L’attimo preveggente

  • In Articoli
  • 04-05-2010
  • di Armando De Vincentiis e Matteo Rampin
Mi chiamo Chiara, ho 14 anni.
Ieri mentre uscivo con degli amici mi è successa una cosa molto strana.
Ero seduta e ho previsto ciò che sarebbe successo pochi secondi dopo.
Era come se tutto quello davanti a me continuasse a funzionare, mentre nella mia mente si era fermato il tempo, come un flash. Lì per lì la mia mente non ha appreso, ma dopo che ciò che avevo visto si è verificato, mi sono resa conto di questo.
Non è un deja-vù,come voi sicuramente saprete i deja-vù sono per lo più sensazioni che indicano alla persona la possibilità d’aver già vissuto quel momento. Questo è l’inverso, io il momento in questione l’ho previsto di soli pochi secondi.
Sapete spiegarmi cos’è? Come si chiama? E soprattutto se è normale?

Chiara

È arduo stabilire esattamente, sulla base di questa ricostruzione, che cosa sia successo. Si tratta di esperienze soggettive non frequenti, che riguardano eventi mentali della durata di pochi secondi, difficilmente paragonabili alle normali esperienze della vita quotidiana, e quindi difficili persino da descrivere con precisione. Se provo la sensazione che qualcosa di specifico stia per accadere, subito dopo sperimento il verificarsi di un certo evento, e infine metto a confronto l’evento verificatosi con il ricordo della mia precedente sensazione, nel mettere a confronto le due cose sto già lavorando nella memoria, ossia all’interno di una mia ricostruzione del passato: in questo caso, sto ricostruendo nel presente il ricordo di una mia passata “anticipazione” del futuro! Sembra un rompicapo, ma questa distinzione è necessaria per comprendere i fatti. Detto questo, vi sono diversi tipi di distorsione della memoria, alcuni dei quali possono essere provocati semplicemente da stanchezza, distrazione, sonno o cause altrettanto banali. Per quanto riguarda il déjà-vu, va precisato che molte persone lo descrivono proprio come la Lettrice descrive la sua esperienza, ossia non come il “rivivere qualcosa”, bensì come il “vivere qualcosa che si è appena previsto”, esattamente come narrato dalla Lettrice. In effetti, nell’attribuire un significato a queste esperienze mentali conta molto la ricostruzione degli eventi intrapsichici (che durano sempre pochi secondi), e perciò l’interpretazione che (a posteriori!) ne viene data dalla singola persona.

A chi è interessato alle attuali ipotesi scientifiche su questi fenomeni, consigliamo di leggere l’articolo di Sergio della Sala e Nicoletta Beschin, “L’ho già visto, no, oddio è un déjà vu” su Psicologia Contemporanea del Febbraio 2009. Dal citato articolo possiamo osservare quali teorie più accreditate possano spiegare il fenomeno del déjà vu.

Doppia elaborazione dei neuroni: la percezione del ricordo ed il senso di famigliarità legato a questo sono processi fisiologici indipendenti, a volte il cervello attiva, di fronte ad una esperienza qualsiasi, un senso di famigliarità in assenza del ricordo ad esso legato.

Ritardo neuronale: ossia i neuroni elaborano l’informazione percepita con un certo ritardo. L’evento che stiamo continuando a vivere ci arriva dopo pochi istanti dando l’idea che ciò che stiamo percependo è una esperienza già nota.

Confusione mnestica: esperienze nuove hanno particolari similitudini con esperienze vecchie dando l’illusione di averle già vissute.

Attenzione e distrazione: all’interno di un ambiente percepiamo gli elementi ma non li elaboriamo coscientemente perché distratti, una volta che la percezione diventa cosciente ci rendiamo conto di aver già visto in passato quella cosa, in effetti è stata vista un attimo prima senza aver focalizzato su di essa la nostra attenzione. Per concludere vogliamo aggiungere che se fenomeni di questo tipo si presentano sporadicamente, soprattutto nei bambini e nei giovani possono essere considerati parafisiologici (cioè sostanzialmente normali); se invece dovessero essere molto frequenti, dovessero produrre ansia o malessere, o se il loro numero dovesse aumentare progressivamente nel tempo, converrà parlarne con un medico; ciò può essere utile anche semplicemente per tranquillizzare chi vive queste esperienze; il medico, se lo ritiene opportuno, potrà poi suggerire approfondimenti specialistici.
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