebbe ricevuto la Sindone proprio in Medio Oriente. L'informazione è assolutamente inedita: nemmeno il suo libro - uscito in occasione dell'ultima ostensione - ne riporta i particolari.
Luigi Gonella, professore del Politecnico di Torino ed ex-consulente scientifico del vescovo di Torino per le analisi scientifiche sulla Sindone, si è dapprima lamentato del fatto che, nonostante si sia svolta sulla Sindone una seria indagine scientifica intesa ad appurare la natura fisico-chimica delle sue varie immagini, il loro meccanismo di formazione, la data d'origine del telo ed altri parametri misurabili, i risultati di queste ricerche sono passati il più delle volte in secondo piano per lasciar spazio a sterili dibattiti e inani polemiche. Premettendo che la scienza non sarà mai in grado di dimostrare che la Sindone ha avvolto il corpo di Cristo, in quanto le risposte che dà la scienza possono solo essere negative, si è dichiarato in aperta opposizione verso i sindonologi, che vorrebbero dimostrare in ogni modo l'autenticità della Sindone, e contemporaneamente verso gli antisindonologi, che al contrario vorrebbero provare ad ogni costo la sua falsità. A proposito di queste polemiche, Gonella ha chiarito alcuni punti in maniera molto netta: la natura delle immagini è stata chiarita, si tratta di un ingiallimento superficiale della cellulosa. A proposito del meccanismo di formazione delle immagini si è rimasti senza ipotesi plausibili. "La Sindone è un oggetto che non dovrebbe esistere", ha affermato testualmente. Il tessuto risale al Medioevo, e questa è una conclusione incontestabile.
A proposito della radiodatazione, Gonella ha comunicato la sua esperienza personale, affermando che nonostante alcuni atteggiamenti "disdicevoli" da parte dei tre laboratori in occasione delle analisi, non hanno alcun fondamento le critiche mosse da alcuni riguardanti complotti massonici o tangenti pagate per falsare i risultati. In questo scenario così complesso, ha proposto di abbandonare il termine "falso" per utilizzare il più neutro "artefatto", termine dalla valenza meno polemica ma non per questo meno esplicito nel suo significato.
L'intervento scientifico di Gonella è stato seguito da quello di Luigi Garlaschelli, chimico e responsabile delle sperimentazioni del CICAP, che ha presentato una carrellata di dati sulla Sindone spesso riportati in modo distorto o parziale dai molti saggi sindonologici autenticisti. A proposito della negatività dell'immagine della Sindone ha fatto notare come potrebbe trattarsi della naturale conseguenza del metodo con cui questa è stata realizzata: la teoria del bassorilievo sul quale viene applicata della vernice a secco produce effettivamente e spontaneamente immagini negative, per nulla inspiegabili. Dopo aver mostrato alcune diapositive su un esperimento da lui stesso condotto circa l'impronta che un uomo macchiato di sangue lascia su un lenzuolo, ha sottolineato il fatto che a differenza delle impronte naturali lasciate da un corpo tridimensionale, l'immagine sindonica si presenta come una proiezione ortogonale incompatibile con la presenza di un cadavere al suo interno. Naturalmente questa caratteristica falsifica le vecchie ipotesi di formazione dell'immagine, quella vaporografica e quella per contatto. In particolare quest'ultima non produrrebbe l'effetto chiaroscuro presente invece sulla Sindone. Garlaschelli ha richiamato l'attenzione di tutti sul sangue presente sulla Sindone, la cui presenza è stata attestata fino ad oggi soltanto da Pier Luigi Baima Bollone, presenza esplicitamente esclusa nel 1973 dalla commissione che era stata incaricata di effettuare analisi dal cardinale Pellegrino in occasione della prima ostensione televisiva. Né la presenza di sangue proverebbe qualcosa, vista la possibilità che nel corso dei secoli sia stato usato del sangue per ravvivare le macchie sul lenzuolo.
Garlaschelli ha poi ripreso i lavori di Max Frei sui pollini presenti sulla Sindone, facendo notare il fatto che delle analisi da lui condotte non si possiedono più i documenti originali né i nastri sui quali ha lavorato. In effetti nessuno ad oggi è riuscito a ottenere i risultati dello studioso svizzero, fatto che fa sollevare non pochi dubbi a proposito della scientificità di questi.
Circa la presenza di monetine sugli occhi dell'uomo della Sindone, Garlaschelli ha invitato Nello Balossino dell'Università di Torino a presentare a Pavia un seminario dal titolo "Pattern recognition in sindonology", sostenendo che si tratta di un'assurda forzatura cercare nella grezza trama della Sindone delle informazioni quali lettere alte meno di un millimetro, paragonabile agli sforzi di cercare un senso nelle celebri macchie di Rorschach. Garlaschelli ha concluso il suo intervento citando il russo Kouznetsov che nel 1997 aveva presentato al Politecnico di Torino una teoria per cui l'incendio di cui la Sindone fu vittima a Chambery nel 1532 avrebbe potuto ringiovanire il tessuto sindonico di 1300 anni. Nessuno è stato in grado di ottenere gli stessi risultati del chimico russo, né le sue conclusioni possono essere seriamente prese in considerazione.
Prima di introdurre il successivo dibattito, Tullio Regge ha affermato di essere andato a vedere la Sindone ed esserne rimasto comunque affascinato, nonostante la sua probabile natura di artefatto. Diversi partecipanti si sono rivolti ai conferenzieri per esprimere le loro opinioni sul delicato tema della Sindone. Si possono segnalare in particolare l'intervento di Adalberto Piazzoli, dell'Università di Pavia, che in risposta ad un sindonologo che domandava in che modo un falsario avrebbe potuto realizzare delle macchie di sangue così perfette, distinguendo addirittura nelle diverse parti del corpo tra sangue arterioso e sangue venoso, ha rivolto lui stesso una domanda ai medici in sala, chiedendo se esiste un'analisi che permetta di stabilire se una macchia di sangue su un fazzoletto è di origine arteriosa o venosa, o se invece tale suddivisione è solo frutto di interpretazioni forzate; l'intervento di Carlo Papini, che in risposta ad un partecipante che chiedeva se l'immagine ottenuta con un bassorilievo riscaldato fosse indelebile oppure no, ha affermato che la lieve bruciatura ottenuta su un tessuto per riscaldamento è ovviamente indelebile, e che sarebbe il sogno di ogni lavandaia quello di riuscire a mandare via da una tela una macchia di bruciato. Papini ha, tra l'altro, mostrato una tela fornitagli diversi anni fa dallo stesso Pesce Delfino, la cui immagine non è affatto sparita, ma è stabile.
Tra i partecipanti al convegno spiccavano i nomi di Piergiorgio Odifreddi e Gabriele Lolli, entrambi professori di logica matematica presso l'Università di Torino, Paolo Valabrega, professore di geometria presso il Politecnico di Torino e Federico Peiretti, professore di matematica e giornalista de "La Stampa". In sala era presente anche la giornalista Vittoria Haziel, la quale durante il dibattito ha mostrato la fotografia di un volto in tutto e per tutto simile a quello della Sindone, realizzato con la tecnica del pirografo da Irene Corgiat, un'artista di Baldissero Torinese. Pur trattandosi di una riproduzione del solo volto, il suo aspetto è straordinariamente simile a quello dell'uomo della Sindone. C'è da sottolineare il fatto che la tecnica del pirografo può essere utile per "riprodurre" un'immagine, ma è poco credibile il suo uso per la "creazione" di un'impronta del genere. In ogni caso la piccola "sindone" della Corgiat è la miglior risposta fino ad oggi all'obiezione di tanti sindonologi che sostengono l'impossibilità di riprodurre un'immagine con le stesse caratteristiche della Sindone, in particolare con tutti i suoi dettagli. Rimane aperto il problema del sangue, risolto parzialmente dalla Corgiat con l'applicazione di una tintura di tempera direttamente sulla superficie del telo.
La conclusione più evidente che si può trarre dal convegno di Torino è il fatto che la difficoltà principale nell'affrontare il tema della Sindone non stia nel trovare argomenti a sostegno della sua origine artificiale, in quanto tutti i dati sembrerebbero muoversi in questa direzione, quanto invece nel far sì che il pubblico riceva un'informazione corretta dal punto di vista storico e scientifico. Purtroppo la "sindonologia" ha imposto i suoi toni sull'opinione pubblica, sfruttando il fatto che molti mass media danno acriticamente voce alle teorie più strampalate, rendendo arduo per qualunque lettore uno sguardo obiettivo sul problema. E' su questo scenario che acquistano valore le finalità didattiche del CICAP, le cui prospettive vanno dunque proprio nel senso di una informazione sempre più corretta e diffusa sul problema.
Bibliografia italiana
I libri scettici in italiano pubblicati ad oggi sulla Sindone si contano sulle dita di una mano:
E' il sito più completo sulla Sindone di Torino. Di impronta autenticista, ospita anche qualche saggio scettico.
E' il sito ufficiale della Chiesa Cattolica dedicato al lenzuolo.
E' il punto di riferimento per gli studi scettici sulla Sindone.
Il segretario nazionale del CICAP Polidoro ha introdotto il convegno ricordando le finalità del Comitato e in particolare il rapporto che questo ha con la religione e la Sindone in particolare: se il CICAP non ha interesse a prendere in esame affermazioni di natura metafisica o religiosa, un discorso differente vale per la Sindone, che per la sua specifica fisicità può essere oggetto di analisi scientifica. Le conclusioni cui si può giungere a proposito dell'origine del telo sindonico non hanno alcun carattere religioso, e non intendono mettere in dubbio alcuna fede religiosa.Carlo Papini, dottore in giurisprudenza di Genova, è stato per oltre trent'anni il direttore editoriale della Casa Editrice Claudiana delle Chiese evangeliche. Da vent'anni si dedica allo studio della Sindone ed ha pubblicato già diversi saggi e articoli in proposito. Il suo intervento si è principalmente incentrato sugli aspetti storici che riguardano la poco probabile esistenza della Sindone nei primi secoli dopo Cristo. La cultura ebraica dell'epoca considerava impuri gli oggetti che erano stato a contatto con dei cadaveri, ed è poco plausibile che qualcuno abbia raccolto il lenzuolo sindonico per conservarlo, ancor meno se si pensa alla presenza di sangue su di esso. C'è da notare oltretutto l'assoluta mancanza di interesse da parte degli uomini dell'epoca nei confronti delle reliquie. Un testo che spesso viene citato dagli autenticisti per "dimostrare" che la Sindone fu conservata è un vangelo apocrifo, chiamato "Vangelo degli Ebrei" (del quale - tra l'altro - non si possiede più l'originale ma solo delle citazioni di Gerolamo). Ad un certo punto l'anonimo autore scrive: "Dopo aver dato la sindone al servo del sacerdote, Gesù apparve a Giacomo". Il termine "sindone" a quell'epoca stava ad indicare una tunica, una veste sacerdotale. Il gesto di "dare la sindone" a qualcuno simboleggiava il conferimento di un potere particolare, come se si trattasse di una vestizione rituale. La "sindone" cui si fa riferimento nel testo non è, dunque, il lenzuolo funebre con cui sarebbe stato coperto il corpo di Gesù, ma una tunica sacerdotale.
Papini ha inoltre citato alcuni manoscritti sui quali viene provata l'origine mediorientale della Sindone: Goffredo di Charny avrebbe ricevuto la Sindone nel 1346 a Smirne, al termine della crociata dell'ultimo delfino di Vienna Umberto II. Tale origine spiegherebbe la presenza di pollini provenienti dall'oriente, regione dove - ha ricordato - esistevano addirittura officine specificamente nate per la realizzazione di reliquie. In conclusione al suo intervento ha auspicato che i lavori di Vittorio Pesce Delfino, ingiustamente ignorati dalla Sindonologia ufficiale, vengano ripresi, che i suoi esperimenti volti a riprodurre l'impronta sindonica siano ripetuti con materiale più simile al tessuto della Sindone e soprattutto ha sottolineato il fatto che le immagini create dell'antropologo di Bari sono in tutto e per tutto simili per la loro natura fisica a quella sindonica: tridimensionale, superficiale, adirezionale e fluorescente.
Antonio Lombatti, direttore della prima rivista scientifica al mondo dedicata ad uno studio critico della Sindone, "Approfondimento Sindone", e di due saggi in proposito, ha proseguito nella presentazione dello scenario storico che ha accolto la comparsa della Sindone in Europa, facendo notare come la datazione al 14C sia perfettamente coerente con il periodo in cui per la prima volta in Francia si inizia a parlare del lenzuolo. L'assenza di qualsiasi documentazione storica riguardante una reliquia con le caratteristiche della Sindone per tutto il primo millennio dopo Cristo rende assolutamente insostenibili le teorie di chi vorrebbe ricostruire la storia del sudario facendo risalire la sua origine al I secolo d.C. Lombatti ha sottolineato ancora il fatto che sin dalla prima ostensione l'immagine sindonica è esplicitamente definita "figura seu rapresentacio", termini che indicano inequivocabilmente la sua origine artificiale. Ricordando il "Memoriale di Pierre d'Arcis", fa ancora notare come soltanto da un secolo si parla di autenticità: nel medioevo non c'era dubbio alcuno sul fatto che si trattasse di un artefatto. A conferma di quanto riportato da Papini circa l'origine mediorientale della Sindone, Lombatti cita un documento da lui rinvenuto negli archivi dipartimentali francesi dell'Aube, a Troyes, risalente al XVII sec., nel quale si sostiene che Goffredo di Charny avrebbe ricevuto la Sindone proprio in Medio Oriente. L'informazione è assolutamente inedita: nemmeno il suo libro - uscito in occasione dell'ultima ostensione - ne riporta i particolari.
Luigi Gonella, professore del Politecnico di Torino ed ex-consulente scientifico del vescovo di Torino per le analisi scientifiche sulla Sindone, si è dapprima lamentato del fatto che, nonostante si sia svolta sulla Sindone una seria indagine scientifica intesa ad appurare la natura fisico-chimica delle sue varie immagini, il loro meccanismo di formazione, la data d'origine del telo ed altri parametri misurabili, i risultati di queste ricerche sono passati il più delle volte in secondo piano per lasciar spazio a sterili dibattiti e inani polemiche. Premettendo che la scienza non sarà mai in grado di dimostrare che la Sindone ha avvolto il corpo di Cristo, in quanto le risposte che dà la scienza possono solo essere negative, si è dichiarato in aperta opposizione verso i sindonologi, che vorrebbero dimostrare in ogni modo l'autenticità della Sindone, e contemporaneamente verso gli antisindonologi, che al contrario vorrebbero provare ad ogni costo la sua falsità. A proposito di queste polemiche, Gonella ha chiarito alcuni punti in maniera molto netta: la natura delle immagini è stata chiarita, si tratta di un ingiallimento superficiale della cellulosa. A proposito del meccanismo di formazione delle immagini si è rimasti senza ipotesi plausibili. "La Sindone è un oggetto che non dovrebbe esistere", ha affermato testualmente. Il tessuto risale al Medioevo, e questa è una conclusione incontestabile.
A proposito della radiodatazione, Gonella ha comunicato la sua esperienza personale, affermando che nonostante alcuni atteggiamenti "disdicevoli" da parte dei tre laboratori in occasione delle analisi, non hanno alcun fondamento le critiche mosse da alcuni riguardanti complotti massonici o tangenti pagate per falsare i risultati. In questo scenario così complesso, ha proposto di abbandonare il termine "falso" per utilizzare il più neutro "artefatto", termine dalla valenza meno polemica ma non per questo meno esplicito nel suo significato.
L'intervento scientifico di Gonella è stato seguito da quello di Luigi Garlaschelli, chimico e responsabile delle sperimentazioni del CICAP, che ha presentato una carrellata di dati sulla Sindone spesso riportati in modo distorto o parziale dai molti saggi sindonologici autenticisti. A proposito della negatività dell'immagine della Sindone ha fatto notare come potrebbe trattarsi della naturale conseguenza del metodo con cui questa è stata realizzata: la teoria del bassorilievo sul quale viene applicata della vernice a secco produce effettivamente e spontaneamente immagini negative, per nulla inspiegabili. Dopo aver mostrato alcune diapositive su un esperimento da lui stesso condotto circa l'impronta che un uomo macchiato di sangue lascia su un lenzuolo, ha sottolineato il fatto che a differenza delle impronte naturali lasciate da un corpo tridimensionale, l'immagine sindonica si presenta come una proiezione ortogonale incompatibile con la presenza di un cadavere al suo interno. Naturalmente questa caratteristica falsifica le vecchie ipotesi di formazione dell'immagine, quella vaporografica e quella per contatto. In particolare quest'ultima non produrrebbe l'effetto chiaroscuro presente invece sulla Sindone. Garlaschelli ha richiamato l'attenzione di tutti sul sangue presente sulla Sindone, la cui presenza è stata attestata fino ad oggi soltanto da Pier Luigi Baima Bollone, presenza esplicitamente esclusa nel 1973 dalla commissione che era stata incaricata di effettuare analisi dal cardinale Pellegrino in occasione della prima ostensione televisiva. Né la presenza di sangue proverebbe qualcosa, vista la possibilità che nel corso dei secoli sia stato usato del sangue per ravvivare le macchie sul lenzuolo.
Garlaschelli ha poi ripreso i lavori di Max Frei sui pollini presenti sulla Sindone, facendo notare il fatto che delle analisi da lui condotte non si possiedono più i documenti originali né i nastri sui quali ha lavorato. In effetti nessuno ad oggi è riuscito a ottenere i risultati dello studioso svizzero, fatto che fa sollevare non pochi dubbi a proposito della scientificità di questi.
Circa la presenza di monetine sugli occhi dell'uomo della Sindone, Garlaschelli ha invitato Nello Balossino dell'Università di Torino a presentare a Pavia un seminario dal titolo "Pattern recognition in sindonology", sostenendo che si tratta di un'assurda forzatura cercare nella grezza trama della Sindone delle informazioni quali lettere alte meno di un millimetro, paragonabile agli sforzi di cercare un senso nelle celebri macchie di Rorschach. Garlaschelli ha concluso il suo intervento citando il russo Kouznetsov che nel 1997 aveva presentato al Politecnico di Torino una teoria per cui l'incendio di cui la Sindone fu vittima a Chambery nel 1532 avrebbe potuto ringiovanire il tessuto sindonico di 1300 anni. Nessuno è stato in grado di ottenere gli stessi risultati del chimico russo, né le sue conclusioni possono essere seriamente prese in considerazione.
Prima di introdurre il successivo dibattito, Tullio Regge ha affermato di essere andato a vedere la Sindone ed esserne rimasto comunque affascinato, nonostante la sua probabile natura di artefatto. Diversi partecipanti si sono rivolti ai conferenzieri per esprimere le loro opinioni sul delicato tema della Sindone. Si possono segnalare in particolare l'intervento di Adalberto Piazzoli, dell'Università di Pavia, che in risposta ad un sindonologo che domandava in che modo un falsario avrebbe potuto realizzare delle macchie di sangue così perfette, distinguendo addirittura nelle diverse parti del corpo tra sangue arterioso e sangue venoso, ha rivolto lui stesso una domanda ai medici in sala, chiedendo se esiste un'analisi che permetta di stabilire se una macchia di sangue su un fazzoletto è di origine arteriosa o venosa, o se invece tale suddivisione è solo frutto di interpretazioni forzate; l'intervento di Carlo Papini, che in risposta ad un partecipante che chiedeva se l'immagine ottenuta con un bassorilievo riscaldato fosse indelebile oppure no, ha affermato che la lieve bruciatura ottenuta su un tessuto per riscaldamento è ovviamente indelebile, e che sarebbe il sogno di ogni lavandaia quello di riuscire a mandare via da una tela una macchia di bruciato. Papini ha, tra l'altro, mostrato una tela fornitagli diversi anni fa dallo stesso Pesce Delfino, la cui immagine non è affatto sparita, ma è stabile.
“Quella della Sindone è un'immagine il cui dettaglio più piccolo, macchie di sangue escluse, è di mezzo centimetro. Appare quindi molto, molto incongruente che esistano dei dettagli dell'ordine di decimi di millimetro come le lettere sulle monete.” - Luigi Gonella
Tra i partecipanti al convegno spiccavano i nomi di Piergiorgio Odifreddi e Gabriele Lolli, entrambi professori di logica matematica presso l'Università di Torino, Paolo Valabrega, professore di geometria presso il Politecnico di Torino e Federico Peiretti, professore di matematica e giornalista de "La Stampa". In sala era presente anche la giornalista Vittoria Haziel, la quale durante il dibattito ha mostrato la fotografia di un volto in tutto e per tutto simile a quello della Sindone, realizzato con la tecnica del pirografo da Irene Corgiat, un'artista di Baldissero Torinese. Pur trattandosi di una riproduzione del solo volto, il suo aspetto è straordinariamente simile a quello dell'uomo della Sindone. C'è da sottolineare il fatto che la tecnica del pirografo può essere utile per "riprodurre" un'immagine, ma è poco credibile il suo uso per la "creazione" di un'impronta del genere. In ogni caso la piccola "sindone" della Corgiat è la miglior risposta fino ad oggi all'obiezione di tanti sindonologi che sostengono l'impossibilità di riprodurre un'immagine con le stesse caratteristiche della Sindone, in particolare con tutti i suoi dettagli. Rimane aperto il problema del sangue, risolto parzialmente dalla Corgiat con l'applicazione di una tintura di tempera direttamente sulla superficie del telo.
La conclusione più evidente che si può trarre dal convegno di Torino è il fatto che la difficoltà principale nell'affrontare il tema della Sindone non stia nel trovare argomenti a sostegno della sua origine artificiale, in quanto tutti i dati sembrerebbero muoversi in questa direzione, quanto invece nel far sì che il pubblico riceva un'informazione corretta dal punto di vista storico e scientifico. Purtroppo la "sindonologia" ha imposto i suoi toni sull'opinione pubblica, sfruttando il fatto che molti mass media danno acriticamente voce alle teorie più strampalate, rendendo arduo per qualunque lettore uno sguardo obiettivo sul problema. E' su questo scenario che acquistano valore le finalità didattiche del CICAP, le cui prospettive vanno dunque proprio nel senso di una informazione sempre più corretta e diffusa sul problema.
Bibliografia italiana
I libri scettici in italiano pubblicati ad oggi sulla Sindone si contano sulle dita di una mano:
- Vittorio Pesce Delfino, "E l'uomo creò la Sindone" (1982 Dedalo, Bari)
- Carlo Papini, "Sindone: Una sfida alla scienza e alla fede" (1998, Claudiana, Torino)
- Pier Angelo Gramaglia "L'Uomo della Sindone non è Gesù Cristo" (1978, Claudiana, Torino)
- Luigi Garlaschelli " Processo alla Sindone " (1998, Avverbi, Roma)
- Antonio Lombatti "Sfida alla Sindone" (2000, Centro Editore, Pontremoli)
- Walter McCrone, Judgement Day for the Shroud of Turin
- Joe Nickell, Inquest on the Shroud of Turin (1983, Prometheus Book, Buffalo)
E' il sito più completo sulla Sindone di Torino. Di impronta autenticista, ospita anche qualche saggio scettico.
E' il sito ufficiale della Chiesa Cattolica dedicato al lenzuolo.
E' il punto di riferimento per gli studi scettici sulla Sindone.