Quando San Gennaro disse: "Obbedisco!"

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Giuseppe Garibaldi.

Nell'agosto del 1860 i Mille, conquistata la Sicilia, passarono lo stretto di Messina e sbarcarono in Calabria. Là era già in atto da qualche tempo una strisciante sommossa contadina a carattere antigovernativo. Con l'arrivo di Garibaldi si ebbero delle sollevazioni spontanee dal basso guidate da alcuni borghesi liberali che, desiderosi di avere quella importanza politica che il regno dei Borbone negava loro, insediarono delle amministrazioni provvisorie. Non fu certo difficile per i Mille inserirsi in questo clima di fermento antigovernativo e, con l'aiuto delle "squadre" contadine locali, mettere in fuga le truppe borboniche.

Molto più difficile fu prendere la città di Napoli. Se infatti i ceti popolari permisero a Garibaldi di fare un trionfale ingresso nella città, il clero e l'aristocrazia filo-borboniche vedevano i loro interessi minacciati da un così radicale cambio di governo; temevano infatti che coi Mille potesse scoppiare una rivoluzione sociale.

Siamo all'inizio di settembre, nei giorni in cui, secondo tradizione, doveva compiersi il miracolo di San Gennaro. Se il sangue non si fosse liquefatto, tradizione voleva che il Santo fosse profondamente scontento e Garibaldi non avrebbe certo potuto vedere completamente legittimato il proprio potere.

Il miracolo tardava a compiersi e in città si vociferava che il Santo fosse contrario ai Mille. Allora il cappellano di Garibaldi, padre Gavazzi, si rivolse con una predica al clero napoletano. Brandendo un crocifisso nella mano destra, "avvezza a reggere anche la spada", spiegò ai preti cosa sarebbe accaduto loro se non avessero fatto liquefare il sangue; parlò delle baionette dei Mille ed enumerò i cannoni che puntavano verso la Città. ""Il sangue, domani, deve liquefarsi e si liquefarà" - esclamò brandendo il crocifisso, con gesto minaccioso, verso il palazzo che era stato quello dei re delle Due Sicilie. - "Se no, a farlo liquefare, ci penserà Garibaldi"".

Inutile dire che il giorno seguente "miracolosamente" il fenomeno si verificò.

Si tratta di un evento per lo più dimenticato dalla storiografia contemporanea, ma che possiamo ritrovare nelle pagine del diario di viaggio del prussiano Gustav Rasch (Garibaldi e Napoli nel 1860, pubblicato da Laterza nel 1938). Lo scrittore per di più aggiunge: "Dipende dai preti il liquefarsi, o meno, di quella sostanza chimica, la cui composizione mi fu spiegata dal farmacista della Legazione di Prussia, signor Berncastel". Sfortunatamente Rasch, molto più attento al ruolo politico del miracolo che non al suo aspetto chimico, non dice molto di più su questa sua conversazione col farmacista Berncastel e sugli esperimenti da questi compiuti.

L'evento è ricordato anche dal poeta Giovanni Bertacchi in uno dei suoi aforismi (giuntoci incompleto) scritto negli ultimi anni dell'Ottocento: "Garibaldi che, entrato in Napoli, ordina ai sacerdoti il miracolo di San Gennaro [...]".

E si trattò proprio di un miracolo su ordinazione che non poteva ingannare gli spiriti scettici dell'epoca, sicuri di trovarsi di fronte a un trucco. Per di più ancora oggi ci si guarda bene dal far analizzare il fenomeno ad un pubblico di esperti, permettendo loro analisi ed esperimenti scientifici. Appropriata in questo caso è la frase di Ernest Renan (lo studioso di filosofia e di storia delle religioni, coetaneo di Garibaldi): "Nessun miracolo é mai accaduto davanti all'Accademia delle scienze".

Elena Iorio
CICAP Veneto

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