La vista a raggi X

Il primo, forse, a millantare di possedere una vista a raggi X è stato lo spagnolo Joaquin Maria Argamasilla, nel 1924. Per dimostrarlo, egli si esibiva nella lettura di biglietti chiusi in una scatola, ma il suo semplice trucco fu smascherato dal grande Houdini, che capì che Argamasilla non faceva altro che sbirciare nella scatola sollevando di poco il coperchio. Le eventuali bende messe sugli occhi non costituivano un problema: esistono decine di metodi, ben noti ai prestigiatori, con i quali si può far credere di essere perfettamente bendati pur riuscendo a vedere.
Sebbene il trucco fosse ormai noto, altri in seguito lo sfruttarono con successo: Uri Geller in primis, durante dei test per i ricercatori dello Stanford Research Institute, ma anche, alla fine degli anni '80, una adolescente spagnola, Monica Nieto Tejada, a cui fu dato ampio spazio persino sulla tv italiana.
Un caso più interessante di presunta vista a raggi X riguarda una ragazza russa, di nome Natasha Demikina, che sostiene di riuscire a vedere gli organi interni delle persone. Secondo quanto riportato in un articolo sul quotidiano britannico THE SUN, Natasha ha manifestato per la prima volta le sue capacità all’età di dieci anni, quando disse alla mamma Tatyana che vedeva dentro di lei “due fagioli”, “un pomodoro” e “un'aspirapolvere”. La bambina si riferiva ai reni, al cuore e agli intestini della madre, ma non ne conosceva i nomi.
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Natasha usa questo suo “potere” per fare diagnosi mediche, che sembra siano spesso persino più accurate di quelle fatte dai medici, e, circa 5-6 anni fa, quando aveva 17 anni, la sua storia ha avuto grande risonanza in tutto il mondo. Nel marzo 2004, infatti, la rete televisiva Discovery Channel decise di realizzare un documentario su di lei, dal titolo The Girl with the X-Ray Eyes. Per la realizzazione del documentario fu chiamato lo CSICOP (Commitee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal, ora CSI) per ideare un test che verificasse l'effettiva “paranormalità” delle diagnosi di Natasha.
Scrivere un protocollo adeguato per testare i poteri di Natasha si presentava come un compito quanto mai complesso, col quale si confrontarono tre ricercatori: Ray Hyman, Richard Wiseman e Andrew A. Skolnick. Diversi erano gli elementi da considerare nel progettare il test. Innanzitutto Natasha non conosceva bene i termini medici e spesso le sue vaghe descrizioni venivano interpretate dai medici, i quali, cercando di dare un senso alle sue parole, diventavano i reali autori della diagnosi. Inoltre era necessario definire con precisione cosa dovesse essere considerato un “successo” e cosa un “insuccesso”, perché molte volte accadeva che quando lei diceva al paziente qualcosa che era in accordo con le precedenti diagnosi mediche questo era ovviamente considerato un successo, ma se il suo verdetto era in disaccordo con esse veniva considerato un successo ancora maggiore, in quanto era riuscita a scoprire qualcosa che i medici non erano riusciti a individuare. Infine bisognava cercare di eliminare o ridurre al minimo la possibilità che Natasha ricevesse informazioni sullo stato di salute dei soggetti attraverso mezzi non paranormali, ad esempio dalle loro risposte alle sue domande o interpretando, anche in modo inconscio, le loro reazioni non verbali. Le condizioni in cui Natasha operava non consentivano di escludere del tutto questa possibilità, in quanto ella, pur riuscendo a “scannerizzare” le persone sotto i vestiti, non era in grado di farlo se queste erano poste dietro un telo, una contraddizione che gli sperimentatori definirono «curiosa e frustrante», in quanto vedere direttamente i soggetti permetteva alla ragazza di fare deduzioni sul loro stato di salute in base a piccoli indizi. Per ovviare all'impossibilità di condurre un test in completo doppio cieco (i soggetti sono consapevoli delle proprie condizioni di salute) si decise che questi avrebbero indossato occhiali da sole le cui lenti erano state rivestite con del nastro adesivo opaco, in modo che essi non sapessero se Natasha li stesse esaminando oppure no: questo accorgimento avrebbe eliminato, o almeno ridotto, le loro reazioni emotive e avrebbe impedito a Natasha di avere informazioni dai movimenti dei loro occhi o dalla dilatazione delle pupille. I soggetti, inoltre, sarebbero rimasti seduti per tutta la durata del test, e nel caso Natasha avesse avuto bisogno di osservarli in piedi, questi si sarebbero alzati mentre la ragazza era di spalle, cosicché ella non vedesse se essi avevano difficoltà nel muoversi. I sette soggetti scelti per l'esperimento erano caratterizzati dalle seguenti condizioni di salute: uno di essi aveva dei punti metallici sul petto, dovuti ad una operazione chirurgica a cuore aperto, un altro era stato sottoposto a rimozione chirurgica di un tratto dell’esofago, ad un altro era stata rimossa una larga parte del polmone sinistro, un altro aveva un'anca artificiale, ad uno mancava l'appendice e l'ultimo presentava un grande buco nel cranio, coperto da una placca metallica, a causa di un tumore al cervello che era stato rimosso. Il protocollo prevedeva che Natasha avrebbe dovuto abbinare correttamente almeno 5 soggetti con la relativa scheda medica. Si eliminava così anche la possibilità che Natasha facesse diagnosi vaghe o la cui veridicità fosse difficile da provare e che i soggetti potessero essere suggestionati dalle sue parole. Per una persona che sostiene di riuscire a vedere ogni cosa all'interno del corpo umano, fino al livello cellulare, con un livello di accuratezza del 100% questo test non avrebbe dovuto presentare alcuna difficoltà. Nonostante ciò la ragazza impiegò più di quattro ore per completare il test, sebbene sapesse esattamente cosa cercare. Il punteggio fu di quattro abbinamenti corretti, non sufficiente, stando al protocollo che era stato accettato da entrambe le parti, a giustificare ulteriori test. Si scoprì, alla fine del test, che i soggetti con l'appendice mancante erano due, ma uno di essi si era dimenticato di dichiararlo: Natasha però non fu in grado di abbinare tale scheda correttamente, pur avendo una doppia possibilità di indovinare. Esaminando gli abbinamenti corretti, gli sperimentatori si accorsero che essi potevano dipendere da indizi esterni evidenti o piccole violazioni del protocollo che vi erano state: ad esempio, la ragazza era giunta sul posto con notevole anticipo, vedendo così due dei soggetti mentre arrivavano e salivano le scale.
L'idea degli sperimentatori fu quindi che Natasha basasse le sue diagnosi su piccoli indizi esterni, che forse ricavava in modo inconscio, ma comunque non paranormale. Intanto però la sua fama era notevole e fruttava alla sua famiglia non poco. Le sue diagnosi, infatti, non erano gratuite: essere visitati da lei aveva un costo di 13 dollari, il che le consentiva di guadagnare circa 2600 dollari al mese, una cifra rilevante nel suo paese.
Il documentario girato da Discovery Channel fu trasmesso più volte in Europa e Asia, ma mai negli Stati Uniti, perché i produttori lo ritenevano «troppo scettico» per il pubblico americano.
La vista a raggi X, finora, sembra essere una prerogativa solo di Superman e di altri supereroi dei fumetti, e non è stata mai dimostrata scientificamente. Se qualcuno fosse riuscito a dimostrare di possedere tale vista, questa sarebbe stata sicuramente una delle più grandi scoperte della storia, così come lo fu la scoperta dei raggi X, che pure fu inizialmente accolta con scetticismo. Nel 1895, il fisico tedesco Wilhelm Röntgen osservò un nuovo tipo di radiazione mentre sperimentava con i tubi a vuoto. Röntgen chiamò la radiazione "X", lettera di solito assegnata alle incognite, proprio per indicare che era ancora di tipo sconosciuto, ma, in un primo momento, la scoperta venne considerata una bufala anche da famosi scienziati come Lord Kelvin e non mancarono vignette umoristiche o trovate pubblicitarie, come quella di una ditta londinese che pubblicizzò la messa in commercio di una "biancheria a prova di raggi X". Tuttavia, quando gli scettici esaminarono le affermazioni di Röntgen, si convinsero ben presto che fosse una delle più grandi scoperte della storia della scienza e della medicina, tant'è che, sei anni dopo la scoperta, Röntgen vinse il premio Nobel per la Fisica.

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