Vittorio Messori è "il più noto e seguito fra gli scrittori cattolici": o almeno così viene definito (si auto-definisce?) nella bandina della sua tredicesima opera di "propaganda fidei" ad accentuata propensione mariana, Il miracolo (Rizzoli, Milano 1998),
Sottotitolo: "Spagna 1640: indagine sul più sconvolgente prodigio mariano". Non un miracolo qualsiasi, dunque, ma il miracolo per eccellenza: anzi el Milagro de los Milagros, in quanto l'unico dove l'intervento divino si è manifestato in modo tale da escludere qualsiasi dubbio.
Cosa è successo dunque nella Spagna del 1640? Messori parte dalla tradizionale (e un po' ingenua) richiesta avanzata spesso dagli atei ottocenteschi per poter credere a un intervento divino: quella di veder rispuntare miracolosamente una gamba amputata.
Ebbene, ribatte trionfante Messori, un caso del genere esiste: è quello di Miguel Juan Pellicer mendicante del villaggio aragonese di Calanda chela sera del 29 marzo 1640 fra le dieci e le undici avrebbe avuto "restituita" la gamba che gli era stata amputata più di due anni prima. Non proprio una gamba "ricresciuta" come avrebbero voluto "Zola, Renan, Charcot & C.", dunque: ma un evento comunque tale - se risultasse vero - da indurre a qualche ripensamento.
Ma cominciamo con l'esposizione dei "fatti", come vengono riferiti da Vittorio Messori. La storia comincia nel luglio del 1637, quando il diciannovenne Miguel Juan, di professione carrettiere, finisce sotto la ruota di uno dei suoi veicoli che gli passa sulla gamba destra, poco sotto il ginocchio, fratturandogli la tibia. Dopo qualche giorno i medici decidono che, se gli si vuol salvare la vita, occorre procedere all'amputazione della gamba, ormai in cancrena al punto di apparire negra. Così infatti si procede e l'arto amputato viene seppellito in una buca, per consentire al povero Miguel Juan di recuperarla sua integrità fisica dopo il Giudizio universale. In attesa della resurrezione, però, il povero carrettiere ormai non più in grado di esercitare il suo mestiere è costretto a guadagnarsi da vivere come pordiosero deplantilla, cioè come "mendicante autorizzato" presso il Santuario della Virgen del Pilar a Saragozza. Al posto dell'arto amputato dispone di una gamba di legno; ma secondo l'uso degli accattoni, lui tiene spesso scoperta la piaga che unge con l'olio delle lampade accese dinanzi alla statua della Vergine, alla quale è particolarmente devoto.
Nel marzo del 1640 però decide di tornare a casa ed è qui che a 29 mesi dall'amputazione, l'arto gli viene miracolosamente "restituito". Sono da poco passate le 10 del 29 marzo quando Miguel Juan si ritira zoppicando nella camera dei genitori dove gli è stato sistemato un giaciglio. Durante la sera ha lamentato dolori al moncone, ricoperto da una spessa crosta: che tutti i presenti hanno visto, e alcuni hanno anche toccato. Meno di un'ora più tardi la madre entra nella stanza con una lampada a olio e vede spuntare dal mantello, che lui usa come coperta, non un solo piede, bensì due, mentre nell'aria aleggia "un profumo di Paradiso". Miguel Juan si sveglia e racconta che stava sognando di trovarsi nella Santa Cappella della Virgen del Pilar, mentre stava ungendosi il moncone con l'olio di una lampada come era solito fare quando viveva a Saragozza. La gamba è quella stessa che gli era stata amputata nel 1637, perfettamente riconoscibile per alcuni segni caratteristici, mentre una cicatrice circolare indica il punto esatto dove l' arto è tornato al suo posto. Ricerche condotte a Saragozza troveranno vuoto il buco dove la gamba era stata sepolta più di due anni prima.
Non un miracolo solo, dunque, ma addirittura tre in un colpo solo: l'arresto della putrefazione della gamba rimasta sottoterra per oltre due anni; la sua guarigione dalla cancrena; e - ultimo ma più importante di tutti - la sua "restituzione" al legittimo proprietario.
Le tappe successive del Gran Milagro comprendono: prima un'ispezione da parte del parroco di un villaggio vicino accompagnato da un vicario e da un notaio (che redigerà addirittura un rogito); poi una información sumaria stesa dal Giudice ordinario di Calanda; e infine un vero e proprio processo promosso dal municipio di Saragozza tenutosi il 5 giugno di quello stesso anno sotto la presidenza dell'arcivescovo locale, con la partecipazione di tre giudici civili e un collegio di nove teologi e canonisti. Durante il processo che durerà sino al 27 aprile 1641 saranno ascoltati 24 testimoni, mentre l'Inquisizione vigilerà su tutto il procedimento, per accertare che dietro il preteso "miracolo" non si nasconda un episodio di stregoneria.
La sentenza; resa da Don Pedro Apaolaza Ramirez, arcivescovo di Saragozza e riportata integralmente nel volume, si conclude così: "(Noi) affermiamo, pronunciamo e dichiariamo che a Miguel Juan Pellicernativo di Calanda fu restituita miracolosamente la gamba destra che in precedenza gli era stata amputata; e che non è stato un fatto operato dalla natura, ma opera mirabile e miracolosa; che si deve giudicare e tener per miracolo, concorrendo tutte le condizioni richieste dal Diritto perché si possa parlare di vero prodigio. Pertanto lo ascriviamo tra i miracoli e come tale lo approviamo, dichiariamo e autorizziamo e così diciamo."
Vittorio Messori appare lodevolmente impegnato a fugare con inoppugnabili dati di fatto qualsiasi dubbio e obiezione sia sulla possibilità di un raggiro (errore di persona, esistenza di un gemello, gamba artificiale gabellata per vera, falsi testimoni, ecc. ), sia sull'ipotesi di un isterismo di massa, sia sulla possibilità di pressioni indebite da parte dei canonici del Santuario, sia sulla corretta conduzione del procedimento da parte delle autorità, sia infine sul sospetto che possano essere intervenuti in seguito travisamenti o falsificazioni della documentazione.
E ci tiene ad assicurare che tutto quanto afferma è convalidato da "documenti" inoppugnabili; è stato sottoposto "alla revisione storica degli esperti più validi";ed è confermato da una "bibliografia spagnola (...) di grande rigore".
E' pur vero che non si sofferma dettagliatamente su questi "documenti", "esperti" e testi "di grande rigore". Ma non lo fa - dice - perché il suo intento è soltanto "la divulgazione": e siccome Vittorio è "un uomo d'onore" non abbiamo difficoltà ad accettare la sua parola.
Cosa può essere accaduto in realtà? L'episodio - a meno di accettarlo sui due piedi come "miracolo! miracolo!" -si presenta come una specie di sfida affascinante per medici scettici, investigatori di "falsi storici", amanti di gialli alla Dickson Carr, prestigiatori e curiosi di "casi bizzarri".
Beniamino Placido, su "la Repubblica" del 18 ottobre, ne aveva accolto l'imminente apparizione in libreria con un elzeviro titolato (probabilmente non da lui, ma aderente allo spirito del testo): "Non vedo l'ora di non leggerlo".
Ebbene, aveva torto. Perché Il miracolo, tutt'al contrario, è un libro affascinante. Non solo perché l'episodio è invitante per chi abbia il gusto della storia, e illuminante di un'epoca (con quell'autorità civile che si preoccupa di stabilire se davvero si sia verificato o no un miracolo; e quell'Inquisizione che sorveglia intero processo, timorosa che dietro al "miracolo" possa nascondersi qualche diavoleria; e quel re di Spagna che riceverà a Corte Miguel Juan per baciargli devotamente la gamba "restituita", salvo rimandarlo subito dopo alla sua vita miserabile).
E neanche soltanto per quella pruriginosa "sfida allo scettico" lanciata dal volume nella migliore tradizione del "delitto in una camera chiusa". Come dire: Vediamo un po' come te la cavi, lettore, ora che ti ho messo lì dentro, senza finestre, senza caminetto, senza botole o passaggi segreti, con una porta chiusa da un paletto e un cadavere a cui hanno tagliato la testa!
Non solo per tutto questo, dunque, ma anche perché Vittorio Messori non si limita a fornirci un resoconto dettagliato e stuzzicante di quanto era avvenuto in Aragona trecentocinquantotto anni fa, e ci elargisce alcune riflessioni più generali sul tema dei miracoli che vale la pena di leggere. Il "più noto e seguito degli scrittori cattolici" prende l'avvio dal vecchio ma sempre frizzante paradosso di quello straordinario saltimbanco che era Gilbert K. Chesterton a proposito della superiore "libertà di pensiero" del credente - "disposto ad accettare il miracolo solo se costrettovi dall'evidenza dei fatti"- rispetto all'incredulo "costretto a negare" sempre, sotto pena di "perder la sua fede che è l'irreligione". Ma poi, preso da furor teologicus; si spinge con bella baldanza sin dentro la "mente di Dio", tanto da svelarci finalmente il segreto della imperscrutabilità che avvolge le "vie del Signore" e che aveva messo in difficoltà anche i Padri della Scolastica.
"Come sono insondabili i Suoi giudizi e impenetrabili le Sue vie!" scriveva l'apostolo Paolo ( Lettera ai Romani 11.33). E proseguiva, citando Isaia 40.13: " Infatti chi mai conobbe il pensiero del Signore ?"
Ma ora abbiamo Messori che, confortato da alcuni mistici di tutto rispetto(da Pascal a Guitton), ci informa che quello stesso Dio, così riluttante a "giuocare ai dadi", è invece propenso a "giuocare a rimpiattino" (sic). E' infatti Lui che, deciso a "non strafare", si rifiuta di rendere evidenti i propri interventi per lasciare all'uomo la libertà di non credere. Per questo, prosegue Messori, è assurda e ridicola la pretesa dello scettico di trovare nel miracolo il segno inequivocabile di una violazione delle leggi di natura: che Dio - ci viene assicurato - ha evitato di imprimere proprio per evitare dimetterlo in imbarazzo.
Salvo un caso, evidentemente: quello della "restituzione" della gamba amputata a Miguel Juan Pellicer nel 1640. Ed è a questo punto che la vicenda narrata da Messori s'ammanta di mistero su almeno tre punti.
Perché Dio ha deciso di "rispondere almeno per una volta (corsivo mio) alla richiesta esplicita di tanti e al desiderio celato di tanti altri, credenti compresi: Mostrateci come ex voto, non i soliti bastoni, non le solite stampelle! Fateci vedere una gamba di legno!" Non che Dio sia vincolato al rispetto delle sue stesse leggi (se no che Onnipotente sarebbe): ma perché?
E ancora: "Com'è potuto avvenire", si chiede lo stesso Messori, che una notizia così clamorosa sia rimasta per tre secoli e mezzo "confinata in qualche nota di qualche testo devozionale"? Ecco, appunto, com'è potuto avvenire ? E perché ?
Ma soprattutto: perché mai anche nell'ambito della Chiesa di Roma è intervenuta "una sorta di innaturale, forse sospetta(corsivo mio) occlusione, per oscurare un evento che dovrebbe occupare uno degli spazi più visibili in qualunque pubblicazione non solo apologetica ma anche di spiritualità e di devozione soprattutto se mariana". Perché "tranne rare eccezioni ( e sulla base di una documentazione imprecisa) l'argomento 'Calanda' non fu utilizzato neppure dai più battaglieri apologeti della fede" che sembrano "ignorare di averlo, come asso imprevisto nel loro mazzo"? Perché tener nascosto per tre secoli e mezzo questo "grimaldello" (sic) capace di "far breccia nella ragione dell'uomo (...) per farlo almeno pensoso davanti al Mistero"?
Ecco appunto perché? E quale può essere stata la "natura" di questa "innaturale" e "sospetta (?) occlusione"?
A questi perché? - malgrado la sua dimestichezza con le ragioni dell'Altissimo - Messori non ha fornito risposta soddisfacente.
Forse perché le "vie del Signore", indossata di nuovo per l'occasione la veste di Deus absconditus, sono tornate imperscrutabili, almeno su questi punti?
O non sarà magari che qualche dubbio è sorto nei secoli anche al vertice della Chiesa - in virtù appunto del suo carattere di tempio del "vero libero pensiero" - circa la genuinità di quell' "asso imprevisto", celato nel mazzo?