La mummia che non proveniva da Marte

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  • 12-08-2015
  • di Roberto Labanti
Il 17 giugno del 1864, con il titolo "Un habitant de la planète Mars" il quotidiano parigino Le Pays pubblicò una strana lettera - la prima di una serie - proveniente da Richmond in Virginia. Secondo l'anonimo corrispondente, un proprietario terriero, tale Paxton, mentre stava cercando un giacimento di petrolio «nel paese degli Arapaho, a diverse miglie dal James Peak» (quindi, probabilmente, in Colorado) aveva rinvenuto un enorme aerolite. All'interno della massa rocciosa furono scoperti alcuni artefatti e una mummia ben conservata che, grazie a quanto appariva su una targa d'argento, fu ritenuta essere di un abitante del pianeta Marte.

Si trattava ovviamente di un "brutto canard", una falsa notizia, come lo definì il divulgatore scientifico Louis Figuier (1819-1894) nel nono volume (1865) de L´Année Scientifique et Industrielle. Era dovuto alla penna di un altro divulgatore, Henri de Parville (al secolo François Henri Peudefer, 1838-1909) che in quello stesso anno ripubblicò l'insieme delle pseudo-lettere in un libro uscito presso la casa editrice fondata da Pierre-Jules Hetzel, la stessa dello scrittore Jules Verne. Un canard che, come spesso accade, sopravvisse alla smentita: nell'ottobre del 1877, ad esempio, la storia fu plagiata da un quotidiano argentino, La Capital (Rosario), che si limitò a ri-ambientarla nel paese sud-americano[1].

Una vecchia storia che è tornata alla mente di qualcuno quando la scorsa primavera un'altra mummia con qualche legame con il Colorado è stata presentata come la prova dell'arrivo degli extraterrestri sul nostro pianeta.

Una vicenda, a quanto è dato di sapere, che sembra avere avuto inizio intorno al 2012 quando furono portate all'attenzione di Adam Dew, un documentarista fino ad allora estraneo all'ambiente ufologico, una serie di vecchie diapositive Kodachrome recuperate anni prima durante uno svuotamento di una casa: in due di queste erano riprodotti i resti di un essere umanoide. Dew interessò della cosa due autori, Thomas J. Carey e Donald R. Schmitt, che nelle loro pubblicazioni hanno sostenuto la natura extraterrestre del supposto UFO crash che sarebbe avvenuto a Roswell nel 1947. Fra il 2013 e il 2015 i due ebbero modo di studiare quasi in esclusiva le immagini, ormai note con il nome di Roswell Slides: grazie a particolari accordi di riservatezza fu infatti impedita la diffusione di scansioni ad alta risoluzione delle diapositive al di fuori di un ristretto gruppo di persone.

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Foto della mummia nella documentazione del U.S. National Park Service
Il 5 maggio scorso, a Città del Messico, durante un evento a pagamento condotto dal giornalista ed ufologo messicano Jaime Maussan ed intitolato Be Witness, Dew, Carey, Schmitt e altri hanno presentato i risultati delle loro ricerche: l'essere fotografato non era umano e il gruppo di ricercatori stava cercando di ricostruire un contesto che lo mettesse in relazione con Roswell.

Se tale presentazione avrebbe potuto essere il punto di partenza per lo sfruttamento pubblicistico delle immagini, si è presto capito che era invece l'inizio della fine. Prima di tutto, il soggetto riprodotto sembrava proprio essere la mummia di un bambino in un'esposizione museale, come qualcuno aveva inutilmente suggerito nei mesi precedenti. E, soprattutto, durante l'evento si era sottolineato che diversi esperti non erano riusciti a leggere quanto era scritto in una targa collocata vicino al corpo. Un'implicita sfida che è stata raccolta da un gruppo informale di ufologi e scettici, il Roswell Slides Research Group (RSRG) che si era formato qualche tempo prima su Internet proprio per esaminare criticamente la questione delle diapositive. Ottenuta da una fonte interna una scansione ad alta risoluzione di una delle immagini, un membro del RSRG, "Nat Lator", utilizzando un software commerciale, è riuscito infatti dove altri avevano fallito: diminuire la sfocatura, ottenendo quindi un testo parzialmente leggibile da cui si ricavava fra l'altro che si era di fronte a un bambino di due anni mummificato. E il risultato era, con qualche complicazione, riproducibile[2].

Dopo la diffusione delle conclusioni dell'RSRG, avvenuta il 9 maggio, in breve diversi altri interessati hanno individuato riferimenti a quei resti in documenti e pubblicazioni presenti sul web. Partendo da tali informazioni, l'ufologo Shepherd Johnson ha ottenuto dal National Park Service (NPS) il rilascio della documentazione conservata da quell'ente governativo, oggi proprietario della mummia incriminata, di cui ora conosciamo la storia[3].

Nel 1895, un appassionato di archeologia, Sidney La Vern Palmer (1854-1930), con la moglie Ann Elizabeth Hoag (1858-1916) e i figli Marietta (1876-1954), Sidney La Vern Jr. (1882?-1949) e Edna M. (1884?-?), partì da Burdett, in Kansas, alla volta del Sud-Ovest degli Stati Uniti per un viaggio turistico. Giunti nella contea di Montezuma, in Colorado, convinsero l'esploratore dilettante Richard Wetherill (1858-1910) - che sposerà Marietta nel dicembre di quell'anno - ad accompagnarli alle rovine del cosiddetto "Castello di Montezuma", in realtà un cliff-dwelling (abitazioni all'interno di cavità naturali di una gola) attribuibile alla cultura nativa americana dei Sinagua (che l'abbandonarono intorno al 1425 e.v.), oggi nello stato dell'Arizona. Un'escavazione superficiale portò i Palmer e Wetherill a scoprire un luogo di sepoltura in cui erano presenti diversi resti umani, presumibilmente di bambini: uno di questi, che era stato oggetto di un processo di mummificazione naturale, era particolarmente ben conservato e fu portato via dai Palmer. Wetherill descrisse la scoperta con una lettera al settimanale locale The Macos Times che la pubblicò il 20 marzo del 1896.

Dal carteggio conservato dall'NPS risulta che nel 1937 i figli di S. L. Palmer decisero di prestare la raccolta archeologica del padre - compresa la nostra mummia - al museo del Mesa Verde National Park in Colorado, dove giunse nel 1938. In linea con l'effettiva provenienza dei reperti, nel 1947, dopo una serie di negoziazioni con i prestatori, parte della collezione, compresa la mummia, fu trasferita al Montezuma Castle National Monument in Arizona, che nel 1971 ne divenne definitivamente il proprietario grazie alla donazione di Gaylord L. Palmer (1917-1988), uno dei figli di S. L. Jr.

Fu probabilmente proprio in quest'ultima sede museale che diversi decenni fa le diapositive furono realizzate, come documentazione turistica. Oggi riscoperte, Dew e colleghi le hanno interpretate attraverso la propria visione della realtà, scambiando così una mummia che un gruppo di archeologi dilettanti aveva "strappato" quasi centoventi anni fa alla sua sepoltura per un extraterrestre; in questo modo incamminandosi, complice il muro di riservatezza che si erano costruiti, verso quello che è ormai noto come il Roswell Slides fiasco di un certo filone dell'ufologia americana.

L'autore ringrazia Gilles Fernandez (RSRG) e Alessandro Novelli (Italian Research) per l'utile scambio di informazioni

Note

1) "L'Année scientifique et industrielle" 9, 1865, pp. 33-37; Maugé, C. 2009, 29 gennaio. Martian mummy 1864 (fiction) [...]. Messaggio postato sulla mailing list elettronica Forteana; Clark, J. 2012. Unexplained! [third edition]. Detroit/London: Visible Ink Press, pp. 395-401; Paijmans, T. May 15, 2015. The Alien Mummy: The Oldest Hoax In UFO history. Mysterious Universe, disponibile all'url: http://tinyurl.com/p6uy3am
2) http://www.roswellslides.com/ ; sugli eventi del 5 maggio e dei giorni successivi, si veda la rivista elettronica SUNlite (curata da un membro dell'RSRG, Tim Printy) che ha dedicato il numero 7(4) alla vicenda: http://tinyurl.com/ppd4yaj
3) Il National Park Service ha reso disponibile una scansione del fascicolo all'url: http://tinyurl.com/nbvgowo
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