“Novità” sull’Area 51

  • In Articoli
  • 13-02-2014
  • di Roberto Labanti
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©atomyctytan deviantart
In linea con la silly season, quando, nell’estate inoltrata, la mancanza di notizie degne di pubblicazione porta i mass media a pubblicare frivolezze e stranezze, il Corriere della Sera dello scorso 17 agosto scorso titolava «La CIA ammette: “L’Area 51 esiste, ma non nasconde UFO”» su un pezzo dell’inviato negli USA Guido Olimpio. Lo stesso giorno, il suo analogo de La Stampa, Paolo Mastrolilli, pubblicava invece un articolo intitolato «“Nessun Ufo, solo aerei spia” Crolla la leggenda dell’Area 51». A discapito del proprio titolo, Il Fatto Quotidiano arrivava in ritardo sulla notizia e pubblicava qualche giorno dopo «“Area 51”: bufale e segreti della “casa degli Ufo”», un articolo tratto dallo spagnolo El Pais.
Entrata, all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, nell’immaginario di una frangia marginale della subcultura ufologica in quanto luogo in cui il Governo statunitense sperimentava tecnologia extraterrestre - e da qui, alla metà degli anni ’90, in quello di massa grazie a prodotti per il cinema e la tv come Indipendence Day (1996) e X-Files (in due episodi del 1998) -, la base comunemente nota come Area 51 fu costruita a partire dal 1955 dalla Central Intelligence Agency (CIA) e dall’Air Force nel deserto del Nevada, ai margini di un’ampia area utilizzata dall’Atomic Energy Commission (AEC). Si trattava della struttura in cui sperimentare e utilizzare progetti aeronautici segreti quali aerei da ricognizione come il Lockheed U-2 e il successivo Lockheed A-12 (progetto OXCART) e, in tempi più recenti, l’aereo da attacco al suolo “invisibile (ai radar)” (stealth) Lockheed F-117.
La notizia rimbalzata in Italia è relativa alla pubblicazione di un ampio ed importante studio sul ruolo svolto della Central Intelligence Agency (CIA) nei primi dei due progetti citati. Portando a compimento una ricerca iniziata nel 1983 dal veterano dell’Agenzia Donald E. Welzenbach e proseguita, fino al 1989, dallo storico Gregory W. Pedlow durante i rispettivi periodi di servizio presso l’ufficio storico della CIA, nel 1992 l’Agenzia, dopo una revisione finale da parte di un altro storico alle sue dipendenze, Gerald K. Haines, aveva infatti pubblicato al suo interno un saggio di oltre 400 pagine intitolato The Central Intelligence Agency and Overhead Reconnaissance. The U-2 and OXCART Programs, 1954 - 1974, con una classificazione “Secret/Noforn”, che ne escludeva la distribuzione a cittadini di nazioni straniere anche se questi fossero stati autorizzati a consultare documentazione segreta. Nel 1998, l’Agenzia aveva deciso di rendere pubblica una versione fortemente censurata della pubblicazione. Solo oggi, dopo le richieste di rivedere la classificazione delle parti non rilasciate ai sensi della legge statunitense sulla libertà di informazione (FOIA) da parte di studiosi di intelligence come Jeffrey T. Richelson, oggi senior fellow del National Security Archive e già autore nel 2001 del pionieristico The Wizards of Langley dedicato al dipartimento scientifico-tecnologico della CIA, ulteriori sezioni dello studio sono state messe a disposizione del pubblico che ora può leggerlo nella sua quasi integralità[1].
Contrariamente a quanto sembra apparire dai titoli sopra citati, l’esistenza della base non era da tempo più un segreto: alcuni anni fa, le persone che vi avevano prestato servizio erano state autorizzate a parlare delle loro esperienze in quelli che erano stati fondamentali programmi d’intelligence della Guerra Fredda. Quello che fino ad ora, invece, la CIA aveva cercato di evitare divenisse di pubblico dominio era che “Area 51” fosse uno dei nomi con cui la struttura era “ufficialmente” conosciuta: ancora nel 2011, recensendo sulla rivista interna Studies in Intelligence un volume divulgativo sulle vicende della struttura poi apparso anche in italiano (Area 51 della giornalista Annie Jacobsen), un altro veterano dell’Agenzia, Hayden Peake (per cui oggi cura l’Historical Intelligence Collection), chiariva, con un certo fastidio, che le designazioni “corrette” erano Nevada Test and Training Range e Groom Lake e non quella scelta per il titolo[2]. Nel rivedere le parti classificate dello studio di Pedlow e Welzenbach, chi ne ha curato il rilascio del 2013 ha evidentemente ritenuto obsoleta tale impostazione e ha rimosso la censura da diversi riferimenti all’Area 51, a Groom Lake e al Nevada Test Site. La designazione Area 51, infatti, come confermano anche diversi documenti raccolti da Richelson e pubblicati lo scorso ottobre sul sito del suo ente di ricerca, era correntemente utilizzata dall’Agenzia[3]. Del resto, per una svista, la cosa era deducibile anche da un documento Top Secret declassificato e disponibile da qualche tempo per tutti sul sito stesso della CIA: in un’interessante appunto del maggio 1967 diretto ad alcuni membri dell’amministrazione Johnson e relativo al dispiegamento sul Vietnam del Nord di mezzi aerei A-12 dalla base di Kadena in Giappone era infatti sfuggita al certosino lavoro di preparazione per la pubblicazione la frase «tre aerei OXCART e il personale necessario per la task force saranno trasferiti dall’Area 51 a Kadena», mentre in altri due punti il riferimento al nome della base presumibilmente presente era stato rimosso (un’incidente del genere era già accaduto nel 2007, quando, rendendo disponibile una relazione del 1968 sul programma OXCART redatto da Clarence Johnson, responsabile del progetto per l’azienda aeronautica Lockheed, sfuggì un “e che l’Area fosse chiusa” in una delle pagine finali)[4].
E per quanto riguarda gli UFO? All’interno del testo è presente un breve paragrafo (alle pagine 72-73) sull’argomento, nel quale sono discussi i rapporti fra il Project Blue Book dell’Air Force, delegato a raccogliere ed eventualmente a spiegare osservazioni di oggetti volanti non identificati e gli organizzatori dei progetti U-2 e OXCART ed è riportata l’opinione, attribuita al dirigente CIA che seguiva quei progetti speciali, James A. Cunningham, Jr., che i voli legati a questi due progetti siano stati responsabili di più della metà di tutti i rapporti di avvistamento della fine degli anni 1950 e della maggior parte degli anni 1960.
Come solitamente capita, le notizie da silly season non meritano valutazioni approfondite e i giornalisti che si sono occupati della notizia non sembrano essersi accorti che tale paragrafo era già presente nella versione del saggio resa disponibile nel 1998 (del resto, pure l’Agenzia pare essersene dimenticata nel 2004 quando ha nuovamente declassificato le due pagine, nascondendo i nomi degli stessi autori (!)[5]).
Già nel 1998, tra l’altro, l’ipotesi di Cunningham, in realtà assai discutibile, non era più una novità. Terminata la revisione del saggio dei suoi due ex colleghi, Haines si era dedicato allo studio del coinvolgimento dell’Agenzia nelle indagini sulle segnalazioni di UFO fra il 1947 e il 1990: nell’articolo che riassumeva i risultati di questa ricerca (apparso per due volte su Studies in Intelligence, prima, nel 1995, in versione Secret, e poi, sfruttando la coincidenza con i 50 anni dalla nascita dei “dischi volanti”, nel 1997, in una forma leggermente diversa non classificata) lo storico aveva dato un certo spazio a quanto era stato suggerito dal dirigente CIA una decina d’anni prima. E il dettaglio, anche allora, era stato ripreso dalla stampa[6].
Se i mass media si sono concentrati sui marginali risvolti ufologici, qual è invece la reale importanza dello studio declassificato per la storia dell’intelligence, dato anche il fatto che risale ad oltre vent’anni fa e che l’argomento è stato sviscerato da successive importanti ricerche? Secondo Richelson, rimane non trascurabile: «il materiale appena rilasciato offre comunque una combinazione di nuovo materiale significativo, di conferme ufficiali - o di correzioni - di quanto è stato finora scritto e del riconoscimento ufficiale che permetterà agli studiosi di procedere con ulteriori richieste di declassificazione [...] che potranno portare ad ottenere ancora nuove informazioni. Inoltre, come ogni studio storico, la storia prodotta dalla CIA potrebbe contenere errori che richiederanno altre analisi da parte dei ricercatori [...]»[7].

Note

1) Lo studio e un commento sommario sono disponibili all’url http://tinyurl.com/mkk6xco
2) “Studies in Intelligence” (55), 4, pp. 45, disponibile all’URL: http://tinyurl.com/owoaqz6
4) Si vedano rispettivamente http://tinyurl.com/nsuewrz p. 15 e http://tinyurl.com/ndvkwh4 p. 18
5) Si veda http://tinyurl.com/nkgcf5h ; come indicazione della confusione del processo di (de)classificazione, alla mercé degli incaricati di turno, si può segnalare che in quella occasione, nella parte non ufologica, sono stati rimossi particolari disponibili nella versione del 1998 mentre ne sono stati rivelati altri ancora classificati in quella del 2013
6) Haines, G. K. 1995. The CIA’s Role in the Study of UFOs, 1947-90. “Studies in Intelligence”, (39) 4, pp. 75-92 (“Secret”); disponibile (nella versione parzialmente declassificata nel 2002) all’url http://tinyurl.com/ppkxatv “Studies in Intelligence”, (41) 5, 1997, pp. 67-84, disponibile all’url http://tinyurl.com/naq9vnz
7) Si cita dal commento segnalato in nota 1
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