Educare al senso critico serve?

Uno studio interessante è stato condotto in Uganda. Metà dei bambini hanno seguito, per nove settimane, specifiche lezioni atte allo sviluppo del senso critico, secondo quanto indicato nel libro Testing treatments. L’altra metà non ha invece seguito alcuna lezione ed è stata usata come campione di controllo. Analogamente anche un gruppo di genitori è stato sottoposto a lezioni tramite podcast appositamente preparati ed è stato messo a confronto con il relativo campione di controllo.

Chi segue il CICAP, e in particolare questa rubrica, sa che uno dei nostri cavalli di battaglia è l’educazione al senso critico. Prevenire è sicuramente meglio che curare. Di conseguenza siamo assolutamente convinti che attivare interventi educativi adeguati, rivolti ai bambini e ai ragazzi, possa proteggere la popolazione dalle bufale molto più efficacemente della sia pur necessaria opera di debunking che da anni portiamo avanti. Il senso critico tuttavia deve essere a 360 gradi. Per cui è doveroso chiedersi se questa nostra convinzione sia solamente tale o se vi siano prove concrete e dati sperimentali che la supportino.

Una domanda di questo tipo se la sono posta alcuni ricercatori che hanno dato vita al progetto Informed Health Choices . Si tratta di studiosi di varia estrazione disciplinare e di diversi Paesi che hanno unito le forze per cercare di realizzare un progetto educativo finalizzato allo sviluppo del senso critico nei bambini, per proteggerli nei confronti delle bufale mediche.
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Il gruppo ha realizzato, tra l’altro, un libro dal titolo Testing treatments, liberamente scaricabile on line e disponibile in varie lingue, tra cui l’italiano.[1]
Partendo dai contenuti del libro, i ricercatori hanno messo a punto diversi tipi di interventi didattici, calibrati per varie fasce di età, e hanno cercato di verificare sperimentalmente la loro efficacia con uno studio randomizzato che ha coinvolto oltre 15.000 bambini ugandesi tra i 10 e i 12 anni e i rispettivi genitori. La scelta dell’Uganda è stata dettata dal fatto che il Paese è affetto da problemi sanitari piuttosto seri, alimentati dalla tendenza a ricorrere a pratiche mediche di origine popolare del tutto prive di efficacia e a rifiutare al tempo stesso interventi medici che potrebbero essere risolutivi per molte patologie.

Nello studio, coinvolgendo anche i loro insegnanti, metà dei bambini hanno seguito, per nove settimane, specifiche lezioni atte allo sviluppo del senso critico, secondo quanto indicato nel libro Testing treatments. L’altra metà non ha invece seguito alcuna lezione ed è stata usata come campione di controllo. Analogamente anche un gruppo di genitori è stato sottoposto a lezioni tramite podcast appositamente preparati ed è stato messo a confronto con il relativo campione di controllo.
Al termine i bambini e i genitori sono stati sottoposti a un test (mediante appositi questionari a risposta multipla) per verificare se e in quale misura gli interventi adottati avessero sviluppato le loro capacità critiche in ambito medico. I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati niente meno che sulla prestigiosa rivista medica Lancet[2] e sono sati estremamente interessanti. La ricerca è durata due anni e ha coinvolto 120 scuole, In metà di esse sono stati attuati gli interventi didattici, mentre l’altra metà ha costituito il campione di controllo. Oltre 10.000 bambini e 143 insegnanti hanno seguito tutte le fasi del progetto.
Dai questionari somministrati al termine del percorso educativo è emerso che il 69% degli studenti sottoposti agli interventi didattici è riuscito a superare il test, rispondendo in modo corretto ad almeno 13 domande su 24, contro il 27% del campione di controllo (ovvero i bambini che non avevano seguito alcun corso). Il punteggio medio delle risposte corrette è stato del 62% contro il 43% del campione di controllo.
Dai risultati è inoltre emerso che gli interventi didattici sono stati maggiormente efficaci per i bambini che possedevano una migliore capacità di lettura.
Per quanto riguarda i genitori, coloro che avevano ascoltato i podcast hanno raggiunto un punteggio medio del 67%, contro il 52% del gruppo di controllo. Il 71% dei genitori ha risposto correttamente ad almeno 11 domande su 18, contro il 38% del gruppo di controllo.

Come affermano gli stessi autori dello studio, relativamente ai bambini:
L’uso degli interventi didattici di Informed Health Choices delle scuole primarie, dopo un workshop introduttivo per gli insegnanti, ha portato a un grande miglioramento nella capacità dei bambini di valutare affermazioni circa gli effetti dei trattamenti. I risultati mostrano che è possibile insegnare ai bambini delle scuole primarie a pensare in modo critico, anche in scuole con elevati rapporti studenti/insegnanti e con poche risorse. Studi futuri dovrebbero indicare come utilizzare al meglio le risorse, i risultati a lungo termine, inclusi gli effetti sulle scelte reali per la salute, la trasferibilità ad altri Paesi, e come costruire, a partire da questo programma, ulteriori interventi educativi per la scuola primaria e secondaria.[3]

E, analogamente, riguardo ai genitori:
L’ascolto dei podcast di Informed Health Choices ha portato a un grande miglioramento nella capacità dei genitori di valutare le affermazioni circa gli effetti dei trattamenti. Studi futuri dovrebbero valutare gli effetti a lungo termine di utilizzo dei podcast, gli effetti sulle scelte effettive in ambito medico e come i nostri risultati possano essere trasferibili in altri Paesi.[4] Gli autori stessi rilevano che in tale ambito esistono pochissimi studi e lo studio realizzato in Uganda appare quindi abbastanza pionieristico. I risultati comunque parlano chiaro e sono in linea anche con altre ricerche di questo tipo realizzate in passato:[5] educare al senso critico serve!

Note


1) L’edizione italiana, a cura dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, si intitola Dove sono le prove ed è scaricabile qui
3) A. Nsangi et al., op.cit.
4) D. Semakula et al., op.cit.
5) Si veda, ad esempio: S. Fuso, Utilizzare le pseudoscienze per insegnare la scienza, Query n. 18, estate 2014.
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