Il caso della casa che scotta

Un'indagine del CICAP Sicilia sul misterioso riscaldamento del pavimento di un'abitazione a Riesi (Caltanissetta)

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  • 14-11-2009
  • di Fabio Pulvirenti, Rossella Carbone
Ci troviamo a Riesi, un piccolo paesino in provincia di Caltanissetta, in Sicilia. In via Mazzini 2, all'angolo con via Cavour vivono in uno stabile di due piani due famiglie: al pianterreno Calogero Fiandaca e la moglie Gaetana Stuppia; al primo e secondo piano la figlia, Maria Tina Fiandaca, il marito Giuseppe Anzaldi, e i due figli Salvatore e Calogero. Il 30 aprile scorso i bambini, che stanno giocando nel salone dei nonni al pianterreno, avvertono che in alcuni punti il pavimento è molto caldo. Anche i genitori si accorgono della cosa e si percepisce una temperatura elevata all'interno della stanza e in alcuni punti del pavimento di una stanza attigua al salone (che da ora in poi indicheremo come stanza 2). Vengono subito chiamati i tecnici dell'Enel e quelli del metano (Siciliana Gas). Il primo timore è infatti che possano esservi dispersioni di corrente dal cavo della media tensione (20KV) che passa a fianco del muro perimetrale (lato via Cavour), interrato a pochi metri di profondità o che possano esservi fuoriuscite di gas dal tubo del metano che si snoda anch'esso parallelamente al suddetto muro.

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La piantina dell'abitazione.
Durante i controlli l'Enel sostituisce un cavo elettrico che si snoda lungo la parete perimetrale perché risulta danneggiato ma non risulta alcuna dispersione di corrente né di gas. Vengono così chiamati i vigili del fuoco di Mazzarino e Caltanissetta. Alle ore 22 dalle prime misurazioni di temperatura si scopre che in un punto ad angolo tra due pareti del salone il pavimento raggiunge gli 88° C. In prossimità di tale punto viene effettuato un foro di poche decine di cm (indicato come foro 1) per monitorare la temperatura. Alle prime luci dell'alba del giorno 1 maggio vengono mobilitati i tecnici della Protezione Civile, l'amministrazione comunale, il comando dei carabinieri di Riesi e quello della polizia municipale. Informati dei fatti e riunitisi alle ore 14 presso la sede del Comando Operativo Comunale (C.O.C), decidono di avviare dei lavori di scavo in prossimità della parete esterna lato via Cavour. Viene così realizzato uno scavo lungo circa 3 m, largo circa 0,7 m e profondo 1 m. Le rocce in prossimità dello scavo sono caldissime ed emergono volute di vapore. I tecnici dell'INGV di Palermo raccolgono campioni di vapore, mentre un campione di terreno viene raccolto dai vigili del fuoco e inviato all'ARPA di Caltanissetta. Ancora una volta viene esclusa la presenza di qualsiasi dispersione elettrica o di gas ma la temperatura interna viene attestata sui 70° e quella esterna sui 60°. Per precauzione la corrente elettrica viene interrotta e le famiglie dello stabile vengono invitate a lasciare l'immobile. A questo punto i vigili del fuoco decidono di monitorare più volte al giorno la temperatura, che man mano inizia a segnare valori sempre più bassi.

Il 4 maggio alle ore 11,30 dopo aver ricevuto notizia circa le ultime misurazioni di temperatura, che risulta essere di circa 41 gradi all'interno (cioè nel foro 1) e 34 gradi all'esterno, il COC decide di riunirsi per decidere su come proseguire le indagini. Durante la riunione a cui prendono parte il funzionario della Protezione civile di Caltanissetta, Michelangelo Miccichè; il funzionario dell'Enel, Testaì; l'addetto di Caltaqua, Enzo Scimone; il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Caltanissetta, Andrea Pizzuto; il comandante dei carabinieri di Riesi, Rosario Alessandro; i responsabili dell'ufficio tecnico del Comune di Riesi, Antonio Gallè e Gaetano Laurino; l'incaricato della "Sicilia Gas", Angelo Di Stefano; il funzionario della Protezione civile provinciale di Caltanissetta, Salvatore Saittà e il sindaco di Riesi, Salvatore Buttigè, si decide di coprire momentaneamente lo scavo con una pietra piatta e un asse di legno, di mettervi sopra un telo impermeabile e di aspettare altre 48 ore per vedere come si evolve il fenomeno. Il 5 maggio l'INGV di Palermo stila il rapporto delle analisi sul vapore da cui non risulta presenza di gas se non in percentuali compatibili con quelle atmosferiche. Si tratta esclusivamente di vapore acqueo.

È pertanto esclusa la risalita di gas naturale dal sottosuolo. Intanto, a causa di un leggero innalzamento dello stato termico, i vigili del fuoco decidono di realizzare un secondo foro (sempre profondo poche decine di cm) nella stanza 2, in corrispondenza della travatura in cemento armato delle fondazioni della struttura dell'edificio e indicano questo foro come foro pavimento 1. La temperatura in profondità nel foro risulta essere di circa 50 gradi. Si scopre inoltre che il riscaldamento interessa anche una seconda casa attaccata a quella dei Fiandaca. Nella suddetta abitazione, che è inabitata e appartiene alla famiglia Costa che vive in Piemonte, vengono fatti altri due fori nel pavimento proprio in corrispondenza delle pareti confinanti con quelle della casa dei Fiandaca. I fori vengono indicati come foro 2 e pavimento 2. Il mistero di Riesi viene presto da molti accomunato a quello di Canneto di Caronia, pur avendo caratteristiche totalmente diverse, e il 7 maggio le famiglie Fiandaca e Anzaldi ricevono in casa la visita del portavoce di Canneto di Caronia, Nino Pezzino, che racconta la sua versione sui fatti di Canneto parlando di autocombustione degli impianti elettrici. Si celebra così una sorta di simbolico gemellaggio tra i due paesi.

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La casa vista dalla strada.
Il giorno 8 maggio alle ore 17 il COC decide di effettuare una controprova, disponendo di riattivare la corrente elettrica e di chiudere lo scavo, per accertarsi che non siano queste le cause della diminuzione di temperatura dei giorni precedenti, ma gli abitanti della zona protestano e ne bloccano momentaneamente la chiusura. Lo scavo viene definitivamente chiuso il giorno successivo e vengono effettuate nuove misure di temperatura da cui si riscontra un nuovo aumento della stessa che in prossimità del foro indicato come pavimento 1 raggiunge i 38,9° C. L'11 maggio l'ARPA di Caltanissetta stila il rapporto di prova relativo al campione di terreno prelevato dallo scavo il giorno 1 maggio da cui risulta che il campione è costituito da materiale terroso misto a materiale carbonioso nerastro (tipo fuliggine) e idrossido di calcio Ca(OH)2. In compagnia di Rossella Carbone, a breve geologa, decidiamo così il 13 maggio di recarci sul posto per un sopralluogo. La prima cosa che osserviamo è che la zona dove si trova lo stabile in questione appartiene al centro storico di Riesi, tutte case molto vecchie insomma. A riceverci c'è la signora Gaetana Stuppia. Cominciamo a chiedere informazioni circa l'accaduto e a visionare i punti della casa ove sono stati effettuati i fori da cui si percepisce ancora la fuoriuscita di calore. In alcuni punti il pavimento del salone (costituito da mattonelle in ceramica) risulta spaccato e la parete sinistra del salone (quella che dà su via Cavour) presenta evidenti tracce di umidità; inoltre il controsoffitto della stanza 2 presenta dei rigonfiamenti dovuti probabilmente al forte calore dei giorni precedenti. Chiediamo alla signora di raccontarci i fatti e, durante la nostra conversazione, apprendiamo che circa trent'anni fa sono stati effettuati dei lavori alle fondamenta dello stabile. Nello specifico ci viene detto che prima esisteva un vecchio stabile che è stato parzialmente demolito (mantenendo però intatti i muri perimetrali esterni) per creare lo stabile attuale.

Apprendiamo così che le stanze interessate dal surriscaldamento sono proprio quelle pertinenti alla parte nuova dello stabile, mentre la parte vecchia che non è stata demolita non è stata soggetta ad alcun riscaldamento. Scopriamo inoltre che circa dieci anni fa a causa di umidità le due pareti che separavano l'abitazione dei Fiandaca dall'abitazione della famiglia Costa sono state demolite e poi ricostruite aggiungendo un ulteriore parete in modo da creare un doppio muro con una spaziatura di circa 3 cm. Ci viene infine detto che due anni fa un innalzamento di una parte del marciapiede di via Cavour ha causato infiltrazioni di acqua dal battiscopa della stanza 2 e che il problema è stato risolto richiudendo la fessura apertasi con un impasto. Poco dopo incontriamo i coniugi Anzaldi che ci fanno notare di aver scoperto che un altro cavo, che si snoda lungo la parete di via Cavour, è da qualche giorno bruciato in diversi tratti. Ci dicono che questo cavo non era stato in precedenza sostituito perché in buone condizioni. Alle 17 arriva un tecnico dell'Enel a visionare il cavo e si scopre che si tratta di un cavo dell'illuminazione pubblica.
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Particolare dell'interno.
Il tecnico lo rimuove dicendo che non ha idea di come possa essersi bruciato. Subito ci accorgiamo che solamente la guaina in PVC è danneggiata, mentre l'isolante e il conduttore appaiono integri. Nel frattempo i vigili del fuoco giunti sul posto segnalano un aumento di temperatura di circa 4° C nella stanza 2. Le misurazioni di temperatura proseguono fino al 24 maggio, giorno in cui l'ultimo valore misurato si attesta intorno ai 30° C contro i 2-3° della norma. Questi i fatti. Si tratta di fenomenologie di carattere naturale o attribuibili a cause di tipo antropico? Per le ipotesi del primo tipo risponde Rossella Carbone, laureanda in geologia presso l'Università di Catania.

Si è pensato che il riscaldamento del pavimento e la risalita di gas e vapori emessi dal terreno potessero essere fenomeni precursori di un altro fenomeno verificatosi qualche anno fa nella zona di Caltanissetta quello delle maccalube, cosa possiamo dire in proposito?
Il fenomeno delle maccalube è il risultato di un vulcanismo sedimentario caratterizzato da una fuoriuscita naturale di gas i quali, per effetto della pressione a cui sono sottoposti, si liberano attraverso le fratture del terreno trascinando materiale ed acqua che deposti in superficie portano nel tempo alla formazione di veri e propri vulcani in miniatura con la tipica forma a cono. L'ipotesi delle maccalube va tuttavia scartata in quanto i gas che si sprigionano dai vulcanetti di fango sono in genere costituiti da metano, anidride carbonica, argon, ossigeno, azoto, elio, ossido di carbonio mentre le analisi chimiche effettuate dagli esperti dell'INGV di Palermo sui campioni prelevati al momento dello scavo attestano una concentrazione degli elementi paragonabile a quella dell'aria, con contenuti di anidride carbonica intorno allo 0,35 per cento e concentrazioni di monossido di carbonio e metano abbastanza esigue.

Si è parlato di liberazione di gas da materiale magmatico situato a profondità più o meno elevata e in via di risalita. Ha senso ipotizzare una possibile origine vulcanica?
L'ipotesi va esclusa per tre motivi:
1) Il comune di Riesi è localizzato nella Sicilia centrale, all'interno del bacino di Caltanissetta, ivi affiorano prevalentemente le rocce della Serie Gessoso Solfifera. Quando in seguito alla chiusura dello stretto di Gibilterra (nel Messiniano) cominciarono a restringersi le comunicazioni con l'Atlantico, venne a instaurarsi un ambiente di tipo euxinico (con scarsa circolazione e poco ossigenato) che causò la morte degli organismi animali e vegetali. Queste condizioni portarono alla deposizione del Tripoli. L'apporto di acque superficiali (a opera dei fiumi) e di precipitazioni non fu sufficiente a compensare l'eccessiva evaporazione cosicché aumentò nelle acque del bacino la concentrazione di Sali disciolti. Questi una volta raggiunti i limiti di saturazione, cominciarono a precipitare dando luogo alla Serie Gessoso Solfifera costituita dal basso verso l'alto da Tripoli, Calcare di base, Gessi, Gessareniti e lenti di sale. La successione stratigrafica dell'area è dunque costituita solo da rocce di tipo sedimentario che non hanno nulla a che vedere con il vulcanico.
2) Se fosse di origine vulcanica la fase gassosa dovrebbe essere costituita oltre che da acqua allo stato di vapore, anche da CO2 e subordinatamente da composti di idrogeno (H2S), zolfo (SO2) e ossigeno e da elementi rari; le analisi degli esperti dell'INGV, come già detto, confermano però tenori degli elementi piuttosto normali.
3) Il riscaldamento è troppo localizzato; se la causa fosse di natura vulcanica il riscaldamento avrebbe dovuto abbracciare un'area molto più grande invece ha interessato solo le abitazioni dei signori Fiandaca e Costa. I risultati esposti nel rapporto dell'INGV ci portano a scartare inoltre anche l'ipotesi di fenomeni di termalismo o di risalita di acque connate, ossia di acque di fondo di bacini di sedimentazione rimaste intrappolate nel sottosuolo da spesse coperture di sedimenti. Le acque termali sono infatti acque alcaline e contengono zolfo, iodio, cloro, ferro, elementi di calcio e microelementi di altre sostanze e i vapori che da esse si sprigionano sono anch'essi ricchi di tali elementi. Lo stesso vale per le acque connate che hanno una composizione solfo clorurata alcalina. Quindi, in conclusione, il caso di Riesi non sembra essere legato ad alcuna fenomenologia di carattere naturale ma potrebbe essere spiegato attraverso cause di tipo antropico.

Tra le cause di tipo antropico, escluse dispersioni di corrente, di gas o anomalie all'impianto fognario (come comunicatoci durante un colloquio telefonico dal resposabile della Caltaqua Enzo Scimone), la più attendibile sembra essere quella che ascrive il fenomeno alla presenza di calce viva (CaO) rimasta in loco (nel sottosuolo) in seguito ai lavori effettuati dai proprietari dello stabile. A Riesi le analisi chimiche eseguite sul campione di terreno esaminato dai tecnici dell'ARPA di Caltanissetta hanno infatti confermato la presenza di materiale terroso (sabbia) misto a materiale carbonioso del tipo " fuliggine" e di idrossido di calcio (Ca(OH)2), questi ultimi entrambi untuosi al tatto. L'idrossido di calcio non è altro che la calce spenta utilizzata comunemente in edilizia. Al giorno d'oggi la calce spenta che si presenta come un materiale bianco, di consistenza molle ed untuoso al tatto (se grassello), viene preparata industrialmente e messa in commercio in sacchi di materiale plastico. Un tempo però, fino a circa 30-40 anni fa (compatibilmente con il periodo in cui sono stati effettuati i lavori nello stabile), la calce veniva venduta viva in sacchi e la si spegneva mettendola in vasche con acqua, in queste condizioni la calce viva assorbe fortemente l'acqua e genera reazioni esotermiche, che durano circa 10 giorni e che danno luogo a grande produzione di calore (fino a 150° C) e generazione di solo vapore acqueo giacchè eventuali composti minerali vengono abbattuti durante la reazione che qui riportiamo: CaO + H2O -> Ca(OH)2.

In presenza di un eccesso di acqua la reazione dà invece luogo a una massa plastica e untuosa, il grassello. In base a quanto esposto è possibile dunque che circa 30 anni fa, in seguito ai lavori eseguiti dai proprietari alle fondamenta dello stabile, sia rimasta della calce viva in loco e che le acque meteoriche di una stagione particolarmente piovosa, convogliandosi ed infiltrandosi nelle fondamenta dello stabile (sia per la pendenza della strada in cui lo stabile si trova sia per i precedenti già avuti con le infiltrazioni da fessure sotto il marciapiede) abbiano raggiunto solo adesso i punti ove è stata dimenticata la calce viva innescando così la reazione di spegnimento con conseguente aumento di temperatura e liberazione di vapore acqueo. Il fatto che l'emissione di calore si sia mantenuta oltre i normali 10 giorni può dipendere e dalla quantità di calce viva presente in loco e dal fatto che la reazione sta avvenendo in un luogo chiuso e non all'aria aperta; nello specifico i dati raccolti dai vigili del fuoco con l'uso delle telecamere termiche dimostrano che il riscaldamento ha interessato solo la zona in cui sono stati effettuati i lavori e le pareti in cui è stata creata l'intercapedine nelle quali cioè il vapore potrebbe essersi infiltrato. L'abbassamento di temperatura conseguente all'apertura dello scavo avrebbe creato una sorta di sfogo per una parziale fuoriuscita di vapore: un po' come sollevare il coperchio di una pentola. Richiuso lo scavo la temperatura sarebbe risalita. A sostegno di questa ipotesi esiste un precedente:alcuni anni fa presso uno stabile di proprietà della famiglia D'Asaro sito tra via Bellini e via Monti a Campobello di Licata, nei pressi di Agrigento, ci fu un riscaldamento anomalo e improvviso del pavimento.

Dalle indagini si scoprì che alla fine degli anni Settanta erano stati effettuati (privatamente) lavori di ristrutturazione e che in corrispondenza della scala d'ingresso, data la differenza di livello tra il suolo e lo stabile (la strada è in leggera discesa anche lì) erano stati realizzati due gradini rivestiti di marmo; in uno di questi, era stato inavvertitamente dimenticato un sacchetto di calce viva che, apertosi nel tempo e venuto a contatto con acqua aveva poi sprigionato calore. A tal proposito il sig. Casuccio, vigile della polizia municipale di Campobello di Licata, ricorda che la temperatura era abbastanza alta da dar fastidio se il contatto tra la superficie in marmo e le mani era prolungato per più di qualche secondo. Tutto si è poi risolto smontando lo scalino e togliendo la calce. Il fenomeno descritto ha parecchie analogie con il caso di Riesi, concludiamo pertanto dicendo che, dalle nostre indagini, non si tratta né di vulcani né di autocombustioni e non vi è nessun legame con cerchi nel grano apparsi anni addietro nella zona (come qualcuno ha ipotizzato) ma, probabilmente, la sola responsabile è la calce.

Hanno collaborato all'indagine: Daniele Caruso, Fara Di Maio, Salvatore Foresta, Luca Manzella, Gero Marsala, Ilario Saccomanno.

Si ringraziano per le consulenze il prof. Salvatore Ioppolo, docente di mineralogia presso Dipartimento di Geologia dell'Università di Catania, il prof. Vincenzo Piccione Docente VIA, VAS, ValInc Resp. Laboratorio di Cartografia Ambientale, Dipartimento di Botanica Università di Catania e il dott. Marco Aloisi dell'INGV di Catania.
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