Il DNA non ti fa intelligente

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  • 16-11-2006
  • di Roberto Vacca
"La passione per la musica è nel DNA della mia famiglia. Invece il tuo DNA trasmette ai tuoi figli l'abilità matematica". Non è vero. Noi dal DNA ereditiamo i caratteri somatici (ma non quelli modificati da impatti ambientali o da esercizio fisico). Non dipende dal nostro DNA l'inclinazione per matematica, fisica, lingue straniere, informatica o studi superiori. I nostri figli possono eccellere in qualunque campo intellettuale, anche se noi non siamo tanto brillanti e non siamo riusciti a studiare. L'intelligenza non è ereditaria, ma è tratta dall'ambiente e dall'esperienza. Si dimostra facilmente.
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La nostra materia grigia contiene mille miliardi di neuroni che si scambiano segnali attraverso le sinapsi. Ogni neurone, in media, è collegato con migliaia di sinapsi. Il cervello umano, dunque, dispone di molti milioni di miliardi di elementi. Al confronto il nostro genoma è milioni di volte più semplice: non può specificare il progetto del cervello. Siamo noi stessi a costruire le diramazioni e la struttura del nostro cervello. Infatti produce più sinapsi il cervello di chi ha più esperienze, vive in ambienti più stimolanti, fa più cose. Dunque sono acquisiti e non innati i nostri bernoccoli, le cose per cui siamo "portati".

Non è vero, poi, che il numero dei neuroni nel nostro cervello a partire dall'età matura può solo calare perché molti ne muoiono e non se ne producono di nuovi. Era un concetto comunemente accettato fino a circa dieci anni fa. Poi Peter Eriksson e altri constatarono che sia il numero delle sinapsi, sia quello dei neuroni cresce nel cervello anche adulto e perfino in persone affette dal morbo di Alzheimer. Le immagini del cervello ottenute con la risonanza magnetica mostrano che un'intensa attività cognitiva scatena nelle aree coinvolte un aumento del numero di neuroni e di sinapsi. Questi processi avvengono anche in età avanzata. Elkhonon Goldberg, professore di neurologia all'Università di New York, ha creato palestre cognitive in cui anziani si impegnano a risolvere problemi verbali, numerici, grafici da lui ideati. In conseguenza sono più motivati: conservano e aumentano la loro abilità mentale. L'esercizio cognitivo conserva le funzioni mentali degli anziani perfino se presentano sintomi neuropatologici di demenza senile. Il paradosso di Goldberg è: «Il tuo cervello invecchia, ma la tua mente può diventare più forte».

Roberto Vacca Ingegnere e scrittore

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