Corpi di Pietra (recensione)

di Luigi Garlaschelli
Neftasia Editore, 2006
pp. 224, € 16

  • In Articoli
  • 06-11-2006
  • di Andrea Albini
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Come Luigi Garlaschelli, autore di questo romanzo e responsabile del settore indagini del CICAP, Fulvio Fùlleri è un chimico universitario con la passione per la scienza e il mistero. In una giornata di prima estate un macabro regalo, recapitato per posta, dà il via a un'avventura che lo porterà in Toscana sulle tracce di misteri vecchi e nuovi, come l'enigma del corpo decapitato di San Galgano e la spada nella roccia conficcata in una vicina rotonda templare. Seguendo itinerari che lo condurranno ad incrociare il fantasma di Cagliostro, Raimondo di Sangro principe di Sansevero e, soprattutto, i medici pietrificatori di cadaveri - come Gerolamo Segato e Paolo Gorini -, Fùlleri, con la sua compagna e alcuni amici, esplorerà il misterioso mondo della massoneria ottocentesca e scoprirà, a proprio rischio, che i suoi rappresentanti più eccentrici non sono completamente scomparsi: il tutto con la passione dell'indagatore di misteri e la determinazione dello scienziato.

Nel romanzo sono presenti tutti gli elementi necessari per renderlo avvincente: il climax e l'anticlimax, le false piste, i colpi di scena e i momenti di massima adrenalina, come una memorabile fuga da una soffitta in cui Fùlleri è imprigionato. Il mondo in cui si muove il protagonista è iperrealistico ma non completamente reale: gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia - avverte l'autore - mentre alcuni personaggi e luoghi del racconto prendono spunto da personaggi e posti veramente esistenti. Come nel mondo di Lewis Carroll, la realtà subisce una leggera distorsione: Il CICAP, ad esempio, non è il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, ma il Centro per l'Indagine Critica delle Affermazioni Pseudoscientifiche e molti personaggi - anche minori - del romanzo ricalcano i collaboratori in carne e ossa che hanno lavorato con Garlaschelli nelle indagini reali su San Galgano, la spada nella roccia e i "medici pietrificatori". Anche personaggi inventati come l'anatomista Bellini e il pietrificatore Spirito, richiamano studiosi realmente esistiti, che il lettore potrà facilmente identificare, magari seguendo i link più anodini inseriti in bibliografia.

Corpi di pietra non è un romanzo "splatter" dove il sangue scorre a fiumi, ma piuttosto un mystery vecchia maniera in cui, accanto all'azione, gioca un ruolo importante il piacere del raccontare e la ricerca di una soluzione logica. In fin dei conti, la sfida di chi ama la razionalità è anche dimostrare che la realtà può essere più interessante dei voli di fantasia a poco costo: "quando si vedono correlazioni ovunque, anche dove non ci sono ma c'è il puro caso - spiega Fùlleri - allora ci si crea un mondo magico, illusorio, dove tutto spiega tutto e dove esiste il paranormale invece che le leggi della fisica".

Ma il romanzo è anche un omaggio alla generazione degli anni Sessanta, alle loro icone (i Beatles, e la Mini Cooper) e alle loro idee come, sorprendentemente per un romanzo come questo, la non violenza; è anche un omaggio alle piccole cose della vita (la pipa, il computer) e alle grandi (Giulia); ma soprattutto è l'onesta presa di posizione di un uomo che ha deciso di indagare il mistero senza cedere alla facile e lucrosa ciarlataneria: "Indiana Jones è bello, alto e affascinante - dichiara Fùlleri a un'intervistatrice che gli chiede se non si sente come il celebre protagonista cinematografico - Io sono brutto e vecchio. Ma la realtà, rispetto alla fantasia, delude sempre un po'. No, non mi sento Indiana Jones. Mi sento un ricercatore curioso. Benché, devo dire, Artù estrasse la spada dalla roccia e divenne re d'Inghilterra. Io l'ho estratta - è vero che era spezzata, ma insomma... un bilocale a Siena potevano pur darmelo!".

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