Paranormale, Watson? (convegno 2006)

Un resoconto del X convegno Nazionale del CICAP, svoltosi a Padova lo scorso ottobre. Dietro le quinte e tante fotografie, per chi c'era e soprattutto per chi non c'era.

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  • 16-11-2006
  • di Silvano Fuso e Irene Torre
Il X Convegno nazionale del CICAP, intitolato: “Paranormale, Watson? Indagini scientifiche su misteri, crimini, magie ed enigmi”, si è svolto a Padova nei giorni 7 e 8 ottobre 2006. Sede del Convegno è stato lo splendido Teatro Verdi, nel cuore della città veneta. I lavori sono stati ufficialmente aperti alle ore 9.15 da Steno Ferluga, astrofisico dell’Università di Trieste e presidente del CICAP.

Di fronte a oltre 450 persone Ferluga, dopo i ringraziamenti di rito agli enti che hanno contribuito alla realizzazione del Convegno, primo tra tutti il comune di Padova, sottolinea che questo è il quarto Convegno CICAP ospitato dalla città veneta, sede storica e istituzionale del comitato. Sottolineando il continuo dilagare della pseudoscienza nella società e quindi il ruolo centrale del CICAP nella difesa della razionalità, Ferluga comunica al pubblico alcune variazioni rispetto al programma diffuso. Prime tra tutte le assenze di Piero Angela e Tullio Regge, figure storiche del comitato, che per motivi personali e di salute non potranno essere presenti. Segue l’intervento dell’assessore Marco Carrai del comune di Padova che dà il benvenuto ai congressisti e sottolinea il ruolo del CICAP nella cultura del nostro Paese.
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Il manifesto del X convegno Nazionale CICAP. L'illustrazione è una creazione di Fabio Fedele, disegnatore anche delle copertine di Magia, mentre la grafica è di Alessandra Carrer (Sidhe design).


Sessione I: “In cerca di misteri, tra fantasia e realtà”

La prima sessione congressuale, moderata da Massimo Polidoro, docente di Psicologia dell’insolito all’ Università di Milano-Bicocca, scrittore e segretario nazionale del CICAP, prevede, come primo intervento, quello di Luigi Garlaschelli, docente di Chimica all’ Università di Pavia e responsabile sperimentazioni per il CICAP. Il titolo della sua relazione è “Corpi di pietra. I segreti dei pietrificatori di cadaveri”. In un’atmosfera misteriosa e un tantino macabra, Garlaschelli descrive l’opera di quegli strani scienziati-stregoni che furono i pietrificatori di cadaveri: Gerolamo Segato, Paolo Mascagni, Giuseppe Salerno, Paolo Gorini, Francesco Spirito, sino ad arrivare al singolare artista contemporaneo Gunther von Hagen e alle sue inquietanti opere anatomiche (sull’argomento pietrificatori vedi anche il n. 66 di S&P).

Con immagini molto esplicite Garlaschelli descrive le varie tecniche di pietrificazione dei cadaveri utilizzate nel corso del tempo. Infine il relatore passa a illustrare l’opera degli ultimi pietrificatori viventi, ovvero se stesso e il suo assistente Paolo Boschetti che nel loro oscuro laboratorio di chimica dell’ateneo pavese si cimentano con teste di pollo, conigli, galletti Vallespluga e varie tecniche che prevedono l’utilizzo di zolfo fuso, silicato di sodio e altri composti. La passione di Garlaschelli per la pietrificazione ha anche avuto una distrazione artistica: il suo recente romanzo Corpi di pietra che vede protagonista il chimico indagatore Fulvio Fulleri.
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I relatori della sessione di apertura, da sinistra: Paolo Attivissimo, Mariano Tomatis, Massimo Polidoro, Steno Ferluga e Luigi Garlaschelli.


Il secondo intervento della mattinata è quello di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e strenuo cacciatore di bufale informatiche, dal titolo “Faccia a faccia coi truffatori: difendersi dai loro trucchi psicologici e vendicarsi”. Attivissimo illustra, con esempi reali, quali siano i principali meccanismi alla base delle truffe informatiche. In particolare si sofferma sul caso di una signora svizzera che voleva vendere la casa. Il caso è stato seguito in prima persona da Attivissimo in collaborazione con la radiotelevisione svizzera. Mostrando filmati registrati con telecamera nascosta, mostra anche il volto dei truffatori. Le tecniche sono in gran parte di tipo psicologico, poichè il truffatore cerca di mettere la vittima dalla parte del torto e renderla quindi più vulnerabile. Attivissimo si sofferma poi sull’opera del sito inglese http://419eater.com che ha come obiettivo quello di castigare i truffatori utilizzando le loro stesse armi e facendoli cadere in un tranello analogo a quello che loro tendono alle loro vittime. Una relazione davvero divertente che ricorda il vecchio film di Nanni Loy Pacco contropacco e contropaccotto.

Dopo 20 minuti di coffee break, in cui ognuno ricerca volti conosciuti con cui scambiare saluti e commenti, la sessione riprende con Mariano Tomatis, ricercatore e scrittore di Torino, e la sua relazione “A caccia di tesori: da Rennes-le-Château al Codice da Vinci”. Tomatis si sofferma sul fascino delle cacce al tesoro e sulla schiera di cercatori di tesori che, emuli di Heinrich Schliemann, si sono cimentati nelle ricerche più insolite. Il presunto tesoro di Rennes-le-Château inevitabilmente ha quindi stuzzicato la fantasia di molti. Ricostruendo la vicenda del paesino pirenaico, distinguendo tra dati storici e mitologia che su di esso è stata costruita, Tomatis sottolinea come il vero tesoro lo abbia trovato Dan Brown con lo straordinario numero di copie vendute dal suo romanzo Il Codice Da Vinci. Nel suo interessante intervento, Tomatis mostra persino i quaderni contabili dell’abate Berenger Saunière da cui risulta che i cospicui introiti del sacerdote non derivavano affatto dal ritrovamento di un tesoro, bensì dalla singolare vendita di messe a distanza.
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Massimo Polidoro e Alfredo Castelli.
L’intervento successivo è quello di Alfredo Castelli, scrittore e creatore del celebre fumetto Martin Mystere, dal titolo “Mysteri storici? Vi racconto come si inventano”. Dopo una breve introduzione, Castelli confessa che più che fare una conferenza preferirebbe rispondere a domande. E le domande puntualmente arrivano da Massimo Polidoro, moderatore della sessione, e dal pubblico in sala. Il pubblico può così apprendere come si inventa un mistero, quali siano gli espedienti più comuni per inventare un racconto misterioso e quali siano lo spirito e i principi che animano il personaggio di Martin Mystere, investigatore di misteri. Un punto fermo dell’autore è quello di non ingannare mai i lettori, distinguendo chiaramente tra finzione e realtà. A tale proposito Castelli afferma di condividere in buona parte l’opera del CICAP, sebbene si mostri possibilista sull’esistenza di alcuni fenomeni inspiegabili. Della sua intera opera (che ammonta a ben 36.000 pagine) Castelli ne salverebbe, molto modestamente, solo il 40%. Un 30% lo considera appena sufficiente, mentre il restante 30% lo butterebbe via senza esitazione.

La sessione termina con il consueto dibattito con il pubblico che rivolge numerose domande ai vari relatori che si sono alternati durante la mattinata.

Dalle ore 12 alle 14 il pubblico può visitare la “Sessione Poster e Mostra interattiva”. In una sorta di museo dell’insolito si possono ammirare strani oggetti misteriosi, ricostruzioni di presunti misteriosi artefatti, quali una pila di Baghdad funzionante, strane piramidi, esperimenti scientifici realizzati da scolaresche e molto altro capace di suscitare l’interesse e la curiosità anche del visitatore più distratto.

Sessione II: “Le origini dell’uomo. Realtà scientifiche e fantasie pseudoscientifiche”

Dopo pranzo, alle ore 14.30, il Convegno procede con la seconda sessione, moderata (in sostituzione di Tullio Regge) da Olga Rickards, docente di Antropologia Molecolare all’Università degli Studi Tor Vergata di Roma. Il primo intervento è proprio quello della moderatrice dal titolo “Generato non creato: l’evoluzione dell’uomo secondo Darwin”. La relatrice sottolinea innanzi tutto come oramai sia difficile dubitare dell’evoluzione a causa delle innumerevoli evidenze fossili e molecolari. L’evoluzione è un fatto incontrovertibile e come, ebbe a dire il premio Nobel Watson, l’evoluzione non è una teoria, ma una legge. Chi lo nega è profondamente male informato o nega l’evidenza. Noi non siamo il prodotto di un disegno più o meno divino, ma il prodotto di un processo evolutivo casuale. Vi sono numerosi particolari che ci piacerebbe conoscere meglio e la ricerca continua. L’evoluzione ha da sempre incontrato resistenze e nel passato vi sono state numerose errate interpretazioni dei reperti fossili. Non è vero che noi discendiamo dalle scimmie, ma abbiamo condiviso un antenato comune: sei milioni di anni fa la linea evolutiva umana ha cominciato a divergere da quella dello scimpanzè. Con Darwin si accettò l’idea che l’uomo avesse una storia. La ricerca moderna ha consentito di sfatare diversi paradigmi evolutivi accettati del passato. Le analisi molecolari del DNA antico in antropologia hanno consentito grandi progressi. La relazione si conclude affermando che l’evoluzione non è terminata, ma non sappiamo affatto dove ci porterà.
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Telmo Pievani.
La seconda relazione si intitola “Il più intelligente del reame: la mente degli animali e la teoria dell’evoluzione” e vede come relatore Giorgio Vallortigara, docente di Neuroscienze e Cognizione Animale all’Università di Trieste. Vallortigara esordisce narrando un problema personale: quando dice di occuparsi di cognizione animale, la gente gli chiede quale sia l’animale più intelligente. L’unica risposta che ha saputo trovare è: «dipende». Vi è solitamente una malintesa concezione dell’evoluzione: l’idea di una scala unilineare ascendente con in testa l’uomo, magari seguito dagli angeli e dal buon Dio. L’albero darwiniano è invece completamente diverso: non si può dire che una specie sia meno evoluta dell’altra. Si può solo parlare di parentela più o meno stretta tra speci, ma non di maggiore o minore evoluzione. è inoltre difficile definire l’intelligenza: l’intelligenza non è un’isola, ma un arcipelago. Lo dimostrano molti studi, ad esempio in alcuni test di rotazione mentale, i piccioni dimostrano di essere molto più bravi degli studenti universitari. Dopo avere illustrato molti altri studi condotti sulle capacità cognitive degli animali, il relatore affronta un ultimo problema: quanto il linguaggio aiuta l’intelligenza? Test di inferenza transitiva condotti sui piccioni hanno dimostrato, contrariamente a ciò che si credeva, come questi siano risolubili anche senza il linguaggio.

Dopo il consueto coffee break, alle ore 16.10, la sessione procede con la relazione di Telmo Pievani, docente di Filosofia delle scienze all’Università di Milano-Bicocca, che si intitola: “Un progetto non molto intelligente: le strategie del neocreazionismo”. Dopo avere sinteticamente ripercorso le tappe più significative delle ricerche effettuate da Charles Darwin, Pievani passa ad analizzare i principi che hanno animato il creazionismo e che animano il neocreazionismo. Elemento comune delle varie correnti creazioniste è il rifiuto di ogni interpretazione naturalistica e meccanicistica dei fenomeni biologici e la fede metafisica in una intelligenza superiore che governi la realtà. Tesi peraltro ribadita anche di recente dallo stesso papa Ratzinger. Anche le versioni apparentemente più scientifiche del neocreazionismo, quali la cosiddetta teoria dell’intelligent design, nascondono in realtà una profonda confusione tra scienza e metafisica e pertanto non possono per nessuna ragione essere considerate teorie scientifiche.
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Giorgio Vallortigara e Beatrice Mautino.
La relazione successiva è quella di Beatrice Mautino, biotecnologa all’Università di Torino, dal titolo “Vizio di forma. Creazionismo ed evoluzionismo, una guerra mediatica”. Mautino sottolinea innanzi tutto la scarsa attenzione che il dibattito tra creazionismo ed evoluzionismo ha suscitato nel pubblico italiano. Tale dibattito rappresenta un classico esempio (e un buon modello) di scontro tra pseudoscienza e scienza. Da diversi sondaggi risulta che per fortuna in Italia il pensiero creazionista è nettamente minoritario, contrariamente a ciò che accade negli Stati Uniti dove è molto alta la percentuale di coloro che condividono le concezioni creazioniste. Tuttavia anche in Italia, secondo un sondaggio, ben il 65% ritiene preoccupantemente che nelle scuole, insieme all’evoluzionismo, andrebbero anche insegnata la visione creazionista.
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Scorcio del pubblico in sala.
Analisi più approfondite fanno emergere che le motivazioni che stanno alla base di questi atteggiamenti risiedono in una scarsa cultura scientifica e una errata concezione di cosa sia realmente l’evoluzione. Dopo anni di scarso interesse, i media da qualche tempo hanno iniziato a occuparsi del dibattito tra evoluzionisti e creazionisti, soprattutto con riferimento ai fatti di cronaca.

La sessione si chiude con il consueto dibattito con il pubblico.

Serata Magia: “Un viaggio nel mistero tra arte e scienza”

Dopo una cena in cui ciascuno ha potuto incontrare vecchi amici e discutere degli argomenti trattati nel Convegno, alle ore 21 ci si ritrova tutti al teatro Verdi per un evento imperdibile: la “Serata Magia”.

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Lorenzo Montali sostituisce Piero Angela nella conduzione della serata. Apre Nicolas D'Amore con una presentazione d'effetto di un classico dell'illusionismo.

Tocca a Lorenzo Montali l’onore e l’impegnativo onere di sostituire Piero Angela nella conduzione della serata. Ma è proprio Angela a intervenire a sorpresa al telefono salutando tutti i presenti e scusandosi per non avere potuto partecipare a un evento a cui teneva tanto. Dopo il commiato di Angela, Lorenzo inizia a illustrare al pubblico il filo conduttore della serata: scoprire i rapporti che esistono tra la nascita della cultura e l’affascinante mondo della magia; scoprire come la magia si rintracci al crocevia tra arte, scienza e religione; come essa sia quindi forse la prima attività umana che possiamo definire “culturale”, precedente alla nascita della scrittura e delle altre forme di organizzazione del sapere.
La scena si fa buia e, con un sottofondo di musiche sapientemente scelte da Marco Morocutti, compare sul palco il primo artista: Nicolas D’amore che esegue un suggestivo numero di illusionismo con le corde che vengono ripetutamente tagliate e che, puntualmente, riappaiono intatte. Montali richiama quindi l’attenzione del pubblico sulla capacità che i maghi hanno di suggestionare i propri clienti. Entra quindi in scena Marco Morocutti che illustra l’esperimento che verrà realizzato. Appare un personaggio mascherato. Il misterioso personaggio viene “ipnotizzato” da Morocutti e posto disteso su due sedie. Un grosso pietrone viene adagiato sul suo addome e con un potente colpo di mazza, Morocutti lo spacca in mille pezzi, senza che il personaggio mascherato ne subisca la minima conseguenza.

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Marco Morocutti ipnotizza la "cavia mascherata"; i due "valletti" Tommaso Gecchelin e Filippo Miatto appoggiano il lastrone di marmo sulla cavia; Morocutti sferra il colpo che spezzerá il lastrone in piú pezzi (alcuni dei quali sono stati raccolti dal pubblico come "ricordo" della serata).


Alla fine, dopo essersi risvegliato dall’apparente ipnosi, il personaggio svela la propria identità: è Luigi Garlaschelli. Montali parla di fachirismo con Garlaschelli e quest’ultimo fornisce subito alcune dimostrazioni di come anche un mite chimico universitario possa mostrare capacità apparentemente sovraumane: mangia il fuoco, passa braccia e faccia su fiaccole ardenti e impugna a lungo una barra di ferro incandescente. Montali sottolinea quindi come, a un certo punto nella storia della cultura, si diffonda anche il gusto per la scienza dilettevole: esperienze di chimica e fisica che simulano la magia.
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Luigi Garlaschelli prosegue lo spettacolo con alcuni numeri di fachirismo. Lo assite il terzo "valletto" della serata, Fabio Tarantini.

Sale sul palco Silvano Fuso che, trasformando ripetutamente l’acqua in vino e viceversa e facendo apparire dal nulla una misteriosa luminescenza ectoplasmatica, fornisce una dimostrazione di come la chimica possa simulare improbabili fenomeni magici. Montali evidenzia quindi come l’illusionismo abbia dato importanti contributi in campo militare e di come, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, gli illusionisti abbiano ampiamente prestato le proprie conoscenze agli strateghi dei Paesi alleati. Al suono di una sirena di allarme aereo entra quindi in scena Matteo Rampin, psichiatra, prestigiatore e anche autore dei testi della serata. Promettendo al pubblico la spiegazione successiva del trucco che presenterà, Rampin fornisce una dimostrazione dei principi dell’illusionismo facendo sparire una carta da gioco scelta da una persona del pubblico, materializzandola successivamente all’interno di una bottiglia di whisky chiusa dentro una cassa. Ma quando sta per svelare il trucco, suona di nuovo la sirena d’allarme e Rampin deve scappare frettolosamente: il trucco sarà svelato alla prossima occasione. Montali sottolinea come, tra il Settecento e l’Ottocento, l’illusionismo cominci a diventare una forma autonoma di spettacolo.
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Da sin.: Silvano Fuso e la sua magia chimica; Matteo Rampin, ideatore e curatore con Massimo Polidoro della serata, e Alex Rusconi in un numero tanto semplice quanto d'effetto.

Alex Rusconi, che nel frattempo ha raggiunto il palco, mostra tutto il fascino artistico e poetico dell’illusionismo esibendosi in alcuni numeri classici: trasposizione bottiglia/bicchiere, foratura di una carta all’interno di un mazzo in seguito alla sparo di una pistola, colorazione misteriosa delle pagine bianche di un libro. Montali parla quindi di cinema e di come anch’esso sia una forma di illusione. Entra in scena Armando De Vincentiis, psicologo e regista del cortometraggio “Il vampiro” (su soggetto di Massimo Polidoro) che viene successivamente proiettato in sala: un bell’esempio di come gli scettici siano dotati di capacità artistiche e autoironiche. A chiusura di serata, riappare sul palco Nicolas D’amore che, con singolare maestria, esegue il classico numero degli anelli cinesi. La serata si chiude tra gli applausi del numeroso pubblico con tutti gli artisti sul palco. Una serata come questa dimostra ancora una volta che, contrariamente a un diffuso luogo comune, gli scettici, lungi dall’essere cinici, freddi e privi di fantasia, sono esattamente il contrario: curiosi, divertenti, fantasiosi e pieni di voglia di divertirsi imparando come funziona il mondo. Davvero una bella serata alla quale, oltre a chi è intervenuto sul palco, hanno contribuito da dietro le quinte Massimo Polidoro, Marco Morocutti, Francesco Grassi, Francesco Chiminello, Simone Angioni e Paola De Gobbi.

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Tutti sul palco per i saluti finali: da sin. Lorenzo Montali, Luigi Garlaschelli, Matteo Rampin, Silvano Fuso, Armando de Vincentiis, Nicolas D'amore e Alex Rusconi.


Sessione III: “Crimini e delitti: il ruolo degli psicologi”

La seconda giornata del Convegno inizia domenica 8 ottobre, alle ore 9 con la terza sessione, moderata da Sergio Della Sala, docente di Neuroscienze all’Università di Edimburgo (in Inghilterra) e Socio Effettivo del CICAP.
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Sergio Della Sala.

La prima relazione è proprio quella di Sergio Della Sala, dal titolo provocatorio: “Non si può non dire falsa testimonianza”. Della Sala evidenzia come molteplici ricerche abbiano oramai dimostrato che la memoria, lungi dal registrare ciò che viviamo, in realtà ricostruisce le nostre esperienze in base alle nostre conoscenze e convinzioni. L’esempio tipico è quello delle persone convinte di essere state rapite dagli alieni: la strategia migliore per non essere rapiti dagli alieni, osserva ironico Dalla Sala, è non crederci! Il relatore si sofferma quindi sulla fallacia delle testimonianze. Non mancano esempi celebri, quali quelle dello scrittore Oliver Sacks, convinto di essere stato testimone diretto del ritrovamento di una bomba nel suo giardino, quando invece aveva semplicemente sentito narrare del ritrovamento in famiglia, fin da bambino. Oppure la celebre disputa su come andarono realmente le cose tra Popper e Wittgenstein: chi impugnò realmente il celebre attizzatoio di cui spesso si parla? Testimoni diversi forniscono resoconti completamente diversi. Della Sala non manca di coinvolgere il pubblico in semplici ma convincenti dimostrazioni e, con il suo consueto humor, mostra come i cantautori e i registi cinematografici a volte vedano molto più lontano di altri.

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Roberto Cubelli.

Il secondo intervento è quello di Roberto Cubelli, docente di Psicologia Generale all’Università di Urbino, e si intitola: “Il ruolo della psicologia nella pratica investigativa”. Riprendendo il discorso iniziato da Della Sala, Cubelli cita altri esempi celebri in cui la memoria autobiografica ha miseramente fallito. Passa quindi a esaminare il ruolo delle testimonianze nei casi giudiziari e molti casi in cui le testimonianze sono state smentite da altre prove, quali l’esame del DNA. Stigmatizza quindi la recente moda (alimentata da serial televisivi) di far apparire gli psicologi come investigatori. In realtà le differenze tra le due figure sono profonde: l’investigatore ricostruisce il passato, lo psicologo cerca di “prevedere” il futuro e può solo svolgere il ruolo di perito e consigliere nelle indagini giudiziarie, mediante l’elaborazione di modelli teorici utili per la valutazione delle ipotesi investigative.

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Fiorella Giusberti.
Il terzo intervento della mattinata è quello di Fiorella Giusberti, docente di Psicologia Generale all’Università di Bologna, dal titolo: “Colpevole o innocente? Come decidere fra prove e supposizioni”. Giusberti analizza il problema delle prove dal punto di vista del giudice, precisando subito che la certezza al 100% non si può mai raggiungere in nessun caso. Da qui deriva la famosa formula giuridica dell’”al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ogni prova ha sempre inevitabilmente un margine di errore ed è importante per un giudice sapere valutare correttamente le probabilità. Anche la celebre prova del DNA, spesso presentata come prova certa, ha in realtà un suo grado di incertezza. La relatrice si sofferma quindi sulle testimonianze oculari ribaltando il luogo comune secondo il quale una testimonianza è tanto più attendibile quanto più sicuro, completo, fluido e chiaro è il resoconto del testimone. In realtà la psicologia dimostra che un resoconto con queste caratteristiche non può affatto essere attendibile. Una testimonianza realmente attendibile dovrebbe essere incerta, parziale e il racconto poco fluido. La sessione termina con gli interventi del pubblico che rivolgono numerose domande ai relatori.

Sessione IV: “Crimini e paranormale, tra fiction e attualità”

Dopo il coffee break, il Convegno procede con la quarta sessione, moderata da Lorenzo Montali, ricercatore di Psicologia-Sociale all’Università di Milano-Bicocca, a Milano, e responsabile relazioni esterne del CICAP.

Il primo intervento è quello di Fabrizio Marchesano, ingegnere e scrittore di Genova e componente del CICAP-Liguria, dal titolo: “Un delitto avrà luogo. Veggenti e detective nella letteratura gialla”. Marchesano inizia la relazione con un riferimento a Sherlock Holmes e al suo creatore Sir Arthur Conan Doyle il quale, pur credendo negli spiriti, riusciva a tenere separate le sue credenze personali dalle sue creazioni artistiche. Prova ne è che, in una romanzo, fa dire al suo personaggio: “Il mondo è grande a sufficienza per noi: non c’è spazio per i fantasmi”. Il relatore si sofferma quindi sulle differenze tra “giallo paranormale” e “giallo scettico”. Traccia infine una classificazione dei diversi medium che si ritrovano nei “gialli scettici”. Si va dal “medium puro” dell’Urlo dall’abisso di Hake Talbot, al “medium sfuggente” esemplificato da Morte dal cappello a cilindro di Clayton Rawson, fino ai “sensitivi per caso”, come quello che compare nel romanzo Uno strano cliente di Fredric Brown.

È quindi la volta di Lucio Braglia, responsabile del CICAP-Emilia Romagna, con la sua relazione dal titolo: “Al cinema pare-normale”. Il relatore esordisce chiedendosi che cosa sia il cinema. Per spiegarlo illustra una scena del film Gli ultimi fuochi di Elia Kazan con Robert De Niro che interpreta la parte di un produttore e da cui risulta chiaramente che il cinema è narrazione, rappresentazione e finzione. Appare quindi evidente l’attinenza con le tematiche di cui si occupa il CICAP, perché il cinema rappresenta in ogni scena un falso continuo. Braglia mostra quindi alcune scene del film La zona morta del canadese David Cronemberg del 1983 (tratto da un omonimo libro di Stephen King) in cui il protagonista è un insegnate che si scopre sensitivo in seguito a un incidente. Tema centrale è la scoperta da parte del sensitivo della propria capacità di intervenire in prima persona sulle sue premonizioni modificando il futuro: è questa la “zona morta” che dà il titolo al film.

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Da sin.: Lucio Braglia, Lorenzo Montali, Fabrizio Marchesano e Marco Morocutti.

La terza relazione della sessione è quella di Marco Morocutti, progettista elettronico, componente del gruppo Sperimentazioni del CICAP e, per questo Convegno, anche fonico ufficiale di tutta la manifestazione. Il suo intervento si intitola: “Veggenti detective: quando la realtà non supera la fantasia”. Morocutti analizza il ruolo dei veggenti che si improvvisano detective e mostra alcuni spezzoni video che rappresentano esempi ironici delle straordinarie capacità dei veggenti. Analizza poi nei dettagli il caso di Chiara Bariffi, la ragazza scomparsa nel 2002 nel lago di Como. Il ruolo della sedicente veggente Maria Rosa Busi appare nella realtà molto diverso da come è stato presentato dai media. Le indagini condotte dallo stesso Morocutti hanno confermato, come d’altronde era già emerso in casi precedenti, la totale incapacità della medium di dare informazioni utili agli inquirenti, diverse da quelle ottenibili in base al puro buon senso e alla logica (sul caso vedi anche S&P 62). Morocutti esamina quindi il caso del piccolo Tommaso Onofri. Fu un’impronta digitale lasciata su un nastro adesivo e non i veggenti a permettere la risoluzione del caso. La veggente Costantina Comotari aveva infatti indicato che Tommaso si sarebbe ritrovato nel fiume Magra. La stessa Maria Rosa Busi aveva invece dichiarato che Tommaso era ancora vivo settimane dopo la sua uccisione (vedi anche S&P 66). Morocutti, auspicando una maggiore prudenza da parte dei veggenti nel futuro, conclude la sua relazione lasciando la parola a Lisa dei Simpson: «Mi dispiace io non credo nelle previsioni del futuro, devo andare».

La sessione si conclude con la consueta discussione con il pubblico.

Sessione V: “Misteri ed enigmi della storia”

Nel pomeriggio il Convegno riprende con la quinta sessione, moderata da Milla Baldo Ceolin, docente emerito di fisica superiore all’Università di Padova.

Il primo intervento è quello di Stefano Bagnasco, fisico all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Torino e componente del gruppo Sperimentazioni del CICAP, dal titolo: “Fuori dal tempo o fuori di testa? Lo strano mondo degli oggetti impossibili”. Bagnasco definisce innanzi tutto cosa si intenda per OOPART, ovvero “Out Of Place ARTifact” e ne illustra alcuni esempi: geode di Coso, martello di London, meccanismo di Anticitera, pila di Baghdad, astronauta di Palenque, teschi di cristallo, lampade di Dendera. Si sofferma quindi sullo strano mondo che circola intorno agli OOPART: da Luc Burgin a Charles Fort, da Peter Kolosimo fino ad arrivare a Erich von Däniken e al suo “Mystery Park” di Interlaken in Svizzera. Molti OOPART hanno oramai ricevuto una perfetta interpretazione assolutamente normale. In alcuni casi semplicemente non si sa che cosa siano ed è molto più onesto affermare la propria ignoranza piuttosto che elaborare improbabili teorie o, come fanno anche molti archeologi, cavarsela definendo “oggetto cerimoniale” ciò che non si sa cosa sia.

La seconda relazione è quella di Francesco Grassi, ingegnere di Pavia e componente del gruppo Sperimentazioni del CICAP, dal titolo: “Cerchi nel grano nel 1686? Un’indagine storico-scientifica sugli scritti di Robert Plot”. Grassi inizia definendo cosa siano i crop circles e delineando rapidamente la loro storia. Illustra quindi quali siano le varie teorie che sono state elaborate per interpretarli e i rispettivi autori. Si sofferma quindi sui cosiddetti crop circles del passato: dalla vicenda del diavolo mietitore ai fairy circles (cerchi delle fate) di cui si occupò il naturalista inglese Robert Plot. Contrariamente a quello che viene spesso affermato, fenomeni simili possono avere cause diverse. Si apprende così che in certi casi, responsabili dei fairy circles possono essere certe specie di funghi, mentre per i cosiddetti crop mark (che possono assumere anche la singolare forma quadrata) la causa è da ricercarsi in antiche costruzioni sotterranee che, modificando lo strato di terra disponibile, determinano una diversa crescita dell’erba sovrastante.

Dopo il coffee break, prende la parola Luigi Garlaschelli per illustrare i risultati del gioco che aveva proposto a inizio Convegno: indovinare per via psichica quale oggetto fosse nascosto in un misterioso forziere sigillato con catene e lucchetto. Nessuno ha indovinato e le risposte presentate sono state tra le più fantasiose (un misteriosissimo “ciarrufarru”, uno “gno-gno”, almeno una molecola di azoto, il prepuzio di Garlaschelli pietrificato, ecc.). In realtà dentro al forziere vi erano cinque semi di arancio: solo i conoscitori dei racconti di Sherlock Holmes potevano intuire il difficile contenuto.

È quindi la volta di Andrea Ferrero, ingegnere di Torino e Responsabile formazione del CICAP, con la sua relazione dal titolo: “Serve di Satana: le streghe di Triora, mito e ricerca storica”. Ferrero sottolinea come quello del paesino ligure di Triora fu uno dei più importanti episodi di caccia alle streghe che si verificò in Italia. Ripercorrendo le principali tappe della drammatica vicenda, il relatore sottolinea che, contrariamente a quello che si crede, il fenomeno della caccia alle streghe non fu affatto generato dall’ignoranza popolare, al contrario fu originato dalla classe colta dell’epoca. Allargando il discorso da Triora al fenomeno in generale, Ferrero cerca di fare chiarezza su quali siano i fatti storicamente accertati, distinguendoli dalle tante mitologie nate intorno al fenomeno streghe, mitologia alimentata dagli stessi cacciatori di streghe che, nei loro resoconti, tendevano inevitabilmente a gonfiare il numero delle loro “prede”.

L’ultima relazione del X Convegno è quella di Silvano Fuso, chimico di Genova e Responsabile scuola del CICAP, dal titolo: “Le sedute spiritiche di Millesimo”. Fuso ripercorre le vicende del paesino ligure che, tra il 1927 e il 1929, videro protagonista il marchese Carlo Centurione Scotto nella disperata ricerca di un contatto medianico con il figlio Vittorio, giovane aviatore prematuramente scomparso. Ai fatti storici, Fuso aggiunge i recenti sviluppi che, negli anni 1997-98, hanno visto riprendere le sedute per opera di una medium genovese, puntualmente smascherata per i trucchi da lei utilizzati (vedi S&P 21 e 31). Le vicende di Millesimo, pur non aggiungendo nulla di significativo a ciò che si sa sullo spiritismo, rappresentano comunque un importante evento nella storia di tale pratica occulta, di cui si interessarono illustri studiosi e che portò addirittura alle dimissioni di Sir Arthur Conan Doyle dalla Society for Psychical Research di Londra, a causa dell’atteggiamento a suo dire troppo scettico mostrato nei confronti della vicenda da alcuni esponenti dell’associazione.
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Da sin.: Stefano Bagnasco, Francesco Grassi, Milla Baldo Ceolin, Silvano Fuso e Andrea Ferrero.
Alle relazioni fa seguito un ampio dibattito con il pubblico che rivolge numerose domande ai relatori.

Chiusura del Convegno

Alle 17.30, Steno Ferluga prende la parola per concludere il X Convegno del CICAP. Il bilancio è nettamente positivo, nonostante alcuni inconvenienti dovuti a cause di forza maggiore (assenze di Angela e Regge e sciopero dei giornalisti).
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Steno Ferluga

Il CICAP è oramai una realtà consolidata del panorama culturale italiano e i suoi convegni dimostrano sempre la ricchezza di contenuti e la vivacità che il comitato è capace di esprimere. Ferluga anticipa che tra due anni il CICAP festeggerà il proprio ventennale e per l’occasione si sta progettando un evento che sarà più di un semplice Convegno. Dopo avere ringraziato il pubblico, i relatori, gli organizzatori e tutti coloro che hanno reso possibile la buona riuscita del Convegno, Ferluga rivolge un pensiero a una persona che non è più tra noi e che, sia pure con posizioni talvolta differenti, è stata sempre vicina al CICAP: l’antropologa Cecilia Gatto Trocchi.

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Il teatro vuoto, dopo una pizza fredda mangiata sul palco, su gentile invito del personale di scena, con a capo il mitico Giorgio, foto finale di gruppo: Fabio M., Marino, Alessandra, Claudia, Francesca, Claudio e Matteo G., Grazie a tutti! E... si chiuda il sipario.
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