Italiani piccoli, puzzolenti e ladri?

Un'indagine su un brano, tratto da un rapporto dell'ispettorato per l'immigrazione USA del primo Novecento,che circola su Internet e in tv

  • In Articoli
  • 08-08-2009
  • di Paolo Attivissimo

Premessa importante

Non intendo buttarmi in questioni politiche o in ardite riletture o trasposizioni in chiave moderna di un brano anti-italiano che sta circolando su Internet ed è attribuito a un "ispettorato per l'immigrazione" del Congresso statunitense del 1919. Vari lettori mi hanno chiesto di indagare sull'autenticità del brano, e la mia indagine si limiterà a cercare di soddisfare questa richiesta.
Ecco il brano in questione, in una versione circolante via mail:

Piccoli e scuri, puzzano e rubano

«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali».
Fonte: Relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso degli Stati Uniti sugli immigrati italiani, ottobre 1919.

La notizia su RaiNews24

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Il testo è stato ripreso anche da RaiNews24, che l'aveva pubblicato a un indirizzo web, attualmente non più valido ma ancora accessibile tramite la cache di Google[1]. Ecco la versione pubblicata da Rainews24, piuttosto diversa da quella citata qui sopra (ho evidenziato le principali differenze):

«Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali».

La relazione così prosegue: «Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».

Il testo è tratto da una relazione dell'Ispettorato per l'Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, ottobre 1912.

Alla ricerca della fonte di RaiNews24

Rainews24 cita come fonte del testo il giornalista e conduttore televisivo Andrea Sarubbi, che in effetti il 20 aprile 2009 ha pubblicato un articolo[2] che riporta la medesima citazione, ma con differenze importanti rispetto alla versione circolante via mail e soprattutto rispetto a quella citata da Rainews24.

Infatti rispetto alla versione che gira come e-mail certe parole sono state cambiate, senza però alterare significativamente il senso delle frasi, mentre la versione di Rainews24 aggiunge tutto il paragrafo finale di raccomandazioni a proposito di veneti e lombardi. Inoltre entrambe le versioni portano una diversa datazione della fonte, che secondo Rainews24 e Sarubbi è un documento del 1912, non del 1919.

A seguito della diffusione della citazione nel Web, Sarubbi ha pubblicato una precisazione: non ha tratto la citazione direttamente dal documento statunitense originale. La sua frase «[h]o tra le mani un documento dell'ispettorato sull'immigrazione» non è quindi letterale.

Sarubbi ha chiarito di aver preso la citazione da una fonte italiana: «un articolo pubblicato circa un anno fa sul giornale Il Verona, dall'avvocato Guarenti»[3].

A sua volta, Guarienti l'ha trovata «in un libro, più di un anno fa». Ma il titolo del libro non è indicato, per cui non si sa di preciso da dove provenga la citazione. L'avvocato «si è detto disponibile a ricercarla di nuovo», ma finora non è emersa alcuna novità. La versione di Guarienti è sostanzialmente uguale a quella di Rainews24 e indica come fonte «una relazione dell'ispettorato per l'immigrazione del Congresso Americano, ottobre 1912».

Siamo di fronte, insomma, a una citazione almeno di terza mano di cui non si sa, per ora, la fonte intermedia. Oltretutto c'è di mezzo una traduzione, visto che presumibilmente l'«ispettorato» USA non si esprimeva nella lingua di Dante.

Un libro che riporta questa stessa citazione e che quindi sembrerebbe quello che Guarienti sta cercando di recuperare è La macchia della razza, di Marco Aime, edito da Ponte alle Grazie (pagine 42-44). Tuttavia la data di uscita di questo libro è maggio 2009, per cui non coincide con l'affermazione di Guarienti che parla di un testo risalente a più di un anno fa. In ogni caso, la versione citata da Marco Aime corrisponde quasi esattamente a quella pubblicata da Rainews 24 (include quindi l'accenno a veneti e lombardi) e indica sempre come fonte «una relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso americano», precisando che è «dell'ottobre 1912».

Trovare questa relazione, che sarebbe la fonte originale che permetterebbe di autenticare la citazione, non è facile. La fonte è indicata in italiano, e quindi occorre tentare di indovinare l'esatta terminologia originale inglese. Non c'è nulla in Google come immigration inspectorate riferito agli Stati Uniti. Però si trovano riferimenti a degli US Immigration Commission Reports, a dei Reports of the Commission on Immigration e dei Reports of the Immigration Commission (quest'ultimo rapporto consta di 41 volumi e risale al 1907-1911, non al 1912). Titoli dal significato molto simile a quello italiano. Potrebbe essere una di queste pubblicazioni la fonte della citazione?

Sembra di no. Infatti una ricerca delle traduzioni inglesi delle parole maggiormente identificative della citazione (per esempio dialects, Venice o Venetian) all'interno delle parti disponibili online di questi rapporti non trova nulla.

Una ricerca ancora più approfondita è stata pubblicata presso www.Davidorban.com[4], che ha utilizzato il magnifico servizio "Ask a Librarian"[5] (chiedi a un bibliotecario) della Biblioteca del Congresso statunitense. La dettagliatissima risposta fornisce alcuni dati interessanti: non esisteva un organo ufficiale chiamato "Inspectorate for Immigration" nel 1912, ma i funzionari locali del servizio d'immigrazione erano chiamati "Inspector". Ma anche interpellando un esperto non emerge traccia della citazione.

Trattamento comunque duro

Lasciando da parte momentaneamente la questione dell'autenticità della specifica citazione, la discriminazione nei confronti degli italiani e degli stranieri non nordeuropei negli Stati Uniti dell'epoca è comunque ampiamente documentata, come segnalano anche i commenti all'articolo di Sarubbi[6].

Il libro Storia dell'emigrazione italiana riporta citazioni non certo entusiasmanti. Anche il testo Some Aspects of Italian Immigration to the United States, di Antonio Stella (1924), segnala la pessima reputazione degli immigrati italiani, notando che le statistiche dimostrano che è immeritata. Un altro titolo che viene fuori cercando parole chiave inglesi attinenti alla citazione è Italian-Americans and their communities of Cleveland, di Gene P. Veronesi (1977), che cita i casi del tenente Petrosino e di Sacco e Vanzetti e alcuni stralci dei nastri dello scandalo Watergate nei quali il presidente Nixon rivela un fortissimo sentimento anti-italiano[7].

Il libro L'orda di Gian Antonio Stella (Rizzoli) raccoglie un vasto campionario di citazioni da varie pubblicazioni americane di quegli anni, che tracciano un atteggiamento duramente razzista, anche delle autorità, nei confronti degli stranieri e sottolineano la discriminazione che si faceva all'epoca fra italiani del nord e italiani del sud. Tanto radicata che persino le tabelle statistiche dei monumentali rapporti della Immigration Commission riportano due dati distinti per i due gruppi d'italiani.

Vera o fasulla che sia, insomma, la citazione rispecchia comunque fedelmente il sentimento dell'epoca. Se è inventata, è perlomeno verosimile.

L'indagine si chiude quindi senza una risposta definitiva sull'autenticità della citazione, ma è stata una buona occasione per rispolverare un periodo poco conosciuto della storia recente che ci può offrire spunti per riflessioni importanti sul presente. Come disse Santayana, chi non ricorda la storia è condannato a ripeterla.

Appendice: l'alluminio fuori posto

Nel corso dell'indagine è emerso un particolare curioso nella citazione fatta da Sarubbi: l'uso dell'alluminio. Nella sua versione, Sarubbi scrive che «si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri». La stessa frase compare nella versione di Guarienti, in quella di Rainews24 e in quella del libro di Aime, ma non in quella circolante via mail.

Perché proprio l'alluminio? Non sembra certo un materiale da poveracci, anche perché all'epoca, se non erro, era piuttosto raro e costoso. Una trentina d'anni prima, nel 1884, la punta del Washington Monument era stata realizzata in alluminio, suscitando enorme clamore perché si trattava di una fusione senza precedenti: ben 22,6 cm d'altezza per 14 cm di base in un blocco di poco meno di tre chili. La produzione mondiale di alluminio nel 1884 ammontava a circa 3,6 tonnellate, contro le 2834 dell'argento ("Journal of the Minerals, Metals & Materials Society", 1995[8]). Il processo Hall-Héroult (1886) ne fece crollare il prezzo e decollare la produzione, ma comunque nel 1912 l'alluminio costava 21 cent la libbra (in dollari di oggi sarebbero circa 50 al chilo). Pare strano che dei disperati usassero materiali così costosi, e pare altrettanto strano che l'estensore del rapporto originale abbia precisato l'uso dell'alluminio.

La citazione dell'alluminio era interessante anche perché poteva essere una buona parola chiave per Google, ma in inglese non si trova praticamente nulla, salvo questa domanda di un utente Yahoo che, sempre in inglese, indica come fonte «un articolo pubblicato in Australia»[9]. Un'ipotesi suggerita da alcuni lettori del mio blog, Il Disinformatico, è che si tratti semplicemente di un errore di traduzione dall'inglese: forse l'originale era tin, che in questo contesto sarebbe stato inteso nel senso di "latta", ma viene usato anche per indicare l'alluminio nell'edilizia.

Note



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