The first Psychic

di Peter Lamont
Little Brown, 2005
pp.318, € 16,99

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The first psychic

di Peter Lamont
Little Brown, 2005
pp. 318, £ 16,99

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di Massimo Polidoro

Dopo il piacevolissimo La leggenda della corda indiana e del bambino che scompare (Neri Pozza, 2004; vedi recensione su "Magia" n. 2, pp. 202-203), Peter Lamont, prestigiatore e ricercatore in storia presso l'Università di Edimburgo, torna ad affascinarci con questo The First Psychic. Il titolo è qui indicato in inglese perché, per ora, il libro non è ancora uscito in italiano. Poiché nella nostra lingua non esiste un corrispettivo della parola "psychic", che in inglese è un nome mentre da noi "psichico" è un aggettivo, i parapsicologi italiani la traducono come "sensitivo". Dunque, il titolo significa "Il primo sensitivo" e si riferisce al medium vittoriano Daniel Dunglas Home.

Home fu il più famoso tra i medium spiritici e ancora oggi è indicato da molti come l'unico, a differenza di tutti i suoi colleghi, che non sia mai stato sorpreso "in flagranza" di frode. Certo, Home non si esibiva a pagamento, dunque mostrava le sue straordinarie facoltà (tavoli che ballavano, mani spiritiche, musiche misteriose e levitazioni) solamente a chi voleva lui. Un po' come da noi faceva Gustavo Rol. Solo che Rol invitava il suo "pubblico" in casa sua, mentre Home accettava l'ospitalità dei nobili e dei benestanti dell'epoca, che facevano a gara per averlo in casa loro e "mostrarlo" durante serate e ritrovi sociali. In questo modo, Home coglieva più di un vantaggio: si faceva fama di onesto, poiché non chiedeva denaro; si faceva mantenere, a volte per mesi, presso ville di lusso e palazzi reali; e aveva il privilegio di dettare le condizioni che voleva per le sue sedute spiritiche.

Nessuno, infatti, si sarebbe permesso di suggerire controlli troppo stretti o di mettere in dubbio i suoi "poteri" troppo sfacciatamente: sarebbe stato come insultare il padrone di casa che lo ospitava. Inoltre, Home poteva allontanare gli ospiti più ficcanaso sostenendo che il loro atteggiamento negativo poteva rendere nulla la seduta.

Detto questo, dunque, risulta forse più comprensibile come mai Home non fu mai (o quasi) sorpreso a barare: il modo in cui preparava e gestiva le sue sedute era tale da rendere pressochè nullo questo rischio.

Resta il fatto che Home fu al centro di feroci polemiche, che videro contrapposte alcune delle menti più brillanti dell'epoca, da Charles Dickens, che lo considerava un impostore, a Mark Twain, che invece lo aveva in simpatia. La contrapposizione tra fede e disgusto per Home trovò la massima espressione nei coniugi poeti Browning; per Elizabeth era adorabile, mentre per Robert era solo uno spregevole truffatore.

Home fu anche il primo medium a essere studiato in modo sistematico da uno scienziato. Fu il fisico William Crookes a sottoporlo ad alcuni test che, a suo dire, ne avrebbero dimostrato le reali facoltà paranormali. E fu sempre lui a coniare per Home il termine "psychic", perché gli sembrava che il termine "medium" avesse una connotazione troppo legata al movimento spiritico. Se questi poteri esistevano, era il suo ragionamento, non necessariamente erano dovuti agli spiriti ma poteva, invece, essere provocati da qualche facoltà mentale ancora sconosciuta. In questo senso, dunque, Home fu "il primo sensitivo".

Crookes, in seguito, dichiarò genuine anche le facoltà di medium come Florence Cook, Anna Eva Fay, Katie Fox e Mary Showers, tutte quante successivamente sorprese a servirsi di trucchi o loro stesse "ree confesse" di avere sempre imbrogliato. Ne consegue che l'attendibilità dei lavori di Crookes con Home risulta compromessa.

Quella di Lamont arriva dopo tante biografie che negli ultimi cento e più anni ci hanno raccontato più volte la vita di Home. Da quelli che lo veneravano, come la sua ultima moglie (D.D. Home: his life and mission, 1888), il parapsicologo greco George Zorab (D.D. Home il medium, 1976) e Elizabeth Jenkins (The Shadow and the light: a defence of Daniel Dunglas Home the medium, 1982), a quelli che invece lo volevano smascherare una volta per tutte, come Horace Wyndham (Mr Sludge, the medium, 1937), Trevor Hall (The Enigma of Daniel Home: medium or fraud?, 1984) e Gordon Stein (The sorcerer of kings: the case of Daniel Dunglas Home and William Crookes, 1993).

Lamont non ha tesi aprioristiche da difendere, ci vuole semplicemente raccontare la vita di Home e lo fa nel modo più rigoroso, oggettivo e documentato possibile (le note, affascinanti per lo studioso, forse noiose per chiunque altro, occupano una trentina di pagine). Qualcosa del genere lo fece nel 1957 Jean Burton, con il suo Hey-day of a wizard, anche se non con la cura accademica e la passione critica di Lamont.

Certo, Peter Lamont è un prestigiatore e sa bene come la mente si possa ingannare, dunque la sua opinione personale, nascosta tra le note finali, è che Home fosse effettivamente un ciarlatano. Tuttavia, l'autore è pronto a riconoscere che, nonostante le tante affermazioni del contrario, le "prove" che documenterebbero alcuni casi in cui Home sarebbe stato effettivamente preso con le mani nel sacco, non sono così convincenti come si vorrebbe. Si tratta in genere di racconti di seconda mano, di sospetti, dove si narra di qualcuno che ha visto Home allungare un piede nudo per pizzicare sotto il tavolo una signora, simulando una mano spiritica, o di qualcun altro che lo ha osservato trafficare con dell'olio fosforato prima di una seduta in cui sarebbero dovute comparire le misteriose "luci spiritiche".

Un po' poco, in effetti, per dire di avere trovato la classica pistola fumante che incastra Home. Ma non ha più tanta importanza, dice Lamont, perché se anche D. D. Home è stato il più grande impostore che abbia ingannato l'umanità ci ha comunque lasciato in eredità un grande mistero su cui lambiccarsi. Perché che cos'è la vita senza meraviglia, o la meraviglia senza mistero? E un mistero con una soluzione non sarebbe più un mistero.

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